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(N°10)

IL PILASTRINO DELL'UOMO 
CHE CADDE DA UN ALBERO 
E MORì DOPO 8 GIORNI

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in via Reale dopo la casa della maestra Giulia Baroni

a cura di Luciano Lucci  

(Le informazioni sono tratte da una ricerca di alunni di classe IV elem. di via Reale a.s. 1981-82, dal contributo di vari iscritti al gruppo facebook "Alfonsine mon amour" e dalla pubblicazione "Edicole Devozionali nel Territorio Ravennate" a cura di E. Morigi e B. Venturi)

IL PILASTRINO dell'uomo 
che cadde dall'albero 

Fu la vedova Antonia Bruni che fece costruire la prima edicola per commemorare la scomparsa del marito: l'uomo arrampicatosi su un gelso per raccogliere le foglie destinate all'allevamento dei bachi da seta, cadde dall'albero e, dopo otto lunghi giorni d'agonia, morì.

Si chiamava Melandri Buonafede detto Zvanì d'Bagaté ed era il nonno del signor Melandri Giovanni (che ha raccontato la sua storia agli alunni della classe IV elem. di via Reale a.s. 1981-82)

"Zvanì, come era chiamato in soprannome, faceva il contadino in una casa chiamata Internata. Se un parente moriva per disgrazia, al nipote davano lo stesso nome del morto, ma non il soprannome perché veniva una disgrazia anche a questo. 

Il soprannome del nipote che ha raccontato la storia è Giannino.

"Essendo una famiglia numerosa, raccoglievano e allevavano i bachi da seta e per nutrirli dovevano andare a raccogliere le foglie del gelso. Per andare a sfogliare, l'uomo aveva il sacco e la scala e agganciava il sacco al ramo. Il sacco poteva contenere circa 40 Kg. di foglie. L'albero adatto ai bachi da seta è il gelso, lo chiamavano “e mor". 

Il signor Buonafede era vestito così: aveva calzoni spinati di stoffa, fatti in casa, cintura di cordone, camicia quadrettata di flanella, i calzoni erano di mezza lana. Al collo aveva un fazzoletto, un cappello di paglia in testa ( “la caplena"). Portava gli zoccoli senza calzettini. 

Aveva baffi lunghi e sporgenti, basso ma robusto. Le foglie che raccoglieva, le pagava. 

Un giorno, mentre svolgeva questo lavoro, Buonafede cadde da un ramo; lo portarono all'ospedale, ma dopo otto giorni morì, causa la caduta. 

Quando uno moriva per disgrazia, mettevano un pilastrino sul posto, per ricordo."

Durante la guerra venne distrutto. 
Rifatto dopo il fronte, venne poi incendiato. 
Subito dopo, fu ricostruito con una nuova immagine e benedetto l'8 settembre durante la celebrazione in onore della Madonna delle Grazie, poi portata in processione e sistemata nel nuovo pilastrino.

Purtroppo, poco tempo dopo, l'edicola fu incendiata dolosamente; tuttavia con ostinazione la gente la fece ricostruire e fece benedire la nuova immagine in occasione della celebrazione della Madonna delle Grazie quando l'effigie, molto probabilmente raffigurante la Vergine faentina, fu portata in processione. 

Ancora una volta però la sorte si accanì violentemente contro la nuova costruzione; un'automobile urtò la struttura e la ridusse in frantumi. 

Prontamente ricostruita, l'edicola è dotata di un rilievo bianco che raffigura le Vergine Maria insieme al Bambino. è visibile solo per metà, a causa del dislivello tra la strada e il piano su cui si appoggia.

(Poiché il  pilastrino n° 3, posto in via Borse è legato a una storia analoga di un uomo caduto da un gelso (poi deceduto) mentre raccoglieva le foglie, non si sa se si tratti dello stesso episodio, che ebbe due pilastrini, uno sul luogo dell'incidente e uno nella casa del deceduto.)

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Questa è il rilievo bianco che raffigura la Vergine Maria insieme al Bambino. Era presente in una foto della ricerca fatta da Emanuele Morigi nel 2003. Probabilmente fu rubata

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Questa è l'immagine attualmente (2020) presente nel pilastrino, murata all'interno della nicchia per evitare eventuali furti. 
è
la classica riproduzione della Madonna del Bosco

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