Alfonsine

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La locanda-spaccio

Questa costruzione è presente e citata in un documento del 1838 con la denominazione "Unica locanda dell'Abitato"

Nella foto sopra siamo prima del 1910. Il negozio a sinistra diventerà da lì a pochi anni la  macelleria di Ettore Pagani "e pcér", padre di Armando, che ne continuò il mestiere fino agli anni '60, trasferendo il locale-macelleria sotto il porticato del palazzo Grazioli, a destra della casa Marini. 

In quel negozio avviò l'attività nel 1938 un altro macellaio: Walter Marri, attivo fino agli anni '60 e poi trasferitosi sotto i portici di piazza Monti, dove a tutt'oggi esiste il suo locale gestito dal figlio, dopo la sua morte.  Al centro la locanda sarà trasformata nel 1920 in bottega-spaccio da Ricco (Enrico Alessandri), e poi spaccio-tabaccheria da "Leo d'piteda", (Eleo Montanari). A destra c'era Antonio Mariani (Toni d'Frera papà di Luigi Mariani il maestro) meccanico di biciclette, che poi diventerà il negozio degli elettricisti negli anni '30, gestito da Rino Faccani (figlio di Demetrio Faccani ucciso a Comacchio da una folla inferocita),  da Piretto Bassi e da Rino Bertoni, fino agli anni '60. 

Sopra tre piccoli appartamenti. Qui abitò la famiglia Mariani che  aveva acquistato la casa nel 1920 con Luigi d'Frera (Luigi Mariani): In un appartamento abitava Antonio con la moglie e i figli Gigino, Ferruccio e Edda. Nell'altro abitava Luigi, con la moglie e il figlio Marcello e la Marcellina. 

Nel terzo abitavano gli Alessandri Spaziara (Augusta Alessandri) con la madre e il padre, anni '20. Poi dal 1938 agli anni '60 vi abitò Pitadé (Eleo Montanari) con la moglie Cristina Tavalazzi e tutti figli Angelino, Francesco, Roberto, Rino, fino agli anni '60. 

In uno degli appartamenti nel dopoguerra abitavano i Morelli.
A destra si vede il chiosco dell'edicola di Giulia Lolli. 
Non è ancora stata ingrandita la casa dei Tavalazzi, a destra.

Si noti dietro il grande palazzo dei Monarchici, assalito dai rivoltosi durante i noti fatti della "Settimana Rossa". 

Il palazzo dopo le distruzioni della "Settimana Rossa" e il tetro periodo della guerra 15-18 cadde nel degrado. 

Fu acquistato da Sante Minarelli, detto Sintì d'Plopi, e divenne uno stallatico per il cambio o riposo dei cavalli, con un cortile dove si teneva una monta per cavalli.  Fu anche adibito a piccoli appartamenti per la gente povera, nei due piani superiori, mentre al piano terra ospitava i cavalli e la carrozza funebre di Sante Minarelli, detto Sintì d'Plopi, oltre ai cavalli dei mercanti di passaggio.

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