Alfonsine

 | Alfonsine | Ricerche sull'anima di Alfonsine | | torna a: Vagabondaggi 4 "e stradò" |

Corso Garibaldi in 6 puntate.

Questo è il tratto "C->D" (1° puntata) 
A- Dal ponte sulla Reale
Bar Dollaro, e 'Formazala' fino a Casa Porisini-Poletti

(dal punto 1 al punto 18)

in costruzione

aerea-oggi-part1-con-nuneri.jpg (345156 byte)

 (cliccare sulle foto per avere un ingrandimento)

'Bellaria' e il bar 'Dollaro'

Negli anni '20-30, nel punto 1 (A-B-C) indicato sulle foto aeree qui sopra, c'era un quartiere detto Bellaria, con una serie di abitazioni  che arrivavano fin sull'argine ed erano quindi in zona elevata. 

Partivano dopo il ponte sulla via Reale vecchia. Erano case di Marlè, Mario Montanari un commerciante di ferramenta che aveva il negozio in piazza Monti. Le dava a povera gente ad affitto basso. Vennero demolite quando nel 1941 si decise di fare un nuovo ponte e di spostare la via Reale un po' più a est. 

Restò in piedi solo la casa che si trovò tra la vecchia e la nuova strada Reale, cioè dove abitava la famiglia di Marlé, con moglie e tre figli, Amato, Pellegrino e Maria, futura maestra. Essendo la casa vicina al ponte, fu sottoposta durante la guerra, a bombardamenti continui da aerei americani, e andò completamente distrutta. (punto 1-A)

I 'Marlé' per prudenza si erano già trasferiti nella scuola di Fiumazzo fin dal giugno ’44, dato che la moglie di Mario faceva la maestra proprio lì, e aveva diritto all’abitazione. Terminata la guerra, la zona si presentava come un'enorme buca, che fu utilizzata per depositarvi le macerie delle case abbattute dello Stradone. Oggi sopra alla vecchia costruzione e a tutte le macerie di Corso Garibaldi si trova l'edificio dove c'è il bar Dollaro. Infatti nel dopo guerra i Marlè vendettero il terreno ai Balella, dove sorse la loro abitazione, con un negozio da parrucchiera e l’attuale Bar Dollaro.

Sotto al bar Dollaro 
sonnecchia il vecchio 'stradò', 
e sopra c'è vita di comunità

Sarà perché gran parte delle macerie delle case di Corso Garibaldi, distrutte dalla guerra, riposano sonnecchiando sepolte proprio qui sotto, il bar Dollaro ha una sua vita particolare?

Subito sotto il ponte, subito vicino al Senio, subito lì. Un angolo dalle pareti di vetro, una saletta in fondo, l’argine a confinare, un po' di prato attorno e moltissima gentilezza. Una banconota da un dollaro incorniciata tra le fotografie di famiglia, dietro al bancone

EPPURE ANCORA OGGI QUI OGNI OCCASIONE, OGNI SITUAZIONE, OGNI INCONTRO POSSONO DIVENTARE VICINATO. 
PICCOLI RITI RIPETUTI COME QUELLO DEL CAFFÈ. 
UNA SALSICCIATA ATTORNO A UN FUOCO. 
UN INVITO. UN BUONGIORNO.

bar-dollaro-2.jpg (197255 byte)

Anno 2019
'Dillo alla luna'

dollaro serata 1.jpg (560514 byte)

ponte-anni-20.jpg (440027 byte)

Anni '20 il ponte sulla via Reale vecchia con la casa e i casetti di Marlé, e con i magazzini Faggioli

inizio-corso-prima-41.jpg (179726 byte)

casetti.jpg (98293 byte)

Si vedono a sinistra i Casetti 'Bellaria', e a destra il magazzini di Faggioli

Nel 1941 si decise di fare un nuovo ponte e di spostare la via Reale un po' più a est. 

mappa-con-tutto.jpg (1297506 byte)


 

(Anno 2010) 
Bar Dollaro Salsicciata di 'Lom a Merz'

 

 

 (cliccare sulle foto per avere un ingrandimento)

La 'Busa', 
e oggi la 'cosona blu'
(dove c'erano i magazzini Faggioli)

Dall’altro lato del Corso, dove c’è la tanto discussa costruzione in cemento, qualcuno l'ha battezzata 'la cosona blu', mai usata, (punto n° 1-B nella mappa), c’erano i resti di tre casotti contigui della famiglia Faggioli, abbattuti dalla guerra, 

Una decina d’anni dopo, quel terreno abbandonato era ricoperto di erbe selvatiche. Ragazzini di corso Garibaldi iniziarono a giocare liberamente a calcio proprio lì, e lo battezzarono col nome 'e camp di cunej' ('il campo dei conigli'), poi generazioni successive lo chiamarono “la busa", perché appariva come un grande avvallamento chiuso da tre lati dalle rampe della via Reale verso il ponte, dalla rampa di corso Garibaldi e da quella di via 2 Giugno.

Quelli del bar Dollaro nel 1975 vi organizzarono pure un torneo di calcio con una propria squadra.

Nelle foto si vede la squadra che vinse il “Torneo dla Busa”.

La 'Busa' è stata occupata poi da uno svincolo per l'immissione in via Reale e da una costruzione, mai attivata, che nessuno ha mai saputo cosa doveva essere e che non ha mai svolto alcuna funzione, oggetto di scambio per qualche fallimento. In mano a qualche tribunale o a qualche banca, viene messo all'asta al ribasso ogni anno senza che nessuno la comperi (2019). Il prezzo di base d'asta è sceso a 150.000 euro.

 

busa1.jpg (289186 byte)

la busa con nomi.jpg (421599 byte)

 (cliccare sulle foto per avere un ingrandimento)

la busanomi copia.jpg (400212 byte)

Alfonsine – 1975
La squadra di calcio del Bar Dollaro partecipò al "Torneo dla Busa" e vinse la coppa del 1° classificato.

Parco della Rimembranza

Poco oltre (al punto n° 1-C nella mappa) c’era il vecchio cimitero (1800-1913), poi Parco della Rimembranza (1924-1945), che andò dismesso con la costruzione della nuova Reale nel 1941 e su cui sono state costruite case nel dopoguerra. 
La sua eliminazione fu inevitabile. 

Si trovava a metà strada tra il macello e il ponte sul Senio. L'ingresso era nell'attuale via 2 giugno.

"Era il luogo sacro dedicato alla memoria di giovani alfonsinesi caduti nella prima guerra mondiale ('15/'18. 
"Si entrava nel prato da una grande e artistica cancellata sostenuta a un robusto muretto che lo proteggeva e lo rendeva più solenne. Lo attraversavano due vialetti a forma di croce; nel braccio trasversale, appena all'ingresso, quattro cipressetti ricordavano gli ufficiali: due Capitani a destra e due Sottufficiali a sinistra della cancellata. Nel resto del prato erano disposti in file ordinate a scacchiera altri quaranta cipressetti, uno per ogni soldato caduto. Attorno ad ognuno, tre paletti di legno, collegati a loro da una catenella, racchiudevano una piccola aiuola e una targa, fissata su di uno di loro, portava le generalità del giovane soldato. Il custode Renzo Montanari, grande invalido di quella guerra, amava il Parco e lo teneva con gelosa cura.

(Lucia Berti "La sera a trèbb" p. 131)

parco-rimembranza1.jpg (36500 byte)

1924    Prospetto della cancellata d'ingresso del "Parco della Rimembranza" dell'ing. Leopoldo Santoni

rimembranza.jpg (627960 byte)

Anni '30. Classe in visita al Parco della Rimembranza con la maestra Ada Giacomelli

parco rimembranza mappa oggi.jpg (505443 byte)

 (cliccare sulle foto per avere un ingrandimento)

'Formazala'

La bottega più antica di Alfonsine si deve a GaribaldiAl punto 2 indicato nelle foto c'era e c'è la "butega d'formazala" 

Sebastiano Forlivesi, nato nel 1830 da Sebastiano  e da Giacoma Antonellini, e morto nel 1905, è il primo dei quattro alfonsinesi che in un modo o nell’altro furono coinvolti nelle varie imprese garibaldine. Partecipò fin dall’inizio alla difesa della Repubblica Romana (1849)

Con l’unità d’Italia ebbe a ricompensa della sua attività garibaldina il permesso (‘licenza’) di aprire una bottega – caffè. Ecco perché si legge nei suoi documenti d’identità di professione “caffettiere”.

La caffetteria la aprì con la moglie Cornelia Ciani in Corso Garibaldi dove il Forlivesi abitava e da cui ebbe due figli Giuseppe nato nel 1865 e Ugo del 1884. Rimasto vedovo si risposò con Matilde Zaccarelli il 15 gennaio 1891 da cui ebbe il figlio Enrico. Fu lui nel 1901 alla morte del padre a ereditare la casa e la bottega. Enrico era sposato a Cesira Zannoni (1870-1960) da cui ebbe vari figli e figlie.   

Forlivesi-Enrico.jpg (50566 byte)

Enrico Forlivesi (?-?)

Cesira Zannoni (1870-1960)

Ad Angelo, (primo maschio tra varie sorelle) fu affidata la gestione della bottega fin dai primi del ‘900.

Angelo la gestì con la mamma Cesira, (rimasta vedova) e con le figlie Adriana, Cornelia, (maestra elementare), e Gigina.

Ma fu quando Angelo sposò la Vera d’Facula (così si chiamava il padre Francesco Dradi, un omone che gestiva un’osteria nella vecchia piazza Monti sotto la rampa del fiume) che l’osteria ebbe un salto di qualità.

La Vera iniziò la vendita del baccalà e del formaggio grana (detto allora ‘forma zala’ cioè forma gialla). Il successo di questi due prodotti rese famosa e redditizia l’attività, tanto che la famiglia Forlivesi acquistò da lì in poi il soprannome di “Formazala”.

"Vi si trovava di tutto:- ci raccontò Lucia Berti nella pubblicazione "E Stradò" - drogheria, salumeria, granaglie, merceria, cartoleria e, al banco separato, si poteva bere un buon bicchierino di Vermouth. La "Cisira" era svelta e ciarliera più che mai, e "Angiulì" sapeva tante cose e, da buon saccente, poteva discutere di tutto."

NEL DOPOGUERRA

Dopo la distruzione totale di tutte le case di Corso Garibaldi, compresa quindi la locanda di "Formazala", i Forlivesi ricostruirono la loro casa-bottega sullo stesso luogo della prima. L'attività continuò ancora nel dopoguerra, gestita dalla Vera moglie di Angelo, e dai figli Enrico e Andrea.
A mantenere ancora alta la qualità del negozio di vendita alimentari (i cappelletti sono il massimo), con a fianco anche l’osteria, sono stati Enrico e Andrea, figli di Angelo Forlivesi e della Vera Dradi. Mentre Andrea si è trasferito in un altro paese, Enrico ha sposato Carla da cui ha avuto due figlie: Cesira (Enrica) e Angela (oggi insegnante alla scuola ‘Rodari’ di Alfonsine). “Andavo io col camion – raccontava Enrico - a prendere il baccalà a Milano una volta alla settimana. Arrivava dalle Isole Far Oer”

OGGI

Dopo la morte di papà Enrico avvenuta nel 2015, Enrica, con la madre Carla, continua con passione e successo la gestione della vecchia bottega.

Al baccalà e alla formazala si è aggiunta la pasta fatta in casa, cioè i cappelletti. Qui si riforniscono le azdore che non hanno più il tempo e la voglia di tirare la spoglia e creare i cappelletti in proprio. Pare che siano di una qualità eccellente. 

Sebastiano Forlivesi è immortalato nella lapide che si trova all’ingresso del municipio di Alfonsine insieme ai tanti altri alfonsinesi che ne condivisero le imprese.

Ma la sua memoria resta impressa nella bottega d’formazala, la più antica bottega ancora esistente di Alfonsine.


Alfonsine/formazala.htm

Forlivesi-Sebastiano.jpg (37955 byte)

Sebastiano Forlivesi

formazala caffetteria.jpg (130852 byte)

 

Forlivesi-nuova-bottega-con.jpg (132342 byte)

 

enrica-e-carla1.jpg (97402 byte)

Enrica, con la madre Carla

FORMAZALA-menu.jpg (31879 byte)

L’osteria affiancata al negozio di alimentari è aperta dalle sette di mattina alle sette di sera, ed è frequentata da vecchi clienti e giovani operai di passaggio. Si mangiano ottimo panini e si può bere un liquorino tradizionale romagnolo che non si trova più in nessun bar del paese: il “Gambadilegno”, anice, liquerizia, rum e altro: un sapore d’altri tempi (provare per credere!)

 (cliccare sulle foto o sui titoli per saperne di più)

La casa di Bruno Bendazzi e dove nacque Cristoforo (Rino) Bendazzi, medaglia d'argento al valor militare.
Subito dopo la casa dei Forlivesi c'era (e c'è ancora) un carraretto che andava con una rampa giù verso l'argine del fiume. 

In fondo sulla destra (nel punto 3 della mappa) lontana dalla strada e quasi vicina all'argine del fiume c'era una bella palazzina appartenuta da sempre alla famiglia Bendazzi. Vi abitava Angelina Bendazzi, madre di Bruno.

A cavallo tra anni '20-'30 Bruno Bendazzi da Villa Violani dove abitava con la moglie Lina Mariani e il figlio Cristoforo, si trasferì in quella casa con la madre. Era una costruzione in stile semplice, ma elegante come tutte le ville e villette di quel tempo, col portone ad arco, le ampie finestre, il balcone centrale e il giardino tenuto con cura.

Bruno Bendazzi fu impiegato comunale fin dal 1920 capo dell'Ufficio Anagrafe fino al dopoguerra.
 Il loro figlioletto Cristoforo (Rino) era nato ad Alfonsine nel 1924. Visse l’infanzia nella casa in fondo a Corso Garibaldi. Quando i due genitori si separarono (Bruno Bendazzi convisse con un'altra donna che era stata la sua donna di servizio), Rino andò a vivere con la madre a Faenza, pur mantenendo uno stretto legame col padre: tornava di frequente nella casa paterna di Alfonsine dove passava soprattutto l’intera estate. Fu lì che, appena diciannovenne, conobbe un compaesano alfonsinese Terzo Lori, che era stato accolto a casa dei Bendazzi dopo il 26 luglio del ’43, quando cioè alla caduta del fascismo era fuggito dal carcere di Ventotene, lì rinchiuso da qualche tempo per la sua attività antifascista. Il rapporto personale che ebbe modo di avere con lui lo portò Rino a seguirlo quando Terzo Lori fu avviato in montagna con un gruppo di partigiani. Fecero parte del Gruppo Libero e quindi della Brigata Garibaldi Romagnola che operava nel forlivese.

Dopo la disastrosa e tragica esperienza della lotta armata in montagna, dove il suo amico Terzo Lori perse la vita insieme all’altro alfonsinese Amos Calderoni, tornò ad Alfonsine e divenne membro della GAP (Gruppi di Azione Partigiana) della piazza Monti. 
Poi seguì tutta la trafila dei partigiani alfonsinesi. 

Rino Bendazzi fu l’ultimo partigiano di Alfonsine che morì; accadde sul Brenta i1 28 aprile. Si offrì volontario per andare ad aiutare alcuni soldati inglesi che oltre il fiume Brenta erano stati attaccati da un gruppo di tedeschi e repubblichini. Durante quella sortita cadde nel fiume e morì annegato, nonostante fosse un buon nuotatore: forse era stato ferito o forse, appesantito da indumenti e zaino, non riuscì a vincere la corrente del fiume. La capitolazione delle forze nazifasciste sul territorio italiano avverrà ufficialmente il 29 aprile, il giorno dopo la sua morte:
aveva solo vent’anni.   

Ebbe una della decorazione alla memoria : medaglia d'argento al valor militare.
 

Rino Bendazzi nel cortile di casa

 

Enzo Pasi e Rino Bendazzi, partigiani

 

bendazzi.jpg (541500 byte)

bendazzi2.jpg (444687 byte)

Bruno Bendazzi prima metà anni '20

bendazzi4.jpg (534892 byte)

Bruno Bendazzi seconda metà anni '20

bendazzi amici_piazza_1941.jpg (61082 byte)

Primi anni '40: Rino Bendazzi con Gigino Mariani, Nando Baioni e Ferruccio Mariani nel piazzale della chiesa

 

(nel punto 4 della mappa)

La casa di Pino Orioli, famoso antiquario di libri, editore di "L'amante di Lady Chatterley".

A sinistra del carraretto c'era un caseggiato che arrivava direttamente sullo stradone: era stata la casa e la bottega-osteria di Martino Orioli, Marté de pont nuov, che era il padre di Pino Orioli, famoso antiquario di libri, editore di "L'amante di Lady Chatterley".

Pino Orioli nacque e visse i suoi primi 14 anni, fino al 1898, in quel grande caseggiato. La bottega del padre di Pino Orioli e il caseggiato dove abitavano era subito dopo la bottega d’Formazala.
Quando in seguito quella casa fu venduta dagli Orioli, venne abitata da Tambini ‘Piulò’, che vi gestì un’osteria e da Ercole Bracci (Erculì) che vi aprì il suo forno per il pane. Per cessata attività, l’osteria fu poi gestita da ‘Baitò’ 
Vi abitò anche  'la Pipina de Mamò', che faceva la sarta.

 

Racconta Pino Orioli, nella sua autobiografia a pag. 5, che suo padre Martino aprì una bottega – “in fondo alla strada principale, detta allora Stradone, ed ora Corso Garibaldi. La bottega per molto tempo fece buoni affari; infatti era quasi l’unica del genere in paese ed era fornita di una gran varietà di prodotti come droghe, liquori, olio, grano, tabacco, sale farina vasellame, vino e tessuti. Mio padre… era conosciuto come ‘Marté de Pont Nov’ ”

Ma il ramo più importante della sua attività era la fabbricazione di prodotti suini come salami, prosciutti, mortadelle zamponi, cotechini e salsicce che esportava in tutta la Romagna e anche nelle Marche. Una specialità di sua invenzione era una grossa salsiccia da mangiarsi bollita e calda che la gente chiamò “e bel e cot”, ma che lui preferiva chiamare ‘cotechino gentile’. Questa specialità gli fece guadagnare molti soldi. Solo lui sapeva come manipolare e trattare con spezie varie e Sangiovese quella carne di maiale.

Poi per vari motivi (altri negozi, crediti non esigibili, concorrenza di grandi industrie di prodotti suini di Modena e Bologna) successe poi verso 1893 che gli affari andarono di male in peggio e ci fu il crollo. Fu venduta la casa e il negozio. Gli Orioli si trasferirono in un’altra zona del paese, e Martino aprì una piccola osteria che venne frequentata da socialisti rivoluzionari (forse quella in zona Carlo Pisacane?)

Da allora vissero in povertà. Pino Orioli andò a fare il garzone da barbiere e poi si trasferì a Firenze dove già viveva e lavorava il fratello maggiore. Anche lì a bottega da barbiere. Dopo 5 anni andò militare. E poi si trasferì a Parigi e a Londra all’avventura…

 

Nella foto a destra Pino Orioli con lo scrittore David Herbert Lawrence e la moglie Frieda

 

aerea-oggi-part1-con-nuneri.jpg (345156 byte)

corso_garibaldi_ponte_nuovo orioli.jpg (295232 byte)

orioli2.jpg (104422 byte)

(nel punto 4 della mappa).

Nel dopoguerra, dopo che tutto era stato distrutto, fu ricostruito un edificio sulla pianta del precedente

 Ercole Bracci (Erculì), con la moglie Gina e i figli Diego e Ezio ricostruì la casa e il forno, che poi nel 1950 fu acquistato e ristrutturato da Tisio Gualdrini, che continuò la professione di fornaio con la moglie.

aerea-oggi-part1-con-nuneri.jpg (345156 byte)

corso 2.jpg (293593 byte)

(nel punto 5 della mappa)

Casa Ravaglia (i Pargarul)

 e nel dopoguerra al suo posto una nuova casa realizzata 
da 'e professor', con bottega alimentari.

Qui prima della distruzione dalla guerra c'era la casa de'i  pargarul' (la famiglia Ravaglia).

Erano costruttori di aratri e arnesi agricoli. Abitano in una palazzina rialzata di tre gradini dal marciapiede. Ebbero quattro figli: Francesco, che diventò noto per la realizzazione di un aeroplano interamente autocostruito, Ezio, Maria e Anita. Ezio, irrequieto e dall'intelligenza un po' sconvolta, emigrò in Francia, a Parigi, con il falso nome di Conte Cornelio Fiorevilla. Il soggiorno durò poco tempo e al ritorno a casa continuò con le sue sofferenze di giovane nevrastenico e complessato. Anche la sua vita sarà, purtroppo, breve. (Lucia Berti 'in "e stradò')

corso 1.jpg (809023 byte)

Nel dopoguerra una nuova costruzione fu realizzata da 'e professor', con la moglie Emma, che vi abitarono, gestendo una bottega di alimentari. 

Il tutto poi fu acquistato da Gianni Morelli che ne fece, oltre che propria abitazione, anche un negozio riparazioni TV.

corso 33.jpg (274911 byte)

(nel punto 6 della mappa)

Palazzo Tamburini

 Il successivo palazzo era di Tamburini detto "e Gagg d'Carulé", Aurelio Tamburini mediatore, sposato con Domenica, "la Mingona d'la Balisérda" pure mediatrice, donna molto ciarliera, intraprendente, tutto fare; con loro la figliastra Berna e il figlio Libero, poi emigrato in Venezuela. 

 

aerea-oggi-part1-con-nuneri.jpg (345156 byte)
caserma con scritte.jpg (825056 byte)

Oggi 2019 vi si trova questa abitazione.

 

(nel punto 7 della mappa)

Caserma dei carabinieri

La Caserma dei Carabinieri di proprietà di Ebe e Antonio Preda era un alto e imponente palazzo con un enorme portone che immetteva in un ampio ingresso e, da quello, agli uffici della camera di sicurezza. Al piano superiore, dai soffitti decorati con bellissime pitture, la Tenenza e l'alloggio per il Maresciallo. Al piano terreno robuste inferriate alle finestre, nel retro, il cortile con le scuderie e il gioco delle bocce per i militari, a cui si accedeva dal cancello al lato destro del palazzo.

caserma con scritte.jpg (825056 byte)corso 1.jpg (809023 byte)

 

 

strado-7.jpg (283691 byte)

 

(nel punto 8 della mappa)

Dall'altro lato dello 'Stradone' prima della guerra era un terreno di proprietà 'Violani'. 

Acquistato nel dopoguerra dalla famiglia Ortolani che vi costruì la casa con annessa bottega alimentari: chiusa nel 2019

aerea-oggi-part1-con-nuneri.jpg (345156 byte)

corso-oggi2.jpg (161045 byte)

corso-10.jpg (210390 byte)

mappa-corso-garibaldi-con-s.jpg (380669 byte)

 (cliccare sulle foto per avere un ingrandimento)

 

aerea-oggi-part1-con-nuneri.jpg (345156 byte)

(nel punto 9 della mappa)

Casa di proprietà Violani

 

Qui (punto 9 della mappa) abitavano i contadini che ne coltivavano il podere di Violani: prima "Stasiòl" e poi "Capléna"

Dal 2000 un nuovo proprietario ricostruì, sulla vecchia struttura di quella che doveva essere la casa del contadino di Violani, una palazzina nuova (foto a destra)

 

violani.jpg (184303 byte)

(nel punto 10 della mappa)

Palazzo Violani, dove abitava Antonio Violani 
('Tonino d'Pasaré')

aerea-oggi-part1-con-nuneri.jpg (345156 byte)

Antonio era nipote del più noto Domenico Violani (Mingò d'Pasaré). Il padre di Tonino, Giuseppe, morto giovane, era infatti fratello di Domenico.

Antonio Violani - scrisse di lui Lucia Berti - viveva con le sorelle Lucia e Antonietta e la madre Luigina, una donna di stampo molto antico, vestita sempre di scuro, introversa e poco socievole. Se ne sta sempre chiusa in casa con la figlia Antonietta, perché Lucia usciva per motivi di studio. Poi andò sposa di G. Battista Massaroli e si trasferì a Lugo. 

Con Antonietta la madre Luigina usciva quasi esclusivamente per andare alla Messa. Anche la casa non era accessibile a molti: la porta rimaneva chiusa, con riservatezza.

corso 12.jpg (420683 byte)

mappa-corso-garibaldi-con-s.jpg (380669 byte)

 (cliccare sulle foto per avere un ingrandimento)

 

aerea-oggi-part1-con-nuneri.jpg (345156 byte)

(nel punto 11 della mappa)

Casa di Claudio Vecchi,
(nel dopoguerra lì fu costruita una casa dalla famiglia Bonavia da Mezzano)

Dopo la casa Violani, c'era la casa della famiglia "d'Claugì d'Fatur" (Claudio Vecchi), fattore delle tenute dell'avv. Poletti, nel Fornazzo e in Casso Madonna del Bosco. 

Un uomo che, dall'aspetto e dalla voce imponenti, poteva sembrare duro e autoritario, ma non era affatto vero, perché ospitale e di grande tenerezza per le nipoti Elsa e Lina, figlie di Ettore e della nuora Rina. Commerciante in vini, purtroppo caduto in fallimento e poi ancora in disgrazia maggiore: dopo la sua morte, quella del figlio Ettore, disperso in mare nell'ultimo conflitto (la nave che lo trasportava dall'Africa Orientale fu silurata); e della nipote Elsa, morta a ventidue anni di tubercolosi.  

corso 12.jpg (420683 byte)

Nel dopoguerra il terreno fu acquistato dalla famiglia Bonavia da Mezzano che vi costruì la nuova casa casa, sulle macerie della precedente.

Attualmente è la casa che si vede nella foto qui a destra, rivenduta anni fa dai Bonavia.

casa-bonavia.jpg (74320 byte)

(nei punti 12 e 13 della mappa)

"E purtgò": introduceva ad alcune modestissime abitazioni

  mappa-corso-garibaldi-con-s.jpg (380669 byte)

 (cliccare sulle foto per avere un ingrandimento)

aerea-oggi-part1-con-nuneri.jpg (345156 byte)

Il grande portico, 'e purtgò' era nel punto 12 della mappa.
 Vi abitavano Bruno Centolani ("Bruno d'Stagnadé") e il fratello Arnaldo Martini. Qui abitarono anche Ernesto Pasi con moglie e figli, e con l'officina per auto, Hedda Forlivesi con il papà Piccio e la mamma. Vi abitava anche la 'Cumina', vedova di Leonardo Errani, infermiera e donna delle 'punture' (iniezioni) a domicilio, con le sorelle e i due figlioletti.

 

Lasciato quel portico, nel punto 13 della mappa, il caseggiato che seguiva c'era il palazzo di Meli abitato dalla Madlèna d'Meli, dalla Paolina e da "Toni d'Bagarò", sarti, che poi si trasferirono nella proprietà Lugaresi; dalla famiglia Pescarini, Natale e la moglie maestra Angelina, coi figli Giorgio, Angelo; Mario e Vincenzo.

corso 11.jpg (792573 byte)

(nel punto 14 e 15 della mappa)

Casa di Domenico Poletti (veterinario) e la 'Bella signora')

mappa-poletti-14-15.jpg (361284 byte)

Qui viveva la famiglia del veterinario Domenico Poletti e della signora Maria, insegnante, detta "la bella signora", per la sua eleganza e i suoi modi raffinati con le figlie Maria Pia, bella e vivace ragazza, e Anna Maria. Dal cortile che stava a fianco della palazzina si andava alla casa del contadino "Tang'àn" e la figlia Bruna, che era nella parte retrostante. 

 

 

"la bella signora"

(nel punto 16 della mappa)

Casa di Giovanni Poletti, fratello di Domenico

casa-polettigiovanni.jpg (107289 byte)

mappa-poletti-16-17-18.jpg (346740 byte)

Dopo un giardinetto c'era la casa di Giovanni Poletti, fratello di Domenico Poletti e della moglie Liduina, con le figlie Raffaella e Imelde.

Raffaella, chiamata comunemente "Lella", sposerà il bel Brigadiere dei carabinieri della caserma di fronte, Rodolfo Frau e seguirà il marito nei diversi trasferimenti di servizio. Frau, promosso Tenente, si arruolerà nell'Esercito, raggiungendo il grado di Capitano.

matrimonio-lellea-poletti.jpg (155642 byte)

matrimonio-lellea-poletti3.jpg (167997 byte)

| torna a: Vagabondaggi 4 "e stradò" |