Sciamani ad Alfonsine

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La storia sul pallone di vetro mi è stata raccontata da alcuni testimoni oculari. (Luciano Lucci)

Underground-Sotterranei

Quei sogni in un pallone di vetro

Alcuni metri sottoterra, nel punto indicato dalla freccia (vedi foto sotto) c'è una capsula del tempo: un pallone di vetro di una damigiana da 20 litri con dentro centinaia di foglietti e su ciascuno un nome. Fu un modo leggero e giocoso per cementare un patto di solidarietà e amicizia fra tutti coloro che negli anni '46-'47 dell'immediato dopoguerra parteciparono alla costruzione della 'Casa del Popolo' in piazza Gramsci, che divenne ben presto nota col nome 'bar Unità', nonché negli anni della Guerra Fredda: 'Kremlino'.

Ora quella 'casa' non c'è più, perché è stata abbattuta per far posto ad uffici, negozi, appartamenti, bar di passaggio e una sede del PD. Ma quella sfera magica di vetro piena di sogni è rimasta lì sotto, come una zona di spazio e di tempo liberati.
In quegli anni l'euforia e la voglia di vivere avevano preso un po’ tutti. Da sotto le macerie usciva fuori una comunità fatta di contadini, braccianti, muratori, operai. Avevano avuto un sogno: creare una zona libera, dare un contributo alla sopravvivenza di un principio di umanità, di gioia, di solidarietà.

Costruirono quella casa del Popolo come fosse una zattera gettata nel mare in tempesta di quegli anni e nel costruirla sperimentarono per la prima volta una forma di lavoro volontario, gratuito e non più determinato da altri se non dai singoli individui.

Da allora essere contro il lavoro salariato avrebbe potuto essere un fatto istintivo, se non fosse intervenuta ideologia produttivistica e il dominio della cultura produttivistica.

Ma in quei primi tempi la ricchezza non sembrava più essere nel consumo o nel denaro, ma nella capacità di godere la vita immediata:  per questo fecero un'enorme sala con il bancone bar e tanti tavoli: era il saloon che cominciavano a vedere nei primi film americani sui cow-boys.

Là si poteva giocate a carte, bere vino e conversare. Accanto ci vollero due sale da ballo, una per l'inverno e una per l'estate. Tentarono così di dare forma al sogno di un'adolescenza ormai perduta da tempo con la guerra.

Quando però cercarono di dare una direzione alla loro vita e di trovare un'identità assaggiarono un intero banchetto di teorie politiche: anarchia,... socialismo... comunismo, stalinismo: il tutto condito con la Guerra Fredda. Così appena usciti dalle macerie della guerra dovettero tornare con lo spirito sottoterra, circondati dal nemico invisibile, minacciati dalla bomba atomica e dal fascismo rinascente;

la zona di tempo liberato era durata solo pochi anni (ma non importa se durò poco, conta l'intensità di quel l 'esperienza). Il banchetto di tutte quelle teorie politiche non ha soddisfatto i loro gusti, esso è apparso abbastanza insapore. Le aspettative, i sogni sono rimasti in quel pallone di vetro, là sottoterra, dov'è ancora oggi.

 Molti di lori passarono di trauma in trauma per gran parte della loro esistenza, induriti e appesantiti sempre più dallo spirito militante, dalla logica del risentimento, dal senso di accerchiamento.

In fin dei conti la politica, né quella tradizionale, né quella radicale sono state all'altezza delle loro aspettative. Ora le ideologie sono cadute, dopo che avevano intasato tutto il pianeta di un imbarazzante groviglio di energia malata. 

Ma nuove barriere sono tracciate, nuovi muri, nuovi divieti, nuove follie identitarie e separatiste,... e tutti a sgomitare per prenotare i posti migliori... verso l'Inferno.

REVOLUTION? NO TANKS... DEMOLITION
Dentro l'enorme polverone che si diffuse ad Alfonsine dopo il crollo dell'ultimo muro del “bar Unità”, rimangono comunque i sogni di quella comunità, apparsa e scomparsa nel giro di pochi anni. Sogni che sono ancora là, protetti in un bel pallone di vetro, fragile ma ormai indistruttibile; e lì, quando si passa sopra al marciapiede, si sente salire un sussurro lieve e impercettibile, un suggerimento semplice per tutti coloro che riescono a porgere l’orecchio "Per conquistare il futuro occorre anche sognarlo”.

E forse un domani, sul muro di quel condominio che ha il proprio basamento sopra il pallone dei sogni, una mano birichina di qualche giovane 'tagger', complice una bomboletta spray e una notte senza luna, riuscirà a far emergere di nuovo quel sussurro.

  

 

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