Tullio Samaritani
(1915-2008),
una vita intensa dal dopoguerra al secolo nuovo
di Luciano Lucci
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Tullio Samaritani ci ha lasciati all’età di 93 anni, nel gennaio
2008. Anche se ora non è più tra noi, voglio utilizzare tutte le
cose che mi ha raccontato come se questa intervista l’avessi fatta proprio oggi.
Tullio è diventato un amico da quando avevo iniziato le mie ricerche su
Alfonsine e gli alfonsinesi. Fu il primo dei “vecchietti” da me
interpellati: una risorsa fondamentale per conoscere storie del
nostro passato. Forse proprio in Tullio ho scoperto vari aspetti
dell’anima di Alfonsine: gioiosità e ironia, voglia di assaporare
quello che c’è nell’aria, ma anche capacità di capire quando
è ora di sgattaiolare via. La sua è stata una gimkana fra le varie
peripezie che fatti storici e personali complessi gli hanno posto
davanti. Lo spirito di leggerezza che lo animava lo ha sempre
portato a non farsi travolgere da eventi sempre più grandi di lui:
fu sostanzialmente un artista, un funambolo della vita, che è
sempre caduto in piedi. Tempo fa mi diede alcuni suoi quadri che
teneva in casa e che nessuno al di fuori delle mura casalinghe aveva
mai visto. Glieli chiesi per farne una scansione al computer e gli
dissi: “Quando non ci sarai più li mostrerò su qualche
giornalino locale o su internet”. Sorrise contento. |
Nato nel
1915 ad Alfonsine, figlio unico di Alberto Samaritani e della maestra
Marianna Cavazzuti, abitò in affitto in corso Garibaldi presso il palazzo
di Contessi, dove trascorse l'infanzia.
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1921
Tullio Samaritani
a 6 anni
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Gruppo
ragazze e bambini di corso garibaldi
Da sinistra - Bruna Orioli (sarà dirigente fascista, a capo delle donne
fasciste, uccisa nel 1945), Vincenzina Lucci, Federica Contessi (sposerà Marino
Marini), Linda Lucci, Vincenzo Lucci, ?, Pellegrino Pezzi, Tullio Samaritani.
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Il
palazzo di Ernesto Contessi (Ernisté) a tre piani separato, da una
piccola strettoia dalla casa a sinistra di "Bardela".
Aveva due
ampi portoni.
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Da giovane hai avuto l’opportunità di studiare?
“Fui
messo in collegio a Faenza dai Salesiani, dove frequentai il Ginnasio.
Intanto i miei genitori avevano cambiato casa: ora abitavano, sempre in
affitto, al terzo piano del palazzo del Credito Romagnolo, in piazza
Monti. Mio padre aveva aperto un negozio, col permesso dei fascisti, sotto
il Palazzo municipale: cartolibreria, profumeria, materiale scolastico e
cose varie”.
Tullio e il fascismo
Nel 1930-31
Tullio frequentò il Liceo Classico a Ravenna. Fu il tempo dell'iscrizione
alle associazioni fasciste. Di sabato insegnava a marciare: era diventato
capo manipolo. Aveva quindi la divisa nera con stivali, berretto e pugnale
e partecipava alle sfilate del Partito nazionale fascista.
Alfonsine:
Festa dell'Uva 1933 Il carro degli studenti
Nel 1934
frequentò l'università a Bologna, Giurisprudenza, ma lui amava il
disegno: solo dieci esami ma nessuna laurea. Abitava a Bologna presso
privati e tornava a casa ogni mese. Suo padre, Alberto Samaritani, decise
di costruirsi una casa propria nel 1940, in corso Garibaldi, di fianco a
quella di Imelde Porisini.
Come hai superato il periodo dell’ 8 settembre e della
guerra?
“Compiuti
i 26 anni, non essendomi ancora laureato, fui chiamato al servizio
militare: scuola allievi ufficiali a Sassuolo. Era il 1941, due mesi con
un plotone in cui dovevo imparare a essere istruttore. Ma mi ammalai quasi
subito, ero esaurito, non mangiavo. Rimasi ricoverato per un mese
nell'ospedale di Modena, dove ripresi forza. Rifiutai però di tornare nel
corso allievi ufficiali e andai a Cesena al 12° Fanteria, aiutante del
maggiore colonnello, senza gradi, inabile a fatiche di guerra (imbusché,
come si diceva allora).
Intanto a
mio padre, malato di
cuore forse per le medicine che prendeva per curare la depressione, a
causa della circolazione malandata, gli si ammalò una gamba di cancrena e morì nel 1942 a 67
anni. Mia mamma era appena andata in pensione, dopo 45 anni di
servizio come maestra comunale. Io rimasi per due anni a Cesena sotto le
armi, ma riuscii a scansare tutti i tentativi che a volte qualche
colonnello-maggiore faceva per spedirmi al fronte: io avevo la carta di
inabile alle fatiche di guerra! Il 26 luglio alla caduta del fascismo ero
ancora militare a Cesena”.
... e l'8 settembre?
“L'8
settembre scappai perché il tenente colonnello voleva convincermi a
seguirlo nella Rsi. Tolta la divisa mi vestii da borghese e tornai ad
Alfonsine a casa dalla mamma, in corso Garibaldi. Rimasi nascosto lì,
quatto quatto, finché un giorno arrivò la richiesta di presentarmi
presso la Casa del Fascio, per decidere se aderire o no alla Repubblica
sociale italiana dei nuovi fascisti. Insieme a me erano stati chiamati
anche altri due miei amici Pedna e Vittorio Graziani (Tamànt)”.
E
come vi comportaste alla richiesta di iscrivervi alla Rsi?
“Il nuovo
comandante della Repubblica sociale fascista si chiamava Camilli. Vittorio
Graziani era impacciato e mi contattò la sera prima, per sapere come mi
sarei comportato. Gli dissi che certo io non avrei accettato, ma Vittorio
si giustificava dicendo che aveva famiglia e che non voleva rischiare...
‘Perché non chiediamo una proroga? - mi chiese’. Ma io e Pedna
eravamo decisi a rifiutare l’adesione alla Rsi. Il giorno dopo, presso
la Casa del Fascio ci presentammo Pedna ed io, mentre Vittorio arrivò in
ritardo. Nessuno dei fascisti fece gesti minacciosi anche se ci avevano
avvertiti che dovevamo pensarci bene a dire di no, perché non si sapeva
come saremmo andati a finire... Fummo chiamati una alla volta. Pedna ed io
non aderimmo. Quando uscì Vittorio ci disse che anche lui aveva detto di
no”.
L'iscrizione al Pci
Attraverso
Agide Samaritani suo secondo cugino, Tullio decise nel 1944 di iscriversi
al Pci perché sentiva di dover dare continuità agli ideali del padre
socialista. Entrò in contatto con Bruno Marchesini che era il comandante
delle Sap di Alfonsine. Fece parte del gruppo di Borgo Fratti.
Il periodo partigiano
Il 30
novembre del 1944 con altri 49 andò a costituire il raggruppamento
partigiano "Terzo Lori", che era di stanza nella pialassa Baiona,
all’isola degli Spinaroni. Là conobbe Arrigo Boldrini: restò nella
valle per una settimana, compiendo qualche azione contro i tedeschi. A
Ravenna liberata si costituì la 28° Brigata Garibaldi cui fu affidato il
controllo militare di un settore logistico dell'avanzata alleata dalle
valli di Comacchio fino a Codevigo.
Il dopoguerra e il matrimonio
La casa di
proprietà era andata distrutta dai tedeschi, insieme a tutte quelle di
corso Garibaldi e della piazza Monti. Tullio aveva conosciuto, tramite il
cugino Agide, una ragazza che abitava alla Tosca, dove la famiglia aveva
dei poderi che affittava: si chiamava Luigia Ghirardini (detta Luisa). Con
la guerra Luisa e la sorella erano rimaste orfane. Tullio e Luisa si
sposarono: con l'affittanza dei terreni di lei e i danni di guerra della
casa di lui si costruirono una nuova abitazione in corso Repubblica, la prima dopo la
chiesa. Lì abitarono con la madre di lui
Mariannina Cavazzuti, che morì nel 1951, e con il figlio Alberto Samaritani appena nato (1946).
Nel 1961 vendettero la casa a Zaccaria per 15 milioni di lire.
Tullio ebbe parte attiva
nell’organizzazione del Partito comunista. Collaborò ad allestire
le varie Feste dell’Unità. Dopo anni di lavoro gratuito e
volontario nel partito, nel 1961 trovò lavoro come segretario della
Federcaccia di Ravenna.
A Ravenna acquistò una casa e abitarono lì fino al 1976 anno in cui, finalmente
in pensione, tornò con tutta la famiglia ad Alfonsine, nella nuova casa di via
Cattaneo, dove è rimasto fino alla fine dei suoi giorni.
Tullio
nel 1956 |
Tullio
nel 2007 |
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Due
“nature morte” di Tullio |
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