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CAVALLI MULI E BARDATURE  

Il primo aprile del 1963,
 in piazza Gramsci ad Alfonsine

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di Walter Minguzzi (Topolino)

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Un giorno di marzo del 1963, 200 persone circa, in maggior parte agricoltori, ricevono un messaggio ciclostilato, nel quale si legge 
"... i proprietari di cavalli, muli e relative bardature sono precettati per la rivista annuale dei soggetti in loro proprietà, che avrà luogo in Piazza X Aprile di Alfonsine nel giorno di Lunedì 1° Aprile. I soggetti da esaminare dovranno essere presentati in modo adeguato al caso e dovranno trovarsi sul posto della rivista alle ore 8, ecc.. Firmato Col. Itticus"
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La nota proveniva da un non meglio identificato Centro Militare di Bologna - Servizio Veterinario. Poiché tali riviste annuali erano state abolite già da alcuni anni (l'esercito si era adeguato ai tempi) qualche proprietario tenta di mettere in chiaro la faccenda, ma in Comune nessuno sa niente. Da notizie raccolte in giro, sembra che Lucianì (e Slèr) sia pesantemente sotto sforzo per la riparazione e l’abbellimento dei finimenti che gli piovono in laboratorio, mentre Meo (e Frador) è fortissimamente impegnato nel cambio dei ferri, in accurati pedicure e abbellimenti vari. C'è poi il titolare della macelleria equina che subisce un vero e proprio assalto. Finimenti e zoccoli abbisognano di una forte lucidata e il grasso di cavallo è l'unico cosmetico idoneo per l'una e l'altra operazione. In pochi giorni esaurisce anche le scorte e un cartello avvisa: GRASSO ESAURITO.

Siamo al giorno stabilito e dalla remota Chiavica del Legno ( 16 Km . dal luogo di ritrovo) giunge un messo per giustificare il molto probabile ritardo dello sfortunato Andalò. S'è infatti alzato prima del gallo per preparare il rimorchio che dovrà trasportare il suo stallone alla rivista. Quando tutto è pronto imbriglia la 'cavèza' al collo del magnifico esemplare e tenta di farlo salire sul mezzo a disposizione. Lo stallone si rifiuta energicamente, reagisce con forza e quasi si libera della stretta. Andalò chiama aiuto. Alcuni vicini, già pronti per andare ai lavori in campagna, lo soccorrono e finalmente lo stallone è sul rimorchio. Appare calmo, ma appena il trattore è in moto c'è un improvviso, violento risveglio. 

Saltano i legni delle sponde, i legacci cominciano a cedere, il rimorchio scricchiola. Dopo una mezz'ora quella furia scatenata è di nuovo a terra. Ci sono voluti cinque uomini amanti del rischio, ma adesso tutto va bene. Lo stallone è definitivamente tranquillo e Andalò segue il consiglio di un anziano amico e accompagnerà alla rivista il suo bel cavallo seguendo a piedi l'argine del Reno per circa 12 Km , poi cercherà di raggiungere il paese per vie traverse, scansando il traffico. Arriverà, sfinito, alle 9 circa. 

Intanto alle sette di mattina di quel 1° Aprile, con buon anticipo sull'orario di convocazione, Katura è già sul posto con il suo mulo e ‘la baroza’. Il fatto è che il 1° Aprile quell'anno, non a caso, coincideva col lunedì, che è giorno di mercato, e si assiste subito ad un furibondo alterco fra Katura, che ha invaso il campo, e un ambulante che sta sparpagliando le sue terraglie. Anche il mulo si innervosisce e i poveri innocenti cocci sono lì, pronti a diventare ancora più cocci. Interviene la Polizia Urbana e non può far altro che constatare la ragione di entrambi. Anzi, ha ragione anche il mulo se per colpa loro, ha perso la calma.

Si avvicina l'ora dell'appuntamento e la situazione, già seriamente ingarbugliata, comincia ad assumere le caratteristiche di caos. Cavalli, automezzi, gente, muli, ambulanti che sbraitano, bancherelle, fumanti mozzarelle verde-scuro sparse per terra, confusione. I Carabinieri, intervenuti in forze, non sono in grado di sbrogliare l'intricata matassa né di controllare il confuso andirivieni. Fra cavalli, muli e ambulanti è anche arduo stabilire un ordine di precedenza. Per un attimo pare stia prevalendo il diritto del. servizio militare. Anche se si tratta di cavalli e muli lo Stato è sempre lo Stato. Immediata reazione dei civili che vantano il loro diritto di commercio. Hanno la licenza di vendita, vengono da lontano e  rischiano di perdere l’incasso della giornata. In assenza di Salomone lo stato delle cose rimane invariato. 

E intanto dalle campagne continuano ad arrivare i convocati, ostentando, ímpettiti e orgogliosi, i migliori soggetti. Mai visti cavalli e muli così ben strigliati e lucidati. I finimenti, poi, sono all'ultimo grido. Qualcuno è anche civettuolo e mette in mostra nastrini e fiocchi fuori ordinanza. Ecco che arrivano i quattro bellissimi stalloni della locale Stazione di monta. Impetuosi, arroganti, superbi. Sprizzano energia ad ogni movimento. Purtroppo non trovano lo spazio adeguato alla loro speciale condizione araldica e devono accontentarsi di un posticino un po' marginale. Lo rifiutano e preferiscono tenersi in movimento e in mostra lungo il corso che fiancheggia la piazza, già satura di plebe quadrupede. 

Come guerriero romano, troneggiante sulla biga, ecco che arriva 'e Bafiò'. Dritto, ben piantato sul cocchio (la baroza) gambe divaricate, braccia tese sulle redini e leggermente inclinato all'indietro a frenare l'irruenza della sua cavallina. Arriva di gran carriera, frena a stento e si perde nella bolgia. In Comune c'è subbuglio e andirivieni. Alcuni legano i cavalli ai pilastri del Palazzo e salgono agli uffici. Vogliono spiegazioni. Il Sindaco e il Maresciallo non sanno che pesci pigliare. Nei precetti non c'è il numero telefonico del Centro Militare e non c'è modo di prendere contatto con gli organizzatori della rivista. Il Distretto Militare di Forlì, interpellato, risponde che nelle loro liste di leva iscrivono solo giovani di 19 anni e nient'altro. Arriva il Veterinario comunale, ma anch'esso casca dalle nuvole. Lui non sa niente ma siccome non gli fa difetto il senso dell'humor, azzarda timidamente l'ipotesi di un probabile pesce d'aprile. 

La voce comincia a circolare anche in piazza, ma la verità non esplode ancora. E' duro ammetterere la beffa e poi, in fin dei conti, la rivista è stata una cosa sempre molto seria. Non ci si può scherzare sopra. L'afflusso dalle campagne continua, la situazione peggiora. Se è uno scherzo sta passando i limiti e alcuni, più intraprendenti, organizzano le squadre che partono a bloccare, sulle vie di accesso al paese, i ritardatari. 

E' un pesce di aprile non v'è dubbio. La firma del Col. Itticus e i due pesciolini incrociati nel timbro, finalmente scoperti, non lasciano adito a dubbi. Fra imprecazioni, musi lunghi e minacce cominciano le operazioni di sgancio. La fretta di sottrarsi agli sberleffi generali di un casuale pubblico, oltremodo divertito, provoca ancor più confusione, ma pian piano la piazza si sfoltisce, mentre, con encomiabile sollecitudine, gli spazzini comunali sono già sul posto per le operazioni del caso. Visto che è andata così alcuni approfittano dell'occasione per lasciare in mostra, vicino alla piazza i soggetti migliori e si insinuano fra i crocchi a far finta di trattare di sementi, concimi e cereali, ma l'argomento principe era sempre lo 'scherzo' che molti, in verità, hanno preso per il verso giusto. 

E Bafiò, invece, è d'altro avviso. Rosso dalla rabbia fin sopra la nera e folta chioma, salta sul cocchio (è sempre la baroza), inforca le redini e, più altero di come era arrivato, si lancia con impeto sulla via del ritorno. Sta per entrare sulla via Reale, ma viene, bloccato dalla Polizia Stradale, appostata per il rituale servizio di controllo al traffico. E Bafiò aspetta d'avere via libera, ma uno dei due vigili, con noncuranza, fa un giretto intorno al cocchio e nota la mancanza delle targhette regolamentari. E' in multa.

Se fosse esploso un vulcano a pochi metri, certamente, e Bafiò si sarebbe sentito meno sconquassato di come si sentiva in quel momento. E' inutile tentare di descrivere ciò che gli ribolliva dentro. Fortuna vuole che il susseguirsi degli avvenimenti lo abbiano lasciato totalmente privo di riflessi e non riesce ancora ad assommare la beffa alla beffa. 

E' troppo, e, prima che riesca ad organizzare la sua incontenibile furia, qualcuno, lì vicino, ha il tempo d’intervenire: "ma lasciatelo andare, ragazzi. Gli hanno fatto uno scherzo un po' duro e voi volete anche multarlo?" E Bafiò, in ebollizione, ormai al limite dell'esplosione, è libero di andare. Dieci minuti più tardi si registra una lieve scossa di terremoto con tuono straziante. E' l'urlo de Bafiò che cerca sollievo.

Alla sera, davanti al bar è un po' più calmo. "Se trovo chi ha preparato questo scherzo – continua a ripetere - gli offro un caffè perché è stato bravo, ma dopo gli do tante di quelle bastonate da cavarne poltiglia".

Qualcuno, nei paraggi, si allontana quatto quatto e, senza farsi notare abbozza un sorriso birichino. Pare che avrebbe gradito il caffè, ma non 'corretto' a quel modo.

 

 

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