delitto-bambino-morto.jpg (274585 byte)

Alfonsine

| Alfonsine | Ricerche sull'anima di Alfonsine |

UNA STORIACCIA ALFONSINESE DEL 1909

  di Luciano Lucci
(con l'utilizzo del libro "I GUARè GROSS DE FIUNàz di Guerrini Girolamo, di articoli del Resto del Carlino, di foto procuratemi da Cesare Baldi, di memorie mie tratte da chiacchiere con Annamaria Vecchi e altri)

 

Un bambino assassinato, un colono condannato e morto in carcere, da sempre dichiaratosi innocente, un prete, cappellano della chiesa S. Maria, che in un’omelia disse che era innocente, il popolo che non credette mai all'esito del processo  e che continuò a sussurrare (ma senza alcuna prova) per una decina di anni il nome di chi avrebbe commesso quell’omicidio.

delitto-bambino-morto.jpg (274585 byte)

cliccare o toccare sull'immagine per averne un ingrandimento

Il 25 aprile del 1909 non tornò più a casa sua un bambino di sette anni Luigi Poggi di Alfonsine. Il suo corpo fu ritrovato il 2 maggio dopo una segnalazione di Domenico Guerrini alle autorità. Aveva visto vicino a un fosso tra la strada Mameli che costeggiava l’argine sinistro del Senio e il podere che il colono lavorava a mezzadria per il possidente Anselmo Alberani, della terra smossa e aveva avvisato il padrone, che lo aveva consigliato di denunciare subito il fatto.

Così arrivarono le autorità competenti che iniziarono a scavare in presenza di Domenico Guerrini, che aveva denunciato il ritrovamento della terra smossa, e che tra questa si intravedeva  anche una berrettina rossa. 

Con lui c'era anche suo padre Girolamo Guerrini di anni 64. Si dice che a Girolamo sfuggisse una frase che fece insospettire gli inquirenti e che fu uno degli indizi su cui basarono poi il suo arresto. Mentre scavavano disse 'stasì atet da ni ciapé in tla faza', come se questa frase indicasse che lui sapeva. Trovarono il corpicino del bambino, imbavagliato con un fazzoletto stretto al collo, una cordicella alle mani legate e le gambe con una fascia colorata terminante con frange, di quelle che alcuni usavano per sostenere i pantaloni. “Morte violenta per soffocamento” fu la dichiarazione dei periti medici dopo l’autopsia. Nessun segno di percosse né di 'oltraggio',... cioè ''nessun segno di violenza carnale'

I due Guerrini furono arrestati, ammanettati e subito in catene trascinati in carcere, legati ai cavalli dei Carabinieri. Una folla enorme fece ala ai margini della strada per assistere a questo avvenimento che aveva inorridito ma anche stupito tutti. 

Il figlio di Girolamo, Domenico, dopo pochi giorni fu rilasciato. "Furono indiziate altre persone" (si sa di Domenico, il figlio di Girolamo Guerrini, ma gli altri chi furono?), ma senza alcun risultato.

La morte risaliva a quattro giorni prima e quindi tra il martedì 27 e il mercoledì 28 aprile e il seppellimento era avvenuto in una notte in cui c’era stato un forte temporale, cioè tra il giovedì 29 e il venerdì 30. La vittima sarebbe rimasta viva per due giorni in balìa del suo carnefice. Si ritenne che l'autore potesse essere o un pazzo o un 'immondo satiro' (un pedofilo, diremmo oggi) che 'vedendosi in pericolo di essere scoperto dalla polizia, abbia voluto sopprimere il suo possibile accusatore'.

Ci fu anche una dichiarazione di un bambino che si trovava in compagnia di Luigino Poggi, che più o meno avrebbe detto che 'un uomo con un sacco nelle spalle si avvicinò a noi, chiamò Luigino facendogli cenno con la mano e lo condusse con sé'. 

Si diceva anche che, nella descrizione dell'uomo, quel bambino avesse accennato a tre paia di baffi: uno sulla bocca e due sopra gli occhi, intendendo che oltre a baffi avesse anche le sopracciglia molto folte, da sembrare come i baffi.

Si diceva anche che il corpicino fu seppellito da un uomo (pagato per questo) che andava in giro a comperare pelli di coniglio e 'faceva un verso strano'.

processo unico.jpg (829285 byte)

da "Il Resto del Carlino" 
del 1° maggio 1910

delitto1.jpg (411096 byte)

 

La casa 'regalata' a Poggi, nella cosidetta 'via della fame', poi via Roma. 
Tale casa è ancora presente. 

Ma l'unico incolpato rimase così Girolamo Guerrini (vedovo di Zanzi Maria dal 1871), che si dichiarò sempre innocente. Il processo indiziario, senza prove certe, si basò anche sul fatto che alcuni giorni prima della scomparsa del bambino  Girolamo aveva trovato tre ragazzini che strappavano i germogli delle viti del suo piccolo podere per cibarsene. Tra quei bambini c'era anche un suo parente Secondo Guerrini figlio di un nipote di Girolamo, e il Luigino Poggi.
Girolamo li vide e li inseguì sgridandoli.

Le sorelle di Luigia Tarroni, nuora di Girolamo, Maria Tarroni (l'altra sua sorella Amedea avrebbe sentito il racconto da lei),  in istruttoria davanti ai carabinieri raccontarono che Maria avrebbe visto il giorno del fatto 'il Guerrini nel cortile di casa dare uno scapaccione al bambino e trascinarlo verso il pagliaio'. 

Ma nel processo entrambe smentirono il racconto fatto in istruttoria. Anche Giuseppe Monari e Bonafede Minarelli testimoniarono di aver udito la Maria Taroni raccontare quell'episodio, poi smentito.

Insomma gran confusione e varie dicerie (o malelingue?) giravano in paese, di cui Anselmo Alberani, come teste, raccontò anche nel processo. (Sarebbe interessante leggere gli atti del processo, soprattutto per questa parte).

Ma quella che prese più piede tra la gente, e rimase vox populi per una decina di anni, fu di un personaggio noto in paese che assomigliava alla descrizione delle 'tre paia di baffi' data da uno dei ragazzini. 
(di cui si è scritto sopra).

Il padre del povero bambino ucciso Tomaso Poggi fece balenare anche la possibilità che uno zingaro con in spalla il sacco fosse stato visto in zona nella notte della burrasca, e che avesse rapito il bambino, e quindi l'attenzione si spostò anche su questa figura. Ma nulla di più emerse. 

Si disse (ma anche qui non si hanno prove) che, a processo concluso, quella persona nota, che la gente sussurrò (malignamente) per anni come il vero colpevole, avrebbe regalato alla famiglia Poggi, come gesto caritatevole, (che la gente interpretò come ricompensa per affermazioni nel processo, a suo scagionamento) una casa nella cosidetta 'via della fame', poi via Roma. Tale casa è ancora presente. 
Pare poi che per questioni economiche la casa venisse persa dai Poggi, tanto che nell'immediato dopoguerra tale famiglia andò ad abitare in una baracca in via Tranvia,"costruita nello spiazzo che si era creato con il bombardamento che fece 11 vittime. In quella baracca oltre alla signora "Pogia", moglie di Tomaso Poggi e madre del povero Luigino, con la sorella, abitava anche la famiglia di Giuseppe Baioni "Paparò" quello delle zirudelle,  (testimoninaza di Alberto Vistoli)

ALLA FINE LA CONDANNA

 Girolamo fu condannato a15 anni. Per tutto il periodo di carcere, tramite lettere dettate al cappellano del carcere scrisse alla famiglia disperato, dichiarandosi sempre innocente. Morì in carcere a Volterra nel 1920.

 

Dopo la condanna del padre, il figlio Domenico Guerrini, con la moglie Luigia Tarroni, (non ebbero mai figli) fu cacciato dal podere di Alberani. Per diversi anni trovarono lavoro a mezzadria in un poderino della famiglia Gessi di Alfonsine, poi un possidente Faustino Vecchi, li sistemò ancora a mezzadria in un suo poderino detto "Capannone alle cinque vie" a Fiumazzo, all'incrocio con via Borse. In seguito alla morte di Domenico (1932) sua moglie fu accolta in via Mameli dalla famiglia Vecchi fino al 1945. (Ad Annamaria Vecchi, figlia di Faustino, rimase la lettera scritta dal carcere, e che fu pubblicata nel libro "I GUARè GROSS DE FIUNàz anno 2000, scritto da Guerrini Girolamo di Rossetta). Dopo la guerra a Luigia Tarroni fu assegnato dal comune una casa di legno nel campo sportivo in Corso Garibaldi, ex-mercato. Era una delle baracche canadesi e qui visse fino alla vecchiaia. Poi finì i suoi giorni nell'ospizio. 

Ecco qui di fianco la lettera inviata ai famigliari da Girolamo Guerrini dal carcere di Volterra nel 1912. Sperava ancora che la verità venisse fuori. Ma non fu così.

Lettera trascritta integralmente dall'originale, qui a fianco

lettera-girolamo.jpg (2146175 byte)

cliccare o toccare sull'immagini per averne un ingrandimento

 

 

« n. 2810 Penitenziario di Volterra 10 settembre 1912

Caro figlio, di tutto ciò che mi sento nel cuore faccio scrivere a mio modo rispondendo alla tua lettera. Tu hai un bel dire coraggio e pazienza che si scoprirà la verità che tutti la sanno, ma se si va di questo passo non si concluderà mai nulla, quando sarò morto rimarrà tutto allo scuro e resterai figlio di un uomo disonorato e condannato assassino senza che venga scoperta la mia innocenza.

Io godo buona salute e prego la S. Vergine Maria di campare finché mi sia ridato il mio onore e la mia libertà e tu riesca a mandare un piccolo memoriale di chi sa la verità che la dica e non dica ho sentito dire, ma con prove sicure. Dalla bontà del Signor direttore che un uomo di cuore mi farò chiamare dal Signor Giudice presentando il tuo scritto perché io mi posso poco spiegare colla vecchiaia e i dispiaceri ho perduto un po' di memoria e un po' di udito. Sono certo se troveranno sufficienza la Giustizia mi prenderà sotto la sua protezione. Con tutto ciò che mi hai comunicato sono sicuro che riuscirai a far chiarire la verità, non lusingarmi per infondermi coraggio e poi dovessi fare una figura da vecchio imbecillito contro delle persone di così alto merito, e disturbare delle autorità senza frutto. Nello stesso tempo quando ai raccolto tutto ciò che troverai sufficiente fatti fare un esposto in piena regola e portalo al Procuratore del Re di Ravenna, sarebbe bene che parlassi in persona.

Non impegnarti con avvocati finché la Giustizia non avrà palpato sopra la verità e ne sentirai il bisogno. Colla speranza che il signor Direttore possa farti passare questa lettera ringrazio per me che non ho parole sufficienti per quella gentil persona si giusta e contenziosa con tutti e per il suo buon cuore verso di me.

Fammi sapere notizie dei miei nipoti sia di quello che stato congedato come di quello che è in guerra. Ringrazio la mia nora e cerca unità a te di comprendere tutto ciò che dovete fare per me. Fa coraggio a suo fratello spero che godiate tutti buona salute come me, credete pure che da povero vecchio e me la passo alla meglio anche a l'ozio.

Salute Girlandini si faccia coraggio mi dispiace della disgrazia della sposa, tanti saluti a Gessi mio patrone e tutta la famiglia.

Tanti saluti a tutti i miei parenti cugini amici e una Santa ispirazione a te e tua moglie accompagnati con la mia benedizione e possa presto essere con voi. Ti prego se non puoi comprendere bene di farle leggere al signor Gessi tuo patrone.

Tuo padre Guerrini Girolamo

DON BIANCHEDI, 
IL CAPPELLANO DELLA CHIESA DI ALFONSINE 
"S. MARIA" 

dichiarò pubblicamente durante una messa che "Girolamo che è morto in prigione innocente"

Dopo la morte di Girolamo Guerrini avvenuta nel 1920 il cappellano delle carceri di Volterra scrisse una lettera a Don Bianchedi Giovanni, cappellano della chiesa 'Santa Maria' di Alfonsine, nella quale asseriva che in prigione era deceduto un innocente. Si dice che Don Bianchedi lesse la lettera ai fedeli durante la Santa Messa e osasse dire "cari fedeli diciamo una preghiera per Girolamo che è morto in prigione innocente", e la popolazione non si meravigliò della notizia, perché si sussurrava che forse a commettere quell'orribile omicidio e a seppellire il bimbo nel podere dei Guerrini, fossero state altre persone, ma non c'erano prove valide. E dopo anni tutto finì nel dimenticatoio.

 | Alfonsine | Ricerche sull'anima di Alfonsine |