Alfonsine

| AlfonsineRicerche sull'anima di Alfonsine |
  

Un libro su Alfonsine "E' Café d'Cài" (clicca o tocca qui, è tutto sul web) 
Questo sito è ideato e gestito interamente da Luciano Lucci

La battaglia aerea sopra Alfonsine 
del 28 marzo 1944

a cura di Luciano Lucci, 

con la preziosa documentazione di Enzo Lanconelli  http://www.aereiperduti.net/ 

    Nel 2005 un vecchio amico alfonsinese Tonino Pagani, pubblicò un libro, da me curato, “E Café d’ Cai”, che raccontava la storia di Alfonsine e di lui ragazzino dal 1930 al 1945. 

Tra le tante cose, narrò di una battaglia aerea tra un ‘caccia’ americano Lightning e uno tedesco Messerschmitt che si svolse sopra il cielo di Alfonsine.

Mi scrisse Enzo Lanconelli, a cui avevo dato il libro di Tonino Pagani, da anni esperto e appassionato ricercatore di Aerei Perduti, cioè velivoli militari precipitati per cause belliche in Romagna tra il 1942 e il 1945.  

"Si tratta dello scontro del 28 marzo 1944. Unici errori di Pagani sono l'ora dello scontro (dice le quattro del pomeriggio, ma è impossibile in quanto i bombardieri con le scorte, partendo dalla Puglia e dovendo tornare indietro, qua da noi transitavano sempre dalle 11 alle 13 circa) e sull'identità dei "tedeschi", che in realtà erano italiani dell'”Aeronautica nazionale repubblicana". Gli italiani volavano in quel periodo con i caccia Macchi 205, in questo caso essendo il primo gruppo caccia ha ragione Tonino Pagani a dire che erano di color nero, perché erano verniciati a tre toni di grigio, gli stessi toni dei caccia tedeschi."  

Così l'aveva raccontato Tonino d'Cai a pag. 34 del libro:

"... Nella nostra zona ci furono pochissimi attacchi aerei dei caccia tedeschi, ben riconoscibili perché di colore nero,  ma un giorno sulle quattro del pomeriggio, dall'argine del fiume dove noi ci riparavamo, assistemmo ad uno scontro fra un Messerschmitt e un Lightning. L'aereo tedesco riuscì ad accodarsi al caccia statunitense e, colpendolo ripetutamente ad un motore, arrivò ad abbatterlo. Il pilota americano riuscì lo stesso ad atterrare, anche senza carrello. Si fermò a cinquanta metri da una casa contadina in un terreno arato, uscì fuori illeso e si dileguò nelle campagne; sapemmo poi che fu catturato a Sant'Alberto dai Carabinieri di quel paese. Noi riuscimmo ad arrivare in bicicletta fino all'aereo abbattuto, guardammo dove era stato colpito, ci affacciammo alla cabina e ci rendemmo conto che era predisposto per essere guidato da un solo pilota, e che, vicino ai comandi, a portata di mano, c'erano anche le leve per far funzionare le armi di bordo che uscivano all'esterno della cabina: quattro mitraglie installate nell'apparecchio. Stavamo per tornare a casa, avevamo percorso solo cinquecento metri che arrivarono delle camionette tedesche, ma noi potemmo continuare indisturbati il nostro cammino sulla via del ritorno.” Così sfruttando le ricerche di Enzo Lanconelli...

Il 28 marzo 1944 una formazioni di B-17 e B-24 (bombardieri americani), scortata da vari 'caccia' P-38 Lightning sorvolava le Valli di Comacchio a est di Alfonsine verso Argenta, diretta verso nord.

  I piloti italiani del 1° Gruppo della ricostituita "Aeronautica Nazionale Repubblicana"  erano sempre all'erta su segnalazioni radar, per intercettare formazioni di bombardieri pesanti. La loro base era a Campoformido, vicino a Udine.

Alle ore 11 segnalata la grossa formazione di bombardieri in arrivo, decollarono con la partecipazione di cinquantatre Mc.205. per  Il primo scontro avvenne all'altezza delle paludi di Comacchio, mentre la formazione americana si scindeva in due distinti gruppi diretti uno a nord e l'altro a nord-est. 

Il '27th Fighter Squadron' (squadra di 'caccia' americani)  fu affrontato separatamente da circa venticinque caccia italiani quaranta miglia a sud di Venezia; nella battaglia, durata 'mezz'ora, vennero abbattuti i Tenenti James L. Rodolff (P-38 H Serial Number 42-67067) e Kenneth E. Hartwig (P-38 H serial Number 42-67035), mentre gli americani dichiararono due vittorie certe ed una probabile. 

In definitiva, lo scontro determinò la perdita di due Lightning e di due Macchi, ed i due piloti americani riuscirono entrambi a salvarsi; catturati, terminarono la guerra allo Stalag Luft 1 a Barth-Vogelsand. 

Ma oggi ne sappiamo molto di più e abbiamo anche la foto dell'aereo abbattuto, e due nomi di piloti americani

Nel corso del combattimento il Sott. Ten. Sajeva che si trovava in catena con altri piloti della 1° squadriglia italiana intenti ad attaccare in linea di fila una parte di quella grossa formazione di bombardieri, si accorse che l'impianto Dragher per l'erogazione dell'ossigeno era andato improvvisamente in avaria: si convinse, purtroppo, che era impossibile continuare ad operare ulteriormente nell'aria rarefatta degli 8.000 m. di quota. Aveva pochi secondi di autonomia a disposizione per portarsi a livelli più respirabili. Mise in affondata il Macchi 205 ed alla massima velocità cercò di riportarsi sui 4.000 m. dove l'ossigeno non è più indispensabile per la sopravvivenza. 

Giunto sui 5.000 m. avvistò, a quota leggermente inferiore, un Lightning solitario che faceva rotta a sud, in direzione cioè opposta a quella dei bombardieri americani. Forse era un caccia di scorta che aveva qualche avaria e tentava, come Sajeva, di riportarsi a casa. 

Sajeva virò rapidamente, e si portò ben presto in coda al P-38 centrandogli al secondo attacco il motore destro che iniziò a lasciare una scia sfilacciata di fumo con conseguente perdita di velocità e di quota. Al terzo attacco l'aereo americano era praticamente inutilizzabile, non reagiva più e volava sui duecento metri di altezza col Macchi 205 che, a quota leggermente superiore, controllava ogni suo movimento. Sajeva non volle finire l'avversario limitandosi a controllare ogni sua mossa, un comportamento cavalleresco. L'aereo americano compì alcune piccole virate a destra e a sinistra come se cercasse qualcosa a cui affidarsi per risolvere rapidamente una situazione certamente critica. 

Sajeva comprese le difficoltà del suo "nemico" e gli concesse un po' di respiro per facilitare le sue intenzioni, virando alla larga senza perderlo di vista. Improvvisamente, il Lightning tirò giù i flaps, diminuì ancora la velocità e atterrò a carrello retratto in un prato. La gioia per la riuscita della manovra si manifestò sinceramente nel cuore del pilota italiano che cabrò per qualche centinaio di metri, compiendo un'ampia virata e "puntando" sull'ormai inoffensivo apparecchio nemico, nel tradizionale segno di saluto aviatorio. 
(fonte: libro di Nino Arena "L'Aeronautica Nazionale Repubblicana")

Il P-38 abbattuto da Sajeva atterrò presso la cittadina di Sant'Alberto e quello fu  proprio uno dei dei caccia di scorta del 1st Fighter Group andati perduti quel giorno. Due veline della Guardia Nazionale Repubblicana conservate in Archivio di Stato a Ravenna datate 28 marzo 1944 riportano che in quella data, alle ore 12,30, in località "Asseligne di S.Alberto atterrava aeroplano caccia bimotore americano". La velina successiva riporta che il pilota veniva catturato lo stesso giorno alle 20,45. 

Si tratta senza alcun dubbio del P-38 atterrato in località "Le Saline" (situate nel territorio attualmente chiamato "cassa di colmata del Lamone", notare la storpiatura del nome, nda) del quale fortunatamente è giunta fino a noi la foto che pubblichiamo per la prima volta.

Documenti tedeschi sugli aerei alleati abbattuti nei territori da loro occupati sono precisi nell'affermare che in data 28 marzo 1944 due Lightning sono caduti nel territorio di Ravenna: dei due, uno è finito in mare, presumibilmente a poca distanza dalla costa. 

E’ obiettivamente impossibile stabilire quale dei due piloti del 1st Fighter Group sia atterrato presso Sant'Alberto e chi si sia lanciato in mare, dal momento che entrambi furono presi prigionieri. 
(Resta invece alquanto improbabile che il pilota costretto all'atterraggio da Sajeva sia finito a Massalombarda come riporta Nino Arena, nel libro qui già citato)

| AlfonsineRicerche sull'anima di Alfonsine |