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Il bosco sacro

di Loris Pattuelli

In quanti siamo ad Alfonsine? Secondo la guida del comune, gli abitanti sarebbero 11.887. Il dato è aggiornato al 5-6-2006 ma, nel frattempo, qualcuno sarà sicuramente morto e qualcuno sarà sicuramente nato. 

Facciamo un conto pari e diciamo dodicimila. 

Siamo dodicimila: bel numero. Se togliamo gli zeri che, come tutti sanno, contano meno di niente, ci accorgiamo che dodici sono i mesi dell’anno, dodici sono le notti che vanno dal Natale all’Epifania e dodici sono anche i giorni che bisogna aggiungere all’anno lunare per metterlo in pari con quello solare: bel numero il dodici, proprio un gran bel numero, ma forse adesso è meglio darci un taglio, se non si vuole incominciare a dare i numeri per davvero. 

Avevamo tolto gli zeri? Bene, adesso li rimettiamo al loro posto. 

           Dodicimila sono gli abitanti di Alfonsine. Molti li conosciamo, molti non sappiamo neanche la faccia che hanno. Ogni tanto proviamo ad immaginarceli, ma è sempre un azzardo, un andare un po’, come suol dirsi, “a spanèla”. 
            Dodicimila sono i codici fiscali, dodicimila le tessere sanitarie, dodicimila i bancomat, dodicimila i telefonini, dodicimila i posti auto, dodicimila le televisioni a colori e le patacche degli stilisti. E qui mi fermo, ma chissà quanti altri dodicimila ci sarebbero ancora da tirare fuori. Diciamo dodicimila? Diciamolo pure, anche se, prima di cambiare discorso, il sottoscritto avrebbe un altro bel dodicimila da presentare al mondo. 

I nostri bisnonni avevano l’abitudine di piantare un albero ogni volta che nasceva un bambino. Bella usanza, purtroppo oggi totalmente disattesa. Scommetto che anche tu, caro lettore, adesso ti stai commovendo un pochino e magari anche smarrendo in una foresta di “purtroppo”. 

Era fatale che ciò accadesse, ma niente paura: i “nostri” sono già in viaggio e ben presto “arriveranno” a destinazione. Se ci fai caso, dentro di noi c’è sempre un Beatles che ci invita a prendere le cose alla leggera, a rivoltare sempre tutto come una frittata. I “purtroppo” si dividono in due grandi categorie: ci sono i “purtroppo” dei rassegnati e ci sono i “purtroppo” di quelli che pensano che c’è ancora tanto da fare. Noi tifiamo per i secondi, ma sappiamo benissimo che i primi, se non sono maggioranza, poco ci manca. Ma davvero sarebbe così utopistico piantare un albero per ogni abitante di Alfonsine? In fondo che ci vuole? Basta un qualche ettaro di terra e la cosa è bell’e che fatta.! Nessun problema per i preziosi alberelli .Siamo o non siamo dodicimila ad Alfonsine? Un alberello a testa... e che sarà mai? Non andremo certo in rovina per questo! 

Così come c’è un Campo Santo, mi chiedo perché non ci dovrebbe essere anche un Bosco Sacro. Al Campo Santo si onorano i morti, al Bosco Sacro si salutano i viventi. Il sottoscritto pensa che noi ci meritiamo tutto questo, che tutto questo non è affatto troppo ma soltanto il minimo indispensabile per incominciare a programmare una vita più decente. Dopo aver fatto una botta di conti, mi sono messo in testa che il nostro Bosco Sacro potrebbe diventare il naturale prolungamento del polo scolastico Hai presente quel pezzetto di terra che sta tra le scuole medie e la cantina sociale? Ecco, quello potrebbe essere il posto giusto per piantare i nostri dodicimila alberelli. Punto! Due punti!... direbbe Totò. Ovviamente questo lungo sproloquio può essere facilmente cancellato con una bella risata. Me ne rendo conto benissimo, me ne rendo conto così bene che adesso mi sono messo a ridere anch’io. Tutto regolare, anzi giusto e doveroso. 

Come dice il proverbio, “il riso fa buon sangue”. Si tratta soltanto di stabilire se è meglio ridere per la disperazione o per una qualche illusione di troppo. Se ci fai caso, i discorsi di quelli che contano sono sempre pieni di realismo, di buonsenso e di razionalità. “oh, sarebbe bello, ma non si può”. Quante volte abbiamo sentito questa risposta saggia e quante altre volte saremo costretti a riascoltarla? Certo che a “domandare l’impossibile”si rischia di passare per coglioni, ma “rassegnarsi all’esistente” non è proprio il massimo della vita.

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