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Don Liverani

a cura di Luciano Lucci, con documentazioni e testi di Adis Pasi e Giovanni Zanzi.

 

Don Don Luigi Liverani nacque a Faenza il 1 aprile 1900, e morì a Faenza il 28 agosto 1969. 

Dopo la consacrazione episcopale di Mons. Francesco Gardini nominato Vescovo di Bertinoro e ultimo rettore della chiesa di Alfonsine, il Vescovo di Faenza Antonio Scarante (1930-1944), cessato, o fatto cessare, il giuspatronato dei Calcagnini, inviò a reggere la parrocchia S. Maria delle Grazie di Alfonsine don Luigi Liverani, proveniente dalla parrocchia di Russi. 

A lui, per prima volta, vennero attribuiti i titoli di Arciprete e di Vicario Foraneo, quest'ultimo detenuto fino ad allora dall'arciprete di Fusignano. 

Parlando di don Liverani, non si può prescindere dall'influenza che su di lui hanno avuto i fermenti sociali e religiosi dell'ambiente faentino, dove crebbe tra i maestri che lo guidarono negli anni del seminario, e da eventuali contatti stabiliti poi a Roma, dove conseguì il dottorato in Teologia.

Si pensi a personaggi di grande prestigio come Carlo e Antonio Zucchini, Mons. Francesco Lanzoni, Giuseppe Donati. 

Nell'ottobre del 1920 a Faenza, ponendo fine all'alleanza cattolico-moderata di cui fu espressione il Sindaco avv. Gallo Marcucci, venne eletto sindaco l'avv. Antonio Zucchini a capo di una giunta che si ispirava al popolarismo di don Sturzo. 

Agli inizi del 1923 la giunta Zucchini si dimise non senza comunicare alla popolazione, attraverso un manifesto, i positivi risultati raggiunti. 

La risposta fascista si concretizzò, il 18 febbraio, nell'assalto alla Casa del Popolo nel corso della quale furono selvaggiamente picchiati alcuni soci, con una particolare attenzione all'ex Sindaco Zucchini. Nel 1924 venne nominato Vescovo di Faenza Mons. Ruggero Borelli. A lui si deve la diffusione dell'Azione Cattolica nelle parrocchie della Diocesi, operazione proseguita dal successore Mons. Antonio Scarante che invitava i parroci ad incentivare le attività dell'associazione che, sia pure svolte in ambito religioso, si presentavano come vere e proprie manifestazioni di cultura autonoma ed alternativa a quella fascista. 

Don Liverani fu nominato arciprete della parrocchia S. Maria nel 1932

Da sinistra in prima fila: e prit d'Marlén Don Montanari, Don Serafino Servidei, zio di Lorenzo Servidei, maestro e capo DC nel dopoguerra, Don Liverani arciprete di Alfonsine, Don Giovanni Bianchedi, fu spretato perché ebbe un figlio da una parrocchiana, ma continuò a vivere in paese portando la veste da prete, Maria Mirri, madre di Sidney, ricchi possidenti alfonsinesi.

Da sinistra fila dietro: Antonio Pattuelli (sacrestano fino ai primi anni '60), Don Pirazzini, detto e prit d'Stasiòl (sua nipote è la Pirazzini moglie di Natale Gregori), Lorenzo Servidei, maestro e capo DC nel dopoguerra, Alfeo Minarelli babbo del dott. Minarelli e di Santino, Luigiò (Luigi Randi).

Don Liverani aveva indubbiamente ben colto questo aspetto e curò particolarmente l'organizzazione dell'Azione Cattolica validamente sostenuto dalla collaborazione di Don Fioravante Zanelli. 

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Incontro per aspiranti 9-12 luglio 1939.
Don Luigi Liverani è il terzo da sinistra, nella fila dei preti, don Carlo Marcucci è il quinto

  

 

Il balilla e l'aspirante, dovevano convivere nello stesso ragazzo, ma l'educazione religiosa non poteva non funzionare da antidoto all'educazione militaresca; le processioni e le parate; i convegni cattolici e le adunate: due mondi a confronto, irriducibili se da una parte sta un prete "fortis in fide". Se poi a fianco dell'Arciprete sta un cappellano come don Fioravante Zanelli, la partita è vinta, perché i giovani ai moschetti preferiscono il pallone. E quello di don Zanelli era il pallone di Dio. 

Come ebbe a scrivere in una corrispondenza privata alla domanda di un'eventuale attività politica dell'Azione cattolica, don Liverani scriveva: "Politica nel senso vero no, ma cattolica che servisse di remora a tutto il lavoro fascista, sì. L'Azione Cattolica ad Alfonsine era da me diretta. L'unica attività che svolgeva consisteva in funzioni in cui si cercava di attirare più gente che si poteva, in corsi, conferenze che venivano tenute da me e da altri, ma che non sempre si riusciva a portare a fondo perché altre conferenze venivano contrapposte alle stesse ore"

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La foto a fianco è del 1951: riunione inaugurativa dell’anno scolastico nella Casa del Popolo. 

Si  riconoscono da sinistra don Liverani, la direttrice scolastica, un ispettore scolastico con la  moglie e il sindaco Mario Cassani , poi il maestro Pescarini 


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Per i non facili rapporti tra don Liverani e i fascisti si veda il "Diario di guerra" (cliccare o toccare qui o sul titolo a sinistra)
Passata sul paese di Alfonsine la bufera che aveva lasciato dietro di sé lutti e rovine, ma che non aveva piegato una "comunità", perché "durante il fronte" e nell'immediato dopoguerra Alfonsine fu una comunità spontaneamente coesa, quando si pose il problema della ricostruzione e, dopo un referendum tra i capifamiglia, l'amministrazione comunale decise di spostare il centro del paese dalla destra alla sinistra del Senio, ancora una volta l'Arciprete partecipò e decise che anche la chiesa arcipretale sarebbe stata ricostruita nel nuovo centro. 

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Don Liverani saluta i suoi fedeli del paese vecchio, in occasione della ricostruzione della chiesa in Piazza Monti (1954)

 

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Don Liverani benedice il cippo ai caduti della guerra (anni '50)

La sua decisione spaccò la comunità cattolica e produsse una serie di incomprensioni che, alla lunga, costrinsero il Vescovo, a decidere nel 1956, la rimozione di don Liverani. 

 

Su testimonianza del suo successore, don Carlo Marcucci, il Vescovo, presa la decisione di chiamare don Liverani alla guida di una delle parrocchie del centro di Faenza, lo informò. L'ubbidienza ai superiori non aveva mai vacillato nell'Arciprete Don Liverani che, rimettendosi alla volontà di Mons. Battaglia, si permise il suggerimento che a sostituirlo fosse don Carlo Marcucci. 

E il Vescovo acconsentì a questa richiesta. 

 

Arrivava così ad Alfonsine Don Marcucci, il prete che aveva raccolto e seppellito i suoi ragazzi morti al Palazzone e che aveva celebrato le messe di suffragio, cui tutto Fusignano partecipò manifestando un silenzioso, ma palpabile sdegno per le atrocità commesse. 

Se ne andava così il prete che, dopo le fratture ideologiche verificatesi nella comunità alfonsinese, alla fine della predica della messa di Natale del 1949, quando si aprì l'Anno Santo 1950, gridò dall'altare: "Sia l'anno del grande ritorno, sia l'anno del grande perdono". 

Arrivava un altro prete che aveva vissuto le stesse esperienze non lontano da Alfonsine, per cui avveniva un trapasso nella continuità. 

La Chiesa onorò don Luigi Liverani conferendogli il titolo di Monsignore. La repubblica Italiana gli conferì il titolo di Commendatore. 

 

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