Era il
2 agosto e Gianni Tarroni con Giorgio Melandri (Sciorz) erano a
Bagdad come dipendenti della ‘Marini-Fayat group’, la nuova
società che aveva, da poco più di un anno, acquistato e rilanciato
la fabbrica ‘Marini’. Dovevano rimanere due giorni per un giro
promozionale di vendita di macchine stradali.
Il
mercato dei paesi arabi era sempre stato allettante per il gruppo
industriale alfonsinese, e molti operai andavano spesso in quei
paesi a montare e a riparare impianti là venduti.
Dopo la
dichiarazione di guerra ci fu il blocco delle frontiere i nostri due
non avevano idea di cosa fare, come comportarsi. Avevano sentito
che molti tentavano la fuga attraverso terra, facendosi portare
alla frontiera della Giordania, così con altri italiani e stranieri
ci provarono. Ma una volta sul posto, visto che tutti avevano avuto
la stessa idea, le decine di pullman furono fatte tornare indietro,
e le persone fatte salire a forza. Dopo alcuni giorni, riprese le
comunicazioni, riuscirono a telefonare a casa ed alla ditta
‘Marini-Fayat group’ che iniziò a spedire loro ciò di cui
avevano bisogno (denaro, documenti, informazioni). “In albergo si
mangiava solo pollo, pollo e pollo, a volte riso, ma fuori si poteva
trovane di tutto, a prezzi altissimi: un pezzo di Hemmental
costava anche £ 120.000!" – ha raccontato Gianni Tarroni.
Per
passare il tempo andavano in giro per i negozi con una lista di cose
da comprare per altri.
“Mi
fermavo anche nelle botteghe – racconta Gianni- ed ho conosciuto
molti iracheni, tutti fedeli a Saddam”.
Nella
loro camera d’albergo, trasformata a bar per gli italiani,
potevano guardare la TV, fare partite di scopone ed bere caffè,
mentre agli svedesi monopolizzavano l'uso dei campi da tennis. Il
tutto per trascorrere il tempo, in attesa degli eventi. Ogni giorno
c'era il "pellegrinaggio" verso l'ambasciata italiana,
molti si facevano mandare da casa dei certificati per essere
facilitati, (visto che le liste di partenza erano compilate con la
precedenza per ammalati e a turisti. Così nello scorrimento delle
liste dei nomi delle persone destinate alla partenza il loro non
c'era mai. Ad ottobre la situazione era tesa, e mentre Giorgio riuscì
in qualche modo a entrare nella lista e a rientrare in patria, per
Gianni l’esilio durò ancora due mesi, fino a dicembre, e alla
fine un timbro sul passaporto e rientrò in Italia e infine a casa
ad Alfonsine.
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Gianni
Tarroni all'epoca del fatto
Gianni
Tarroni oggi
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