Alfonsine

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Sopra il cielo di Alfonsine

(Il racconto dello sputnik)

di Guido Pasi

Io avevo una piccola bicicletta rossa a scatto fisso e Alfonsine, il mio paese, era un paese ancora in costruzione dopo la sberla della guerra. Anche lui aveva lo scatto fisso ed era rosso. Ce ne siamo accorti quando abbiamo messo lo scatto libero e abbiamo cercato un altro tono di rosso.

Le case avevano ancora i mattoni a vista, senza intonaco e le strade erano poco più che dei progetti. Eravamo filo-sovietici e proiettati nello spazio anche se, come me, avevamo solo 7 anni quando nel 1957 venne lanciato il primo  Спутник (Sputnik = Compagno di viaggio, satellite).  Lo spazio era il luogo in cui si svolgeva la “competizione pacifica” tra i due grandi sistemi: quello capitalistico e quello comunista, adesso che Stalin “e povar bab” era morto. Ma nella mia classe delle elementari un mio compagno disegnava due eserciti ai margini della pagina. Poi tracciava righe rabbiose da un margine all’altro e così li faceva sparare uno contro l’altro, fino a che tutti gli americani non fossero morti e i russi potessero issare vittoriosi la bandiera rossa. Insomma c’era la pace ma nessuno ci credeva troppo e la gara dello spazio lo sapevano tutti che nascondeva la minaccia atomica.

“L’Unità” annunciava con titoli a tutta pagina i grandi successi dell’ingegneria spaziale sovietica e nelle case dei compagni si brindò con qualcosa di simile alla Vodka (quella vera non ce l’avevamo mica)  il 4 ottobre del 1957, mentre Radio Mosca trasmetteva il segnale radio emesso dal satellite e io lo ascoltavo, guardando mia mamma che stirava una montagna di tute.

Solo un mese dopo fu la volta dello Sputnik 2 a sbalordire le coscienze: a bordo del “vascello spaziale” viveva una cagnetta: Laika   la  chiamarono tutti; ma lei era di razza laika e si chiamava Kudrjavka. Così tutte le laike che ne seguirono per le strade di Alfonsine portarono un nome sbagliato, come i pastori collie. Al contrario però, perché quelli  li chiamano tutti Lassie così il nome del protagonista è famoso, mentre la Kudrjavka è morta arrostita e il suo nome non se la ricorda nessuno.

  QUALCUNO IN PAESE SOSPETTAVA che in Russia non ci fosse solo questo particolare ad andare storto, dopo l’Ungheria. Ma erano una minoranza irrisa e le imprese spaziali li umiliavano, anche perché gli americani erano in netto ritardo e le loro scimmie non andavano in orbita come le nostre cagnette.

È così che arrivò anche la stagione calda del 1958 e il 15 maggio i sovietici lanciarono lo Sputnik 3 che era anche bello grosso. Non ricordo quanto tempo dopo il lancio, ma ben presto “L’unità” annunciò che la “nuova luna” sarebbe stata visibile ad occhio nudo ad una certa ora di sera anche sul nostro cielo italico e democristo.

La data fatidica  arrivò  in una bella sera estiva col cielo di Alfonsine limpido e pienamente partecipe. Il luogo di osservazione era la grande Piazza Gramsci allora tutta sgombra al centro. Ai lati invece si erano radunate due folle diverse per numero e per fede.  

DAVANTI ALLA “SEZIONE” c’erano i comunisti, numerosissimi. Davanti al bar “Fiocchi” stavano i miscredenti, gli adepti delle fedi non riconosciute, pochini per giunta.

Fatto sta che all’ora annunciata dalla stampa comunista nessuno vedeva altro che le solite stelle e il nervosismo cominciava a crescere. A quel punto, nel silenzio generale, un grido echeggiò sulla piazza: “val a tù!”.

Per chi non conosce il romagnolo è inutile tradurre “vallo a prendere”, non rende l’idea di sfottimento magistrale che invece è ben chiaro in dialetto.

Il lazzo ovviamente proveniva dall’angolo anti-sovietico della piazza ma... pochi istanti dopo vedemmo tutti una stella che attraversava il cielo!

Passato il primo momento d’incanto, la folla comunista prese ad ondeggiare minacciosa e qualcuno cominciò a correre verso il bar Fiocchi. C’era un’offesa da vendicare! In un attimo però la piccola folla degli increduli era rientrata nel bar e le saracinesche erano state abbassate!

Vennero poi altri satelliti e altre conquiste ma nulla di così divertente.  

   La foto sotto è del 1959,
 
  in occasione del lanciò del Lunik 1°

 Il 2 gennaio 1959 l’Unione Sovietica lanciò il Lunik 1°. 
Il razzo cosmico, pesante 1472 Kg., raggiunse e superò i 40.000 km. l’ora (velocità di fuga occorrente per superare il campo gravitazionale della Terra). Il 4 gennaio “sfiorò” la Luna, passandole a 6.000 km. di distanza; proseguì il viaggio e l’8 gennaio entrò in orbita solare. 
Nella foto: Un gruppo di alfonsinesi festeggia l’impresa.

da sinistra  Antonio Cortesi (Tonino d'la Sperèza, babbo di Ugo), Medri (e' megar), poi Jader Pattuelli (Pumata), Giovanni Taroni (Gianastri), Guido Pasi (il bambino) e Enzo Pasi, poi  Antonio Margotti (e' niné), e Bruno Gamberini (Bruno dla curira)

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