Famiglia
Errani (ramo di Guido
de' fabar)
Francesco Errani
(1873- ?)
sposa (1895) Cleonilde
Francesco Errani nacque nel 1873 (?) a Sant'Alberto (?). Faceva il fabbro-ferraio. Sposò
Cleonilde
(?) (1876-1933) Nel 1899 si trasferirono a Madonna del Bosco in una abitazione che faceva parte della vecchia chiesa, dove ogni domenica il parroco diceva la Santa Messa. Quella chiesa fu poi demolita nel 1928 e ricostruita dalla parte opposta della strada. La bottega da fabbro era abbastanza vasta, ma costruita tutta in legno ed era posta sotto il muraglione di sostegno della rampa che portava al vicino ponte sul Reno, detto Po vecchio. Qui rimasero fino al 1905, anno in cui si trasferirono ad Alfonsine, in una casa e in una vicina bottega di un vecchio fabbro che era morto. La casa era in via Mazzini e la bottega da fabbro in via Roma. Continuò il lavoro da fabbro mandando a scuola i due figli maschi fino alla quinta elementare. Nel frattempo ebbe due figlie Rina (1902) e Silvia (1904). Addestrò il figlio Guido al mestiere di fabbro, a cui lasciò il mestiere pur tra le varie vicissitudini e interruzioni dovute alle due guerre mondiali e al fascismo. |
Cleonilde (1876-1933) Visse a Sant'Alberto dove sposò Francesco Errani, nel 1895. Aiuto il marito nell'attività di fabbro e maniscalco. Ebbe quattro figli Guido, Leonardo, Rina, Silvia. Seguì il marito in ogni sua attività e momento: prima a Madonna del Bosco poi ad Alfonsine. Dopo la morte del secondogenito Leonardo, avvenuta nel 1933 a causa dei postumi di ferite causate dai fascisti dieci anni prima, fu colpita da ulcera allo stomaco e morì nello stesso anno. |
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Guido
Errani |
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Nacque a
Sant’Alberto nel 1896. Il padre Francesco faceva il fabbro-maniscalco
(e’ fabar) e la madre, Cleonilde aiutava il padre nel lavoro, oltre ad
accudire ai lavori domestici e ai figli. Dopo due
anni nacque il secondogenito Leonardo. Nel 1899 la famiglia si trasferisce a
Madonna del Bosco, in una casa vicino al Santuario, dove continua a svolgere
l’attività in una specie di capannone attiguo alla chiesa. Qui nacquero
altre due figlie Rina (1902) e Silvia (1904). |
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Per facilitare la frequenza della scuola ai figli la famiglia Errani si
trasferì ad Alfonsine nel 1905. Fu trovata
casa e bottega, per l’improvvisa morte di un anziano fabbro, che abitava
nel Borghetto e aveva bottega a poche centinaia di metri in via Roma, nel
centro del paese. Guido aiutava il padre al pomeriggio e frequentava la
scuola al mattino. Arrivò fino alla classe quinta. Promosso in sesta, non
proseguì gli studi perché il padre aveva bisogno di lui nel lavoro. Imparò
così l’arte della lavorazione del ferro. Anche il fratello Leonardo
aiutava la famiglia in questo lavoro. Dai 12 ai 15
anni assiste a vari scontri tra repubblicani e socialisti ad Alfonsine.
Inizia qui il suo fervente spirito attivistico e partecipativo. Si iscrive a
14 anni alla locale sezione “Guglielmo Oberdan” della gioventù
repubblicana. Siamo nel 1910, l’anno di un durissimo contrasto tra
socialisti e repubblicani, legato al braccio di ferro tra braccianti e
mezzadri. I socialisti sostengono i braccianti e i repubblicani i mezzadri.
La questione in gioco è quella delle macchine trebbiatrici in cui si
scontrarono l’idea socialista di darne ai braccianti l’assoluto possesso
e gestione, mentre i mezzadri ritenevano che spettasse a loro il diritto di
usarle come e quando volevano. Ci fu una scissione nella Federazione
dei lavoratori della terra: nacque una Nuova Camera del Lavoro che seguì la
divisione sindacale e politica tra socialisti e repubblicani. Fatti gravi e
scontri accaddero a Voltana, con morti da una parte e dall’altra. Anche
Guido, appena iscritto tra i repubblicani, fu coinvolto in questo clima e ne
rimasse scosso. Nel 1911
iniziano nel paese le proteste contro la guerra di Libia. Guido sta con quei
repubblicani (non tutti) che propagandano, con le sinistre, l’idea
dell’autonomia dei popoli e dell’indipendenza delle nazioni, e quindi
contro il colonialismo. Nel 1914 in
Romagna e specialmente ad Alfonsine c’è la rivolta della Settimana Rossa
che vede repubblicani, socialisti, anarchici finalmente uniti.
Un’esperienza folgorante per tutti, anche se fu un fuoco di paglia. Rimase
una fiera esaltazione per quei giorni epici che fu soffocata dallo scoppio
della Prima Guerra Mondiale. Guido Errani fu tra gli interventisti e di nuovo si accese lo scontro con i socialisti che erano per una “neutralità attiva” (eccetto Mussolini). Guido partecipò a comizi e manifestazioni. Volontario
nella 1° Guerra Mondiale Una legione
di volontari garibaldini, comandati da Peppino Garibaldi, partì per il
fronte francese delle Argonne. Qui morirono due nipoti di Garibaldi:
Costante e Bruno, la qual cosa sollevò sdegno tra i repubblicani sempre più
determinati a chiedere l’intervento dell’Italia contro l’odiato
austriaco. All’indomani
dell’entrata in guerra dell’Italia Guido Errani (19 anni) con altri nove
giovani della sezione “Guglielmo Oberdan” si arruolarono volontari nel
51° reggimento fanteria della Brigata Cacciatori delle Alpi. Partirono il 31 maggio per il centro di addestramento a Perugia. e poi a Spoleto.Qui il primo impatto con gli Ufficiali fu negativo. “Gli ufficiali di carriera, tutti neutralisti, essendo noi tutti volontari e per di più di Ravenna, erano diffidenti a causa dei fatti della clamorosa “Settimana Rossa”. Fummo trattati con freddezza e una certa ostilità” Abolite licenze e piccoli permessi, subite diverse angherie, comunque dopo 45 giorni di addestramento vennero inviati al fronte a tremila metri, a passo Contro, nella Marmolada. Anche qui, aggregati al corpo degli alpini faticarono all’inizio a fraternizzare: erano in molti i richiamati con famiglia e non sopportavano di vedere questi giovani volontari tra di loro. Poi si offrirono di aiutarli nei turni di pattugliamento nelle linee avanzate. Informato che a breve ci sarebbe stato uno scontro sul Col di Lana con gli austriaci, e che erano richiesti 40 uomini a rinforzo, Guido Errani fu l’unico ad offrirsi volontario. Si trasferì a Livinallongo e lì fu aggregato alla 16° Compagnia-4° Battaglione del 60° Reggimento di Fanteria Fu
posizionato in prima linea a Montucolo dove in trincea incontrò un amico di
Castiglione di Cervia Pietro Barbanti. Sottoposti a cannoneggiamenti
continui sia dagli Italiani, che dagli Austriaci si trovarono a metà
gennaio del 1916 in un punto di osservazione a 100 metri dalla linea
austriaca. Dopo una
scarica di fucileria ci fu un assalto da parte degli austriaci che irruppero
nel camminamento della trincea dove ra posizionato Guido. Sparo un colpo di
fucile e sentì un grido, poi si trovò con un fucile puntato alla testa: un
colpo sparato dal soldato austriaco lo ferì a una gamba. Catturato e
ricoverato in vari ospedali fu ben curato e messo in un campo di prigionia a
Mauthausen. nel luglio del 1916. All’inizio del 1917 in base a trattati
internazionali ci furono diversi scambi di prigionieri; ma anche qui per
privilegi e raccomandazioni molti prigionieri che ne avevano meno diritto di
lui riuscirono a passargli davanti nella lista. Intanto il morale delle
truppe italiane era a terra e lo si capiva dai nuovi prigionieri in arrivo:
senza mostrine e gradi, arroganti e sempre di malumore. Poi ci fu la
disfatta di Caporetto. E la riscossa con la Battaglia del Piave.
Comunque solo nel febbraio1918 fu rimpatriato. Ottenne una licenza di sei
mesi e tornò finalmente a casa. Qui arrivò anche la notizia che il
fratello Leonardo, arruolato nella 3° armata in posizione molto
avanzata e dato per disperso dopo Caporetto, era salvo. Finita la
guerra Guido Errani si dedicò alla vita politica alfonsinese. Lo scontro
era sempre coi socialisti. Alle elezioni amministrative del 1920, col
sistema maggioritario i socialisti ottennero 24 seggi su trenta, e i
repubblicani 6, cinque dei quali ex-combattenti. Guido fu eletto Segretario
Politico del Circolo Antonio Fratti e capogruppo consigliere del partito
repubblicano.
In quegli
anni ci fu un nuovo scontro tra Socialisti e Repubblicani sull’affittanza
di un vasto terreno detto l’Umana,dei Piancastelli, che fu data al
Consorzio delle Cooperative (repubblicano) escludendo la più numerosa
e forte Lega dei braccianti (socialista). Una lotta tra poveri che alimentò
ancora di più gli odi e le divisioni tra i partiti della sinistra e che
favorì poi il successo del Partito Fascista. Con le
diverse violenze in paese causate dalle squadre fasciste appena sorte,
sull’onda di ciò che era accaduto nel 1921 in tutta Italia, e con la
scissione dei socialisti, la giunta socialista di Camillo Garavini si dimise
nell’agosto del 1922. Il 30
ottobre Peo Bretoni, un giovane repubblicano, che era salito sull’argine
del Senio per vedere cosa stavano combinando i fascisti, dato che si
alzavano rumori e fiamme dalla sede repubblicana in via Carraretto Venturi.
Viene individuato da alcuni squadristi e fatto segno di colpi di arma da
fuoco. Colpito, fu lasciato morire da solo. Solo al mattino quando i
fascisti se ne furono andati, qualcuno ebbe il coraggio di uscire e trovò
quel corpo senza vita In dicembre
del 1922 ci sono quindi le elezioni amministrative: i socialisti si sono
dissolti, molti sono fuggiti, altri sono sotto pressione per il rischio di
violenze, altri sono concentrati sull’organizzazione del nuovo partito
comunista, altri stanno per saltare sul carro dei possibili nuovi vincitori.
Si presentano solo i Repubblicani, che ottengono in quel clima di paura e
tensione circa 700 voti, il doppio dei voti delle elezioni precedenti. Il
partito di Mussolini ottiene però circa 2000 voti. Leonardo Errani e il
fratello Guido sono eletti consiglieri comunali e entrano a far parte di una
sparuta minoranza di 5 consiglieri contro i 25 tutti fascisti. Guido in
questa fase si espone più come presidente dell’Associazione Combattenti,
mentre il fratello svolge il ruolo di capogruppo in Consiglio Comunale. E’
su questi due fronti che continuano le loro battaglie politiche, con
coraggio e determinazione. In primavera del 1923 avvennero le elezioni
interne all’Associazione Combattenti. Il 23
giugno 1923 l’Associazione ricorda la giornata della battaglia del Piave
andando in gita a Roma (vedasi le tre foto ritrovate). Ma a livello locale
quello stesso giorno i fascisti picchiano alcuni repubblicani che tornavano
da un’analoga commemorazione. E’ la scissione: i fascisti non avendo
potuto vincere le elezioni tentano una scissione, obbligando i fascisti a
uscire dall’Associazione. Qui si distingueranno i veri combattenti da
quelli fasulli – ebbe a dire Guido Errani. Vinsero i
repubblicani, perché solo otto fascisti uscirono dall’Associazione. la
polemica divampò con manifesti locali e articoli sulla voce repubblicana. I
capi gerarchi del Partito fascista di Alfonsine non sopportarono queste
denunce e si scontrarono fisicamente con alcuni ex-combattenti rimasti
nell’Associazione. Il
segretario del fascio Abele Faccani rimase ferito a una gamba in uno di
questi scontri. La colpa fu data a Mino Gessi, al fratello Beno e al cognato
Mossoti, nonostante questi fossero state vittime dell’assalto violento, e
nonostante il colpo di arma da fuoco che colpì il Faccani fosse
riconducibile alla pistola del camerata Romildo Sasselli. Fu la scusa
per cui gli squadristi fascisti si scatenarono: incendiarono il cinema dei
Gessi, picchiarono diversi repubblicani. Guido Errani fu inseguito da
fascisti venuti dal ferrarese in motocicletta. Lui fuggiva in bici e dopo
aver superato la rampa del ponte si gettò in discesa verso casa, nel
borghetto. Una signora amica spalancò con prontezza il portone d’ingresso
e la richiuse prontamente alle sue spalle prima che arrivassero i fascisti.
Ci fu in quei giorni un periodo di relativa calma. Finché i fratelli Gessi
e il Mossoti non furono rimessi in libertà per la loro evidente estraneità
al ferimento del Faccani. Solo Mino Gessi però tornò ad Alfonsine, gli
altri due preferirono stare lontani. Nel marzo
del 1924 però ci fu un nuovo scontro tra Abele Faccani, Giuseppe Faccani
fratello di quest’ultimo, e Mino Gessi. Questi girava ben armato, su
indicazione degli stessi carabinieri: alla violenta provocazione e
colluttazione che lo vide quasi soccombere rispose sparando con la pistola.
Abele Faccani fu ferito come pure il fratello. Mino fuggì e riusci dopo
vari giorni a rifugiarsi in Francia. Abele Faccani fu ricoverato a Bologna,
ma intervenne un’infezione che gli fu fatale, proprio quando sembrava in
via di guarigione. I fascisti
locali si scatenarono in pestaggi e distruzioni soprattutto contro la
famiglia Gessi, ma anche contro tutti i repubblicani e quelli
dell’Associazione Combattenti. Guido Errani subì le prime percosse,
l’Associazione fu commissariata, Errani fu costretto a uscire con i suoi
amici repubblicani. Viene nominato nuovo presidente il fascista Giacomo
Natali e quindi ormai tutti i beni dell’Associazione sono presi in carico
dai fascisti i quali obbligano i dirigenti uscenti ad accollarsi i debiti
fino ad allora contratti. Furono incendiati i negozi di Leonardo (che aveva
un negozio da elettricista sotto i portici della Violina, e della sorella
Rina Errani. Due giorni dopo ci furono le elezioni politiche. Il clima era
incandescente. Gli squadristi piantonarono i seggi, e qualche repubblicano
che andò a votare subì minacce e botte. Dopo il clamoroso e
drammatico assassinio del deputato Giacomo Matteotti del giugno 1924,
Leonardo Errani, di ritorno dallo zuccherificio di Mezzano dove aveva
trovato un nuovo lavoro dopo la distruzione del negozio, fu aggredito in
prossimità di Alfonsine da tre sconosciuti e percosso con un cavo di
acciaio. Gravi lesioni alla testa causarono dolori che lo accompagnarono per
anni fino alla morte prematura nel 1933, all’età di 35 anni. La madre in
seguito allo stress nel vedere il figlio sanguinante e così mal ridotto,
ebbe un’ulcera che la portò alla morte alcuni mesi dopo all’età di 49
anni, nel 1926. Dopo pochi
giorni dall’aggressione al fratello, Guido venne assalito e picchiato per
la terza volta da un gruppo di squadristi armati. Nel 1925
Guido Errani si sposa con Maria Servadei. da questa unione nasceranno Lea
(1926), quindi Enzo (1929) Due mesi
dopo partecipa al XVII congresso del partito repubblicano, una vera e
propria sfida al regime. Al suo ritorno ad Alfonsine subì otto
perquisizioni in sette giorni da parte dei carabinieri, e fu diffidato La vita di
oppositore al regime si fece sempre più ardua. Ogni anno un gruppo di
compagni di Peo Bretoni andava a deporre una corona sulla tomba del loro
amico assassinato dai fascisti. Nel 31 ottobre del 1926 gli squadristi
alfonsinesi di ritorno da una manifestazione a Bologna dove era stato
sventato un attentato al Duce, decisero di organizzare l’ennesima azione
punitiva. Due repubblicani arrestati dai carabinieri furono sottratti con la
forza e duramente percossi da una squadra fascista. A casa di Errani si
presentarono due carabinieri per arrestarlo ma lui chiese garanzie per la
sua incolumità. Non potendo darla revocarono l’arresto e gli dissero di
restare in casa fino a nuovo ordine. In
quell’anno ci fu poi anche l’attentato al console della milizia fascista
Ettore Muti e al Segretario del fascio Renzo Morigi. Rimasero solo feriti
dopo aver ucciso il loro attentatore, un anarchico di Piangipane. Di nuovo
spedizioni punitive e prelevamenti di casa in casa di una ventina di
antifascisti segnalati di Alfonsine. Portati a Modena per quindici giorni
furono sottoposti a innumerevoli interrogatori. Rilasciato
Guido tornò ad Alfonsine dove trovò la medaglia della croce al
merito conferitagli direttamente dal Duce, in qualità di Ministro della
Guerra, per i suoi trascorsi di volontario garibaldino. Le
congratulazioni che gli furono rivolte si trasformarono in una prima
manifestazione di sdegno di molti cittadini alfonsinesi verso il regime. Ma proprio
in quei giorni in cui molti rappresentanti del partito repubblicano
alfonsinese erano in carcere a Modena, il titolare del Circolo “Antonio
Fratti” fu costretto dalle autorità a vendere l’edificio che ospitava
il circolo stesso, sotto la minaccia dell’arresto e della confisca di
tutti i beni. Le trattative assai laboriose portarono a definire un prezzo
sufficiente per rimborsare, al doppio del valore nominale, delle azioni chi
le aveva acquistate all’atto della fondazione. Con una parte di tale
somma, gli ex soci del circolo tra i quali Guido Errani, appena tornato
dalla detenzione a Modena, decidono di acquistare l’attrezzatura di una
sala per Raggi X da donare all’ospedale civile e di istituire un fondo a
favore degli amici incarcerati e delle loro famiglie. Con la
scomparsa di quella sede veniva a sparire l’emblema di una sezione
repubblicana storica, che aveva sempre lottato fino che furono soppressi i
partiti. Alcuni tesserati si rifugiarono in Francia, mentre Guido rimase ad
Alfonsine, per mantenere viva la fiamma degli ideali per cui aveva sempre
combattuto. Dal 1926 al
1936 l’attività dei repubblicani come di tutti i partiti antifascisti fu
ridotta al minimo. Tutto si svolgeva nell’ambiente dei fuorusciti. Nelle
case private si riunivano in ristretti gruppi, giusto per mantenere viva la
speranza. Ma il
controllo e le spie erano sempre più pressanti. In ogni occasione della
marcia su Roma Guido Errani era costretto a chiudere la sua bottega da
fabbro, come pure il 1° maggio. I
repubblicani celebravano in qualche modo (a volte anche solo con un
fazzoletto nero) il 9 febbraio anniversario della repubblica romana del 1849
perché casualmente coincideva con la festa di Santa Apollonia, molto
sentita ad Alfonsine. Anche
questo modo di manifestare fu represso a volte dalle squadre fasciste:
alcuni giovani venuti da Bagnacavallo alla festa furono picchiati da
fascisti che ritennero il loro atteggiamento provocatorio. Gli anni ’30
furono anni cupi, dove il regime aveva ottenuto il più largo consenso, i
tesserati al partito erano cresciuti a dismisura. Ma Errani non cedette,
subendo continue umiliazioni e discriminazioni: controllato, spiato,
emarginato… Anche la figlia Lea a quell’epoca appena bambina, fu
discriminata a scuola per avere un padre antifascista. La guerra
di Spagna apre nuove speranze e si organizzano cellule clandestine sia tra i
repubblicani che tra i comunisti. Nel 1937-38
si ebbe un primo coordinamento degli antifascisti Alfonsinesi tra i quali
Guido Errani in rappresentanza dei Repubblicani. Da notare che in
rappresentanza della parte cattolica partecipava a questo comitato
clandestino anche l’arciprete Don Luigi Liverani. Con l’entrata in
guerra del 1940 il consenso al regime comincia a scricchiolare. 26 Luglio
1943. Cade il fascismo. Il Comitato Antifascista alfonsinese, che si riuniva
di solito in mezzo ai campi moltiplicò i contatti e quando l’8 settembre
l’armistizio e lo sbandamento dell’esercito posero il problema di
organizzare i primi gruppi di partigiani anche Errani colse i frutti del suo
lavoro di proselitismo fatto di casa in casa fin dal 26 luglio.
All’insaputa dei propri famigliari Errani entra nel CNL. Quando
dall’ottobre del ’43 al marzo del ’44 stazionò ad Alfonsine la
squadraccia fascista del tristemente famoso Camilli che voleva instaurare il
nuovo fascio della Repubblica Sociale Errani. con altri figure
rappresentative della popolazione alfonsinese fu chiamato dal Camilli nella
sede del comando della guardia repubblichina (la Casa del fascio in piazza
Monti). Si presentarono in tre L’Errani e altri due, tutti antifascisti e
due del CNL. Per il passato di iscritti al partito repubblicano venne loro
proposto di collaborare col nuovo fascio in quanto anche questo
“repubblicano”. Durante il
fronte trovò ricovero con la famiglia in un capannone a due chilometri dal
paese. In febbraio i tedeschi fecero sfollare tutti dal capannone e Errani ancora convalescente con la famiglia camminò per due giorni fino ad arrivare ad Argenta dove rimasero fino al 10 Aprile, giorno della liberazione di Alfonsine. Ma loro non erano ancora liberi e furono costretti a trasferirsi a San Nicolò. La mattina del 18 aprile finalmente riuscirono a tornare ad Alfonsine. Il paese era quasi completamente distrutto, ma la loro casa colpita da un paio di cannonate nella parte superiore era, in quella inferiore, pressoché intatta. Il
periodo della ricostruzione
Il primo di
agosto del 1950, in seguito a un caldo eccezionale, iniziò per
autocombustione uno scoppiettìo, prima di bussolotti poi di cartucce da
fucile. Il bidello che faceva da custode, e dormiva di sopra, preoccupato
anche per il principio d’incendio chiamò l’Errani Probabilmente
all’insaputa dei dirigenti, alcuni giovani iscritti alla sezione avevano
raccolto armi, munizioni, polvere da sparo, petardi al fosforo (bengala), e
avevano nascosto il tutto sotto il palco. Una ragazzata, forse, più che il
timore di una nuova guerra civile. Oppure, come ebbe a scrivere Errani, fu
una provocazione… visto che l’accesso a quel luogo era aperto a
chiunque. fatto sta
che i comunisti avviarono una mobilitazione per denunciare i repubblicani
come sovversivi e pericolosi, pronti a riprendere in mano le armi contro di
loro. Non erano stati forse loro i comunisti ad essere accusati di tenere le
armi nascoste per fare la rivoluzione? Fu indetta anche una manifestazione
che passando sotto la casa di Errani ne chiedeva l’immediato arresto, in
quanto segretario della sezione repubblicana. Ingiurie e improperi vari
fecero ancora di più radicare in Guido Errani l’idea che anche nella
rinata Italia il suo destino sarebbe stato di essere un perseguitato. La polizia,
allarmata per le minacce dei comunisti manifestanti, decise di arrestare
l’Errani e di portarlo alle carceri ravennati per la sua incolumità. A fine
agosto fu fatta la prima udienza.. Quella fu la peggior giornata e la più
crudele sorpresa della mia movimentata vita” – ricorda l’Errani in un
suo diario – “La sala era piena di comunisti rumoreggianti”. Il
tenente dei carabinieri prese la parola e disse di aver ricevuto una lettera
anonima in cui si scagionava l’Errani e si facevano i nomi dei colpevoli.
In una seconda udienza il 25 settembre 1950 (questa volta l’aula era piena
di soli repubblicani) l’Errani, difeso da Macrelli, fu assolto per non
aver commesso il fatto. “Questa assoluzione, se non provocò altre manifestazioni di protesta da parte comunista – continua nel diario – servì ad isolarmi in ogni esercizio pubblico o divertimento. Così ogni volta che andavo al cinema con mia figlia, avevo da ogni lato un posto vuoto, quasi fossimo colpiti dalla lebbra.” Pare che il
clima fosse così, con momenti di calma e altri di attrito, fino al 1968.
Nel 1953 fu nominato Presidente provinciale degli Artigiani FAPA Guido
rimase in Consiglio Comunale fino al 1980 e dopo 60 anni di ininterrotta
nomina di consigliere comunale diede le dimissioni a 84 anni. Nel 1981 tutti
i gruppi consiliari di Alfonsine gli riconobbero ufficialmente a pieno
merito il servizio dato a tutta la comunità alfonsinese con una medaglia
d’oro e un attestato di benemerenza.
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