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Famiglia Samaritani

I Samaritani (ramo di Tullio)


Alberto  Samaritani

Alberto Samaritani<--- sposa  ---> Marianna Cavazzutti

Alberto Samaritani  
(n. 1875 - m. 1942)

Pare fossero originari di Comacchio.

Fece il barbiere da giovane, fu socialista e collaborò con Camillo Garavini alla vittoria elettorale che portò ad Alfonsine una giunta socialista con sindaco il Garavini stesso (Camillé d'Pirocia) nel 1912.

Alberto fece anche le veci di Sindaco in qualche momento prima della Settimana Rossa (1914).

Fu bibliotecario comunale, ma per divergenze di varia natura con Camillo Garavini ruppe duramente i rapporti con il vecchio amico: forse fu da questo evento che iniziò una malattia grave (depressione) che lo accompagnerà per tutta la vita. Fu anche ricoverato per un po' di tempo nell'ospedale psichiatrico di Imola, da dove uscì ristabilito, ma non completamente guarito.

Marianna Cavazzuti 
(maestra)

n. 1877 - m . 1951

Figlia di   (Eugenio?) e Maria Cavazzuti

Donna di chiesa come la madre, fu maestra comunale per 45 anni nelle scuole elementari di Alfonsine.

 Si sposarono nel 1913 ed abitarono in Corso Garibaldi, in affitto al terzo piano del palazzo di Ernesto Contessi e Norma Mirri fino a circa il 1930
Il palazzo di Ernesto Contessi (Ernisté) a tre piani separato, da una piccola strettoia dalla casa a sinistra di "Bardela".

Aveva due ampi  portoni.

Mappa dall'alto del complesso di case attorno al Palazzo Contessi in corso Garibaldi.

Il numero 1°) individua la casa di Aldo Mascanzoni ("Capelloni e capurèl"), morto giovane. La vedova si sposò con Giovanni Tamburini ("Bardela") che faceva il pollivendolo. Il figlio di Aldo Giuseppe ("Piné") fu adottato dal nuovo padre.

Nella parte 3) abitava Enrico Berardi "Pizò di sumer", mercante di asini, con la famiglia del figlio Angelo. la moglie Angiolina e la figlia Anna. 

 

Ebbero una prima figlia Tullia che morì durante il parto per un errore del dottor Ghiberti che sbagliò nell'estrarla col forcipe.

L'anno dopo (1915) nacque il figlio maschio Tullio.

1921
Tullio Samaritani a 6 anni
un clic per vedere la foto del contesto da cui è tratto il particolare

A causa delle frequenti crisi depressive di Alberto, il figlio Tullio fu messo in collegio a Faenza dai Salesiani dove frequentò le scuole medie e il ginnasio.

Una nuova attività commerciale e una nuova abitazione

Alberto ebbe il permesso sotto il fascismo di avviare un'attività di carto-libreria, profumeria, materiale scolastico. Affittò un negozio dal Comune proprio sotto i portici del Municipio.

 

Si trasferirono con tutta la famiglia, in affitto nel palazzo del Credito Romagnolo, all'ultimo piano, (il primo piano era assegnato al Direttore del Credito Romagnolo) dove abitarono fino al 1940.

In questo periodo Il figlio Tullio frequentò il Liceo Classico a Ravenna e poi fu avviato all'Università nel 1934.

La casa nuova in corso Garibaldi e la morte di Alberto

Alberto Samaritani decise infine di costruirsi una casa propria nel 1940. Finita la costruzione della casa in corso Garibaldi di fianco all'Imelde Porisini, malato di cuore forse per le medicine che prendeva per curare la depressione, a causa della circolazione malandata, gli si ammalò una gamba di cancrena e morì nel 1942 a 67 anni.

La moglie di Alberto: Mariannina Cavazzuti

La moglie di Alberto, Mariannina Cavazzuti, era appena andata in pensione dopo 45 anni di servizio come maestra comunale (nell'immediato dopoguerra prendeva 17.000 al mese).

Da sola provvide al mantenimento del figlio Tullio che allora era militare e poi andò partigiano. Visse nella casa, in una traversa di Corso Garibaldi. 

La casa distrutta e una nuova casa in corso Repubblica

Distrutta la casa con la guerra, nell'immediato dopoguerra  Mariannina Cavazzuti prendeva 17.000 al mese di pensione, mentre Tullio lavorava gratis presso la federazione del PCI a Ravenna. Vendettero "i danni di guerra" e si costruirono una casa in corso della Repubblica, subito dopo la chiesa anche utilizzando la dote della sposa di Tullio: Luigia Ghirardini.

Mariannina Cavazzuti morì nel 1951

 

Tullio Samaritani 
n. 1915-2008
Sposa Luigia Ghirardini nel 1946

Nato nel 1915 ad Alfonsine da Alberto Samaritani e da Marianna Cavazzuti (maestra) fu figlio unico.

L'infanzia in corso Garibaldi

Trascorse l'infanzia in corso Garibaldi presso il palazzo di Contessi.
Ricorda l'incendio del Baracò (il teatro dei Gessi) nel 1923 perché la nonna gli mostrò le fiamme....

A sei anni tornava dalla messa lungo il marciapiede di corso Garibaldi, che costeggiava un fossato di scolo delle acque, di fronte alla prima sede del fascio situata in un  palazzo a sinistra di dove ora c'è il caffé  "la Perla", e nel dopoguerra il cinema Corso. All'improvviso vide una persona fuggire attraversa la strada inseguita da un fascista che lo sfiorò con una manganellata e buttarsi nel fossato, coi segni delle botte prese..... 

Questi furono i soli ricordi che ebbe del fascismo dei primi anni.

L'adolescenza in collegio

Fu messo in collegio a Faenza dai Salesiani, dove frequentò il ginnasio.

Intanto i genitori avevano cambiato casa: ora abitavano al terzo piano del palazzo del Credito Romagnolo, in piazza Monti. Il padre aveva aperto un negozio col permesso dei fascisti sotto il Palazzo Municipale: cartolibreria, profumeria, materiale scolastico e cose varie.

Nel 1930-31 Tullio si iscrisse al Liceo Classico a Ravenna.

Da Balilla a Giovane Fascista e Istruttore capo manipolo

Fu il tempo dell'iscrizione alle associazioni fasciste. Di sabato insegnava a marciare era diventato capo manipolo. Aveva quindi la divisa nera con stivali, berretto e pugnale e partecipava alle sfilate del Partito Nazionale Fascista.

Il periodo delle serenate

Quello fu anche il tempo delle serenate notturne insieme a Giorgio Preti (la cui famiglia vendeva cappelli). Ne fecero una sotto la casa di Marino Marini e Federica Contessi appena sposati che abitavano nel palazzo Contessi in corso Garibaldi e fu ben accetta. Il percorso delle serenate era il giro del Macello, cosìdetto perché era un circuito fatto da corso Garibaldi, via Roma, via Rossetta e via Reale (qui c'era il macello Comunale fino agli anni '80, quando fu venduto dal Comune ai Filippi, e abbattuto).

All'università

Nel 1935 frequentò l'Università a Bologna: giurisprudenza, ma lui amava il disegno: solo dieci esami ma nessuna laurea. Abitava a Bologna presso privati e tornava a casa ogni mese.

Il servizio militare

Compiuti i 26 anni e non laureato fu costretto ad andare militare: fece la scuola Allievi ufficiali a Sassuolo nel 1940: due mesi con un plotone di cui doveva imparare a essere istruttore (lo avevano assegnato a quel ruolo per l'attività svolta come istruttore capo manipolo nei sabati fascisti). In quel plotone c'era pure il babbo di Dalema. Ma dopo due mesi si ammalò, era esaurito, non mangiava. Rimase ricoverato per un mese nell'Ospedale di Modena, dove riprese forza e si ingrasso anche troppo.

Rifiutò di tornare nel corso allievi ufficiali e andò a Cesena al 12° Fanteria, in Ufficio Maggiorità, aiutante del maggiore colonnello, senza gradi, inabile a fatiche di guerra (imbusché come si diceva allora e anche oggi).

Rimase 27 mesi a Cesena sotto le armi, ma riuscì a scansare tutti i tentativi che a volte qualche colonnello-maggiore faceva per spedirlo al fronte: lui aveva la carta di inabile alle fatiche di guerra!

Il 26 luglio alla caduta del fascismo era militare a Cesena.

L'8 settembre

L'8 settembre scappò perché il tenente colonnello voleva convincerli a seguirlo nella R.S.I.

Se ne andarono in due: tolta la divisa andò dalla famiglia Menghi di Cesena dove di solito teneva abiti civili per le libere uscite, si vestì da borghese e tornò ad Alfonsine a casa dalla madre, in corso Garibaldi. Rimase a casa quatto quatto finché un giorno arrivò la richiesta di presentarsi presso la Casa del Fascio, per decidere se aderire o no alla Repubblica Sociale Italiana dei fascisti nuovi.

Insieme a lui erano stati chiamati anche altri suoi due amici Pedna e Vittorio Graziani (Tamàt), perché durante il fascismo aveva svolto il ruolo di istruttori ed era anche iscritto ai GUF (Gruppo Universitari Fascisti).

Il rifiuto ad iscriversi all' R.S.I.

Il nuovo comandante del nuovo fascismo si chiamava Camilli.

Graziani Vittorio era impacciato e lo contattò la sera prima per sapere come si sarebbe comportato. Lui disse che certo non avrebbe accettato, ma Vittorio si giustificava dicendo che aveva famiglia e che non voleva rischiare... disse "Perché non chiediamo una proroga?". Ma gli altri due erano decisi a dire di no.

Il giorno dopo alla Casa del Fascio si presentarono Pedna e Samaritani, mentre Vittorio Graziani arrivò in ritardo. Vennero chiamati una alla volta. Pedna e Tullio non aderirono. Vittorio quando uscì disse che aveva detto di no... (ma avrebbe anche potuto aver accettato). Nessuno dei fascisti fece gesti minacciosi anche se li avevano avvertiti che dovevano pensarci bene a dire di no, perché non si sapeva come sarebbero andati a finire...

L'iscrizione al PCI (Partito Comunista Italiano)

Attraverso Agide Samaritani suo secondo cugino,Tullio decise nel 1944 di iscriversi al PCI perché sentiva di dover dare continuità agli ideali del padre socialista. Entrò in contato con Bruno Marchesini che era il comandante delle SAP di Alfonsine (Squadre di Azione Partigiana che operavano a sostegno della popolazione). Entrò nel gruppo SAP di Borgo Fratti.

Il periodo partigiano

Il 30 novembre del 1944 con altri 49 andò a costituire il raggruppamento partigiano "Terzo Lori", che era di stanza nelle valli di Comacchio, zona di BoscoForte. Conobbe Arrigo Buldrini: restò  nella valle per 7 giorni e 7 notti, compiendo qualche azione contro i tedeschi. Poi il 7 novembre andarono a Ravenna già liberata, ma rimasero tagliati fuori dal resto dei partigiani in valle. A Ravenna come partigiano lavorò in Borgo San Biagio. Rimase lì finché si costituì la 28° Brigata Garibaldi fatta quasi tutta di alfonsinesi. Alla 28° Brigata fu affidato il controllo militare di un settore logistico dell'avanzata alleata. Arrivarono dalle valli di Comacchio fino a Codevigo.

Il dopoguerra e il matrimonio 

Aveva conosciuto tramite Agide una ragazza che abitava alla Tosca, dove la famiglia aveva dei poderi che affittava: si chiamava Luigia Ghirardini (detta Luisa). Dopo la guerra le uniche figlie rimasero orfane anche della madre che morì sotto una granata alleata, nella boaria dei Gessi, dove erano sfollati. Tullio e Luisa si sposarono: con l'affittanza dei terreni di lei e i danni di guerra della casa di lui acquistarono una casa in corso Repubblica, la prima dopo la chiesa: lì abitarono con la madre di lui Mariannina Cavazzuti e con il figlio Alberto Samaritani appena nato (1946) fino al 1961. Vendettero la casa  a Zaccaria per 15 milioni di lire. 
A Ravenna acquistarono una casa e abitarono lì fino al 1976 anno in cui tornarono ad Alfonsine nella nuova casa di via Cattaneo.

E' morto nel gennaio del 2008 all'età di 93 anni

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