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Storie alfonsinesi

DA 'E CASò DAL MACHIN' FINO AI NUOVI CINEMA AURORA E CORSO 

di Luciano Lucci

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La costruzione che ancora oggi si può vedere all’angolo tra via Tranvia e via Borse era detta ‘e casò dal machin’ (il casone delle macchine) perché fungeva da parcheggio-garage di cinque coppie di macchine con le trattrici, più una apposita officina per la manutenzione e riparazione. 
La "Cooperativa Operai braccianti agricola e di lavoro di Alfonsine", che l’aveva costruita e che la gestiva, era stata fondata il 15 gennaio 1906 da 65 soci, ma all'inizio del 1922 ne contava oltre 700 i quali, oltre ad eseguire tutti i lavori di terra appaltati da pubbliche amministrazioni e da privati nel territorio di Alfonsine quali arginatura, bonifica ecc… svolgeva anche una notevole attività commerciale, industriale ed agricola.
La Cooperativa conduceva, fino all'avvento del fascismo, due tenute in proprietà: "l'Aleotta" di 286 ettari posta al di là del Reno e la "Beatrice" di 52 ettari situata in Via Carraie di Mezzo. Acquistate in pessime condizioni pochi anni prima per garantire il lavoro agli operai affamati di terra, erano state notevolmente rivalutate dai grandi lavori di bonifica fatti dalla stessa Società. 

'e casò dal machin nel 1906

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'e casò dal machin' nel 1922

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Per fare questi ed altri lavori la Cooperativa disponeva di 22 carrelli decauville e di 1.200 metri di binario. La trebbiatura del grano era a quei tempi l'attività agricola più redditizia per chi possedeva le apposite macchine e a tal fine la Società Cooperativa poteva avvalersi di 5 coppie di macchine con le trattrici, più una apposita officina per la manutenzione e riparazione. Infine la Cooperativa gestiva in Alfonsine ben tre spacci di vendita che nel 1922 raggiunsero un volume d'affari di circa tre milioni di lire, grazie anche ad una propria lavorazione di carni suine che macellava oltre 600 capi all'anno.  

Oltre ad assicurare un minimo di lavoro e un'equa diffusione dei profitti (si pensi che in quegli anni un bracciante poteva sperare di lavorare dalle 60 alle 100 giornate in un anno), la Cooperativa svolgeva attraverso gli spacci un'utilissima funzione sociale praticando il credito ai lavoratori in difficoltà e rinsaldando un legame vitale tra categorie rurali ed urbane, tra operai e braccianti agricoli, che procurava ovunque adesioni e consensi sempre più vasti all'area socialista. 

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'e casò dal machin' nel 1935

Quando nel ’22 i fascisti e gli agrari locali andarono al potere anche ad Alfonsine fecero in modo di mandare in crisi la Cooperativa, prima cercando di bloccare i crediti bancari, (ma la cosa non diede risultati), poi obbligando con le minacce gli amministratori a svendere merci, attrezzature e terreni, (manovra sulla quale lucrarono in parecchi tra fascisti e agrari), poi passando alla gestione diretta riuscirono a far fallire la cooperativa.
 

 Nell’immediato dopoguerra 

nel “Casó dal machin” si fecero veglioni vari e qualche festa dell’Unità. Fu adibito anche a sala cinematografica, in attesa della costruzione del Cinema Aurora. 

Fu il Sig. Armando Polli di Bologna, che aveva una licenza per il cinema, ad iniziare, probabilmente su suggerimento di Ottorino Gessi, a gestire le proiezioni cinematografiche. 

 

Anno 1952: la facciata del Cinema Aurora in piazza Gramsci, mentre c’è una manifestazione politica. Sul muro le insegne della programmazione del film “Luci della ribaltà” con Charlie Chaplin

Nacque così il nuovo Cinema “Aurora” 
gestito dal sig. Polli e di proprietà di Gessi.

 In un ordine del giorno approvato all'unanimità dal C.C., si lanciò l'idea di favorire nel Centro di Alfonsine la nascita di un nuovo Teatro-cinema: “la Giunta ha interpellato l'attuale conduttore del cinema (quello in via Tranvia improvvisato nel mese immediato alla fine della guerra) sig. Polli ed altri che per il passato espressero il desiderio di costruire tale edificio. A talora le proposte del sig. Polli sono quelle che maggiormente si conciliano con le esigenze della cittadinanza". Inoltre "si attendono le proposte di quanti vorranno intraprendere detta iniziativa".
Probabilmente il sig. Ottorino Gessi, che sarà poi colui che costruirà a sue spese il Cinema Aurora nel nuovo centro di Alfonsine, aveva già avanzato qualche proposta.Una delibera del Consiglio Comunale del 5 aprile 1947 impegnava il comune a non permettere, per almeno tre anni di aggiungere un altro locale del genere, come d'altra parte prevedeva il Piano di Ricostruzione (e come aveva chiesto Ottorino Gessi per finanziare la costruzione del nuovo cinema).

Alla destra Senio i fratelli Minarelli, Tereo e Gigino, avevano già una licenza per un cinema-teatro, poiché fin da prima della guerra avevano gestito il "Teatro del Corso" di loro proprietà. Così avevano pure loro improvvisato nell'immediato dopoguerra proiezioni cinematografiche nel cortiletto di fianco al caffé (che avevano aperto e che sarà poi gestito da loro stessi fino agli anni '60). I fratelli Minarelli avevano chiesto poi di ricostruire un teatro in Destra Senio. Il C.C. però negò ai Minarelli il permesso di costruire un teatro-cinema, e probabilmente li richiamò a cessare le proiezioni, non avendo il nullaosta del Comune. 

Anno 1956: davanti al Cinema Corso: da sinistra Mina Martina sorella di Domenico (il secondo da sinistra). Segue la Vera Martini (cugina dei primi due).  Seguono due non identificate e infine Rino Martini, fratello di Vera e cugino di Domenico. Nel cartellone sul muro del cinema c'è il film "Canzoni sotto le stelle" con Luciano Tajoli (1956)

Ma la storia non finì lì e in Corso Garibaldi sorse il nuovo Cinema Corso, nonostante tutti divieti della maggioranza del C.C. Scese in campo l’industriale Marino Marini. La famiglia Randi, erede della costruzione detta e’ cantinò’, vendette l’edificio a Ernesto Contessi (Arnisté), suocero di Marino Marini. Fu quest’ultimo a premere su Prefettura e Governo per avere il permesso di adibire quella costruzione a uso cinema, contro la decisione del comune di Alfonsine che aveva stabilito, nel suo piano di ricostruzione, la presenza di un solo cinema nel nuovo centro del paese in piazza Gramsci e cioè l’“Aurora”.  Lo scontro fu duro e si ripropose, con una certa forzatura, la contrapposizione che, durante il fascismo, c’era stata fra il cinema del Corso (detto anche “Littorio”), collocato dove oggi c’è il centro giovani “Free to fly” in corso Garibaldi, caratterizzato dalle feste e veglioni dei fascisti, e il cinema “Aurora”, che si trovava nel “Lazzaretto”, della famiglia Gessi, ambiente più popolare, con alle spalle anche una storia di scontri violenti tra i Gessi e i fascisti della prima ora.
La realizzazione di un secondo cinema fu uno sfregio al piano regolatore e alle scelte democratiche della prima amministrazione di sinistra del dopoguerra, (per ottenerlo il Prefetto di Ravenna commissariò, per alcuni mesi l’amministrazione comunale), i militanti dei partiti di sinistra al governo del paese di Alfonsine invitavano la gente a non frequentare il cinema Corso, ma solo l’Aurora.
Dall’altro lato i Marini, con una mossa spiazzante, diedero in gestione il cinema a una cooperativa di operai della loro fabbrica. Così, col passare degli anni, tale contrapposizione ideologico-cinematografica andò attenuandosi, fino al punto che, dopo varie gestioni, il Corso e l’Aurora vennero gestiti entrambi dal sig. Errani di Savarna, un ex-partigiano. Infine quando Errani lasciò, più nessuno osò continuare tale attività e le due sale rimasero abbandonate, finché l’Aurora fu trasformato in negozi e appartamenti. Poi toccò al Cinema Corso: bar pasticceria, Conad e poi Pizzeria-ristorante.

Ex-Aurora trasformato in negozi e appartamenti

Ex-Cinema Corso: bar pasticceria, Conad e poi Pizzeria-ristorante

E “e casó dal machin”? 

'e casò dal machin': oggi (2018) è adibito a deposito per pullman

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