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IL CONVENTELLO

di Luciano Lucci


questo articolo si basa in gran parte sul lavoro di Sauro Ravaioli ("Il Conventello di S. Ubaldo") 
e di Paola Novara ("I Rasponi fra Mezzano e Savarna") 

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Al Conventello (punto 4 nella mappa sopra) si può arrivare da via Reale fino all'incrocio con via Basilica seguendo questa via fino all'incrocio a destra col cartello 'Conventello'

Oppure da Alfonsine dopo via Destra Senio e via Molinazza all'incrocio con la Basilica si gira a destra per un chilometro. Arrivati davanti al CZ Pizzeria si passa nella strada di fronte. 

A partire dal 1504 la zona valliva detta 'Valle Fenaria', in cui si sviluppò l'abitato di Savarna, era percorsa dal fiume Lamone (detto anche in questa zona 'Fiume di Savarna') e fu divisa di nome e di fatto in due parti 'Savarna di qua e 'Savarna di là'. E proprio qui un traghetto metteva in collegamento le due sponde del fiume. 

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Il percorso da Alfonsine a Conventello per la via Basilica

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Dove c'era il Convento di S. Ubaldo...

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Due ipotesi sull'origine del nome 'Savarna'

potrebbe derivare dal vocabolo sub-arna che significa sotto-fiume, o luogo posto in basso o 'bassa'. Erano infatti queste le terre più basse di un vasto territorio situato a nord di Ravenna, a destra e a sinistra del fiume Lamone. 

Oppure potrebbe derivare dal termine 'Savanelle', denominazione dei canali di bonifica.

In seguito a interventi di bonifica e all'immissione del Lamone nel Po di Primaro (1504) si creò un assetto proprietario che vide i terreni a destra del Lamone controllati dalla famiglia Rasponi e quelli a sinistra dalla Canonica di Santa Maria in Porto. I Rasponi in quegli anni ottennero il permesso al Papa Clemente VII di costruire un mulino, che si vede in varie mappe. L'attività di quel mulino cessò nel XVII secolo.

L'origine del 'Conventello'

Qui nella prima parte del '500 a 'Savarna di là', i canonici di S. Maria in Porto fondarono un edificio dedicato a S. Ubaldo

Il luogo è quello che in seguito verrà denominato 'Conventello'

 

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I monaci di Santa Maria in Porto erano da tempo (anche dal XV secolo) particolarmente impegnati nella bonifica del loro territorio e per questo lavoro costruirono un primo abbozzo di un monastero-convento, che oltre alla caratteristica spirituale aveva anche un ruolo economico. 

Ai primi del '600 il primo nucleo abitativo era costituito da un unico edificio che racchiudeva anche la chiesa. La vecchia campana posta sull'antico campanile del monastero recava lo stemma della torre di Porto e la data 1420. Un secolo dopo l'edificio fu ampliato dotandolo di stalle per gli animali e di magazzino per i cereali.

In una stampa cartografica della zona, datata 1614, conservata presso l'Archivio Storico Comunale alla Biblioteca Classense di Ravenna, il convento è raffigurato in una costruzione ad un piano, affiancato da un'alta torre campanaria munita di croce sul tetto. 

Successivamente la struttura fu elevata di altri due piani, aventi ai lati due bassi edifici. Il cortile era racchiuso da un robusto muro di cinta sul cui lato destro era  la Chiesa di S. Ubaldo. 

In una mappa successiva datata 1649, si possono notare ulteriori modifiche. 

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da una mappa del 1686

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Disegno di Simona Ricci tratto dalla mappa precedente

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Disegno di Simona Ricci tratto da una mappa del 1649

La casa patronale al centro è stata munita di una scala d'accesso esterna, a due rampe, prospiciente un'ampia corte chiusa da due bracci occupati a servizi. Quello di sinistra era costituito da un portico aperto, mentre l'altro da una serie di fabbricati collegati con la Chiesa, il cui ingresso principale, posto sulla pubblica strada, correva sotto l'argine del fiume Lamone. 

Di fianco all'edificio sacro si snodava un solido muro di cinta, con al centro il portone d'ingresso e, collegando fra loro i due lati del convento, gli dava quasi l'aspetto di un fortino. 

Nel periodo 1741-1743, la tenuta già denominata 'del Conventello', la piccola comunità che vi risiedeva era formata da due soli religiosi: un Padre avente funzioni di presidente e un frate a lui sottoposto. Inoltre vi erano quattro dipendenti laici: un fattore, un guardiano, un servitore e una serva. 

 La disposizione degli spazi era la seguente: ingresso, stanza a sinistra per un frate e un'ultima, dallo stesso lato dell'ingresso. Seguiva poi la dimora del Priore, con adiacente un camerino. Si continuava con la stanza detta di S. Ubaldo ed un'altra che, posta sopra la cucina, guardava verso il fiume.

Il Conventello, in devoluzione...

1590: La banda di Pandolfo Fagioli di Bagnacavallo era composta da feroci banditi-briganti, che fecero qui il loro rifugio. Per quattro anni terrorizzarono l'intera Romagna. Poi Alfonso II d'Este decise di impegnarsi con forza per eliminare il fenomeno del banditismo con tremila soldati guidati da Enea Montecuccoli, per stanare i banditi  dai boschi di Bagnacavallo, Lugo e Fusignano, che erano luoghi del suo Stato e di sua giurisdizione.  I soldati riuscirono a circondare la banda nei boschi di Lugo e Fusignano, incendiarono e presero a sparare addosso ai banditi con le bombarde. 

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Mappa del 1769 raffigurante il territorio vallivo a destra del Lamone

 Sebbene la maggior parte di loro rimanesse uccisa o catturata, il Fagioli, assieme ad alcuni compagni, riuscì a fuggire e a portarsi, con alcuni suoi uomini, a Bagnacavallo dove era nato, riuscendo a saccheggiare il Banco dei Pegni che qui era tenuto dall'ebreo David Sinigaglia. Il 17 febbraio 1592 il Faggioli si portò alla Pieve di S. Pietro per prendere e legare l'Arciprete di quella chiesa don Bartolomeo Pergola ed il suo servo; spogliata poi la chiesa e la canonica di quanto vi era di più prezioso, li condusse a Savarna, dove si trovava il quartiere dei briganti. Dopo avere subito, varie sevizie, il Parroco suddetto ed il suo servo ottennero la libertà con l'esborso di mille scudi e rifugiarsi nel quartier generale fortificato. 

Si illudevano, infatti, che il Conventello, trovandosi fuori del territorio dello stato ducale, fosse un posto sicuro, ma, alcuni giorni dopo, furono assaliti da una compagnia di cavalleggeri comandata dal Capitano Mario Grassi di Novi, a cui si erano uniti parecchi volontari reclutati a Lugo. Il Fagioli si era momentaneamente allontanato dal suo nascondiglio, per recarsi con alcuni compari, nella vicina casa di un contadino a cambiare della farina con il pane. Casualmente individuato, venne circondata l'abitazione in cui era entrato. I militari iniziarono a bersagliarla col cannone e, siccome i muri dell'edificio erano deboli, ad ogni cannonata restava morto qualche bandito. Infine pure il capobanda fu colpito a morte. Caduto a terra agonizzante, ordinò al suo servitore "Bisogno" da Castelguelfo, di tagliargli la testa e buttarla nel fuoco, perché non voleva che cadesse nelle mani dei nemici. Ma non essendoci il fuoco acceso, il servente si preoccupò più di badare a sé stesso e di salvare la pelle, per cui il Fagioli morì senza essere esaudito. Trovatosi senza capo, e ormai solo in sette, i banditi si arresero. I soldati, dopo aver saccheggiato il palazzo del convento, distrussero le difese e tagliarono le teste dei banditi morti. I prigionieri, legati e incatenati, furono condotti nel carcere della Rocca di Lugo e impiccati. La testa del capobanda Fagioli, appesa a un'asta, fu portata in trionfo dal carnefice a Bagnacavallo, Lugo e a Ravenna dove fu appesa alla ringhiera del carcere perché fosse vista da tutti, e mostrare a tutta la popolazione che quel crudele bandito era stato definitivamente sconfitto.  Le memorie di questi fatti, si leggono nei "Catastri" (registri) della Rocca di Lugo di quell'anno 1592, ai fogli 71, 90 e 100.

  •  Con la cattura dei banditi, si chiudeva finalmente un brutto periodo, e i monaci di Conventello poterono tornare a vivere del proprio lavoro in pace con Dio e col prossimo.

  • 1600-1700: bonifiche, alluvioni, bonifiche da parte dei Frati di S. Maria in Porto

 

  • 1796: prima campagna militare di Napoleone, occupazione di Ravenna. Le truppe francesi della Repubblica Cisalpina usarono l'edificio come caserma. Da allora fu chiamata 'e casarmò'.

 

  • 1797: La Società ' Baronio', con l'avvento dei Francesi rilevò in blocco tutte le proprietà dell'Abbazia di Santa Maria in Porto, e assegnò (1804) il Convento al suo socio Antonio Morigi che, deceduto, lasciò il tutto alle due famiglie coeredi (tra loro cugini) Triossi e Morini. 

Agostino Triossi era un ricco commerciante di granaglie di origine marchigiana, stabilitosi a Lugo di Romagna, ed amico della famiglia Rossini (il padre di Rossini, Giuseppe, era di Lugo, poi andò ad abitare a Pesaro). 
Era stato padrino alla cresima di Gioachino Rossini.

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1804: Gioachino Rossini, amico dei Triossi, soggiornò quindi nell'ex-convento e scrisse le sue prime composizioni giovanili, a 12 anni.

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Una lettera autografa sulle "Sei sonate a quattro", composte in soli tre giorni da un Rossini appena adolescente: aveva 12 anni. 

La mordace nota autocritica era posta in calce alla parte manoscritta per violino ritrovata anni dopo, e dal musicista ritenuta persa in casa Triossi.

“Sei sonate orrende, da me composte alla villeggiatura (presso Ravenna) dal mio amato mecenate Agostino Triossi alla età la più infantile, non avendo presa neppure una lezione di accompagnamento, il tutto composto e copiato in tre giorni ed eseguito cagnescamente dal Triossi, contrabbasso, Morini (di lui cugino) primo violino, il fratello di questi il violoncello ed il secondo violino da me stesso, che ero per dire il vero il meno cane.

G. Rossini”

Rossini definì (sin troppo severamente) queste sue prime composizioni. 

Nel 1825 l’editore Ricordi avrebbe pubblicato cinque quartetti d’archi, con la viola al posto del violoncello, e quest’ultimo al posto del contrabbasso; si tratta di vere e proprie trascrizioni di cinque delle sei originali sonate a quattro. Pagine tutt’altro che orrende, ma davvero godibili: la freschezza e l'originalità di questi lavori sono molto apprezzate a tutt'oggi dalla critica, che scorge in esse il seme del Rossini futuro, un Rossini già d’insospettabile leggerezza e soavità nonostante fosse appena un ragazzino.

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(1974) Una delle ultime immagini del convento in rovina, ormai prossimo alla demolizione (foto G. Sansoni)

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1820-1940: Dopo varie vendite e passaggi di proprietà dai primi del '900 l'edificio, su iniziativa del proprietario Michele Toschi detto 'radecc', (foto a destra) fu suddiviso in piccole camere da affittare a una decina di famiglie, 6-8 persone in una sola stanza, e l'ex-convento divenne un condominio popolare, tanto che prese il nome di 'Palazzone' a fianco di quello di 'Casarmò'. 

Anche la chiesa fu spogliata e trasformata in abitazione in affitto. Dopo 30 anni la chiesa fu riconsegnata al culto dopo una vertenza in tribunale che condannò il Toschi a restituire, dopo averla ripristinata, la chiesuola al culto e al parroco di Savarna. 

1941-1944: La cosidetta 'casermetta' (la parte centrale, dove abitava un tempo la famiglia Triossi e dove fu accolto Rossini) rimase in piedi: funzionò fino al 1944 come scuola elementare, poi durante la guerra fu piena di sfollati e senzatetto, che si rifugiavano qui per sfuggire ai bombardamenti. Conventello fu per vari giorni in prima linea e l'edificio subì danni nella parte destra di fianco alla chiesa, ma per il resto resistette.

 

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1945-1977: Dopo la Guerra l'edificio fu dimora di tante famiglie del posto, ma poi pian piano non ci abitò più nessuno e, sotto  il peso degli anni e delle intemperie, cominciò a cadere a pezzi. Stesso destino toccò alla chiesuola già abbandonata nel 1966, per scarsa frequenza e necessità di urgenti e costose opere di restauro. 

1977-1984: Tutto l'edificio del convento di S. Ubaldo era ormai abbandonato da anni, era in rovina e costituiva un pericolo. Nel 1977 fu demolita una parte del nucleo centrale assieme a tutto il lato destro. 

Nel 1984 toccò alla chiesa di S. Ubaldo.

 

Cosa rimane oggi del Conventello?

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L'unica parte rimasta ben ristrutturata, oggi è proprietà privata. 

Del grande antico fabbricato, ad area quadrata, com'era composto all'origine, solo la parte che era la villa padronale è rimasta in piedi. 

Il particolare della doppia anta di scale esterne, rimaste, ne documenta la veridicità. (vedi foto qui a destra)

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