Alfonsine

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E cino

   

a cura di Loris Pattuelli

Ad Alfonsine il cino era sempre pieno di rumore, fumo e bucce di arachidi. Nelle prime file c'erano i teppisti, in galleria gli aspiranti tali e gli innamorati, in mezzo ci stavano i gruppi di amici che si davano la voce, nelle ultime file c'erano tutti gli altri.

E poi THE END, si accendono le luci ed è tutto finito. Con la differenza che, a finire, questa volta non è il film ma il cinema. Esagerato? Forse sì. Se si esclude la natura, non credo ci sia troppo da conservare in questo mondo. I conservatori non mi sono mai piaciuti, ma questa volta, almeno per questa volta, credo proprio di poter essere annoverato tra le folte schiere di questi innamorati infelici. Il cinema è quel posto dove gli umani del ventesimo secolo si incontravano per sognare. Il cinema è un posto sacro come un tempio ed è anche un qualche cosa di terribilmente fragile come le pagine di un libro o le ali di una farfalla. Cosa direbbero i cattolici se la loro chiesa fosse trasformata in un sexy shop? Cosa direbbero i musulmani se la loro moschea fosse trasformata in una porcilaia? Cosa direbbero gli ebrei se la loro sinagoga fosse trasformata in una centrale termoelettrica?

Al posto del cinema Aurora adesso ci sono dei negozi e degli appartamenti, al posto del cinema Corso c'è una pasticceria. Buoni bomboloni e belli i vestiti firmati, ma quelli che andavano al cinema per sognare adesso si sentono un pochino orfani e spaesati in mezzo a tutto questo blu sempre più dipinto di blu. E per fortuna che c'è il Gulliver, se no, ci toccherebbe accontentarci delle multisale e della televisione!

La chiusura di un cinema credo sia sempre un atto di barbarie, barbarie assolutamente legale, ma barbarie. 

È al cinema (e per fortuna non soltanto al cinema) che i miei compaesani hanno imperato a sognare e a pensare che le cose potevano anche andare in un'altra maniera.

Se il bisogno di trasformare la realtà ha ancora un qualche senso, credo lo si debba in buona parte al cinema. Ma forse questi sono soltanto gli ultimi cascami di un novecento che non vuol decidersi e passare, forse questo blues stonato è soltanto la vecchia storia degli incendiari che finiscono pompieri. E amen.

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