| Ricerche sull'anima di Alfonsine |
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di
Luciano Lucci |
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Ad Alfonsine
arrivava ogni tanto Gnazén, che tutti chiamavano Fiscì, confondendolo col fratello più "famoso", "Fischio" o "Fis-cino". Quest'ultimo scorazzava tra osterie e trattorie, da Villanova di Bagnacavallo a Cotignola, da San Bernardino a Lugo, da Bagnacavallo a Faenza, fino a Forlì, dove veniva invitato, e lì poi raccontava fatti e cantava. Si esibiva solo se glielo richiedevano, gli piaceva far ridere la gente, era anche molto intonato tanto che quando nei locali c'era anche un'orchestra di suonatori questi rimanevano di stucco. Era diventato un'attrazione, e veniva chiamato appositamente dai gestori dei locali; non aveva un repertorio preparato, era lui stesso il repertorio, cantava gratis... basta che gli dessero da mangiare. Una volta fu chiamato sul palco anche dall’orchestra
Casadei. L'altro
Fiscì, il fratello, quello che bazzigava ad Alfonsine, in realtà a Villanova era noto col soprannome "Gnazén", ma si chiamava Antonio. Anche lui come Fis-cino (e forse più) era intonatissimo, ma era più restìo a salire su un palcoscenico. I due fratelli erano nati nel quartiere Nuova Bologna di Villanova ed erano entrambi cresciuti nella nota osteria di "Dumandò": mangiare, bere e cantare. Fiscì-Gnazén frequentava spesso bar e osterie, ma gli piaceva troppo bere, tanto che era spesso ubriaco. Di solito cominciava a cantare da solo, oppure spontaneamente anche in mezzo alla gente. 'Una volta nella trattoria di Dumandò cantò una canzone per la mamma dell'oste Orazio Minguzzi che la commosse tanto da farla piangere. Un'altra volta quando nel Cinema Valenti a Villanova venne Oscar Carboni, un famoso cantante melodico dell'epoca, i suoi concittadini riuscirono a convincerlo a salire sul palco I due fratelli però tra di loro non andavano d'accordo, due caratteri troppo diversi. Uno era timido e remissivo, e troppo spesso ubriaco, l'altro a volte irascibile e maligno, sregolato e provocatore, ma sempre lucido e scaltro individualista: eppure Fisc-ino voleva bene al fratello Gnazén ed era dispiaciuto di vederlo spesso così malridotto.
Vittorio De Sica con alcune comparse all’osteria Topi, tra cui Fischio Il "Giro di Romagna" delle osterie Fiscì-Gnazé appariva ad Alfonsine solo in certi periodi dell'anno, come se nel suo peregrinare misterioso, questa fosse una delle tappe di un percorso a circuito chiuso. Probabilmente durante l'anno partecipava a un fantastico "Giro di Romagna delle osterie", a cavallo del suo inseparabile motorino. Negli anni '60 gli alfonsinesi che lo incontravano al
bar d'Frazché o dei fratelli Terio in piazza Monti, o
all'osteria "Al Gallo",
o al bar Unità, cercavano in lui l'anima del filosofo, catturando quelle pillole di saggezza quasi orientale che spesso come illuminazioni uscivano dalla sua voce sognante. A volte, quando parlava, usava parole riciclate, che aveva preso da poeti famosi, dimostrando di avere una certa cultura. Proclamava frasi, sentenze, con tali giri di parole che tutti rimanevano sbalorditi.
Fiscino, l'altro fratello continuò la sua vita spericolata finché a 72 anni fu travolto da un auto lungo la strada Naviglio tra Faenza e
Bagnacavallo... Era il giorno di ferragosto del 1993, mentre in motorino rincasava da una delle sue 'scorribande', zigzagando di qua e di là, per la sua gioia di vivere. Dopo pochi giorni di coma morì a Bologna. Si chiamavano Giuseppe e Antonio Tarlazzi, e sono sepolti nel cimitero di Villanova. In paese sono ancora ricordati con affetto. |