Alfonsine

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Radio 'Mariposa'  la prima radio libera di Alfonsine (1977)

(Cliccate o toccare le immagini per avere un ingrandimento)

di Luciano Lucci

Nel 1977 sull’onda dell’esperienza delle radio libere come Radio Alice di Bologna e Radio Graal di Lugo, anche ad Alfonsine un gruppo di giovanotti e ragazze, già presenti in paese come circolo culturale “La Mariposa”,  nome spagnolo di ‘farfalla’, ispirato dalla lettura di "Cent'anni di solitudine" di G.G. Marquez, decisero di aprire una radio libera.

La sede fu presto trovata in alcune stanza sopra la tabaccheria di Leo Montanari, in piazza Monti, abitate un tempo da tutta la famiglia dei Pitadé (Montanari), e che erano allora inutilizzate.

Prist (Rino Montanari) figlio di Leo d’Pitadé fece da garante presso il padre.  

Ci volevano soldi per un trasmettitore, un mixer e un’antenna. 

Un amico di Bologna, Pietro Gessi, ci riforniva di LP a basso costo che rivendevamo a prezzi scontati e così guadagnammo in poco tempo un centinaio di milalire.

Un vecchio amico di Ravenna, Paolo Isola, che ormai da anni si era trasferito a Bologna e nella cui abitazione trasmetteva Radio Città, una radio libera contemporanea di Radio Alice, ci indicò un certo Minnella da cui poter acquistare un trasmettitore a basso prezzo e un’antenna.

   

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DIRETTORE: STEFANO BENNI

Risolvemmo presto anche la questione legale di avere un giornalista come direttore.  

Amici di Bologna ci fecero avere la firma di un tal 
Stefano Benni, che aveva appena pubblicato l’anno prima un libro dal titolo “Bar Sport”.  

I fratelli Minnella all’epoca gestivano un negozio di elettronica molto all’avanguardia e quotato, in centro a Bologna. Uno dei due era in quei giorni latitante perché era stato fondatore di Radio Alice, chiusa in marzo proprio nella serata in cui era lui in trasmissione.  Luciano Lucci, Loris Pattuelli e Giacomino (Giacomo Amadei) andammo al negozio di Minnella a Bologna e concludemmo l’acquisto. Forse quel trasmettitore era appartenuto a Radio Alice.

Ci mancava un mixer che ci venne offerto da Torquato Filippi, abitava a vicino a Lugo, tecnico di Radio Graal.

Allestimmo una sala trasmissione insonorizzata coi porta-uova e avviammo le trasmissioni che iniziavano alle 14 di pomeriggio fino a notte inoltrata.  

 

 

Nel giugno del 1977 iniziammo le trasmissioni che iniziavano dal pomeriggio alle 14 fino a notte tarda.

La sigla di apertura era “Ma che aspettate a batterci le mani” 

 

La linea politica (scritta) della radio 

era abbastanza contaminata da un linguaggio ideologico che richiamava alle lotte proletarie, operaie e studentesche del periodo, probabilmente mutuata da Radio Alice di Bologna.

 

 

Venivano definite anche la linea musicale secondo varie indicazioni decisamente un po’ rigide, ma ciò doveva servire a caratterizzare la radio sia in senso politico che culturale, e in contrapposizione sia alla radio statale sia a quelle nuove radio libere cosiddette ‘commerciali’.

Poi nella pratica ognuno dei conduttori si muoveva secondo i suoi gusti. 

La contaminazione tra alcuni ‘sessantottini’ del gruppo e i ‘fricchettoni’ alfonsinesi che vi erano entrati determinò una crescita di entrambi. 

Per i primi ci fu una progressiva liberazione dalle ideologie e per i secondi una possibilità di uscire dal loro ghetto.  

Documento di fondazione 
di Radio Mariposa

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La frequenza era 96 Mhz, ma l’altezza della casa e dell’antenna non erano sufficienti, e la trasmissione veniva schermata da altri palazzi: non si andava tanto in là col segnale.

In più le altre radio commerciali che fino ad allora erano posizionate sulle frequenze oltre ai 101 Mhz iniziarono a invadere anche quelle sotto ai 100 MHz. In particolare un ripetitore di Radio Gamma che trasmetteva sui 96 come il nostro fu installato nella zona del cimitero di Alfonsine e il nostro segnale venne coperto quasi totalmente.

Ci fu proposto da una radio del PdUP di Roma di acquistare tutto un loro impianto pressoché nuovo trasmettitore antenna mixer al costo di circa un milione di Lire.
Si decise di aprire un fido bancario di 3 milioni di lire con garanzie date da vari soci.

Con quei soldi facemmo l’acquisto del nuovo impianto.

Montammo l’antenna nuova e facemmo prove tecniche di segnale, ma ancora la schermatura di alcuni palazzi creava zone d’ombra.

Chiedemmo allora alla Cooperativa Braccianti proprietaria della Casa del Popolo, che era in linea retta proprio di fronte alla nostra sede, di poter installare un’antenna col trasmettitore sul loro tetto, molto più alto del nostro. Poi sarebbe bastato un piccolo trasmettitore per fare il ponte. Incontrammo Roberto Tardozzi, (tra l’altro un vecchio compagno di classe delle scuole medie), che all’epoca rappresentava la suddetta cooperativa. Il permesso ci fu accordato. Un amico operaio della Marini ci installò l’antenna (un troncone della quale si vede ancora oggi).
Si andò alla grande, col segnale arrivavamo fino nelle vicine colline, anche se rimanevano zone d’ombra qua e là. Comunque Alfonsine e dintorni era coperta tutta. La nuova frequenza era 103 MHz.

I programmi erano sostanzialmente casuali. 

I conduttori che si alternavano nei vari orari erano Luciano Lucci, Rino Montanari, Guido Pasi, Amos Calderoni, Ezio Montanari, Daniele Brunetti, Sergio Contessi, Loris Pattuelli, Sergio (Mimò), Guido Minarelli per una rubrica di musica classica, Antonio “Gastone” Zannoni per rubrica sul Jazz, a cui si aggiunsero alcuni più giovani come Ivan Capellari, Tisio figlio del Fornaio di Corso Garibaldi (a cui permettemmo, in via eccezionale, una rubrica con giochi a quiz.).

In seguito su autonoma iniziativa della FGCI alfonsinese arrivarono anche Sergio Fontana, Giorgio Branchetti e Daniele Biserna.

Unico annuncio pubblicitario quello di Betti l’elettricista.  

Le caratteristiche della radio erano 
(al di là di quelle enunciate nel documento fondativo della radio che forse nessuno aveva mai letto):

1°) Telefono sempre aperto a qualsiasi telefonata in diretta, ma vietate le dediche. (una sera Laura Tramonti chiamò il marito Luciano Lucci che stava trasmettendo dicendogli che era ora di tornare a casa a tenere la figlia Alice, nata da appena qualche mese: il tutto passò in diretta radio)

2°) No allo stile disk-jockey nella conduzione di programmi musicali, che poi coi nostri spiccati accenti romagnoli avrebbe fatto solo ridere.

3°) Diffusione di notizie nazionali e internazionali tramite lettura dei giornali (ma avevano solo il Manifesto quotidiano)

4°) Non venne mai toccata mai nessuna tematica locale (nonostante i proclami del documento fondativo)

5°) Alcune ragazze (Laura Tramonti, Patrizia ‘Papaverina’, Claudia Martoni), gestirono una trasmissione chiamata “Lo straccio” in cui raccontavano come creare cose utili riutilizzando materiale povero, oppure discutevano su tematiche femminili come la pillola, o le mestruazioni o la contraccezione.

6°) La biblioteca musicale a disposizione era fatta di Lp acquistati coi soldi incassati da pubblicità e vendita di dischi scontati, o da forniture acquisite a prezzi ridotti da Radio Città di Bologna. Ma in genere il conduttore portava da casa i dischi suoi, che voleva far ascoltare.

7°) La linea musicale era fatta di canzoni di lotta o popolari  (Della Mea, Pietrangeli, Giovanna Marini, Stormisix, certe forme di nuova musica proletaria come quelle del Canzoniere del Lazio, Nacchere Rosse, Gruppo Pomigliano D'Arco) e poi Woody Guthrie, Bob Dylan e simili, i gruppi rock del periodo psichedelico e di Woodstock, Jimi Hendrix, Beatles e Rollings Stones, poi i cantautori italiani come Luigi Tenco, Fabrizio De Andrè, Venditti,  De Gregori, Ivan Della Mea, Bertelli, Pierangelo Bertoli, Guccini), oltre a tutte le forme dì Pop Jazz Rock che avevano segnato una generazione di giovani in lotta.

Si puntava ad un'analisi retrospettiva critica della musica-leggera, classica e lirica, escludendo la musica da discoteca, la cosiddetta Disco-music, come scelta politica.

In quel periodo scoppiò poi la musica reggae e la radio ne assunse in toto la diffusione caratterizzandosi su questa (Bob Marley, Peter Tosh).

Ma l’icona idolo della radio divenne Patti Smith col disco “Horses” e “Radio Ethiopia”.

Qualche giovanissimo della radio cominciò a proporre anche i Sex Pistols e il punk.

Nell’agosto del 1978 durante un temporale l’antenna posta sulla Casa del Popolo venne abbattuta da un vento fortissimo. Per non interrompere l’attività trasferimmo tutto l’impianto di trasmissione a casa di Guido Pasi che era sufficientemente alta e da lì Luciano Lucci quasi da solo mandò avanti le trasmissioni, fino a che non si riuscì a risistemare il tutto nel giro di una settimana.

SPESSO CI SI DIVERTIVA A PROPORRE SCHERZI TELEFONICI IN DIRETTA

Nel video sono state montate immagini sul sonoro che fu recuperato miracolosamente da un vecchio nastro su cui era rimasta registrata la trasmissione in diretta da Radio Mariposa).

 Il conduttore Luciano Lucci telefona in diretta alle centraliniste della SIP per avere aiuto nel dar da mangiare alla figlia appena nata. Era uno scherzo telefonico...

 



Nel secondo video qui a destra: una simpatica trasmissione che scimmiottava 'onda verde' parlando del territorio alfonsinese.

 

 

 

Da Radio Mariposa a Radio Città

(quando la politica cominciò a interessarsi di Radio Mariposa)

Qualcuno dei soci paventò l’idea che presto il governo avrebbe fatto una legge che regolamentando TV e radio private avrebbe messo condizioni tali che per Radio Mariposa sarebbe stata la fine. 

Spaventati da ciò e dal debito che accumulato di circa 1 milione di lire, si decise di prendere contatti con alcuni funzionari di partito del PCI di Ravenna: Ivan Simonini e Elsa Signorino (futura assessore alla cultura e deputata eletta in Parlamento, poi Presidente della Fondazione RavennaAntica).  

Fu proposto di creare dal nulla a Ravenna una nuova radio unificando due radio già esistenti: Radio Mariposa di Alfonsine e Radio-Inn di Punta Marina

Si doveva formare una cooperativa e sotto l’egida della Lega delle Cooperative di Ravenna sarebbe stata messa a disposizione una sede in via Ippolito Nievo,  un’amministratrice, e la possibilità di usare il grattacielo della Lega per sistemare il trasmettitore e l’antenna ad un’altezza che ci avrebbe permesso di arrivare anche in collina. 

Il gruppo di Alfonsine accettò la proposta, dopo aver avuto rapporti con i responsabili di Radio Inn, per verificarne compatibilità caratteriali e politiche.

Nel giro di qualche mese, passata l’estate, si iniziò a contattare varie persone di Ravenna con cui iniziare a collaborare.

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Dove furono posizionati il trasmettitore e l'antenna

 

 

 

 

 

 

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La sede di Radio Città 
(piano terra)

La nuova Radio prese il nome di “Radio Città”, e avrebbe potuto assumere e pagare solo due persone una come responsabile apertura e chiusura sede e una come giornalista produttore di un notiziario.

Intanto però il debito di Radio Mariposa fu saldato e trasferito sul bilancio della nuova cooperativa, quindi tutti i vecchi firmatari della garanzia del fido bancario di Alfonsine furono liberi e sollevati.

Con il gruppo di Radio-Inn si discussero alcuni tratti di linea editoriale e ‘politica’ di Radio Città, ma il loro contributo fu relativamente marginale con quattro ragazzi, gli storici fondatori della radio di Punta Marina.

Dalla vecchia ‘Radio Mariposa’ arrivò il contributo continuo e presente di Luciano Lucci, Loris Pattuelli e Mauro Baldrati, i quali stabilirono rapporti con nuovi collaboratori ravennati come Andrea Bolognesi e Giuseppe Ranieri (area PCI) e con giovani universitari quali Fausto Piazza e Sandro Benini (area autonomia).  

La FGCI di Ravenna delegò come unico collaboratore Daniele Biserna (già operante in Radio Mariposa di Alfonsine), a cui venne dato il compito di aprire tutte le mattine la radio e mandare la sigla.

Ad Angelo Pergolini (area PdUP) fu dato l’incarico di gestire un notiziario giornaliero delle ore 13 (ripetibile).

‘Radio Città’ trasmetteva sulle frequenze 101 utilizzando il trasmettitore e l’antenna di Radio Inn, che furono posti sul grattacielo coop di proprietà della Lega Cooperative con un ponte radio dalla sede della radio in via I. Nievo.

Per un po’ tutto filò liscio, anche se si notò un certo distacco progressivo di interesse e di impegno da parte del PCI di Ravenna.

La radio ebbe una fama immediata nell’area alternativa del periodo, ma la sua diffusione superò anche i limiti del ghetto intelletuali-fricckettoni-universitari, diventando una radio popolare, ad esempio con la trasmissione in diretta che raccontò di una scossa di terremoto che aveva colpito anche Ravenna, e sentita fortemente in tutta la zona del ravennate, col telefono aperto a tutti gli interventi che chiedevano e davano informazioni. 

(In diretta c'erano ai microfoni Loris Pattuelli e Luciano Lucci).

Oppure, quando, Mauro Baldrati, scimmiottando la trasmissione di Orson Wells rimasto famoso per avere per radio nel 1938 scatenato in America il panico descrivendo una invasione aliena, raccontò in diretta la caduta di un satellite sulla terra, (cosa che effettivamente stava succedendo e di cui avevano dato notizia giornali e tv): solo che durante tutta la giornata venne data la falsa notizia della zona sempre più circoscritta progressivamente della probabile caduta del satellite, fino a restringere il campo su Ravenna. Arrivarono telefonate allarmate, tutte inviate in diretta.
Molti radioascoltatori non si accorsero che si trattava di una finzione, credendo che stesse veramente avvenendo un disastro su Ravenna.  

Alcune rubriche varie si ripetevano giornalmente come:

 "Il Grande Cocomero" di Loris Pattuelli e "Fiori Selvaggi" di Fausto Piazza e Sandro Benini.

LA CHIARA CARATTERIZZAZIONE DI SINISTRA DI RADIO CITTà creò probabilmente una reazione di fascisti locali che iniziarono azioni di boicottaggio.

La sede della radio fu soggetta nella notte tarda a un'incursione di ladri che rubarono varie strumentazioni tra cui il mixer e un lettore di cassette automatico. Nel giro di un giorno, riutilizzando un vecchio mixer di Torquato Filippi rimasto dalla vecchia Radio Mariposa, fu riattivata la radio che non subì così interruzioni.

Ma da lì a un mese arrivò la mazzata definitiva: ladri notturni salirono sul tetto del 'grattacielo coop' dove era messo il trasmettitore. Fu scassinato il cancelletto e rubato solo il trasmettitore.

FU LA FINE DI RADIO CITTà

Nell'indifferenza totale di tutte le forze politiche e dei giornali locali si consumò così la fine di Radio Città di Ravenna. 
Ad alcuni venne il dubbio che potesse essere stata una manovra del Partito Comunista di Ravenna per togliersi dai piedi quella strana anomalia che era questa radio.

 

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