Marozzi,
una vita da extra-terrestre
MAROZZ:
CI HA MANDATO
IL SEGNALE
"0",
DOPO L'ULTIMO "BIT"
di Luciano
Lucci (articolo scritto nel 2010 e rivisto nel maggio 2016)
Gianfranco
Marozzi era conosciuto da tutti gli alfonsinesi come “Marozz”,
per altri “quello che mandava
messaggi agli extraterrestri”.
Da molti anni avevo perso le sue tracce, ma nel 2010, dopo una
breve indagine ero riuscito a ritrovarlo, anche grazie a un suo
cugino, che ne era l’assistente di sostegno e amministratore
riconosciuto dal giudice tutelare.
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Marozz nel 2010 a Solarolo |
Marozzi
stava bene allora, anche se ormai era decisamente 'fuori', in un mondo solo suo
e non riconosceva più nessuno. All'epoca era a Solarolo dove l’ho incontrato,
nel 2010, presso la nuova
Comunità Alloggio, una struttura di proprietà della Cooperativa
Sociale Fuoric’entro, che
accoglie persone con disagio psichico sociale, inaugurata nel 2009, in
collaborazione con l’ASL di Ravenna. Ambienti nuovi, accoglienti,
moderni con personale giovane e qualificato.
Dal 2005 Gianfranco era
stato ospitato presso l'Hotel Selice, struttura che da albergo a
quattro stelle era stata adibita a centro per l’assistenza a malati
psichici di Conselice e dintorni.
In quell’anno ‘Marozz’
aveva perso lo zio Mario, mentre la madre era stata ricoverata per
rottura del femore. Erano questi i suoi famigliari di sostegno.
Abitavano nella casa detta “la baraca” sotto l’argine del fiume in via Massaroli. Una
vecchia baracca canadese arrivata ad Alfonsine col Piano Marshall, che dal dopoguerra fu trasformata in casa
dignitosa rivestendone di mattoni le pareti in legno. Lo zio Mario,
che da giovane ebbe una vita avventurosa, fu cameriere e poi caposala
in rinomati alberghi d’Europa e infine della riviera romagnola,
visse con loro gran parte dei suoi ultimi anni e alla sua morte lasciò
in eredità a Gianfranco una notevole somma che lo mettesse al riparo
da qualsiasi rischio. In quegli anni poi anche la madre era deceduta.
Infine negli ultimi anni Gianfranco era stato trasferito in una struttura RSA
di Lugo.
(un click
sulle foto per vederle ingrandite)
Gianfranco Marozzi il primo da
destra in prima fila
NATO AD ALFONSINE nel 1941 ‘Marozz’
ha vissuto una vita normale fino all’adolescenza come tutti i ragazzi di
quegli anni del dopoguerra. Lo ricordo davanti al Juke-box nel bar Edera di Marullo
che stupiva i ragazzini più giovani come me, accompagnando l’ascolto
delle canzoni del rock and roll americano in un karaoke ante-litteram: le
cantava in inglese, o così sembrava, magari solo ripetendone alla
perfezioni la fonetica senza capirne il contenuto.
Gianfranco davanti a casa sua col
nonno materno Primo Marozzi |
Marozzi ragazzino in primo piano,
poi da sinistra Silverio 'Sole', Piero Ballardini e Domenico
Vistoli, Luigi Rambelli e Lino Ruiba
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LA LEGGENDA NARRA che un giorno, durante un ritorno in treno da
Ravenna, dove si era iscritto al Liceo Artistico, lesse agli studenti
alfonsinesi la sua pagella del primo trimestre: voto 2, voto 3, voto 2,
soprattutto nelle materie scientifiche, in particolare in chimica. Qualcuno
gli suggerì di studiare un po’ di più e gli regalò qualche lezione di
chimica. Sembra che da allora abbia preso la cosa talmente sul serio che sia
entrato in un vortice da cui non è più uscito. Cominciò a scrivere
bigliettini con fantomatiche formule di reazioni chimiche senza senso (Atomo
A peso atomico 2 + atomo B peso
atomico 3 = molecola C). Aveva forse ripreso l’antico gioco delle canzoni
in inglese ripetute per il solo gusto del suono, al di là del senso.
La casa dei Marozzi dopo l'abbandono
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L’UNICO
DISEGNO REALIZZATO DA
MAROZZI CHE E' RIMASTO
Ho
recuperato (grazie a Prist che lo aveva conservato) un vecchio disegno
fatto da Gianfranco Marozzi.
L'aveva fatto per noi quando aprimmo il locale dancing presso la Sala
Edera di Alfonsine col nome “Clan dei Cavernicoli”. Lo usammo come
locandina d’ingresso. Era l’estate del 1964, eravamo un gruppo di
ragazzotti del paese vecchio, che era riuscito ad ottenere la gestione
della sala dei ‘repubblicani’ al pomeriggio: l'avevamo intitolata
"Clan dei Cavernicoli. L'apertura era di domenica pomeriggio e si
suonava col Juke-box. L'ambiente era ad imitazione
dell'esistenzialismo francese, pareti scure, tavolini con candele e
bigliettino con aneddoti e brevi frasi di filosofi vari. |
I ragazzi manifestavano per
lui una certa curiosità, a volte quasi ammirazione. Talvolta proclamava
frasi misteriose, piene di un fascino dadaista, come quando se ne uscì
improvvisamente dicendo: “D’ora in
poi chiamatemi Nino Bixio”. Così da allora alcuni gli affibbiarono
anche quel soprannome. ‘Marozz’
sembrò incarnare il bisogno di alterità, di diversità, di anticonformismo
a cui in quegli anni aspiravano un po’ tutti gli adolescenti di un paese
piccolo come Alfonsine.
POI UN GIORNO ci fu la svolta: decise che era ora di comunicare con
i “marziani”, e tutti i suoi bigliettini con le varie formule dovevano
arrivare a loro. Cominciò a riempire di migliaia di foglietti la buca delle
lettere delle Poste Italiane, tanto da sollevare la protesta dei postini
quando dovevano prelevare la posta in partenza. Passava le giornate intere
da un bar all’altro a scrivere le sue formule, e poi a imbucare il tutto:
“destinazione Marte”.
Da figura
dadaista all’inizio, da ammirare o da imitare, diventò uno dei tanti ‘matti
del paese’.
Eppure
Marozzi, detto anche Bixio, è stato una presenza continua nella vita di noi
adolescenti degli anni ‘60, un personaggio strano, diverso, come quel
‘bambino” dentro ognuno di noi che non vuole crescere. Tra gli scherzi
bonari e le derisioni crudeli, lo usammo per rinforzare la nostra identità
di persone normali.
DA
ORMAI MOLTI ANNI non lo si vedeva più in giro, eppure anche ora che non
c'è più, la sua figura torna
a volte nei pensieri e nei ricordi di molti alfonsinesi. L’essere stati in
qualche modo in contatto con quell’anima in pena, con quella strana figura
che non capivi com’era, ci aiutò allora a crescere senza odiare i
diversi, senza mai più essere razzisti, e a stare sempre dalla parte dei più
deboli.
'Marozz' nel 2010 a Solarolo |
Marozzi, nel
2010, era ancora là, un po’dimagrito e invecchiato, (come si vede dalla
foto), talvolta scriveva ancora bigliettini ai marziani e sembrava rispecchiare in sé,
come in un noto film che ci affascinò in quei lontani anni ’70,
“L’impossibilità di essere normali”, cioè la nostra perenne
riluttanza ad adeguarci al sistema. Ma c’è un ultimo pensiero che a volte
ci perseguita ripensando a un altro film del 1960 con Jerry Lewis “Non
sarà mica stato veramente un marziano caduto sulla terra?”
Gianfranco
Marozzi negli ultimi anni.
Ciao...
(articolo
scritto nel 2010 e rivisto alla morte di Gianfranco nel maggio 2016)
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