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Alfonsine


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Oratorio di S. Antonio Abate 
(detto anche della Paina)

a cura di Luciano Lucci: 
utilizzando interamente il libro di G. Zanzi "Saluti dalle Alfonsine" (2019)

(un click o un tocco sulle foto per averne un ingrandimento)

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L'Oratorio dí S. Antonio Abate (detto "della Paina" nome di un podere così denominato nel dialetto locale) sito in via Valeria, fu costruito dal Marchese Guido Corelli (nipote di Arcangelo Corelli) nel 1742 e restaurato dal Marchese Giulio Antonio Corelli nel 1777 in un suo fondo con ampia casa probabilmente fattoriale.    Sulla porta d'ingresso vi è una iscrizione dedicata "A Dio ottimo Massimo" e in cui si spiega il perché della costruzione: 
"Al fine di porre devotamente rimedio ai danni subiti dalla Comunità, e possa in te riunirsi poiché persino nei giorni festivi è, il più delle volte, privata dal sacro ufficio a causa della rovina delle strade" Guido Corelli, faentino eresse dalle fondamenta questo sacello dedicato al Divino Antonio Abate. Guido Antonio Corelli ricondusse in questa forma acconcia e più elegante"

In fondo al cortile c'è la casa e quasi sulla strada vi è il piccolo Oratorio malridotto dal tempo e dalla guerra. Sopra l'ingresso c'è lo stemma episcopale di Mons. Antonio Scarante, il vescovo di Faenza morto durante un'operazione bellica alla fine del '44. Ciò sta ad indicare che l'Oratorio era ancora funzionante durante il governo del vescovo.

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Oratorio della Paina nel maggio 2020

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S. Antonio (251 - 356 d.c) nacque e visse in Egitto e ben presto si diede alla vita eremitica ed ascetica fondando, in seguito, alcuni monasteri. La sua iconografia giunse fino a noi rappresentato con un bastone a forma di tau, un maialino e un campanello e, a volte, con un libro, quel libro della natura che Antonio aveva detto essere l'unico di cui sentire il bisogno di leggere. Più spesso attorniato da animali da cortile in quanto protettore del bestiame, oltre che invocato contro una serie di malattie.   

Si festeggia il 17 gennaio. 

Nella pala d'altare che abbelliva l'Oratorio il Santo è rappresentato in mantello abbaziale, con in capo la mitra e seduto in cattedra. Unica concessione alla versione popolare è il maiale con il campanello.
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La Prof.ssa Raffaella Zama ha riconosciuto l'autore del dipinto della Paina ed ha redatto la seguente scheda descrittiva: 

Antonio Fanzaresi (Forlì, 1700 - 1772) 
Sant'Antonio Abate - 1742 circa 
Olio su tela, 250 x 152 cm 
Alfonsine - località Fiumazzo Oratorio di Sant'Antonio Abate, detto "della Paglina" (o "della Paina").
  La tela raffigura Sant'Antonio Abate seduto a sinistra su un basamento rialzato da un doppio gradino in pietra modanata, entro una monumentale architettura d'impostazione classica. 
Al suo fianco compaiono strutture imponenti: la base di una colonna su alto piedistallo ed un pilastro con lesena dal quale trae origine un arco, che apre lo spazio a destra sul paesaggio. La figura del santo grandeggia all'interno del dipinto, con bel volto barbuto e mitra gemmata, in sontuoso piviale vescovile listato d'oro e veste bianca solcata da virtuosistico panneggio, mentre ai suoi piedi un putto alato tiene il pastorale con fare giocoso. Benedice con la mano destra e trattiene nella sinistra il libro con la fiammella che lo identifica nell'iconografia tradizionale di guaritore della malattia recante il suo nome, il 'fuoco di Sant'Antonio", sotto lo sguardo di un angioletto pregante e attratto dalle sue azioni. La fiammella è accompagnata da un altro attributo tipico del santo, il maiale, ampiamente diffuso nella memoria popolare in quanto il suo grasso veniva usato per ungere gli ammalati colpiti dall'intossicazione provocata dalla malattia. Il maiale reca al collo una campanella, a ricordare come l'Ordine Ospedaliero dei canonici Regolari di Sant'Agostino e di Sant'Antonio Abate, detto degli Antoniani, si prendesse cura di pellegrini e ammalati avendo ottenuto il permesso di allevare maiali all'interno dei centri abitati, dove circolavano liberamente con la campanella appesa. Tuttavia nelle campagne il maiale divenne simbolico della protezione del santo verso tutti gli animali ovvero le stalle e nel dipinto è raffigurato sotto le antiche spoglie della razza autoctona romagnola (cosiddetta "mora" dal colore del suo mantello), accovacciato ai piedi del paesaggio dinanzi ai tratti di una città lontana verso le colline, forse allusiva al luogo di provenienza dell'artista. Alla base della pala, uno stemma cuoriforme bipartito è dipinto a monocromo entro una cornice accartocciata sormontata da una corona d'oro, atta a denotare il rango nobiliare della famiglia Corelli, proprietaria dell'oratorio e committente del dipinto, come ricorda Mons. Savioli. L'autore si può identificare nel forlivese Antonio Fanzaresi, allievo di seconda generazione della scuola del Cignani, solito ad una produzione ispirata alle opere dei più noti maestri bolognesi e dei principali autori del classicismo romano.  La pala di Alfonsine sembra collocarsi prima del soggiorno toscano dell'artista, durante il quale avvenne la sua piena maturazione stilistica e quindi entro il 1744.

L'Oratorio di Sant'Antonio dei Corelli - descritto nel 1996 -  era un bell'edificio in cotto, con fronte spartita da quattro lesene e coronamento a timpano. Anche i fianchi erano scanditi da lesene. Sull'absidiola era innestato il grazioso campaniletto che equilibrava all'opposta estremità il timpano della fronte. L'osservazione della volumetria lungo l'asse longitudinale ed anche il gusto dei particolari decorativi sotto la gronda manifestavano una cultura memore di acquisizioni romanico-pagane; fatto non privo d'interesse per la storia dell'architettura locale del '700. (da un articolo di Mons. A. Savioli in "Le Alfonsine" del 15 gennaio 1996).

 I ragazzi dei Marò del Battaglione Lupo della X M.A.S. 
(la media era attorno ai 18-20 anni) 

L'area antistante l'Oratorio di S. Antonio della Paina venne scelta come
 cimitero dei loro caduti 

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Durante l'inverno 1944-45, il fronte si fermò lungo il Senio. È in quella occasione che a presidiarne l'argine sinistro da Fusignano ad Alfonsine furono spediti i ragazzi dei Marò del Battaglione Lupo (la media era attorno ai 18-20 anni) della X M.A.S.
 Facevano parte della Repubblica Sociale Italiana (fascista) ed erano alleati dei tedeschi.

La loro presenza avvenne dal 27 dicembre 1944 fino alla fine del febbraio 1945. 
La logistica del battaglione era distribuita in un'area compresa tra Fusignano ed Alfonsine, la via Pratolungo e la riva sinistra del Senio con una testa di ponte alla Rossetta. 

Tra le varie testimonianze quella di Dante Renato S. che così racconta: "Poiché dovevo lasciare il Senio trovai il tempo di passare a Pratolungo. Qui, sul sagrato di una piccola chiesa abbandonata, erano intimate le spoglie dei nostri caduti potuti raccogliere nel campo di battaglia, poche tombe allineate, adorne di croci ed elmetti. Sulla facciata della Chiesa a grandi lettere si leggeva il motto del battaglione "Fosse anche la mia - purché l'Italia viva". 

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 Oggi l'Oratorio è ancora presente ma sconsacrato, circondato da una fitta vegetazione. Parte degli arredi sacri furono donati alla Parrocchia di S. Giuseppe di Fiumazzo come testimoniò don Pio Dalle Fabbriche. Un tentativo, negli anni '80, di riaprirlo al culto non andò a buon fine. 

Comunque, in quella frazione, continua a celebrarsi la festività di S. Antonio 
il 17 gennaio di ogni anno. 


Il quadro di S. Antonio Abate è custodito in casa di uno dei fratelli attualmente proprietari.

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