Alfonsine |
| Ricerche
sull'anima di Alfonsine
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Peo Bertoni,
repubblicano vittima innocente
degli squadristi alfonsinesi.
Ad
Alfonsine la notte tra il 29 e 30 ottobre Giuseppe Baldini fu ucciso, per un semplice diverbio, durante una colluttazione, la sera del 29 ottobre ad Alfonsine, in un caffé di Borgo Fratti (Borgo Gallina). Era diventato fascista per lavorare come facchino. (dalla testimonianza di Arturo Montanari dla Canapira dal libro "L'idea e la Forza", pag. 282-283) All'osteria di Borgo Gallina detta la 'Camaraza' una sera Toni Zirendola aveva invitato un suo amico Eugenio Argelli, socialista antifascista che a causa delle sue idee correva il rischio di essere bastonato dai fascisti. Toni era socio ed aveva uno sconto sul prezzo delle consumazioni, e offrì un bicchiere di vino all'amico. Poco dopo entrò anche un fascista Giuseppe Baldini (Pino ad Renzi) che cominciò a provocare dicendo: "Qui entra della gente che non potrebbe entrare e che dovrebbe vergognarsi"... Argelli: "Lo so che intendi riferirti a me... io sono entrato con Toni che mi ha invitato". Scoppiò il litigio. Baldini portò la mano alla cintola, ma Argelli fu più svelto e sparò uccidendo l'avversario. Io, insieme alla sorella ed al cognato, andai a trovare Argelli in carcere. Lui ci raccontò come erano andate le cose e ci disse che l'avvocato difensore, Gino Giommi, gli aveva suggerito, dati i tempi, di presentarsi al processo con aria dimessa e pentita, ma che lui intendeva non seguire il consiglio: "Non ho nessuna intenzione di andare in tribunale a piangere e ciò che non dirà l'avvocato, lo dirò io". Comunque l'avvocato aveva raccolto numerose testimonianze negative sul conto del fascista ucciso: la gente che era stata menata, il cattivo comportamento familiare... Morale: Argelli prese solo tre anni. Scontata la pena, emigrò in Francia ove pare si sposasse ed avesse anche un figlio di cui però non abbiamo mai saputo niente. È invece certo che allo scoppio della guerra civile di Spagna egli si arruolò come volontario, divenendo anche comandante di brigata. Rimase ucciso durante quella guerra civile. Un'altra testimonianza lasciata al sottoscritto da Walter Garavini. “Nel 1922 era stato ucciso Baldini che era uno di Borgo Gallina che era diventato fascista iscrivendosi al sindacato fascista dei facchini per avere lavoro. Invitato da un amico all’osteria di Borgo Gallina che era frequentata solo da socialisti venne a diverbio con qualcuno che lo invitò ad uscire: si rinfacciarono le proprie appartenenze politiche e fu sparato a morte.” C’è una notevole incongruenza tra una testimonianza e l’altra: in una si dice che fu Argelli a invitare l’altro (entrato accompagnato da un amico) ad andarsene, mentre nella seconda testimonianza si dice che fu il fascista Baldini a provocare l’Argelli (lui invitato da un amico). Inoltre l’ambiente ‘la Camaraza’ non si capisce se fosse frequentato da socialisti (secondo Walter) o da fascisti (secondo Arturo).
Gli squadristi fascisti alfonsinesi, (forse quelli appena ritornati dalla spedizione della "Marcia su Roma"?), si mobilitarono per vendicare il loro camerata ucciso e andarono a devastare il caffé della Vittoria Calderoni, moglie di Pagani, posto sotto i portici di piazza Monti, poi incendiarono la sede dei Repubblicani nel 'Lazzaretto' e stavano per assaltare la 'Casa dei Socialisti', nell'attuale 'Casa del Popolo', al di là del 'ponticello' sul Senio. Era la mattina presto del 30 ottobre 1922 quando il repubblicano mazziniano Peo Bertoni, di 36 anni, sposato con Aminta Bertoni (nata Stefanini) e con due figli in giovane età, Vanda e Valter, venne ucciso dagli squadristi neri. Provetto artigiano, faceva il calzolaio in piazza Monti, di temperamento mite, ma di una fede esemplare, membro del consiglio direttivo del Circolo Antonio Fratti, si trovava, la sera prima della sua tragica e barbara fine, alla sede del Circolo in cerca di notizie sugli avvenimenti della marcia su Roma. Il silenzio degli organi di stampa e le notizie semi ufficiose, facevano presagire qualcosa di nefasto ed espresse il presentimento che il circolo venisse devastato dalle squadre fasciste.
Salì la rampa pedonale che portava sull’argine dove, di giorno, si vedeva il piano superiore dell’edificio. Stava per spuntare un’alba piovigginosa, per cui occorreva passare il ponte e portarsi sull’altra sponda, ma giunto a pochi passi dal ponte, fu intravisto e riconosciuto dai fascisti che si erano raggruppati sull'argine destro, per assaltare la Casa dei Socialisti. Uno di questi fece fuoco e lo colpì al torace ed al cuore, fulminandolo. La paura tra la gente fu tale che - ha raccontato Arturo Montanari 'dla canapira' - nessuno ebbe il coraggio di avvicinarsi e di coprire il corpo del povero Bertoni. Solo un certo 'Zalembo' dopo qualche tempo, verso mattina quando ormai albeggiava, trovò il coraggio di farlo. |