Alfonsine |
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| Ricerche sull'anima di Alfonsine |
ALFONSINE
DALLA PILIGRèNA AD HALLOWEEN… |
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a cura di Luciano Lucci Era l’ottobre del 1996 ... Dopo
aver organizzato attorno al bar Gulliver in quell'anno la festa
dell'equinozio, con la posa del sasso del Senio, e il solstizio
d'estate, saltata la festa dell'equinozio di autunno, pensai di proporre
ai due gruppi con cui collaboravo “Alice nelle Città” e “Kamikazen”,
che gestivano il bar e il cinema Gulliver, di festeggiare il capodanno
celtico. Così con zucche speciali ed artisti del coltello ci si mise al lavoro. C'era un sapore mitico, qualcosa di ancestrale che avvolgeva le nostre menti e le nostre mani. Qualcuno accennava a ricordi dell'infanzia, di quando nell'immediato dopoguerra ad Alfonsine, ma anche nei paesi limitrofi, c’era il gioco della "piligréna". Ma altri si sentivano
proiettati ben oltre. Si trattava di svuotare una zucca, inciderci sopra
occhi naso e bocca, metterci una candela dentro... Terminata
l'opera di scultura delle zucche, inserimmo i lumini dentro, arredammo
il bar Gulliver e circondammo il giardinetto dove fino alle due di notte
si suonò, si cantò, con le proteste del giorno successivo di vari
abitanti della piazza Resistenza.
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Quella
sera si festeggiò il capodanno celtico. Nel
paese vecchio intanto la farmacista Stefania Marini, sollecitata
dalla figlia Barbara, quando frequentava anno 4° (o 5° elementare? portò
Barbara a casa di un suo compagno di classe Filippo Babini. I due
ragazzini furono travestiti da fantasmi con lenzuola vecchie, e poi
andarono da un’altra amica Natascia Baroni. Poi tutti in auto furono
portati dalla prof. Elisabetta Montanari insegnante di inglese, ben a
conoscenza della tradizione anglosassone a fare "dolcetto
scherzetto”. Il caso volle che furono visti dalla dott. Giovanna
Briccolani dipendente comunale del settore servizi sociali e cultura.
Entusiasta della cosa l’anno successivo chiese di riproporla più in
grande in piazza Monti. Stefania Marini, all’epoca presidente della
Consulta Destra Senio propose ai commercianti di piazza Monti di fare
una festa. La
riproposizione della festa
poi continuò negli anni, ma gestita sostanzialmente dai commercianti
alfonsinesi e dal comune: fu chiamata Festa di Halloween. 10.000 persone
in giro per il paese, e quel sapore mitico e ancestrale, rimane pur
sempre dentro ogni cappelletto che mangiamo...
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LA
FESTA DI HALLOWEEN È UNA FESTA MIGRANTE La Festa di Halloween è una festa migrante come tutte le culture che da sempre si spostano da una parte all'altra del mondo con le migrazioni, e poi si contaminano e ritornano e così via. |
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1°)
La ritualità per il culto del trapasso tra la vita e la
morte ha origini preistoriche.
3°)
Per i primi cristiani fu difficile perdere tali riti pagani e la
Chiesa Cattolica si adeguò. La festività dei morti del 2 novembre,
chiamata originariamente Anniversarium Omnium Animarum, ufficialmente
per la Chiesa Cattolica apparve per la prima volta nell'Ordo
Romanus del XIV secolo. Ma qualcosa di pagano-celtico rimase nel rito:
si ricordavano i cari scomparsi, ci si mascherava da santi, da angeli e
da diavoli e si accendevano i falò.
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5°) In Irlanda la festa del passaggio dei morti aveva origini
celtiche. Nel 1850 una forte crisi economica e una carestia alimentare
determinò in Irlanda la morte di 2 milioni di persone, iniziò
l'emigrazione verso Stati Uniti di altri 2 milioni di irlandesi, e il
rituale tradizionale di Halloween si diffuse in tutti gli Stati Uniti e
anche in Canada |
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IL
NOME ‘LA PILIGRÈNA’ Piligrèna
(‘pellegrina’) era il nome che si usava in tutta la Romagna per indicare una figura
notturna strana, o una lanterna, una candela in mano a un fantasma. Era
legata ai cosiddetti “fuochi
fatui”, cioè a quelle fiammelle tenui che si formano spontaneamente e che si
possono vedere solo di notte presso cimiteri e paludi: un fenomeno
chimico dovuto alla fosfina (fosforo di idrogeno). Tutto ciò bastò per
associarli a leggende, le più diverse, in tutte le parti del mondo. In
Romagna in genere alle anime di defunti. Quindi
la Piligréna deriverebbe da “fuoco fatuo” in romagnolo “piccolo
fuoco pellegrino” (cioè esile fiammella azzurrognola vagante qua e là) Ad
Alfonsine esisteva già nell’ottocento una leggenda su una figura detta ‘la
Pellegrina’ che vagava solitaria con una candela in mano. Pino Orioli, nato ad Alfonsine nel 1884, narra nel suo libro “Le avventure di un libraio”, a pagina 5, che era appena nato, ma dato che sua madre non poteva allattarlo, fu assunta come nutrice una donna giovane e robusta, che abitava nel centro del paese, oltre quel cimitero che oggi non esiste più. (il cimitero era quello che si trovava fino a fine '800 dove fu il Parco delle Rimembranze, poi il Campetto della Busa, tra via "2 giugno" e la "Reale"). Una sera rincasando la nutrice vide nel cimitero “la Pellegrina”. La paura le fece cessare il latte. |
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IL GIOCO DELLA ‘PILIGRÈNA’ PER I BAMBINI ALFONSINESI
Il nome "La Piligréna" fu trasferita al gioco delle zucche intarsiate.
Questo per i bambini e ragazzini romagnoli e alfonsinesi del
dopoguerra fu sempre vissuto come un gioco: il gioco della
“Piligrèna, che, pur se inconsapevolmente ereditato da un’antica e
ancestrale tradizione celtica, consisteva nel mettere in zone oscure,
una zucca (o un cocomero) svuotata con una candela dentro messa
per far paura a chi passava di lì. Era un gioco che ad Alfonsine si faceva in estate coi cocomeri svuotati che erano più alla portata di tutti, purché facessero paura. "Le zucche all’epoca non erano nelle nostre abitudini, e neanche la festa di halloween". Rimase in voga tra i bambini romagnoli (e quindi anche di Alfonsine, fino alla fine degli anni '50 e primi anni '60, poi sparì). |
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HALLOWEEN di Loris Pattuelli |
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Da qualche anno a questa parte, qui in Romagna, ma un po’ in tutta Italia, si è diffusa l’usanza di celebrare Halloween. Grazie alla letteratura, alla televisione e al cinema, “dolcetto o scherzetto?” ha attraversato l’oceano atlantico e senza troppi problemi adesso lo si può incontrare tra i grattacieli di New York esattamente come tra le erbe palustri di Villanova. Qualcuno pensa che si tratti dell’ennesima colonizzazione americana, ma si sbaglia. Halloween (o Samhain) è l’antico capodanno dei celti e in America ci è arrivato con gli emigranti irlandesi. Questa festa era conosciuta in tutta Europa e di sicuro anche in Romagna, area in cui si ebbero i primi contatti tra le popolazioni celtiche o celtizzate e i coloni italici. Il capodanno all’inizio di novembre si spiega con il fatto che i celti erano allevatori e pastori e che proprio in quel periodo il bestiame veniva ricondotto nelle stalle, dando così inizio alla stagione invernale. Per un calendario pastorale, questo era il punto di svolta dell’anno, ma non c’è dubbio che anche per il lunario contadino dei nostri trisnonni questo periodo fosse di una importanza davvero vitale. Con i raccolti finiti da un pezzo e le semine già tutte effettuate, cioè affidate al ventre fecondo di Nostra-Madre-Terra, il contadino sentiva il bisogno di ingraziarsi anche gli altri abitanti del sottosuolo, vale a dire i morti o, se si preferisce, gli antenati, ovvero quegli esseri preposti alla veglia dei semi e dei futuri raccolti. |
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Proprio per questo motivo era necessario trattare bene i defunti, bisognava celebrarli, nutrirli ed accoglierli dentro le mura domestiche. I “morti riconoscenti” erano la promessa di un raccolto fecondo e i “vivi riconoscenti”erano la garanzia che anche dall’oltretomba c’era comunque una via d’uscita. Al di là di tutte le mode, al di là delle feste più o meno comandate, al di là di tutti questi strani giochi che si perdono nella notte dei tempi, Halloween è oramai una gran bella festa meticcia-agro-pastoral-metropolitana, un guazzabuglio di fuochi, botti, streghe, zombies, orge, e abbuffate e, per di più, alla faccia di chi sperava di strappare il paganesimo dal cuore degli uomini, la notte di Halloween oggi è diventata il carnevale preferito dalle nuove generazioni. Visto che ci siamo, ci sarebbe poi da ricordare anche il fantastico rito della Piligrèna, vale a dire le zucche illuminate che si mettevano agli incroci per tenere a bada le streghe, per non parlare della festa di San Martino che, con l’usanza dei “becchi”, è sicuramente un qualche cosa di strettamente imparentato con questo bel po’ po’ di roba. Meglio non dare quindi troppo presto per scomparse tutte quelle sacre meraviglie che continuano a sonnecchiare nei sobborghi delle nostre esistenze, meglio non scordare che anche loro a volte ritornano e ci fanno ciao con la mano.
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Immagini delle feste alfonsinesi |
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