Il
richiamo arrivò all'inizio del '42 con l'assegnazione al 37° Stormo -
Gruppi di Bombardamento Terrestre schierati sui campi siciliani di
Gerbini e Fontanarossa. L'11 agosto, a causa di un guasto all'altimetro,
fu coinvolto durante un'esercitazione notturna in un serio incidente di
volo che avrebbe potuto costargli la vita. Se la cavò con ferite lievi
e qualche ustione, ma uscì dalla brutta esperienza profondamente
segnato, tanto da confessare ai familiari che della guerra non ne poteva
davvero più.
Una
volta rimesso lo spedirono invece in Russia, a combattere e in
condizioni ancora più difficili di quelle che aveva dovuto finora
affrontare. Di quel periodo, come in generale della sua partecipazione
agli avvenimenti bellici, ricorderà in seguito volentieri solo i gesti
umani e di solidarietà dei quali era stato testimone (e protagonista).
Sul Fronte orientale si ammalò di polmonite e a soccorrerlo fu un
soldato tedesco; si persero di notte in un freddo tremendo, quando lui
faceva parte di una pattuglia in ricognizione, e furono accolti e
rifocillati come figli da una famiglia di contadini russi.
8
Settembre 1943
L'8
settembre arrivò quando Ravaglia si trovava a Caselle Torinese:
abbandonò tutto, si rifugiò presso amici e poi tornò ad Alfonsine.
Fra familiari, parenti e sfollati, in una casa semidistrutta da bombe e
granate arrivarono ad essere in 150. Sfamare ogni giorno un gruppo tanto
numeroso non era facile e Giovanni, assieme al padre, fu fra quelli che
più si diedero da fare in favore di tutti. Collaborò con i combattenti
della Resistenza ma non tornò ad imbracciare le armi; fu costretto a
lavorare per alcuni periodi agli ordini dei tedeschi nell'Organizzazione
Todt, poi finalmente l'incubo finì.
Tornata
la pace, potette finalmente completare gli studi, conseguire il diploma
di geometra e costruirsi una strada nel commercio di vini e bevande.
Della guerra non amò mai parlare: gli aveva portato via gli anni
migliori.
Morì
il 13 marzo 1983. |