Il Serg.
Sebastiano Tamburini
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Sebastiano
Tamburini
Serg. pilota
nato ad Alfonsine il 29 settembre 1921
"Sono nato in una famiglia di mezzadri —
afferma Sebastiano Tamburini — che aveva nella stalla più di venti bestie da governare. Mio padre si è sempre dovuto alzare accendendo il lume, d'estate e d'inverno, senza distinguere le
domeniche e le feste dagli altri giorni. Non volevo fare anch'io la stessa vita. Quando il mio amico Serafino Faccani diventò pilota, decisi che
quella era la strada per costruirmi un avvenire migliore".
Il volo come opportunità di riscatto sociale, quindi: ecco un'altra delle ragioni che
portarono, negli anni prima della guerra, un numero straordinario di giovani del lughese ad
avvicinarsi all'aviazione.
Era ancora bambino quando
cominciò a dare una mano nei lavori del podere. Arrivato alla VI
elementare e lasciò la scuola, ma dopo un paio d'anni riprese a studiare, frequentando i corsi serali dell'avviamento professionale a Lugo
diretti allora dal preside Luigi Pozzi. A 17 anni concluse il triennio e
superò l'esame. |
Convincere i suoi a permettergli di iscriversi al corso di pilotaggio della RUNA di Ravenna non
fu facile, alla fine però la spuntò e si aggregò alla brigata di giovani che la domenica mattina, in bicicletta, percorreva di buon'ora la Reale infoltendosi
sempre di più ad ogni paese attraversato - dal Ponte della Bastia fino a Mezzano, passando per Voltana, Taglio Corelli, Alfonsine e Glorie
- diretto all'aeroporto della Spreta. Qui, sotto la guida dell'istruttore Cassigoli, la pattuglia di aspiranti aquilotti
apprese le regole essenziali del volo e sperimentò finalmente quel misto di gioia e di apprensione che comportava il mettersi ai comandi di un aeroplano. Tamburini
affrontò le lezioni a doppio comando e il programma di istruzione con un
entusiasmo senza limiti. Mise tutto l'impegno di cui era capace nell'apprendere quanto gli
insegnavano con l'obiettivo, appena gli si fosse offerta l'occasione, di entrare in Aeronautica per diventare
"aviatore di carriera".
Bruciò le tappe, tanto che
effettuò il decollo da solo sul Fiat AS.1 prima di altri che avevano iniziato con lui il corso,
conseguì il brevetto di pilota civile nell'aprile del '40, poi continuò i voli sul Breda 15S della Squadriglia turismo aereo.
Richiamato alle armi alla fine di ottobre del '41,
fu assegnato alla Regia Aeronautica e raggiunse il Centro di affluenza sull'aeroporto di Ferrara; da qui lo
spedirono a Lonate Pozzolo dove trascorse i 40 giorni del reclutamento.
Era convinto che queste non fossero che le prime tappe, noiose ma obbligate, della sua vita di aviatore. Il sogno a lungo coltivato
era però destinato a naufragare nella più cocente delle delusioni. Alla vista
medica, che doveva accertarne l'idoneità al pilotaggio di velivoli militari, gli
diagnosticarono una lieve imperfezione alla vista - discromatopsia,
dichiararono i medici - della quale non si era mai reso conto. "Inabile al volo notturno": questa la sentenza che gli
chiuse le porte. Nell'Aeronautica restò comunque, sia pure in ruolo ben diverso da quello che aveva
sperato di ricoprire. Anche se modesto, il titolo di studio che aveva conseguito si
rivelò prezioso: lo mandarono a Torino per frequentare un corso di dattilografo che
superò con buoni risultati.
Il 5 marzo del '42
andò in Africa settentrionale, prima all'aeroporto di Zavia e poi in forza al Comando del Presidio aeronautico di Tripoli, sul grande aeroporto di Castel Benito intestato al capitano pilota Enea Recagno, un "atlantico" come si usa dire degli uomini che hanno
partecipato alle mitiche trasvolate di Balbo. Rimpatriato il 18 gennaio del '43,
fu assegnato all'aeroporto di Ravenna e qui restò fino all'8 settembre.
Assistette con grande apprensione allo sfacelo che
seguì l'Armistizio, convinto com'era che la guerra fosse perduta, ma soprattutto che quelli che
stavano per arrivare sarebbero stati giorni ancor peggiori. I fatti gli daranno ragione.
Raggiunse la sua casa ad Alfonsine e per molti mesi
restò nascosto, sottraendosi ai bandi di arruolamento della Repubblica Sociale e aspettando che finalmente tutto
finisse e le armi cessassero di tuonare.
Il sogno giovanile di volare in lui però non si
spense mai: nel dopoguerra fu ancora fra i più assidui frequentatori dell'aeroporto della Spreta,
da dove aveva spiccato il suo primo volo, e quando gli si offriva l'occasione di tornare per aria non si
tirò mai indietro. "Sono passati tanti anni— commentava —
e di acciacchi la vita me ne ha lasciati più d'uno, ma me la sentirei ancora adesso di rimettermi ai comandi di un
aeroplano".
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