| Alfonsine
| Ricerche
sull'anima di Alfonsine |
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L'obliosa
memoria alfonsinese
ANTONIO ZAMPIGHI
tutto di lui è svanito, ma...
di
Luciano Lucci
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Questa
è la storia di un personaggio che rappresenta al massimo l’obliosa memoria che permea
le terre alfonsine.
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La
sua firma è una delle pochissime cose che rimangono di lui
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Nato
a Forlì nel 1825, Zampighi, ingegnere e architetto, a 34 anni fu nominato, con
regolare Bando di Concorso, Ingegnere Civile Comunale di Alfonsine.
Per
30 anni si dedicò a trasformare l’Alfonsine d’acqua, fetida e
polverosa, nell’Alfonsine di pietra, come ha scritto Giovanni Zanzi nel
suo libro "Alfonsine il volto e l'anima" (2014).
Abitò in via dell’Emancipazione (oggi via
Roma) fino alla sua morte. Fu anche Sindaco di Alfonsine dal 1890 al 1893
e poi consigliere comunale e provinciale.
Fu
lui a creare la struttura del paese che durò fino alla sua quasi totale
distruzione con la guerra: Piazza Monti con il Palazzo Comunale, le
carceri, la chiesa parrocchiale, il macello, il foro annonario e il
progetto per le Scuole di Corso Garibaldi.
Oltre a vari progetti che
sanarono la zona 'Sabbioni' anno 1863 (vedasi pag 14 del libro di Zanzi
"Le Alfonsine il volto e l'anima"), quando fu sindaco operò per
concretizzare le bonifiche tanto predicate e non ancora realizzate dai due
consorzi di Bologna e Ravenna.
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INIZIA
LA STORIA
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Nel
1855 si era risolto definitivamente il problema della collocazione
della chiesa, quella chiesa costruita dai Calcagnini nel 1540 e
dedicata a Maria Vergine delle Grazie: si era giunti ad un punto fermo
e cioè che l'unica chiesa delle Alfonsine sarebbe rimasta in destra
Senio. Inoltre i Corelli erano ritornati a far sentire la loro voce
tanto che Vincenzo e Camillo Corelli sedevano al fianco del Priore
Pietro Dall'Ara in Magistratura, corrispondente all'odierna Giunta
Municipale |
SI COMINCIò A
INDIVIDUARE
IL CENTRO DEL PAESE
ATTORNO AD UNA PUBBLICA PIAZZA
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Si
andava verso la fine del governo papalino ed all'inizio del Regno
d'Italia e si fece urgente il problema della costruzione di un foro
annonario (le beccherie e le pescherie) e di conseguenza di una piazza
centrale.
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La
Magistratura e lo stesso Priore (sindaco) Dall'Ara furono propensi all'acquisto della
proprietà Corelli ma nella seduta consigliare del 17 maggio
1858 il
Consigliere Giovanni Minarelli ed altri sette Consiglieri, dopo aver
bocciato le proposte proposero di autorizzare il Magistrato a fare
acquisti del "terreno occorrente alla formazione di una pubblica
spaziosa piazza nel luogo il più centrale, onde rendere del tutto
libera la strada che ora con grave impedimento al libero transito
serve di pubblico mercato; di prospetto alla detta piazza sarebbe
poscia eretto il fabbricato ad uso di macelleria e pescheria".
Suggerirono inoltre, se l'acquisizione del terreno non fosse possibile
attraverso un accordo con i proprietari, di 'far uso dei mezzi
dalla legge designati per devenire nel più breve termine possibile
all'espropriazione forzata in causa di utilità pubblica".
Nell'agosto
del 1858, Priore Pietro Dall'Ara, veniva pubblicato un avviso che
invitava "all'esibizione di offerte di terreno per parte di
quei Possidenti che ne ritenessero nella centralità del Paese".
Furono presentati tre progetti:
uno da parte di Vincenzo Corelli che offrì un terreno a ridosso del
Senio, tra le proprietà Venturi, l'argine del fiume, la chiesa e il
caseggiato che costeggiava la Violina, con carraia per accedervi ed
offrendo anche una ghiacciaia di sua proprietà, altri due da parte di
Pietro Lugaresi che offrì terreni situati uno in strada Pia e l'altro
in un orto a fianco della proprietà di Francesco Marini con accesso
dallo Stradone della Chiesa.
Anche
i fratelli Camerani che possedevano un grande orto con fabbricati
posto all'angolo dello Stradone superiore con la Violina, di fronte
alla chiesa, furono sollecitati ma non accettarono.
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UN
VERO CENTRO DEL PAESE,
CON UNA PIAZZA E locali
ad uso di Pescherie e Macelleria
(DISTRUTTO
NEL 1945) |
Il
Consiglio Comunale a proposito della scelta del luogo ove erigere
"le beccherie e le pescherie", aveva indicato chiaramente la
necessità di individuare il centro del paese attorno ad una pubblica
piazza da collocarsi adiacente alla chiesa.
Il
terreno era, anche se non nominato, l'orto dei fratelli Camerani,
quello che darà vita a piazza Monti.
Fu
questo l'atto con cui i
rappresentanti della città designarono il loro centro.
Per
vizio di forma, anche allora la proposta non fu accettata, ma l'idea
restò e crebbe, tanto che il 12 settembre
1861, il Consiglio Comunale, Sindaco Camillo Corelli,
nominò "una Speciale Commissione ... per determinare coi
Signori Matteo e Giuseppe Camerani le massime riferibili ad una loro
proposta di cessione di Fabbriche e terreno ortivo per lo smercio di
commestibili e alla costruzione di locali ad uso di Pescherie e
Macelleria„
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Così
il 14 aprile 1862 fu stipulato
l'atto di compravendita tra il Comune ed i fratelli Giulio e Matteo
Camerani dell'appezzamento di terreno e fabbricati urbani del valore,
secondo la stima dell'Ing. Zampighi, di £ 37.942,500.
Insomma,
il luogo dove sorgeranno piazza Monti ed i pubblici edifici, come
nella figura.
Dai
pochi documenti ritrovati si è in grado di affermare che il 19
agosto 1862 "il sindaco trasmette al prefetto per
l'approvazione l'atto Consigliare con cui è designata la località
per l'impianto della Pescheria, Macelleria e per la nuova piazza di
mercato in quel comune".
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Questo è il disegno
progettato da Antonio Zampighi per il nuovo centro del paese
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Il
progettista è l'Ingegnere Comunale Antonio
Zampighi ed in
quella occasione, probabilmente, si decise anche di costruire una
"Tettoia nell'area della pubblica piazza" lungo il
confine Lugaresi che dalle pescherie giungevano fino allo Stradone
della Chiesa, forse adibita al mercato dei bozzoli. Nel tempo quella
tettoia verrà in parte inglobata nei locali del palazzo comunale e
parte trasformata in botteghe.
C'è da aggiungere che in seguito lo
Stradone della Chiesa verrà denominato via del Corso, la piazza del
mercato diverrà piazza Vincenzo Monti, la Violina diverrà strada del
Commercio "... da ponente a levante selciata in ciottoli con
marciapiedi laterali in lapillo di fronte la contermine piazza Monti"
Ma
questo atto è particolarmente importante perché è l'inizio di un
piano organico di riordino della città. Non più un paese sparso, con
case sparse, con funzioni sparse, ma un centro organico con una
pubblica piazza attorno a cui erigere le pubbliche emergenze
architettoniche, un luogo in cui riconoscersi tutti, insomma ... un
paese e non più un "villaggetto" come lo vollero i
Calcagnini.
(tratto da
"Alfonsine il volto e l'anima" di Zanzi)
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UN
FORO ANNONARIO
(CON PESCHERIE E BECCHERIE)
ANNO
1863 (DISTRUTTO NEL 1945)
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Si
può indicare il 1863 come l'anno
della costruzione del "nuovo fabbricato
Pescherie e Macellerie" per il quale il nuovo Sindaco
Vincenzo Samaritani nominò un membro della Deputazione alla
sorveglianza dei lavori (23 maggio 1863), lavori appaltati per la
somma di £ 39.800 al sig. Giacomo Massaroli (20 giugno).
Il 3
settembre il Sindaco trasmise al Prefetto l'atto relativo alla
collocazione negli spazi "del pesce
e carni fresche ed affittanza delle botteghe a ciò destinate"`.
Le
due palazzine furono costruite su disegno dell'ing. municipale
Antonio Zampighi.
Il Dottor Achille Lanconelli, Delegato Scolastico Mandamentale di
Alfonsine, scrisse che
"nel
1863
furono edificate a foggia di foro annonario le beccherie e pescherie
... che mirabilmente si prestano coi loro ampi portici interni ed
esterni ... e colle botteghe, al commodo ed alle bisogna del pubblico,
mentre offrono allo sguardo la gradevole ed allegra forma di un
anfiteatro ...
Al pian terreno numeriamo nella parte dei due edifizi
prospicienti la piazza quattro negozi: nella forma semicircolare
interna di prospetto vedesi a forgia di tempietto un ben disposto
locale a pescheria, e ai lati ben dieci negozi a beccheria"`.
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Le pescherie e
beccherie
Uno dei due edifici
prospicienti la piazza,
ai lati del foro annonario
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I
due massicci avancorpi
erano alleggeriti, al pianterreno, da un porticato scandito, ognuno,
da sei colonne, quattro delle quali poste centralmente a coppie e le
altre adiacenti ai pilastri laterali, ornati da bugnature, che
sostenevano un architrave mentre ai lati il porticato si apriva con un
arco a tutto sesto. Al piano superiore scorreva, sopra due linee
aggettanti (marcapiano e marcadavanzale), un ordine di finestre
incorniciate su una liscia superficie creando così una scenografia di
pieni e di vuoti contrappuntati da forme diversamente disegnate che
davano ai due gravi edifici un senso di armonica leggerezza. Tra i due
edifici era ubicato l'ingresso principale che conduceva alla piazzetta
interna circoscritta in forma semicircolare dalle botteghe a cui si
accedeva attraverso un porticato le cui colonne erano state edificate
con mattoni speciali a quarto di cerchio ed il cui basamento, pure in
cotto, era costituito da pezzi speciali sagomati come sagomati erano
pure i capitelli in sasso, in un sol pezzo.
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Nelle
due palazzine all'inizio furono poste le scuole: elementari femminili
(nella palazzina di destra) e maschili (in quella di sinistra, al
piano superiore).
Poi non essendo più sufficientemente capienti la scuola femminile fu
spostata in locali affittati e poi in una delle 'case Camerani'.
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Nel
1885 un incendio distrusse completamente una delle vecchie case
Camerani,
che si trovavano al bordo della piazza e che era stata adibita come sede
del Municipio durante la fase di costruzione del nuovo, e che in parte
aveva mantenuto uno spazio come sede del vecchio archivio comunale, in parte per la Scuola Femminile.
In quello stesso anno venne poi demolita.
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Qui
sotto la testimonianza scritta del maestro Vincenzo Ballardini, tratta
dalla sua Storia di Alfonsine, mai pubblicata ma solo rimasta in
appunti scritti a mano
(cliccare
o toccare sulla foto per averne un ingrandimento leggibile)
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CAPITOLO
XII La Piazza Pag. 44
"Da
pochi anni le scuole femminili occupavano l’edificio Camerani
trasformato appositamente, quando una notte s’incendiò uno
degli ambienti sottostanti ad uso lignareria e tutto
l’edificio andò distrutto col materiale scolastico ed il
vecchio archivio municipale. Il Municipio, anzi che farlo
ristaurare ne decise la demolizione completa come qualche anno
prima aveva demolito le casette che lo fiancheggiavano e la
piazza prese la forma e le rispettabili dimensioni che ha oggi."
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CAPITOLO
XV PAG. 54 (TER)
"I
locali per le scuole elementari del centro, prima del 1863 erano
sparsi un po’ dappertutto. In tale anno, fatto l’acquisto
dell’orto Camerani furono costruite le due palazzine ai lati
del foro annonario.
Nella
prima di destra furono collocate le scuole femminili,
nell’altra le maschili al primo piano superiore."
Ben
presto i due fabbricati non furono sufficienti e vennero perciò
destinati ai soli alunni maschi, mentre le scuole femminili
furono collocate prima in ambienti affittati, poi nel vecchio
palazzo comunale acquistato dai Camerani e che era collocato di
fronte a quello che fu il Caffé Tavalazzi (oggi bar 105 ndr).
Però
una vera iattura perseguitava questi ambienti. Un
incendio distrusse tutto l’edificio con gli arredi scolastici,
per cui s’impose la costruzione di un fabbricato apposito
sufficiente per la scuola maschile e femminile.
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IL
fontanone
(‘e munumént dla pégna’)
anno
1874 (SALVATOSI
DALLA GUERRA)
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Presso il “Fondo Piancastelli” custodito nella
biblioteca “A. Saffi” di Forlì c'è un documento “Situazione
materiale e morale del Comune delle Alfonsine - relazione del Dott. Achille Lanconelli (1878)” da cui si capisce
l’origine di quello che noi oggi chiamiamo ‘e munumént dla pégna’,
e che in realtà fu ideato come una monumentale fontana: ‘e funtanò’,
come appunto veniva chiamato nei primi anni del novecento. Infatti si
legge; “nel 1863 furono
edificate a foggia di foro annonario le beccherie e pescherie”
cioè spazi al coperto per vendita di carne e pesce. “che
mirabilmente prestano con i loro ampi portici interni ed esterni, e
colle botteghe, al commodo ed alle bisogne del pubblico, mentre
offrono allo sguardo la gradevole ed allegra forma di un anfiteatro.”
E poi la descrizione del
fontanone:
“Di fronte al primo di questi fabbricati (quello di destra
ndr) trovasi un pozzo
pubblico di acqua eccellente, che il Municipio, per impedire a
chicchessia di gettarvi immondizie, od altro, nel 1874 fece munire di
pompa a tre getti e coprire in marmo d’Istria da abile artista
Ravegnano sulle forme di elegante monumento”.
Il
disegno di quel monumento fu dell'ingegnere comunale Antonio
Zampighi, ormai chiaro autore di tutta
la evoluzione urbanistica di Alfonsine di quel periodo, e anche futuro sindaco.
L'autore fu Tobia
Bagioli un “abile artista Ravegnano”, che lo si trova
nominato nel "Ravennate" del 19 novembre 1874. Nato a
Ravenna nel 1821 ed ivi morto nel
1902, fu allievo presso l'Accademia di Belle Arti di Ravenna, poi si
trasferì a Massa Carrara dove studiò presso quell'Accademia.
Rientrato a Ravenna, espose alle mostre annuali dell'Accademia locale.
La sua attività fu di realizzare opere scultorie, lapidi e busti per
le tombe del cimitero di Ravenna.
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L'installazione
di una pompa e la copertura del pozzo con monumento in marmo
d'Istria
1° Sappiamo anche che in un punto della piazza di fronte alla palazzina di destra c’era
un vecchio pozzo pubblico di acqua ‘eccellente’.
Ecco come
poteva essere quel pozzo
2° Per evitare che cadessero immondizie o altro nell’acqua si decise di coprire il pozzo con una fontana monumentale:
ciò conferma che si trattava di un pozzo di acque superficiali, e che
la gente tirasse su l'acqua coi secchi.
3°
Questo monumento fu quindi collocato nella grande piazza del paese nel 1874, dove era stata appena terminata la costruzione del
Foro Annonario.
4° Una volta coperto il
pozzo si dovette mettere una pompa a mano che rimase esterna al
monumento, sul quarto lato, a parete liscia rivolto alle palazzine e foro annonario, dove ancora si nota il segno di entrata del tubo della pompa.
(foto sotto)
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Il disegno qui
sopra è del 1884, di proprietà del maestro Luigi Mariani:
si nota l'orologio nel campanile, non ancora trasferito sul municipio, e nel punto della freccia il
monumento della pigna. Ancora
non c'è la canonica che sarà costruita nel 1898-1900 circa, essendo
Rettore Don Antonio Costa
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Nelle due foto
sopra il monumento è ancora davanti alle due palazzine, il municipio ha l’orologio, quindi siamo dopo il
1901.
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Perché e quando il monumento fu spostato e disattivato come fontana?
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Sappiamo che nel 1876 alcuni ‘protestatari’ in occasione delle elezioni
imbrattarono il fontanone “con stampiglie e iscrizioni derisorie”, allusive all’amministrazione precedente che ne aveva proposto la costruzione.
è
da escludere l'ipotesi che per questo motivo il 'fontanone'
venisse eliminato, come qualcuno ha ipotizzato. Innanzitutto il monumento lo si ritrova ancora in
un quadro del 1884 e in alcune cartoline databili ai primi anni del
'900.
L'unica ipotesi
plausibile è che l'acqua del pozzo si fosse andata esaurendo dopo
più di trent'anni di utilizzo da parte della popolazione dell'intero
centro del paese. Esaurito o inquinato il pozzo lo si dovette
chiudere, probabilmente coprendolo con un tombino. Forse in quel punto
il pozzo c'è ancora oggi.
Fino al 1901 (anno dell’inaugurazione delle scuole elementari in Corso Garibaldi) il
fontanone rimase dov’era,
Solo in seguito venne spostato nel giardino delle nuove scuole. A quei tempi la capacità di perforazione per creare un pozzo artesiano non
era sufficiente per trovare da subito acqua potabile nel sottosuolo della piazza.
Quella fontana monumentale quindi fu destinata ad arredare il giardino
del le nuove scuole, senza più avere il ruolo di fontana.
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Si nota che dalla fotografia sopra è stato tolto il
monumento della pigna con un'azione correttiva sul negativo,
come era in uso in quel tempo.
Probabilmente il fotografo, per poter riprodurre le cartoline della
piazza dopo che il fontanone era stato spostato, decise di
riutilizzare quella foto già impressionata anni prima apportando il
ritocco.
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Dal
dopoguerra ad oggi
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Durante la guerra tra le macerie dell'edificio delle scuole comunali
l'unica costruzione rimasta in piedi fu il monumento della pigna.
Così quando nel dopoguerra al posto delle scuole distrutte furono costruite case popolari, queste si trovarono ad avere in mezzo al cortile il loro bel monumento.
Rimase lì, fino ai primi anni '60, quando fu ricollocato nel giardinetto appena rifatto nella parte nord della vecchia Piazza Monti.
Anni '60: Riccardo Montanari, Oberdan Savioli e Paola Pazzeschi
Nel 2009 è stato
restaurato
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Dov'era
posizionato il monumento nell'immediato dopoguerra, fino agli anni '60
Luciano Lucci,
Giampiero Beccari, Rino Montanari
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In
stile neoclassico costituito da tre elementi quali il piedistallo
decorato su tre lati da tre maschere antropomorfe al centro delle quali
usciva l'acqua raccolta da vasche sottostanti, la colonna, su cui si
trova scolpito lo stemma di Alfonsine in un ovale, contornata di foglie
di acanto e festoni con frutta e fiori, la pigna, simbolo di fertilità,
a coronamento del tutto.
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LE
GRADINATE
DALLA PONTICELLA VERSO LA 'VIOLINA'
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Dal
1863 al 1874 si discusse anche di come sistemare ‘la ponticella’, il
vecchio ponte che univa la sinistra Senio alla destra, scendendo lungo
la ‘Violina’.
Zampighi aveva in mente di spostare il ponte, ma dopo varie discussioni
e proposte, intervenne Camillo Corelli, alfonsinese che abitava a
Bologna, inviando al Prefetto una lettera in cui si invitava il
Consiglio Comunale a non attuare alcuna delibera che modificasse la
posizione del ponte. Il Corelli citava una vecchia convenzione e una
delibera comunale del 1844 tra la sua famiglia (proprietaria della via
Violina) in cui il tutta la strada detta ‘Violina’ veniva alienata
al comune con le clausole “che il detto ponte fosse mantenuto in
perpetuo all'uso e transito come era allora, e che il ponte non potesse
essere mai di una larghezza maggiore né minore di quello che aveva a
quel tempo"
Il 5 giugno 1874, Dott. Achille Lanconelli F.F. di Sindaco, il Consiglio
prende atto dell'obbligo che il Comune ha "a mantenere
perpetuamente la ponticella sul Senio in corrispondenza alla via Violino
e all'uopo e transito come al precedente dei pedoni e rotabili leggeri".
Il manufatto verrà ricostruito in continuazione alla ‘Violina’, le
rampe alla sinistra del fiume saranno due, ma la rampa di destra resterà
inalterata.
Per rendere "più comodo accesso dei pedoni senza impedimento al
transito dei veicoli leggeri" l'Ingegner Zampighi progettò due
comode gradinate laterali larghe ciascuna m. 1,90. Quelle magnifiche
scalinate che qualche scrittore con eccessiva enfasi, negli anni '80 affermò essere "così
simili a quelle di Montmartre”
Le
due scalinate dal ponte alla 'violina', anni '30 del '900
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Le
due scalinate dal ponte alla 'violina', fine '800
La
'violina', fine '800
La
scalinata di sinistra, anni '30 del '900
Le
due scalinate dal ponte alla 'violina', anni '30 del '900
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La
rampa fine anni '50 del '900
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La
nuova rampa in costruzione primi anni '60 del '900
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Il Municipio
di Alfonsine
dal 1878 al 1945 |
Fatta
la piazza e il foro annonario furono stanziati nel frattempo i soldi per realizzare il progetto di un vero nuovo Municipio,
e nel 1872 se ne avviò la
progettazione, sempre con l'incarico all'ing. Zampighi.
Il
progetto prevedeva un unico edificio, in linea con le due palazzine. Per
alcuni anni vi furono interventi e modifiche del progetto, dovute a
spinte e resistenze varie, e solo nel 1874
si annunciò la costruzione del palazzo comunale 'in maggior
mole', cioè ingrandito. Alla fine risultarono costruiti due edifici
: uno 'Fabbricato ad uso Uffici Comunali e Pretura' prospiciente
la piazza, l'altro, le 'Carceri Giudiziarie', sul retro, avendo
inglobato la tettoia preesistente.
Al
palazzo comunale progettato all'inizio come blocco unico a fianco delle
due palazzine del foro annonario, si erano quindi aggiunte modifiche
successive per realizzare carceri e ufficio pretura. Comunque solo tra il
1876 e il 1877
vengono appaltati i lavori e inizia la costruzione, che terminerà nel 1878.
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Come
si presentavano
il Municipio
e la piazza Monti nel 1884
Qui sopra piazza Monti nel 1884. A sinistra il Municipio e le due palazzine delle
pescherie. Si nota anche il monumento della pigna.
Questa
immagine di piazza Monti è tratta da un quadro disegnato nel 1884-85 E' un disegno dal vero
realizzato da Giuseppe Marzocchi; è di proprietà di Luigi Mariani.
Al centro la "Violina"
con i pilastrini o fittoni.
A destra la chiesa
senza ancora la canonica.
Nel campanile c'è ancora l'orologio.
In
fondo sulla sinistra una ciminiera da dove esce fumo (una fabbrica di carbone
o di mattoni o un'industria di produzione liquori ?) Il futuro Palazzo
Santoni è costruito solo per metà.
...
e ancora pochi anni dopo.
Quel
palazzo comunale progettato da Zampighi si
sviluppava su tre piani, più mezzanino posto tra il pianterreno ed il
primo piano. "I muri perimetrali
avevano uno spessore di cm 45 ... Il prospetto principale era in mattoni
speciali stuccati ed ornato con abbondanza di fregi quali colonnette,
trabeazioni, corniciature ecc..."
L'edificio,
in elegante stile neorinascimentale, presentava una facciata sorretta da
un porticato a sette luci più due laterali con archi a tutto sesto
sostenuti da otto pilastri più due laterali. Su quelli d'angolo, tre
per parte, corrispondevano sei lesene con capitello composito a base
sagomata. Ad ogni luce corrispondeva un doppio ordine di finestre tutte
delimitate da cornici e, al primo piano, da cimase salvo la centrale
timpanata. Mentre una doppia corniciatura aggettante (marcapiano e
marcadavanzale) divideva il primo piano dal pianterreno ed il primo
piano dal secondo. La parte retrostante era priva di ornamento, salvo le
corniciature. I pilastri della facciata erano interrotti, in prossimità
dell'arco, da una modanatura che dava un forte senso geometrico come,
d'altronde, tutto l'edificio. La parte inferiore della facciata era
decorata a falso bugnato liscio. (tratto da pag 82 di "Le Alfonsine
il volto e l'anima" di Mariafrancesca Zanzi e di Giovanni Zanzi).
Nel frattempo anche per la vecchia chiesa si era avviata un’opera di risanamento fino a cambiarne l’orientamento, ruotandola di 90° gradi in senso orario, con la facciata principale rivolta verso il nuovo Municipio.
Nell'agosto
del 1884 un incendio distrusse completamente una delle vecchie case
Camerani,
che si trovavano al bordo della piazza e che era stata adibita in parte
a sede del vecchio archivio comunale, in parte per la Scuola Femminile.
In quello stesso anno venne poi demolita.
"un
grande incendio" che aveva interessato anche "il vecchio archivio comunale",
così si legge in
un documento del 1889
(A.S.Ra..
Prefettura. Protocollo. Vol. 52, n.
6563 pg. 152.), dove il F.F. di Sindaco Giuseppe
De Maria scrive al Prefetto in riferimento al pensionamento del bidello
Giovanni Pasi: "La deliberazione relativa alla di Lui nomina come impiegato di
questo
Comune non è possibile allegarla perché fu distrutta cogl'atti dell'Archivio
del Comune nell'incendio della Vecchia Residenza Municipale e così
pure la lettera di nomina del medesimo."
Qui
sotto la testimonianza
scritta del maestro Vincenzo Ballardini, tratta dalla sua Storia
di Alfonsine, mai pubblicata ma solo rimasta in appunti scritti a
mano
(cliccare
o toccare sulla foto per averne un ingrandimento leggibile) |
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CAPITOLO
XII La Piazza Pag. 44
"Da
pochi anni le scuole femminili occupavano l’edificio Camerani
trasformato appositamente, quando una notte s’incendiò uno
degli ambienti sottostanti ad uso lignareria e tutto l’edificio
andò distrutto col materiale scolastico ed il vecchio archivio
municipale. Il Municipio, anzi che farlo ristaurare ne decise la
demolizione completa come qualche anno prima aveva demolito le
casette che lo fiancheggiavano e la piazza prese la forma e le
rispettabili dimensioni che ha oggi."
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CAPITOLO
XV PAG. 54 (TER)
"I
locali per le scuole elementari del centro, prima del 1863 erano
sparsi un po’ dappertutto. In tale anno, fatto l’acquisto
dell’orto Camerani furono costruite le due palazzine ai lati del
foro annonario.
Nella
prima di destra furono collocate le scuole femminili, nell’altra
le maschili al primo piano superiore."
Ben
presto i due fabbricati non furono sufficienti e vennero perciò
destinati ai soli alunni maschi, mentre le scuole femminili furono
collocate prima in ambienti affittati, poi nel vecchio palazzo
comunale acquistato dai Camerani e che era collocato di fronte a
quello che fu il Caffé Tavalazzi (oggi bar 105 ndr).
Però
una vera iattura perseguitava questi ambienti. Un
incendio distrusse tutto l’edificio con gli arredi scolastici,
per cui s’impose la costruzione di un fabbricato apposito
sufficiente per la scuola maschile e femminile.
|
Nel
1901,
sei anni dopo la morte di Zampighi, sindaco Giuseppe De Maria, fu aggiunta una
torretta con una macchina-orologio acquistata dalla Ditta "Cesare
Fontana di Milano" al costo di 2.231 Lire
Il Municipio,
le Palazzine e
a destra, dietro, il loggiato del “Foro annonario” ai primi del '900
(Si notano la torretta e l'orologio del 1901)
|
Un
ammodernamento nel 1915
Nel
1914 (Zampighi era morto da 20 anni), il sindaco socialista
Garavini avviò un ammodernamento e ingrandimento del Municipio, vista
anche la maggior dimensione del Consiglio Comunale.
Ma il dio del fuoco Vulcano soggiornava ancora
lì...
Fatto, approvato e finanziato il progetto, iniziarono i lavori, ma
durante lo scoppio della Settimana Rossa, alcuni rivoltosi sfruttando le
impalcature entrarono nel Municipio a provocarono un incendio. I danni
furono enormi.
(un click o un tocco sull'immagine per vedere
la foto ingrandita)
1915: il Municipio
ancora coi segni del l’incendio della Settimana Rossa
Pur
con una perdita di finanziamento per le riparazioni, fu ugualmente
portato avanti il progetto.
I soldi mancanti furono sottratti in da
altri investimenti previsti e in parte anticipati dalle due cooperative
a cui vennero assegnati i lavori.
All'inizio del 1921 finalmente il
perito comunale Antonio Preda firmò lo stato finale dei lavori.
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(un click
o un tocco
sull'immagine per vedere
la foto ingrandita)
1914: il Municipio dopo l’incendio della Settimana Rossa
(un click
o un tocco
sull'immagine per vedere
la foto ingrandita)
1914: il Municipio dopo l’incendio della Settimana Rossa
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Il
lavoro voluto, progettato e iniziato da Antonio Zampighi per il Municipio di
Alfonsine e la piazza Monti lo si vede come
risultato finale in questa mappa del 1920. Erano passati 25 anni dopo
la sua morte.
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Il
1° febbraio del 1945
il Municipio e quasi tutta la piazza e le opere di Zampighi vennero distrutte (questa volta definitivamente) dai tedeschi
che minarono quasi tutta la piazza Monti
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Lato
sud-ovest di Piazza
Monti nel 1945
Lato
sud-ovest di Piazza
Monti
dove c'era il Municipio nel 1945
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Oggi,
là dove
c'era il Municipio
(un click o un tocco sulle immagini per vedere
le foto ingrandite)
Piazza
Monti nel 2004
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LA
NUOVA CHIESA
(Progetto
Zampighi ANNO 1864, Costruzione Grezzo
ANNO 1868, Abbattimento chiesa vecchia ANNO
1879, Completamento a stralci ANNI 1881-
1893-1903)
(DISTRUTTA
NEL 1945)
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Già dal
1838 fino al 1855, si era cominciato ad affrontare il
problema della chiesa parrocchiale di Santa Maria soggetta al "Giuspatronato
della Nobil famiglia Calcagnini Estense di Fusignano che ne ha il diritto di
nomina", chiesa "piccola,
cadente ed anche indecente".
La chiesa era in
origine una chiesuola edificata nel 1502, e poi via via ampliata fino a
quando nel 1752 il Rettore Paolo Guerrini aveva fatto aggiungere
all'unico corpo centrale due navate laterali e un campanile dotato dal
1825 di "armoniose e lodate campane".
Abbiamo un'immagine
di tale chiesa settecentesca in un affresco proveniente dalla casa dei
Conti Samaritani, e trasferito poi (quando la casa andò demolita negli
anni '70) nella sale della casa di Vincenzo Monti, per iniziativa di
Marino Marini.
In tale affresco si
nota che la chiesa aveva la facciata rivolta a est verso lo Stradone
detto della Chiesa (poi Corso Garibaldi)
Si
iniziò a pensare una vera centralità del paese oltre che col nuovo foro annonario (le beccherie e le
pescherie), con nuova chiesa e un nuovo Municipio.
Nel 1863
con decreto pontificio fu istituito l'economato che doveva
reperire fondi. Il Comune di Alfonsine contribuì con una somma di £ 1.596 annue (portata a £ 2.000 nel 1875 ) e
chiese a Mons. Vescovo
la costituzione di una Deputazione composta dal Sindaco Presidente, tre membri
di nomina vescovile e tre di nomina del Consiglio Comunale, che doveva
verificare l'andamento delle rendite parrocchiali.
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In
questa mappa del 1838 si nota in nero la parte della vecchia chiesa
settecentesca
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Il
1° aprile 1864 l'Ing. Antonio Zampighi
scrisse nel suo "Prospetto in
prevenzione della nuova Chiesa Parrocchiale da erigersi in Alfonsine"
datato :
"Volge
un decennio che per l'insufficiente capienza dell'attuale Chiesa
Parrocchiale e progressivo deperimento della medesima l'Autorità
Ecclesiastica e la Municipale Rappresentanza riconosceva necessario un
radicale provvedimento pel decoro del Santuario e comodità
dell'aumentata crescente popolazione. Fu ritenuto possibile con lavori
di grande riparazione raggiungere il prefisso scopo, di provvedere cioè
al deperimento assieme all'ampliamento dell'edificio con convenienza e
decoro. A formare il cumulo dei fondi perciò occorrenti fu allora
proposto ed ottenuto l'economato delle rendite della Prebenda
Parrocchiale concorrendovi il Municipio con annua retribuzione".
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Il progetto
disegnato e realizzato qui sopra da Antonio Zampighi fu utilizzato a partire dal
1868 al 1875
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Ecco
come diventò il centro di Alfonsine dalla fine '800 fino al 1944
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Ancora
una volta l'incarico del disegno e della progettazione fu affidato all'Ing. Antonio
Zampighi che intervenne in modo decisivo all'interno della logica che
aveva mosso l'amministrazione comunale nella definizione urbanistica del nuovo
centro.
"Per
la difettosa pianta e per la poca solidità dei muri principali, l'edifizio
non era suscettibile di ampliamento, senza di che per conseguenza tornava
inutile la spesa non indifferente da sostenersi pel semplice restauro...
Convenendo in tale principio la pregata Ill.ma deputazione amministrativa
incaricava lo scrivente (Antonio Zampighi ndr.) di presentare una nuova chiesa
sull'idea dell'arcipretale di Renazzo introducendovi quelle modifiche che
l'arte suggerisce a miglioramento assieme e diminuzione di spesa fermo però
la capacità di 3.000 persone."
Infatti il nuovo tempio non prevedeva più la facciata rivolta verso
lo Stradone ma di fronte a piazza Monti. La vecchia chiesa prima dava sul sagrato
che, in realtà, costituiva, nel passato, l'unica piazza del paese.
L'appalto
fu dato a Ricci Maccarini di Lugo per la somma di 24.000 scudi e con l'accordo
di ultimarla all'esterno e di lasciarla grezza all'interno.
La nuova chiesa fu
fondata nel 1868, ma terminata solo all'esterno e ancora grezza
all'interno, mentre era Economo Sp. don Giuseppe
Massaroli, morto poi
a Bagnacavallo, Arciprete della Pieve. Costò la somma di L. 120.000, e
rimase così per
mancanza di fondi.
Intanto
il governo ordinò poi la chiusura della vecchia
chiesa, pericolante, che era rimasta in funzione attaccata alla nuova. Nel 1875 il marchese Calcagnini concesse che la chiesa fosse demolita
purché fosse collocato sulla facciata della nuova il suo stemma
gentilizio.
ALPHONSUS.
ET. THEOPHILUS. CAL
CAGNINI. FRATRES. COMITES. ET.
DOMINI. TERRITORI. LEONINI
TEMPLUM. B. VIRGINIS. DE.
JURE
PATRONATUS. SUAE. FAMILIAE
A. FUNDAMENTIS. EREXERUNT
ANNO MDXL
(Alfonso
e Teofilo Calcagnini, fratelli, conti e signori del territorio leonino, il
tempio della Beata Vergine, di diritto patronato della loro famiglia,
dalle fondamenta eressero l'anno 1540)
Nel 1879 fu fatto un secondo appalto
per abbattere la chiesa vecchia, fare una sacrestia e un selciato nella nuova
chiesa per potervi entrare, (l'appalto lo ebbe il sig. Antonio Camanzi).
Tutto ciò durò
fino al 1881 quando il 12 maggio fu
nominato Rettore il reverendo Don Gianbattista Ricci Bitti, il quale in undici
anni pagò la somma di 60.000 lire. Con quei soldi costruì la
sacrestia, l'ancona della Madonna, intonacò le navate, costruì gli altari, il
coro, i confessionali e tutto l'arredo interno.
(dal
libro di Zanzi "Le Alfonsine, il volto e l'anima")
"La
nuova chiesa che misurava 52 m x 25 m a tre navate, si presentava esteriormente
strutturata a salienti con una facciata solare e razionale, articolata su due
piani, caratterizzata da una lineare chiarezza, nella parte inferiore, grazie
all'appiattimento di due coppie di lesene che tripartiscono l'edificio su cui si
aprono la porta centrale e le due laterali. Sopra le lesene dal bel capitello
composito è posta una cornice su cui si organizza, rispetto alla navata
centrale, un frontespizio definito da linee di contenimento lungo il perimetro e
soprattutto attorno alla lunetta, motivo ripreso nelle pareti esterne delle
navate laterali. La facciata, poi, era conclusa da un elegante timpano, il tutto
rimandando a modelli neoclassici...
Morto Ricci Bitti nel 1893 lo
sostituì per quell'anno un economo don Paolo Scioni, e quindi il Rettore Don
Antonio Costa dal 1893 fino al 1903. Fu quest'ultimo a completare la chiesa
nuova spendendo 30.000 lire e facendo costruire la canonica e il
teatro con
altre 20.000 lire.
"Rispetto
all'esterno, l'interno, ornato dall'Architetto Vincenzo
Pritelli, si organizzava
su una struttura di sapore settecentesco, a tre navate, ed era programmato
mediante una composizione verticale dai forti accenti plastici su cui furono
modulati i vuoti, i falsi vuoti e le evidenze di possenti pilastri che sostenevano ampie arcate e che inglobavano, ciascuno, due lesene a forma di
semicolonna ornate di capitelli a stile composito tra le quali si componevano,
come contrappunti, nicchie con statue settecentesche dei santi. La plenitudine
dei muri di contenimento della navata centrale si stemperava nel chiarore che
superiormente derivava dalle lunette che esaltavano la modanatura decorata ad
intagli su cui si alternavano le lunette stesse e ghiere decorate a stucco che
ritmavano le volte a vela della navata centrale. Il tutto si concludeva con un
evidente accento scenografico nella zona presbiteriale dove quattro colonne
abbinate ad altrettante pilastri (tutti ornati di capitelli) sorreggevano i pennacchi
che portavano il catino sovrastante l'altare e dove l'emiciclo dell'abside
consentiva un respiro spaziale non retorico e comunque contenuto. Nelle navate
laterali erano posti gli altari devozionali mentre l'abside trovava il suo
fulcro nell'altare e nell'ancona sovrastante ed era vivacizzata da due vetrate
a tutto sesto caratterizzate da motivi geometrici...
(dal
libro di Zanzi "Le Alfonsine, il volto e l'anima")
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(un
click o un tocco sulle foto per averne un ingrandimento)
(un
click o un tocco sulle foto per averne un ingrandimento)
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In un Pro Memoria (raccolto
da Adis Pasi) datato Alfonsine 9 giugno 1913 e firmato da Paolo Randi si
chiede il saldo dei debiti contratti per i lavori finali:
"Don Antonio Costa
venne rettore ad Alfonsine nel 1893 e col pieno consenso del suo vescovo iniziò
subito i seguenti lavori, cioè:
1)- costruì ex-novo la canonica a tre piani con 21 ambienti... canonica che non
esisteva perché la vecchia fu tutta demolita per ingrandire la nuova chiesa
unica del paese.
2)- terminò de tutta la nuova chiesa di metri 52x25 a tre navate che era tutta
greggia e appena coperta, decorandola di molti arredi sacri e di un organo del
valore di L. 4.000
3)- attiguo alla canonica e alla chiesa sempre ex-novo costruì i proservizi, un
locale pel Circolo Cattolico ed una sala ad uso teatro di metri 22x11 con tutto
l'occorrente, impianto di gas, per concorrenza al festivale del paese, e
per la preservazione della fede e dei buoni costumi. Attori erano i giovanotti
del paese, le bambine del Ricreatorio, ed altri del mestiere.
4)- Costruì di pianta due
case coloniche
5)- Pagò circa 15 mila lire di debiti vecchi. Opera tutta che gli costava senza
esagerazione oltre le cento mila lire...
6)- Dietro il lascito del signor Antonio Barattoni che lasciava al vescovo... la
sua casa civile con un podere di tre ettari per un Istituto religioso di
educazione adattò la suddetta casa... ad uso di un asilo infantile, di scuola
di studio, di religione, di lavoro femminile, e di Ricreatorio festivo, tutto
diretto dalle suore Apostole del S. Cuore...
... entrò signore ed uscì
coi soli panni che aveva indosso, e ai 27 febbraio 1908 fu costretto a
rinunziare alla parrocchia compianto da tutti.
(Anno
1884). La chiesa venne girata di 90° verso la nuova piazza nel 1874.
Si nota l'orologio del campanile. La canonica non è ancora costruita.
Nel
1898, a destra della chiesa, fu costruita la canonica.
(un
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In
questa foto del 1910 si vede che la canonica è stata aggiunta alla
chiesa.
tale costruzione fu fatta tra il 1901 e il 1903
(un
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Nel lato sul piazzale presenta solo qualche cambiamento dal 1910 al 1930, con la conversione di alcune camere a negozi: il primo era il negozio di tessuti d’la Tangàna (Ida Bruni sposata
Faccani), che fino agli anni ‘20 era stato di Natale Pescarini con vendita di oli e macchine da cucire. Poi c’era il negozio di ferramenta
d’Marlén (già di Cesare Baldi). Nell’angolo c’era l'ingresso al cortile interno della Canonica dove c'era il campanile e il teatro parrocchiale. Sul lato
successivo del piazzale si incontrava la casa di Ennio Salvatori, con due negozi: il primo dell’orologiaio
Zannoni, e il secondo del barbiere ‘Brasulina’. A seguire casa Lanconelli (dove abitavano in affitto varie famiglie tra le quali quella del fotografo Luciano Tazzari con la moglie maestra ..........)
Poi casa Altini con un negozio dal 1930, che fu di “Mobili Antichi” e poi di “Barbiere”, quindi il “Caffé Nazionale” detto “d'la Niculéna”, moglie di Pietro
Altini, e che in seguito ebbe solo la scritta di
“Caffé”.
Incendio
e distruzione della chiesa durante la 'Settimana Rossa'
(un
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(Anno 1914)
Davanti alla facciata della chiesa durante la 'settimana rossa',
con i resti delle suppellettili distrutte e incendiate.
La Chiesa Santa Maria
distrutta dai bombardamenti americani e dal minamento dei tedeschi
gennaio febbraio 1945
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La chiesa ancora
in piedi e la canonica colpita da una bomba
(un
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Inizio febbraio 1945 – La chiesa cadde minata da 30 bombe di mezzo
quintale l'una, appostate lungo la navata e le colonne da alfonsinesi
costretti dai tedeschi. Poi toccò alla canonica, all'asilo e via via
tutto il resto, specialmente corso Garibaldi. Nella foto la chiesa e
il caffè d’Cai sono un cumulo di macerie. Si vedono sullo sfondo il
teatro “Aurora”, l’asilo parrocchiale e in primo piano
la Canonica.
(un
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Le
macerie della chiesa
(un
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(Anno 1945) La chiesa e la piazza distrutte dalla guerra
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Piazza
Monti
e
tutta la zona del centro della vecchia Alfonsine, dovuta all'azione di
Antonio Zampighi
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UNA
NUOVA VIA, VIA DELL'UNIONE
(poi via Pisacane)
e un progetto di spostamento del ponticello
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Nel
1862, a seguito dell'innalzamento degli argini del
Senio e conseguente loro allargamento, strada Sottofiume superiore fu parzialmente ostruita tanto da
ostacolare il transito di carri e carrozze. Si rese così
necessario attuare una deviazione stradale dalla rampa della ponticella che
collegasse strada Sottofiume a strada Borse.
L'Ing.
Zampighi presentò tre progetti (come si vede nella mappa a
lato): uno partiva da sotto il ponte con una strada che dopo venti
metri girava a sinistra fino a via Borse, il secondo partiva più
avanti sotto fiume, dopo la rampa e dopo 20 metri girava a sinistra
(si doveva però abbattere una casa che era di fianco al vecchio
macello, poi il terzo progetto (il più costoso e quindi subito
bocciato) che pur partendo dallo stesso punto del secondo andava
dritto per oltre 50 m. e deviava poi a sinistra fino alla via
Borse.
Fu
scelto il primo progetto e così nacque via dell'Unione (oggi via
Pisacane). Si abbattè, all'imboccatura
della nuova strada, una casa di proprietà comunale che sorgeva a fianco (lato
nord) del vecchio macello. (vedi mappa a lato)
Vi
furono alcune difficoltà legate agli espropri ma nel
1864 l'opera venne compiuta:
L'Ingegnere
Capo del Genio Civile, nell'approvare l'opera scrisse:
"Se un
giorno volesse prolungarsene l'ultimo tronco fino all'incontro della via
Sabbioni, su questa nuova e retta strada potrebbero sorgere nuove case che per
l'aumento della popolazione locale tosto o tardi diverranno una vera
necessità" e intervenne sulla mappa, tracciando con segno rosso tratteggiato le
indicazioni per una nuova strada che avrebbe potuto congiungere la nuova via con il
Borghetto.
La nuova strada
fu
chiamata strada dell'Unione forse in omaggio alla Società dell'Unione sorta
ad Alfonsine che, come le prime associazioni post-unitarie, " hanno per iscopo
l'unione e la fratellanza, il mutuo soccorso materiale, intellettuale, morale
ed è rivolta alle famiglie dei lavoratori senza distinzione di classe e, per
questo, senza ingerenze politiche."
Quando
nel
1873 si discuteva sulla costruzione di un ponte che
sostituisse la vecchia 'ponticella' del 1760, ormai pericolante, che
portava da sinistra Senio alla 'Violina', in destra Senio, Zampighi
presentò il progetto di spostamento del ponte ma trovò forte
opposizione, e alla fine non venne realizzato.
Ecco
qui a destra il progetto firmato dall'Ing. Zampighi che prevedeva di
spostare il ponte o di fronte a via Tramvia o comunque un po' più a
sinistra.
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Zampighi
presentò il progetto di spostamento del ponte ma trovò forte opposizione,
e alla fine non venne realizzato.
(un
click o un tocco sulle foto per averne un ingrandimento)
L'Ing. Zampighi
presentò tre progetti, fu approvato il meno costoso.
L'ing. capo del
Genio Civile intervenne sulla mappa di Zampighi con un segno rosso
tratteggiato.
"Se un
giorno volesse prolungarsene l'ultimo tronco fino all'incontro della via
Sabbioni, su questa nuova e retta strada potrebbero sorgere nuove case che per
l'aumento della popolazione locale tosto o tardi diverranno una vera
necessità. con segno rosso tratteggiato le
indicazioni per una nuova strada che avrebbe potuto congiungere la nuova via con il
Borghetto
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Il
vecchio macello diventò poi un negozio per la "VENDITA FARINE
SALSAMENTERIA SALAMI E TRIPPA"
Infine negli anni '70 fu realizzato un palazzo a più piani da Gimelli. |
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Risistemazione
e ampliamento dell'ospedale
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Nel
1885 l'Ing. Zampighi realizzò la risistemazione e ampliamento
dell’ospedale.
Nel
febbraio 1882 la Congregazione di Carità su proposta del Dott. Giulio
Gamberini aveva fatto presente al Comune che l'ospedale degli Infermi
era inadatto per la cura dei malati.
Il
3 novembre (Sindaco Aristide Lugaresil fu approvato il progetto di
ristrutturazione e ampliamento, curato dall'Ing. Zampighi, che
consisteva nella risistemazione dei vani interni e I'attivazione di un
"nuovo porticato con soprastante corridoio da costruirsi
aderente al muro posteriore dell’attuale fabbricato"
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IL
NUOVO MACELLO
(SALVATO DALLA GUERRA MA VENDUTO E ABBATTUTO NEL 1985)
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Nuovo macello: la firma è di
Antonio Zampighi
(un
click o un tocco sulle foto per averne un ingrandimento)
Il
10 maggio 1886, il
Consiglio Comunale, Anselmo
Alberani F.F. di Sindaco,
sulla
base della delibera
consigliare del 13 dicembre 1885 "riguardo
al tramutamento del macello per ragioni di pubblica igiene" ed
in riferimento alla relazione della commissione municipale
di sanità che denuncia "il
grave
pericolo che possono
cagionare alla salute di questi abitanti le pestifere
esalazioni provenienti dalle materie organiche in putrefazione esistenti
in questo pubblico macello che oltre
a essere male costruito ha altresì il grave inconveniente di essere
situato nel centro del paese",
deliberò
"di
costruire il nuovo e pubblico macello nella località
a sinistra del Canale Navile Zanelli a metri cinquanta
inferiormente alla strada provinciale Reale con apposita
strada di accesso al medesimo, a partire dalla provinciale
predetta".
Infatti
Alberani precisò che "la
posizione
prescelta per l'erezione del nuovo macello in prossimità
al canale, portando a scolare in questo le lavature sanguinolenti e
putride del macello stesso, è l'unica
che possa soddisfare alle condizioni igieniche richieste"'.
Tale
collocazione trovò l'opposizione, però, dell'Assunteria
del Canale Pasolini-Zanelli che si oppose allo scarico
delle acque nel canale.
Pertanto
il 26 giugno 1888, Giovanni Vistoli
F.F. di Sindaco, viene approvato l'acquisto del terreno dei soci Poletti-Ortolani
lungo la via Reale a destra del Senio e posto tra la stessa Reale e la
ferrovia, a metà strada fra il Senio e lo stesso Naviglio, e qui fu costruito il nuovo macello.
Il
progetto, redatto dall'Ing. Zampighi prevedeva la collocazione del nuovo
edificio lungo la
via Reale e "s'impianterà
alla distanza di m. 50 a valle
di questa e li fabbricati componenti il complesso del
medesimo si disporranno intorno e chiuderanno i lati
di un perimetro rettangolare avente di fronte la larghezza
di m. 24,40 e la lunghezza di m. 25,30 nell'interno del quale rimarrà
intercetto un proporzionale
cortile coperto".
Sul
fronte furono previste "due
casette" adibite
a casa del
custode, ufficio, sede del dazio e annona e della commissione sanitaria. "Le due casette verranno collegate
con un muro di cinta con vano in mezzo. All'interno due
bassi comodi sorgeranno ai lati del cortile ed all'estremità
l'edificio preposto per la macellazione dietro
il quale verrà costruita una grande vasca che raccolga le
lavature e le lordure del locale comprese le
viscere animali di rifiuto".
Per
quest'opera, la Cassa Depositi e Prestiti
aveva concesso la somma di £ 30.000.
Il
14 ottobre
1890, Sindaco Antonio Zampighi che in quell'anno
aveva ricevuto la nomina regia dopo le elezioni
del 1889, il Consiglio Comunale deliberò l'apertura del nuovo edificio.
Il
nuovo macello, insieme al monumento della pigna era l’unico manufatto
legato a Zampighi rimasto in piedi ad Alfonsine, dalla fine della guerra
in poi. Ma sorprendentemente nel 1985 fu demolito da parte del Comune, per
vendere il terreno alla Ditta Filippi che poi non ne ha fatto niente.
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ANTONIO
ZAMPIGHI SINDACO DI ALFONSINE
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Nel
gennaio 1890 Antonio Zampighi dopo aver vinto le elezioni del 1889 era
stato nominato Regio sindaco, con una Giunta che un anonimo, in una
lettera spedita al Prefetto, accusa, fra le altre cose, con fare
dispregiativo, di essere composta di 'tutti socialisti'
Comunque
uno dei primi atti di Zampighi fu quello di proporre al Consiglio
Comunale in data 22 maggio 1890 di "ottenere l'autorizzazione
necessaria per affidare ai braccianti stessi tutti i lavori di cui questo
comune potrà disporre in via di trattativa privata, piuttosto che per
asta pubblica"
Forse
è anche per favorire ciò che il 1° giugno 1890 era nata l'"Associazione
operai-braccianti del Comune di Alfonsine" che aveva come scopo
"l'assunzione di lavori pubblici e privati" e che
annoverava, com'era consuetudine del tempo, gli illustri personaggi del
paese come Anselmo Alberani ed il Sindaco Zampighi: "tra i soci vi
sono dei repubblicani, socialisti e monarchici, ma la politica è affatto
esclusa"
Zampighi,
attraverso il Consiglio Comunale, nel giugno del 1890, per provvedere
all'occupazione dei braccianti, lanciò un appello ai sindaci per la
costituzione di una commissione da recarsi al Ministero.
"La
difficoltà di trarre innanzi la vita restando per molto tempo
disoccupati, spinge a chiedere il pane" scrisse il 10 novembre
1890 il Vice Ispettore di P.S. di Alfonsine al Prefetto.
Zampighi
fu un Sindaco a cui stava a cuore le sorti della classe operaia. Ma...
Ma
... il Consiglio Comunale del 13 maggio 1892 "informa ... che nel
pomeriggio del giorno 11 corr.te numerosi braccianti del Comune invasero
la residenza municipale e con ingiuste pressioni pretendevano
lavori dal Comune. Non vollero persuadersi degli uffici fatti presso
l'Ill.mo Sig. Prefetto per ottenere lavoro e misero in dubbio anche le
buone intenzioni del Sig. Prefetto stesso il quale ad onore della verità
assoluta si interessa costantemente con ardore e profitto (come nessun
Prefetto fece mai) presso il Ministero a beneficio delle classi
lavoratrici.
Quegli
operai non sapevano che parlare un linguaggio solo: Vogliamo lavoro dal
Comune e qualcuno di essi si contenne con poco rispetto. Finalmente se ne
andarono dietro promessa che il Consiglio sarebbe informato oggi sulle
loro condizioni, ma non credette anche lusingarli invanamente conscio
dell'insufficienza dei mezzi del Comune. Promise ancora una volta di
insistere, a costo di divenire importuno, presso l'Ill.mo Sig. Prefetto
per ottenere qualche altra assicurazione. È dolente dell'accaduto perché
ha la coscienza di avere compiuto mai sempre il proprio dovere di
Magistrato, di essersi mostrato zelante della sorte dei braccianti e fare
ironia di essere gratificato in tal modo. È sua opinione che qualche
mestatore tenti commuovere la massa a scopo di disordini. Diversi
consiglieri deplorano l'accaduto e pur ammettendo che le critiche
circostanze degli operai siano una delle cause dei reclami, concordemente
credono che l'opera insana di qualche provocatore di dissidii cittadini
possa agitare i facili popolani. Riconoscono che l'Egregio Sindaco
Zampighi non si stanca di promuovere il bene del paese malgrado che ad
arte si tenti di far credere diversamente.
Il
consiglio unanime conferma la propria solidarietà e la propria fiducia
all 'Egr. Sig. Ing. Antonio Zampighi R., Sindaco.
Intanto
Antonio Zampighi iniziò a denunciare qualche problema di salute, e fu
spesso sostituito da Antonio Massaroli, la personalità più forte della
Giunta. Nel 23 aprile del 1894 in apertura di Consiglio il Massaroli
riferisce che il Zampighi è assente perché "ammalato seriamente"
Eppure
nel dicembre 1894, un anno prima di morire, Zampighi assunse l'incarico di progettare la nuova
scuola comunale.
Cercò
di portarne a termine la progettazione (1894) e la costruzione ma ci riuscì
solo nella parte grezza, sia per impedimenti burocratici sia perché si
ammalò gravemente e morì prima di concludere il lavoro.
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Il
Sindaco Zampighi terminò il suo mandato nel 1894, ma era da tempo in
precarie condizioni di salute e morì l'anno successivo.
Zampighi
abitava, almeno negli ultimi anni, in via Pia divenuta via
dell'Emancipazione, (oggi via Roma), in una casa in affitto di Antonio
Massaroli, al n. 11, casa a
"due piani con vani 9, numero di mappale 1366" (come dal
Registro n. 3 degli Atti del Vecchio Catasto di Alfonsine), poco oltre
l'attuale "Palazzo Marini",
"Sala Massaroli". Tale casa in seguito fu la casa di
Giuseppe Marini.
Era rimasto con tre figli Maria, Girolamo e Giuseppina, dopo aver perso la
moglie Teresa (1890) e un nipotino Antonio, di Girolamo (1893).
In
quella casa morì il 31 dicembre 1895 alle ore quattro: "Nella
casa posta in via Emancipazione al n. 11 è morto Zampighi Antonio di anni
settanta, pensionato comunale, residente in Alfonsine, nato in Forlì, da
fu Luigi e da Cicognani Geltrude, vedovo di Bianchedi Teresa"
Nella
seduta consigliare del 13 gennaio 1896, Sindaco Giuseppe De Maria,
all'inizio del dibattito prende la parola l'Assessore Cassiano Meruzzi:
"Certo di interpretare il sentimento della Rappresentanza
Comunale, commemora 1 Ing. Antonio Zampighi. Egli, nativo di Forlì,
nominato Ingegnere del nostro Comune sino
dal
1859 e pensionato dopo trenta anni d'incensurabile servizio fu dal voto
del popolo eletto Consigliere Comunale e Provinciale e dal volere del Re
innalzato per ben due volte alla carica di Sindaco del Nostro Comune.
Dell'eletta intelligenza dell'lng. Zampighi sono a noi e saranno ai nostri
nipoti prova evidente le migliori fabbriche sparse per il nostro paese e
la sua vita privata e quella d'amministratore della pubblica cosa ci sono
testimoni di quanta scrupolosa fosse la sua onestà, di quanto grande
fosse l'amore da lui nutrito per il nostro paese. A nome quindi di tutti
noi, o Egregi colleghi, invio ai desolati figliuoli dell'lng. Zampighi una
calda, viva, sincera parola di condoglianza"
Purtroppo
"le migliori fabbriche" non saranno "prova evidente ...
dell'eletta intelligenza dell'Ing. Zampighi".
Le
vicende umane hanno cancellato quelle opere e di loro resta uno sbiadito
ricordo nelle cartoline sbiadite delle vecchie Alfonsine.
Triste
destino, cinico e crudele che con le opere ha cancellato anche la memoria
di quest'uomo e di quelle vicende di fine ottocento.
"Il
Faro Romagnolo" di sabato 4 gennaio 1896 in prima pagina
riporta:
"Alfonsine
1 gennaio. La morte dell 'Ing. Antonio Zampighi. Ieri è morto alle ore 4,30
di emorragia cerebrale l'ing. Antonio Zampighi nell'età di 70 anni. Fu
Ingegnere Comunale per oltre 6 lustri e da 7 anni godeva la pensione di
riposo. È morto povero dopo di aver lavorato assai. Era insignito d'una
medaglia di incoraggiamento e di una menzione onorevole conferitagli da Re
Vittorio Emanuele per lavori straordinari compiuti. Dalle elezioni
generali amministrative del 1889 usciva Consigliere Provinciale e Comunale
e per due volte nominato Sindaco Regio e Giudice Conciliatore. L'opera sua
tecnica fu dedicata specialmente a costruire le strade comunali e si deve
a lui se il nostro territorio è fornito ora di una rete viabile comoda e
abbondante. Godeva meritatamente fama di buon idraulico e di architetto
distinto. Devonsi a lui il Palazzo comunale, le Carceri, la Chiesa
Parrocchiale, il Macello, Foro Annonario. Fu lui che diresse i lavori del
magnifico Palazzo Piancastelli di Fusignano. E quando la sua fibra povera,
affievolita, radunata con isforzo la sua energia, compilò il progetto
delle scuole del Paese, il quale riscosse il plauso del Consiglio
Provinciale scolastico. Egli finì il ciclo della sua vita operosa colpito
come dal fulmine. Spirò fra le braccia dei suoi, quando essi si
ripromettevano di averlo ancora al loro affetto.
Stamane
alle ore 8 hanno avuto luogo i funerali e quantunque egli non appartenesse
da un anno alla vita pubblica, pure il Consiglio Comunale gli ha reso
onoranze ufficiali intervenendo al suo corteo a cui faceva seguito la
Società Operaia e un numerosissimo pubblico. Il F.F. di Sindaco Sig.
Meruzzi Cassiano coll'animo commosso ha pronunziato un eloquente discorso
in memoria del povero estinto. L'attestazione di affetto e di compianto di
tutto il paese possa lenire il dolore della desolata famiglia alla quale
noi mandiamo le nostre vive condoglianze ed un ultimo saluto alla salma
del caro estinto"'.
Nello
stesso numero, inoltre, si legge
"Alfonsine
2 gennaio 1896. Ringraziamento. Maria, Girolamo e Giuseppina Zampighi
ringraziano dal profondo del cuore quanti ebbero parole di conforto e
porsero loro attestati di benevolenza nella triste occasione della perdita
del loro amato genitore ing. Antonio Zampighi. Fanno poi speciale
ringraziamento alla società operaia, al Consiglio Comunale, che in forma
ufficiale intervenne al mesto corteo e all'egregio f.ff di sindaco Sig.
Meruzzi Cassiano che con sentite parole illustrò la virtù del loro Caro
Estinto".
Il 24
gennaio 1896 il Consiglio Comunale concederà un sussidio a Giuseppina
Zampighi, figlia dell'Ingegnere, con l'obbligo, da parte della Giunta
"di ritirare dall'archivio del fu Ing. Zampighi le carte ed i
progetti spettanti a questo Municipio"
Nell'aprile
del 1896 l'Architetto Enrico Gui di Roma, il progettista che a partire dal
1889 progettò il palazzo Piancastelli di Fusignano, nelle sue memorie
scrisse: "Mercè lo sviluppo di tutti i dettagli sì costruttivi,
sì decorativi ... si vide compiuta l'opera sul finire dell'anno 1894,
dopo un lavoro quasi mai non interrotto di circa quattro anni. E per amor
di verità e per debito di giustizia tengo qui a dichiarare come
l'attuazione perfetta (per quanto perfetta possa ottenersi umana cosa) del
mio progetto io la debba alla cooperazione ed alla lunga esperienza
dell'Ingegner Antonio Zampighi di Alfonsine (testè mancato ai vivi ed
all'arte), che molti ed importanti lavori progettò e diresse nella
Romagna ..."
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Ecco
qui di seguito le cinque tappe dell'obliosa memoria che hanno segnato il
destino di
Antonio
Zampighi
1°
tappa -
Alla sua morte avvenuta nel 1895 le carte e i progetti da lui realizzati furono
consegnate al Municipio. Dove sono quelle carte? Probabilmente furono
bruciate durante il rogo della Settimana Rossa, (oppure sono finite
disperse e dimenticate in qualche archivio privato?)
2°
tappa -
Le sue opere furono cancellate dalla guerra e di loro resta solo
qualche sbiadita cartolina.
3°
tappa -
Antonio Zampighi, la moglie Teresa e il nipotino Antonio, morto a soli 10
mesi nel 1893 erano sepolti in terra nel vecchio camposanto alfonsinese.
Nel 1911, per concessione del Comune, vennero esumati e posti in un loculo
n° 41, nella parte sinistra del nuovo cimitero. Nel 2008 quella parte fu
ristrutturata e le salme rimosse e custodite , MA DOVE?.
4°
tappa -
Oggi 2017 la lapide è quasi illeggibile e abbandonata fra un mucchio di
altre lapidi, dritto in fondo al cimitero di Alfonsine, dove sono i bagni.
(vedi foto iniziale)
5°
tappa -
Oggi (2018) ad Alfonsine quasi nessuno si ricorda di
Antonio Zampighi.
Ma si può sempre rimediare...
…
SORPRESA!!! TROVATE LE OSSA DELL’ING. COMUNALE
ANTONIO ZAMPIGHI, DEL NIPOTINO E DELLA MOGLIE!..
E
ADESSO TOCCA AL COMUNE…
"Curioso e triste destino di Antonio Zampighi. Ombra tra le
ombre del passato, tutto di lui è svanito. Così “come lacrime nella
pioggia”" ha scritto Giovanni Zanzi.
Finché ci siamo messi in moto noi di “Alfonsine mon amour”
L’ing.
Comunale Antonio Zampighi, progettatore e costruttore di tutto il
centro di Alfonsine, (che andò poi distrutto con la guerra), nel 1890 era
pure stato eletto sindaco di Alfonsine, ma la cosa gli portò sfortuna: la
moglie Teresa Bianchedi morì in quello stesso anno. Nel 1893 morì il suo
nipotino Antonio di appena 10 mesi. Lui stesso, ammalatosi fin dal 1893,
morì il 31 dicembre 1895.
Tutti e tre furono sepolti nel vecchio camposanto. Quando poi dal 1899,
inaugurato il nuovo cimitero, via via i corpi inumati furono traslocati,
nel 1910 per concessione dell’amministrazione comunale i resti di Zampighi e
dei suoi due famigliari furono esumati e composti nel loculo 41, alla
parte sinistra del nuovo cimitero.
MA NEL 2008 QUELLA PARTE FU RISTRUTTURATA
E LE
SALME RIMOSSE
E CUSTODITE IN SACCHETTI APPOSITI PER ALMENO 10 ANNI.
La
lapide rimossa fu abbandonata tra le tante e da noi ritrovata, su
indicazione di Giovanni Zanzi.
E le ossa di Zampighi e dei suoi cari?
Anche quelle riposavano dimenticate in qualche angolo della città dei
morti, finché nel 2017 uno 007 alfonsinese ha trovato il sacchetto delle
ossa di A.Zampighi, della moglie Teresa Bianchedi e del nipotino Antonio Zampighi di
Girolamo, conservate in un sacchetto, in mezzo a tante altre, esumate dal
Comune, per rivendere i loculi ristrutturati (quando i parenti o eredi non
si fossero resi disponibili). Ma in questo caso erede era
l’amministrazione comunale che doveva decidere dove ricollocarle.
Già,
perché, come si legge dalla lapide che fu rimossa dal Comune stesso nel
2008, si trattava di un loculo di proprietà del Comune, per cui spettava
(e spetta) al Comune stesso decidere dove ricollocarla, dopo averla
distrutta.
E
NEL 2019 IL 2 NOVEMBRE
LA
lapide E LE OSSA di antonio zampighi e famigliari SONO STATE
RICOLLOCATE in un nuovo loculo
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