Un’alfonsinese a San Francisco
Rita Venturini, sorella di Guido Venturini, noto deesigner, partita nel ‘91 da Alfonsine per l’America, è stata da noi rintracciata via Internet (1996)

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"Ho trovato un centro diverso in questo posto, più vicino al mio cuore. Non faccio più la ricerca universitaria. Forse inizierò ad occuparmi di "medicina alternativa".
Come tanti romagnoli cresciuti con il rispetto del comunismo non avevo mai pensato di volere vivere in America. Non avevo mai neppure pensato di visitarla. Ma la mia carriera (ricercatore scientifico) sembrava "richiedere" almeno un passaggio negli States. E’ il 7 gennaio 1991, piove a dirotto in Italia. Familiari, amici, moroso mi accompagnano alla stazione di Bologna, poi a Roma mi imbarco per gli States. Dopo varie traversie, tutte peggiorate dal mio inglese zoppicante, arrivo finalmente a San Diego.

 

Luce. E’ ancora la prima cosa che ricordo.

Il sole brilla in un cielo completamente blu, le macchine scorrono sornione su delle autostrade gigantesche. E poi una esplosione di natura ovunque. Sterlizie, palme, cactus, rododendri, eucalipti, pini, tutti gli alberi possibili e immaginabili. E animali che corrono nei giardini, nei parchi ovunque. Opossum, orsetti lavatori, puzzole, scoiattoli a non finire. Sembra di essere in un film di Disney. Mio fratello è con me, affittiamo il mio primo appartamento "amaracano".

C’e’ una moquette gialla e marrone, anni ’70, e un cucinino minuscolo.Anche una piccola piscinetta nel mezzo dell’edificio pieno di appartamenti uguali al mio. I vicini sono carini, mi regalano una pianta e un liquore indecifrabile. Compriamo per mille dollari una macchinona traballante e iniziamo ad esplorare il mondo. L’oceano domina la vita. Dove vivo i surfisti si ritrovano al tramonto ad applaudire lo spettacolo.

Un anno diventa due e poi tanti. Cambio tante case, lavoro in diversi laboratori. Tutti all’Istituto Salk, un blocco di architettura moderna davanti all’oceano, dove i giovani ricercatori si ritrovano a mangiare panini pieni di maionese mentre altri pazzi volano con il deltaplano sulle scogliere appuntite. C’e’ un amico di Lugo nello stesso istituto. Parliamo in dialetto e scorazziamo insieme per le strade della California.

Il lavoro procede e dopo 5 anni sono pronta a muovermi di nuovo. Ho un fidanzato inglese (che diventera’ mio marito presto) e decidiamo insieme di spostarci a

San Francisco

Una citta’ mito. Il 68, la beat generation, adesso Silicon Valley.

San Francisco sembra essere la culla di una continua rivoluzione. Dopo anni passati nel conservatorismo del sud siamo pronti per vedere dove arriva il liberalismo americano. A San Francisco per la prima volta l’America mi lascia senza fiato. World of opportunity diventa piu’ che uno slogan. Cammini per le strade, entri nei caffe’, mangi nei ristoranti ed è chiaro, a te e agli altri che tutto è possibile. E allo stesso tempo il senso di comunità, che non ho mai sentito in 5 anni di San Diego, è fortissimo. Siamo qui insieme. Tutti.

Vedo tanti turisti Italiani downtown, pieni di pacchetti e carte di credito. Mi dispiace un po' per loro, ma San Francisco non è una città da visitare. E’ meravigliosa, la baia, il Golden Gate, sono posti stupendi. Ma non si capisce nulla del posto visitandoli. San Francisco e’ la gente, le feste con meditazione collettiva, le chiese che affittano le serate a gruppi culturali che organizzano rave. Nonostante i pregiudizi anti-New Age, è impossibile non farsi coinvolgere dalla spiritualità profonda di questa comunità. E dall’eccitazione di un posto che fa convergere milioni di menti da tutto il mondo. Tutti vengono per stupire, ma piano piano rimangono invece stupiti e innamorati.

Ho trovato un centro diverso in questo posto. Piu’ vicino al mio cuore. Non faccio piu’ ricerca universitaria. Forse iniziero’ ad occuparmi di medicina alternativa, chissa’. Quello che mi portera’ piu’ vicino agli altri, perche’ mi pare che sia l’unica cosa importante. Sto per comprare una casa qui. E’ un legame troppo forte. Ma penso di passare solo una parte dell’anno negli USA.

Poi il resto si vedra’, di certo tanti mesi ad Alfonsine

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