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Enodio Corelli

UN RAGAZZO DI LONGASTRINO (Alfonsine)

 E LA SUA STORIA INCREDIBILE, TRISTE E AVVENTUROSA

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(cliccando o toccando qui c'è anche il libro di tutta la storia della famiglia di origine: "i Rumanen" 

(p.s. Ho deciso di pubblicare comunque questo libro, semplicemente come documentazione di una storia famigliare. La pubblicazione non significa condivisione. Molte opinioni politiche interne al libro fatte dall'autrice non sono certo condivisibili, e valutazioni storiche sarebbero da contestare perché superficiali e non vere, o non documentate. 
Si capisce chiaramente il taglio tipicamente anticomunista e anche contro la resistenza, che l'autrice in alcune pagine lascia emergere. L. L.)

a cura di Luciano Lucci

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 Enodio Corelli con la famiglia, il padre Romano Corelli, la madre Irene Leoni (Rina), un fratello e cinque sorelle, abitava a Longastrino.

I suoi genitori ebbero dieci figli: nel 1897 Lucia Adele, poi nel 1900 Olga. Nel 1901 Antonia. Nel 1904 Gaetano (morirà nel 1917). Nel 1906 Enodio (morirà di pertosse nel 1910). Nel 1908 Goffredo. Nel 1910 Francesca. Nel 1912 Enodio secondo e infine nel 1915 Marianna.

Ogni giorno andava al lavoro in bicicletta da Longastrino ad Alfonsine (15 km.)

A mezzogiorno andava a pranzo presso la famiglia Montanari (i Marlé) che avevano casa presso il ponte sul Senio, sulla via Reale. La signora Montanari (moglie di Mario Montanari "marlé" si chiamava Ida Calderoni, ed era maestra a Borgo Fratti e Borgo Cavallotti, madre della Maria la futura maestra) era di famiglia originaria  Longastrino ed era parente dei Corelli.

ll fratello era Goffredo Corelli sposato a una parrucchiera di Longastrino di nome Mariuccia. Ebbero una figlia di nome Roma, che sposata visse (e vive tuttora) ad Alfonsine. Goffredo quando rimase vedovo si trasferì ad Alfonsine presso la figlia Roma, che sposata con  Abele Dragoni, ebbe due figli Eva e Davide.

Un’altra sorella era Alberta Corelli che sposò Alfeo Bonafé, nonna di Gianni Bonafé e visse a Longastrino. Un’altra sorella ancora si chiama Adele, che abitava a Longastrino poi si sposò con Tosi e si trasferirono a in provincia di Treviso, con la figlia Romana Tosi (autrice del libro di famiglia). 

Da ragazzo Enodio, alla fine degli anni ‘20 del secolo scorso faceva l’apprendista presso la bottega noleggio e riparazione auto di Cacchi, dietro al Comune di Alfonsine

Sposò Miriam Valdegrani 

Si sposò giovane, avendo messo in cinta una ragazza di Longastrino: Miriam Valdegrani, figlia unica, i cui genitori avevano un negozio di alimentari e tabacchi al di là del Po vecchio e cioè in provincia di Ravenna. Era una famiglia benestante ed avevano una casa grande con la cucina ed il negozio al pianterreno e le camere da letto al piano superiore: per quei tempi era una casa signorile. Nel 1935 nacque loro Romano.

Militare in Somalia nel 1935 e poi nel 1937 a far fortuna ad Addis Abeba.

Nel 1935 Enodio fu richiamato militare e fu mandato a Trieste. Qui lavorava a condurre e sistemare i camion che sarebbero serviti per l'Africa ed aspettava l'ordine di partire per la Somalia.  

 

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L'officina di Cacchi, ad Alfonsine, dove Enodio 
imparò a fare il meccanico di auto.

Miriam Valdegrani

 

 

 

 

 

 

 

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Romano Corelli

Arrivò l'ordine di partire per la Somalia. Fu mandato a Napoli, da qui tutti quei giovani militari con i loro camion furono imbarcati per la Somalia.

Enodio rimase a Mogadiscio fino al 1937, si congedò, e con altri commilitoni partì alla volta dell'Etiopia e decise quindi di andare a far fortuna ad Addis Abeba, e si stabilì in questa città. Dopo la conquista della città nel 1936 con tre anni di guerra, guerriglia e occupazione, il totale controllo degli italiani su tutto il territorio etiope ci fu solo dal 1939. Molti italiani emigrarono in Africa in cerca di fortuna, c'erano strade da fare, bisognava costruire infrastrutture e case, gli affari andavano bene, si lavorava sodo e si viveva tranquilli. 

 Qui Enodio, sfruttando la professionalità acquisita, aprì un negozio di riparazione auto e altri mezzi a motore. C'era bisogno di meccanici, il lavoro era assicurato. 

Si fece raggiungere ad Addis Abeba dalla moglie Miriam e dal piccolo Romano. 

Le cose andarono bene e così si fece raggiungere dalla moglie Miriam e dal piccolo Romano. 

Miriam partì fra le lacrime e gli abbracci dei parenti; prima tappa di quel lungo viaggio sarebbe stata Fiorenzuola, perché doveva fare il viaggio con un'altra signora che pure lei doveva raggiungere il marito ad Addis Abeba. Le due signore arrivarono a Napoli e qui trovarono molte mogli come loro, civili ed anche militari che dovevano imbarcarsi; fecero amicizia con le altre donne, soprattutto con quelle che sarebbero arrivate ad Addis Abeba.

Enodio e Miriam ebbero poi ad Addis Abeba una figlia Alma.

Il 10 giugno del 1940 l’Italia entrò nella seconda guerra mondiale; Hailé Selassié, a capo della guerriglia etiope, si alleò con le forze britanniche e insieme ai combattenti etiopi riuscì a riconquistare il Paese. Hailé Selassié rientrò ad Addis Abeba il 5 maggio del 1941.  

Con la riconquista degli etiopi e degli inglesi di Addis Abeba gli uomini italiani furono rinchiusi in campi di concentramento

Internarono in campi di concentramento tutti gli uomini italiani ed anche Enodio vi fu rinchiuso. Molte donne erano già rimpatriate, ma Miriam non ne voleva sapere. 

Come Enodio organizzò 
la fuga di Miriam e dei due figli verso l'Italia

Enodio di notte riusciva ad uscire dal campo e con degli etiopi amici organizzò la fuga di Miriam ed i bambini verso l'Eritrea. 

In un camion pieno di legname ricavarono una piccola stanza vi fece nascondere la moglie con i bambini e riuscì a farli fuggire, altrimenti sarebbero finiti anche loro in campo di concentramento. 

Il viaggio da Addis Abeba a Massaua fu massacrante ma alla fine  Enodio era riuscito quindi a far rimpatriare la moglie e i due figli, tramite una nave della Croce Rossa. 

E dopo avventure e pericoli vari nell’attraversare il Mediterraneo e Adriatico in piena guerra mondiale, riuscirono ad arrivare a casa. 

Miriam e i due figlioletti si stabilirono presso la madre di lei Irene (Rina) a Longastrino.  

 

 Fuga in Eritrea di Enodio

Intanto Enodio con alcuni amici fuggì dal campo di concentramento inglese di Adis Abeba e iniziò una lunga marcia verso l'Eritrea: volevano raggiungere l'Asmara: furono di nuovo presi e fatti prigionieri all'Amba Alagi ed internati di nuovo in campo di concentramento. 

 

Enodio scappò di nuovo, era sempre stato uno spirito ribelle e non sopportava la limitazione della libertà: dopo molte peripezie, con altri pochi amici, arrivò in Eritrea, dove c'era ancora una certa tranquillità e soprattutto era sereno perché: sapeva la sua famiglia al sicuro in Italia.

Ma un triste e atroce destino determinò 
la morte della moglie Miriam e dei loro due figli.

Durante un bombardamento fu colpito proprio il rifugio dove erano riparati i tre, compresi i genitori di lei, dentro il rifugio costruito dietro il negozio dei Valdegrani.  

 

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Miriam Valdegrani Corelli

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Alma Corelli

Romano Corelli

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Valdegrani, padre di Miriam

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Valdegrani, madre di Miriam

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La tomba di Miriam, dei suoi due figli Alma e Romano e dei genitori Valdegrani si trova nel cimitero di Longastrino, ristrutturata all'inizio anni '70, con l'inserimento di foto, compresa quella di Enodio che era deceduto in Australia nel 1971, dove giace nel cimitero di Adelaide

        

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Al mattino del 10 Aprile 1945, si udì il rombo dei bombardieri in formazione, tutti fuggirono al fosso, fecero appena in tempo a nascondersi che iniziò il bombardamento: fu l'inferno, le bombe scendevano a grappoli sul paese, era tutto fuoco, fiamme, polvere e scoppi paurosi. Chissà quanto durò tutto questo! Certo è che sembrò un'eternità. Finalmente gli aerei se ne andarono, e quando il fumo e la polvere diradarono, il campanile della chiesa non c'era più. Tutti corsero angosciati verso il paese: molte persone erano solite rifugiarsi e passare la notte nei rifugi; la disperazione aumentava man mano che si avvicinavano al paese camminando sui bordi di buche profondissime, gli occhi attoniti ed increduli, sui mucchi di macerie che erano là al posto delle case: l'osteria di Neo non esisteva più, così come la casa - bottega dei Valdegrani, quella di Pasi, la chiesa, il forno, tutto macerie e desolazione. Le urla dei sopraggiunti erano strazianti, i due rifugi erano distrutti e da sotto quello sfacelo non usciva un lamento, una invocazione. Erano tutti morti!

 

 

 

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L'Irene chiamava la nuora Miriam ed i suoi due nipotini, Alma, Romano e i consuoceri; l'Antonia si stringeva alla madre, disperata perché pensava che il marito Amerigo, rimasto in paese, si fosse rifugiato in uno di quei due buchi che erano diventate tombe, come infatti era avvenuto. 

 

Antonio Tosi, marito dell'Adele, era corso anche lui, perché suo fratello Angelo Tosi con la moglie e la figlia, poco più che ventenne, sfollato da Alfonsine, era solito andare nel rifugio di Pasi: e lì erano morti tutti e tre: non ci sono parole per descrivere tutto quel dolore e disperazione.

Il giorno dopo, 11 Aprile 1945, arrivarono gli inglesi al comando del generale Alexander, sbarcarono attraverso le valli allagate, arrivarono con i mezzi anfibi risalendo la fossa della Menate.

Enodio, finita la guerra, era ancora in Eritrea, a l'Asmara, e non aveva ancora saputo della tragedia 

Mamma Irene, aiutata da Mariuccia e dagli altri parenti, scrisse una lettera ad Enodio per comunicargli la grave tragedia da cui era stato colpito.  

Alceste Vandini, un amico di Enodio, era in partenza per l'Africa, dove voleva raggiungere il padre Albertino ed i fratelli Ettore, detto "e Negar", e Giacinto, detto "Cinto", che erano all'Asmara ed anche loro erano meccanici. A lui Irene consegnò la lettera dove lo informava della tragica morte della moglie e dei suoi due figlioletti.

Era angosciato e preoccupato per la orrenda notizia di cui era latore; arrivò dopo molto navigare a Massaua e iniziò il viaggio verso Asmara, abbracciò fra le lacrime il padre ed i fratelli, raccontando loro tutto ciò che era successo a Longastrino. La loro famiglia era tutta salva, ma doveva dare la brutta notizia ad Enodio. 

Si recarono da lui e con il maggior tatto possibile gli dissero ciò che era accaduto al paese.

  Enodio sembrò crollare sotto quella mazzata e gli amici lo sostennero abbracciandolo, era impietrito dal dolore come se gli avessero strappato il cuore dal petto, le lacrime questi uomini forti, che ne avevano viste e patite tante, sgorgavano senza freno dai loro occhi. Arrivarono altri italiani e tutti cercavano di confortare come potevano quel povero essere così dolente, oltretutto pieno di rimorso per aver voluto che Miriam ed i piccoli rimpatriassero, quando lei non voleva sentire parlare di lasciare solo il suo amatissimo Enodio.

Passarono i giorni senza che riuscisse a lavorare, la vita ormai gli sembrava senza scopo, di notte non dormiva e non faceva altro che fumare una sigaretta dopo l'altra, leggendo e rileggendo la lettera della madre, non riusciva a farsene una ragione.

Dopo mesi Enodio rispose con una lettera alla madre in cui diceva che non sarebbe mai più tornato a Longastrino

Dopo tanti mesi finalmente arrivò, una lettera di Enodio, così penosa e dolorosa, che l'Irene non smetteva più di piangere: diceva fra le altre cose che non sarebbe mai più tornato a Longastrino, ormai la sua vita era spezzata e pensare di tornare a vivere dove la sua famiglia era stata sterminata in modo così tragico, l'avrebbe fatto morire di crepacuore. La madre si sentì strappare l'anima e non avere il figlio vicino per poterselo stringere fra le braccia e consolarlo la gettò in una profonda depressione: non faceva altro che piangere giorno e notte. Scrisse ad Enodio supplicandolo di tornare, perché lei cominciava a farsi avanti negli anni e voleva riabbracciarlo ancora prima di morire; ogni tanto arrivava qualche lettera ed Irene si sentiva sollevata perché almeno sapeva il figlio in buona salute; sperava che il tempo lenisse il suo dolore, e lasciasse il posto alla speranza.

Dopo quasi due anni Enodio tornò a Longastrino

L'Irene viveva nella speranza di riabbracciare anche Enodio, il quale finalmente, dopo quasi due anni, scrisse che sarebbe tornato. 

Arrivò nella primavera del 1947: le preghiere della Rina erano state esaudite. Molti nipoti non se lo ricordavano, perché quando era partito erano piccolissimi e guardavano con grande stupore questo, per loro, nuovo zio. Dopo tanti dolori c'era un po' di gioia anche per l'Irene.

Passati alcuni mesi da che era a casa, Enodio, col maggior tatto possibile, disse alla madre che siccome aveva prestato dei soldi ad un amico che era andato in Australia, e per quanto scrivesse chiedendogli la restituzione del prestito, tergiversava e rimandava, aveva deciso di partire pure lui per quel lontano paese. "In Australia"? disse Irene. Nessuno ne aveva neanche sentito parlare. "Ma è più lontano dell'Africa"? "Mamma, è dall'altra parte del mondo, ci vuole più di un mese di nave per arrivarci". L'Irene e Goffredo lo pregavano di rimanere, avrebbe potuto aprire un'officina, se non a Longastrino in qualche città vicina, Ravenna o Ferrara, ma lui non aveva nessuna intenzione di fermarsi in Italia. 

Restò quasi un anno, passando un po' di tempo in giro dalle sorelle, a Pontedera dalla Francesca, o a Ferrara dall'Olga. Il dolore per la perdita della sua famiglia si era riacutizzato e per questo a Longastrino ci stava il meno possibile, cercava di non passare per quella piazzetta che aveva preso il posto di quella che era stata la sua casa: riandava con il ricordo ai giorni felici con Miriam ed il piccolo Romano, un nodo gli stringeva la gola e le lacrime, per quanto cercasse di ricacciarle indietro, sgorgavano incontrollabili. 

Ripartì fra le lacrime di tutti i parenti, soprattutto della mamma, perché in cuor suo sapeva che quel figlio non lo avrebbe più rivisto, anche se sperava tanto che potesse rifarsi una vita e ritrovare la gioia di vivere. Era rimasto vedovo a trentatre anni, ora ne aveva trentacinque, e sarebbe stato più che giusto che pensasse a rifarsi una famiglia, per non essere così solo in giro per il mondo. 

Enodio rimase in Africa ancora per un anno, doveva chiudere quell'esperienza, vendere tutto ciò che possedeva, casa, officina, sistemare i conti, incassare i crediti, e quando ebbe sistemato ogni cosa partì per questa nuova avventura. 

In Australia nel 1949

Scrisse che era arrivato in Sud Australia e si era stabilito a Tailem Bend, un paese quasi sperduto, distante molti chilometri da una città grande ed importante, Adelaide; era riuscito a riavere i soldi dall'amico a cui li aveva prestati e si apprestava ad aprire una officina perché il lavoro laggiù prometteva bene. 

Era il 1949, Irene era contenta che il figlio avesse ritrovato l'entusiasmo e facesse nuovi progetti: avrebbe voluto che scrivesse più spesso, ma ciò che contava era che ad ogni lettera lo sentiva più sereno.

Irene morì nel 1950

A Novembre l'Irene sbattè un piede contro lo spigolo del gradino della scala, e le si formò una trombosi. Non riconosceva più i parenti, però, leggeva le preghiere del suo messale. Provarono a scrivere su di un foglio che era arrivata l'Olga, lei lo lesse e disse: "L'Olga è a Ferrara", invece era lì vicino a lei, una cosa stranissima. Morì il 12 Dicembre 1950, attorniata dalle sue figlie, da Mariuccia e da Goffredo.

Antonia ammalata di un tumore all'utero morì dopo un mese.

Scrissero ad Enodio dell'accaduto, le lettere impiegavano mesi per arrivare, non c'era ancora la posta aerea.

Enodio fidanzato con una ragazza italiana che abitava a l'Asmara

 Rispose addolorato, anche perché, non aveva fatto in tempo a dire alla madre che prima di partire per l'Australia si era fidanzato con una ragazza molto più giovane di lui e che aveva intenzione di sposarsi: era anche lei in Asmara, però era di origine italiana per la precisione di Montese di Modena. 

Alberta arrivò con la madre a Longastrino e si sposò per procura con Enodio

Sarebbe rientrata presto in Italia con la madre e sarebbe venuta a Longastrino a conoscere i futuri parenti: si sarebbero sposati per procura, perché la madre non l'avrebbe lasciata partire senza la fede al dito. 

Arrivarono a Longastrino e furono ospiti di Goffredo e Mariuccia. 

Alberta, una ragazzina, che di cognome faceva forse “Zanni”, originaria di Montese, un paesino della provincia di Modena, era poco più grande delle nipoti di Enodio, molto carina e simpatica, con una risata allegra e contagiosa. Portò tanta allegria e con Roma, Valeria, e Romana tornò il buon umore. 

Rimasero per un po' di tempo, poi ripartirono: c'erano i documenti da preparare per il matrimonio per procura ed anche quelli per l'espatrio. In casa di Goffredo ci si preparava per il matrimonio, anche qui c'erano da preparare un sacco di documenti e dispense. Quando fu tutto pronto, Alberta con la madre ed una nipote, tornarono a Longastrino. Il vestito da sposa era pronto, era di pizzo azzurro, come l'acconciatura. Venne il giorno delle nozze, Goffredo prese il posto di suo fratello Enodio vicino alla sposa, tutti i parenti erano presenti. La formula del matrimonio variava solo per il fatto che il sacerdote chiese a Goffredo se voleva prendere in moglie l'Alberta in nome e per conto di suo fratello: Alberta piangeva, perché forse aveva sognato di avere vicino il suo amatissimo Enodio. Si festeggiò ed Alberta rimase in casa dei cognati in attesa dell'imbarco. Andò parecchie volte a Roma e a Bologna, fu sottoposta a visite e vaccinazioni. L'iter burocratico fu lungo e quando non era impegnata con carte timbri e visti scriveva lunghe lettere al marito. Era molto impaziente di partire perché erano quasi due anni che non si vedevano, le nipoti le chiedevano se non avesse paura a dover affrontare quaranta giorni di navigazione da sola, lei rideva e diceva che tanto non avrebbe potuto andarci a piedi. Il canale di Suez era ancora chiuso, ostruito dai relitti delle navi affondate durante la seconda guerra mondiale, avrebbe dovuto doppiare il Capo di Buona Speranza, l'estrema punta sud dell'Africa, che nonostante il nome benaugurante, si sapeva terribile per le tempeste ed il mare sempre molto agitato per lo scontro fra l'Oceano Atlantico e l'Oceano Indiano.  

Alberta non vedeva l'ora di partire ed arrivare a casa da Enodio, finalmente arrivò il giorno della partenza, i parenti l'accompagnarono a Genova in macchina, col taxi di Masen ed altre macchine di amici. Assistettero all'imbarco di Alberta, aspettando che la nave salpasse, fra lacrime e sventolio di fazzoletti fino a quando la nave non sparì all'orizzonte. Fu accompagnata dalla propria madre Emilia Zanni (1889-1980), che si vede nella foto della lapide.  

In Australia, Alberta ed Enodio ebbero tre figli, due maschi (Claudio e Carlo) e una femmina (Alma).

Sono venuti diverse volte in Italia ospiti di vari cugini e cugine, a loro volta andate a trovarli ad Adelaide.

Claudio e Carlo Corelli hanno figlie femmine. C'è anche Alma, che ha un maschio, ma ovviamente porta il nome del padre.

 

Enodio morì nel 1971 a 59 anni

 Alberta rimasta vedova nel 1971 si è risposata con un italiano e vivono ancora tutti ad Adelaide. (2020)

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Enodio Corelli

 

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