Alfonsine


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Il "Fosso Vecchio"

"E foss vecc"

a cura di Luciano Lucci  

Nel mese di maggio nel territorio romagnolo ci sono stati due eventi alluvionali: il primo il 3 maggio e il secondo il 14 maggio che hanno visto il Fosso Vecchio non reggere la pressione e la quantità di acqua arrivate. 

C'è stata anche una rottura dei suoi argini in zona Villanova di Bagnacavallo e Villa Prati.

Le acque del cosidetto COMPARTO FOSSO VECCHIO hanno riempito i fossi di scolo e tutti i canali più importanti, escluso il Canal Naviglio, che non svolge questo ruolo di ricevere le acque di scolo, e che ha impedito all'acqua di passare nella zona di Alfonsine vecchia.

Fosso Vecchio a Villa Prati 3 maggio 2023

Fosso Vecchio a Villa Prati 17 maggio 2023

Fosso Vecchio a Villa Prati 20 maggio 2023

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Fosso Vecchio tra Bagnacavallo e Naviglio in zona di Alfonsine 

17 maggio 2023

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Fosso Vecchio tra Bagnacavallo e Naviglio in zona di Alfonsine 

20 maggio 2023

 

 

 

 

COMPARTO FOSSO VECCHIO

(questa parte è tratta dal libro di Osvaldo Contarini "Vivere in Romagna sott'acqua" da  pag 392 a pag. 414)

Nella zona tra i fiumi Senio e Lamone, denominata come Comparto Idraulico Fosso Vecchio del Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale, ci sono sei canali principali che drenano le acque superficiali nel Canale in Destra Reno: il Canale Porto 1°, il Naviglio, Fosso Vecchio (col Vetro e Munio) e Canale Basilica

Nella parte finale dalla Molinazza al Destra Reno il Fosso Vecchio (col Vetro e Munio) prende il nome di Canale Pignatte Primo.

Si vedono i principali condotti di acque superficiali (chiare) tra Senio e Lamone, con i tre canali, Munio, Vecchio e Vetro, che sboccano nel Canale in Destra del Reno, col Canale Naviglio alla sinistra ed il Canale Basilica a destra. 

A: "botte a sifone" del Senio. 

In verde sono rappresentati i principali scoli di drenaggio delle acque superficiali. 

In marrone sono rappresentati il Canale dei Mulini ed il Canale Naviglio Zanelli. 

In giallo le principali vie di comunicazione della zona.

Il Fosso Vecchio 

origina da canali di scolo
 
nella zona ad ovest di Faenza.

 Nel suo corso verso nord-est riceve acqua da parecchi affluenti lungo il suo tragitto. A nord di Granarolo passa sotto il Canale Emiliano Romagnolo (CER). Prima di raggiungere la periferia ad est di Bagnacavallo riceve i Canali Cotignola, Reda e Boncellino.

 

 

Quasi a ridosso della Via Reale (SS 16) confluisce col Fosso Munio alla sua sinistra.

 

Il Fosso Vecchio viene raggiunto a sinistra dal Canale Naviglio che lo affianca, mentre a destra era già accompagnato dal Canale Basilica. Indipendenti l'uno dall'altro arrivano alle loro foci in modo separato.

A sud della SP 105 riceve dalla destra il Fosso Vetro. A nord della SP 105 alla destra si associa, senza confluenza, col Canale Basilica ed alla sinistra col Canale Naviglio. Il Fosso Vecchio da qui cambia nome a Pignatte Primo, che sfocia nel Canale in Destra Reno con tre foci separate. 

 

Originariamente tutto il territorio veniva drenato delle sue acque superficiali da soli tre canali, con l'aggiunta poi del Canale del Mulino, che spagliavano liberamente nella Valle di Ravenna.

Zona tra Senio e Santerno nel XVII secolo. I quattro canali, Fossato Demonio, Can. Del Molino, Fossato Vechio, Fossato Vedro, sfociano direttamente nella Valle di Ravenna. 

Il Canale del Molino di Bagnacavallo attingeva acqua dalla chiusa sul Senio in Zona Chiusa. Dalla stessa Chiusa, a sinistra del Senio, riceveva acqua il Mulino di Fusignano. 
(dettaglio di mappa di G. B. Aleotti, 1603. Archivio di Stato di Modena, Carte Geografiche N° 48/A: Il Territorio della Romagna Estense nella "Corografia dello Stato di Ferrara..." )

Poi quando la zona di palude venne ridotta, come indicato dalla mappa sottostante del 1687, i quattro canali sono con un solo tronco nella porzione orientale della Valle del Passetto (poi Savarna). 
(mappa sopra) 

IL CANALE PORTO PRIMO

Questo canale raccoglie le acque di superficie della zona dell'ex-fornace. Nasce come un semplice fossato e poi prosegue perpendicolarmente fino alla strada provinciale 105, che poi costeggia per un po', e all'incrocio verso la "Molinazza" tira diritto fino all'immissione nel Canale Destra Reno.

 

IL CANALE BASILICA

Raccoglie acque di superficie nella zona ad ovest del Lamone ed a nord della ferrovia Ravenna-Alfonsine, con decorso a nord-ovest fino a ridosso del Canale Fosso Vecchio, senza confluirvi, e che poi accompagna fino al Canale Destra Reno. 

Incrocia la strada provinciale “detta anche “Molinazza” e qui riceve come affluente il Canale di Conventello che da sud est corre verso ovest lungo la “Molinazza” (SP105) e drena l’area a sud della strada.

  

IL FOSSO VETRO

Il Canale Fosso Vetro origina dai canali di scolo della zona sud di Boncellino. Dirigendosi verso nord, dopo aver passato via Cogollo viene raggiunto dal Canale Aguta e dal Canale Fosso Nuovo il quale origina ad est di Bagnacavallo.

    

 Dopo aver attraversato Via Cocchi riceve parecchi canali di scolo dalla zona a ovest del fiume Lamone. Al livello di via Reale (SS 16) scorre a poche decine di metri ad est del fiume Fosso Vecchio in cui sboccherà a sud della SP 105 detta Molinazza.

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IL FOSSO MUNIO

Origina a sud di Bagnacavallo e riceve acque dal Canale Cotignola Inferiore nella zona della rotonda per la strada per Faenza (SP 8), prima del raccordo autostradale della E45 per Ravenna. A nord del raccordo autostradale per Ravenna raccoglie acque dei canali.  Proseguendo verso nord raggiunge la Pieve di S. Pietro in Silvis, dove si colloca sul lato ovest della Via Pieve Masiera che poi abbandona a livello della zona Casalino, procedendo verso nord e ricevendo fossi e canali locali

Dalla zona Casalino il Fosso Munio prosegue lungo il lato est di via Sbiaggia fino all'incrocio con via Stradello, dove cambia direzione verso est fino a via Chiara dove gira verso nord-est. Prima di via Chiara riceve tutti i fossi locali e i Canali Masiera inferiore e superiore, come pure il Canal Pieve.

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Punteggiato in verde il corso finale del Fosso Munio; in rosso il corso del Canale Naviglio. 
A: incrocio di Via Stradello con Via Sinistra Fosso Munio; 
B: incrocio con Via Bastogi; 
C: sotterranea tra Naviglio e Fosso Munio; 
D. confluenza del Fosso Munio col Fosso Vecchio. 
Prima di incrociare il Canale Naviglio il Fosso Munio riceve tutti i canali di scolo della zona Rossetta alla sua sinistra 

 

Qui sotto si vede l'incrocio tra Canal Munio, Canal Naviglio e la Strada Provinciale che fiancheggia il Naviglio.

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LA STORIA ANTICA 
DEL FOSSO VECCHIO
(un viaggio indietro nel tempo)

Nei giorni del maggio 2023 il Fosso Vecchio fu nominato parecchie volte per l’esondazione delle acque dai suoi argini e per l’allagamento dei campi.

Eppure il suo fascino rimane intatto, e l’origine misteriosa stessa del suo nome (insieme a quella del fratello “Fosso Vetro” e dell’altro “Fosso Munio" (o "Demonio" in certe antiche mappe) mi spingerà a ricercare indietro nel tempo addirittura fino agli antichi etruschi. Ne vedremo delle belle finché brillano le stelle.

COMINCIAMO DAGLI ANNI ‘60

Il ponte sul canale Fosso Vecchio ha rappresentato per molti degli adolescenti di Alfonsine dei primi anni ‘60 una specie di Colonne d’Ercole: luogo di frontiera che, nell’immediato dopoguerra, veniva scelti dai più temerari per veder sfrecciare i bolidi delle "Mille Miglia"

 .

 Poi negli anni ‘50, per guardare affascinati il passaggio delle Volkswagen di turisti tedeschi, che tornavano per una nuova invasione, questa volta pacifica. 

Addio al Maggiolino, auto del popolo e icona di libertà- Corriere.it

Infine nei primi anni sessanta, tutta la via Reale, dal ponte di Taglio Corelli a quello del Fosso Vecchio, divenne il luogo dove teenagers sognatori di James Dean e Marlon Brando ingaggiavano duelli in corse sfrenate (perché i freni non funzionavano), in sella ai primi motocicli ‘48 c.c. al fil di ferro, marca "Demm".

 

 

PROCEDETE QUINDI COL DOVUTO SUSSIEGO QUANDO PASSATE PER LA VIA REALE AL PONTE DEL FOSSO VECCHIO E VETRO: È UN LUOGO CON L’ANIMA.

GLI ANNI DEL MEDIOEVO

(un viaggio indietro nel tempo)

Le prime mappe in cui appare il nome "Fosso Vecchio" sono del del 1460, ma probabilmente sono copie rifatte da mappe più antiche.

JOHN HAWKWOOD

E LA BASSA ROMAGNA

Sappiamo infatti che attorno al 1380 il famoso "capitano di ventura" ( a capo di truppe mercenarie) John Hawkwood detto "Giovanni Acuto" si era stabilito sulle terre della bassa Romagna da Bagnacavallo a Cotignola, fino a Villanova, e avanti, fino all’argine vallivo dove si formò il nucleo delle “Glorie”. 

Queste terre gli erano state concesse da Papa come risarcimento per mancati pagamenti dovuti a lui e alla sua truppa in quel momento in servizio per il pontefice. Acuto voleva i suoi soldi, ma il Papa Gregorio XI non li aveva. Così a eliminazione del suo debito, il Papa gli attribuì la “signoria” su due cittadine: Bagnacavallo, Cotignola, con terreni paludosi a sinistra del Lamone, fino all'argine vallivo in fondo, che giungevano quindi fino alla zona che successivamente prenderà più tardi il nome di “fundus gloriarum” (ovvero Le Glorie), un territorio di confine aspramente conteso fra Estensi e Polentani. 

 Acuto per valorizzare i terreni acquitrinosi fece sistemare le scoline: “fosso vedro”,’fosso vecchio’, ‘fosso Munio’, che appaiono da allora nelle mappe dell’epoca, ma specialmente realizzò dal nulla delle vere e proprie strade, ovviamente sempre dei tratturi, cioè larghi sentieri erbosi, pietrosi o in terra battuta, adatti ai traini di allora.

Nella mappa sottosi nota 'via de cocla' in basso il Fiumo La..mon nella zona di Villanova, il fiume Segno, e altre che ho segnato in rosso. 

La mappa usa una lingua è comunque molto inusuale nella descrizione dei toponimi. "fussa demonio" (sta per fosso Munio), poi al posto del nome Fosso Vecchio c'è "fussa antique". Il Fosso Vetro è indicato "al fusa Veda (o Neva?)". 

L'impressione è che si tratti di errori di lettura e trascrizione da mappe più antiche, fatta dai copiatori delle mappe.

C'è Fusignano e una chiesina con la scritta Madona di Fusignano che sembra essere San Savino. 
Dove c'è Alfonsine c'è solo una scritta che sembra essere "Teritorio Liunino". Il che daterebbe la mappa oltre al 1520, ma potrebbe anche essere il rifacimento di una mappa anteriore. In basso c'è una chiesina che indicherebbe Villa nova.

 

Queste strade venivano collocate possibilmente su arginelli ed erano per lo più diritte.
La più importante è quella che porta il suo nome: “la Guda” in forma dialettale, all’epoca anche via Acuta o ‘via Aguthe’, oggi via Aguta.

Questa via a cosa serviva?

 La prima parte per collegare Bagnacavallo ad una piccola fortezza detta 'Villa Aguthe’, la seconda parte serviva ad arrivare al ‘fundus gloriarum’ ‘Le Glorie’ 

Mappa odierna in cui si vedono che le attuali vie Cocchi, Viazza Nuova e Viazza Vecchia, partono tutte in modo diritto e perpendicolari alla 'via Aguta', indicando ancora oggi la direzione verso il Senio e verso Alfonsine per favorire le comunicazioni via acqua, col porto o guado della cosiddetta "Predosa"  

MA SOPRATUTTO SERVIVA UNA VIA D’ACQUA TRA BAGNACAVALLO E IL MANTOVANO… E UN PORTO SUL SENIO: LA PREDOSA DI ALFONSINE.

(Alfonsine si chiamerà così 100 anni dopo)

Il ruolo primario della costruzione della via Aguta fu quello di tracciare o potenziare anche tre o quattro drizzagni (canaletti) dritti e più brevi che da lì andavano a scolare a sinistra, verso una serie di canali (Chocla, Vedro, Munio, “canalle” di Bagnacavallo o del molino).

Su questi drizzagni sorsero i tratturi, che oggi sono la Viazza Vecchia, la Viazza Nuova e la via Cocchi.   

Come si può notare dalla mappa qui sopra: era una rete di comunicazioni, una direttrice privilegiata per andare al cosiddetto "porto della predosa", che era proprio sul Senio dove sorgerà Alfonsine (e dove forse già all’epoca qualche nucleo di capanne c’era già).  

  Per concludere, nella zona che va da Bagnacavallo a Villanova fino a quella che ora chiamiamo "Prati", e da lì poi verso Fusignano, Rossetta e Alfonsine, Giovanni Acuto valorizzò il percorso a traino per le chiatte che gli consentivano di comunicare con il ferrarese, il Po, Mantova e Milano, e nello stesso tempo attuò con una certa difficoltà un inizio di bonifica di quei terreni. 

Questa mappa sopra è databile 1460 ed è una delle mappe più dettagliate di questa zona.
 In basso in primo piano il Lamone, poi la chiesa di Villanova, la casa dei Boti, i castelli Pochintesta, l'argine delle Glorie (strada dei confini). La via Aguta, i Prati di Bagnacavallo poi i canali scolanti Fossato Vedro, Fossato Vecchio, il canale del Molino, il Fossato Munio

Più a nord si nota Fusignano, la via di Masiera, poi Alfonsine. Il Senio è immesso in Po, e qui vi è il "magazzeno dei frati" (in alto a destra).

ANDIAMO IN EPOCA ROMANA

(un viaggio indietro nel tempo)

 

C'ERA UN’ANTICA VIA D’ACQUA AL TEMPO DEI ROMANI?

Se lo chiamavano con un nome latino fosso Vetero, cioè “vecchio” alla fine del 1300 d.C. come abbiamo visto nella puntata precedente, significa che la sua origine era molto più antica. 

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Da una mappa antica detta “Tabula Peutingeriana”, (foto sopra) del 120 d. C. (la più antica che si conosca) si hanno alcune informazioni. 

Nella parte di Tabula dedicata all'Adriatico con in basso la strada Emilia, tra Faventia (Faenza) e Forum Corneli (Imola) si nota scritto Sinnium Ft (o Fl?): è il luogo d'incrocio tra la via Emilia e il fiume Senio, a sei miglia da Faenza e a 6 da Imola. Si tratta della zona dell'attuale Castel Bolognese, che all'epoca era segnata come mutationes (semplici stazioni di cambio e si incontravano frequentemente). Due rami del Padum incrociano due strade: una, chiamata ab Hostilia per Padum, può essere individuata col percorso dell'attuale statale 16, e l'altra, la via Popilia, con l'attuale Romea, per certi tratti. Ravenna è alla destra del ramo sud del Po. 

L'incrocio col fiume è segnato con Butrium VI, a sei milia da Ravenna, un mutatio (scambio) prima dell'attuale Sant'Alberto, mentre l'altro si chiama Augusta VI, a sei milia da Butrium, e dove incontrava la Fossa Augusta, nel cordone dunale dove oggi inizia Boscoforte. L'attuale territorio di Alfonsine si trova a ridosso del ramo inferiore del Po dove si incontra con la strada rossa detta "Ab hostilia Per padum". (Da hostilia Verso il po)

I nomi dei corsi d'acqua non sempre figurano nella carta, specialmente quelli meno importanti. Molti fiumi si individuano dall'incrocio che avevano con le strade. Dove c'era questo tipo di incrocio ci doveva essere un guado o un ponte. Questi punti di transito, che una carta stradale doveva mettere in evidenza, imponevano anche un momento di sosta prima di affrontare l'ostacolo del fiume.

Tra la via Emilia e la zona costiera si era formata una grande valle (“Valle Padusa”) (foto sotto)

Interessante la parte inferiore della mappa: si vede la strada Selice detta "strada selciata dai Romani dalla Padusa a Imola". 

 

A sinistra Caput Selice, Conselice. Poi "la Torre degli Eraliotte ora Massa dei Lombardi". 

Al centro della Selva Litana si legge Tempio di Diana ove ora è Lugo LITANA SILVA Tiberiacum Cibeum ad Cabitos (?) Bagnacavallo.

Mappa della Biblioteca Comunale di Ferrara. Rappresenta l'antico ed il moderno Ducato di Ferrara. 
Fu disegnata da Carlo Antonini verso l'anno 1750

 

 

I Romani dopo aver sconfitto i Celti riuscirono a ridisegnare il territorio con la centuriazione e la fondazione di centri abitati, dal 200 al 100 a .C..

L’insediamento di Conselice per esempio fu creato come un porto notevolmente importante in epoca romana, tanto che venne collegato a Imola tramite la via Selice, all’epoca strada di circa 25 km voluta da Appio Claudio Cieco, prefetto romano.

Appio fece costruire la Via Selice, allora denominata via Silex, partendo dalla più importante via Emilia proprio per permettere spostamenti più rapidi e più sicuro verso una località la quale prese il nome da questa strada così importante e divenne Caput Silicis, che significa letteralmente “alla fine della Via Selice”.
Il toponimo, attestato dalla prima metà del XII secolo nella forma di CAPUT SILICIS e successivamente in quella di CONSILICIS, allude alla posizione dell’abitato, sorto dov’era la testata (CAPUT) della via silicata, cioè coperta di selci (dal latino SILEX-ICIS), che da Imola portava alla valle Padusa e quindi al mare Adriatico. (vedi foto sotto)


Ciò risultava fondamentale sia per il commercio imolese sia per quello bolognese, poiché permetteva di comunicare con il mare in modo veloce e sicuro, essendo inserito all’interno di un intrico di canali che si dirigevano verso l’antico Po di Primaro.

Quel porto fungeva da scalo commerciale e il traffico era prevalentemente basato sullo spostamento di uomini e materie prime provenienti da Argenta, Ferrara, Sant’Alberto e Ravenna.

Attorno alle nuove colonie che andavano insediando i romani disposero parte delle tribù celtiche vinte che, generazione dopo generazione, vennero assorbite o integrate. La centuriazione ful'organizzazione agraria dei Romani. Il terreno veniva diviso in centurie, quadrati di circa 710 metri di lato, da ripartire in poderi destinati a una parte di quei popoli celti che furono lasciatisui territori; coloniche potevano restare, o spesso anche legionari romani in congedo.

I resti che segnano queste centurie sono praticamente delle strade rurali che intrecciandosi ad angolo retto formano ancora oggi dei quadrati di circa 710 m. In pratica erano delimitate da sentieri che nel corso degli anni si sono mantenuti diventando poi delle vere e proprie strade.

Nella zona di Maiano Monti, presso Fusignano se ne individuano diverse. (foto sotto). Alcune ben precise con il lato di 700 m. 

A volte però quei sentieri hanno subito lievi variazioni, o addirittura a causa delle inondazioni o dell’espandersi delle valli sono spariti in parte.

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Nella zona di Alfonsine a destra del Fiume Senio, dove arrivavano le acque vallive incanalate qua e là da arginelli di canali (come il Fosso Vecchio), non vi sono tracce di insediamenti romani, ma solo quel nome “fossus vetero” con quel percorso che oggi parte da Faenza e arriva al Destra Reno dopo Alfonsine.

La zona di Alfonsine (foto sotto) era ancora all'epoca invasa da acque vallive perché i fiumi Senio e Santerno non avevano sbocco al mare, in quanto nel sottosuolo erano, e sono tuttora presenti avallamenti e gobbe di rocce su cui il terreno di superficie si è poi assestato, mantenendo però lo stesso andamento. 

Presso Alfonsine c'è una "gobba" (anticlinale) che impediva al fiume Senio di andare oltre. Questo fino a che iniziarono le bonifiche (1460-1760).

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DAL 1600 a.C. AL 400 a.C.
(Minoici, Micenei e poi Etruschi

 

1000 anni prima dei Celti e poi dei Romani, arrivarono i greci e poi gli etruschi a incontrare la città di Spina)

LE ZONE DETTE TERRE ALFONSINE, TERRE D'ACQUA, FURONO LUOGO D'INCONTRO DI GRANDI MIGRAZIONI.

Prima ancora dei Galli-Celti, già nel 1650 a.C. erano arrivate proprio qui le grandi migrazioni dei minoici e micenei, in crescendo a causa di eventi disastrosi nelle isole Cicladi, ultima delle quali il grande terremoto che distrusse (nel 1627 a.C.) l'isola di Thera (oggi Santorini) e di Creta.

Vi sono evidenti tracce antiche di primi migranti nelle future terre alfonsine. Tali tracce sono nascoste soprattutto in vari miti e leggende greche.

Si può ipotizzare infatti che qui alla foce del grande fiume Eridano, prima della grande migrazione dei greci micenei fossero arrivati i minoici dall'aera di Thera (Santorini): gli indizi sono una statuetta trovata da Marino Marini nel podere Boccagrande presso Anita e la leggenda di Dedalo e poi di Diomede.

Gli eredi di queste due grandi culture e civiltà (Minoici e Micenei) si stabilirono alla foce dell'Eridano (così era chiamato dai Greci l'antico fiume Po). Qui incontrarono gli Etruschi (o, come asserisce qualche storico recente, una parte di Greci stessi da qui partirono e colonizzarono la Toscana e l'alto Lazio, diventando il popolo etrusco).

Qui arrivarono anche i popoli baltici che dal nord venivano a commerciare la preziosa ambra. 

Ma questi antichi e misteriosi pionieri greci erano a loro volta eredi della mitica Atlantide, di cui narrò Platone e ancor prima Solone e anche gli antichi Egizi.

DALL’ISOLA DI THERA 
AL FOSSO VECCHIO. 

Sappiamo che gli antichi e misteriosi pionieri greci (pelasgi, minoici e micenei) che migrarono fino alle future terre alfonsine erano gli eredi della mitica Atlantide, di cui narrò Platone e ancor prima Solone e anche gli antichi Egizi.

 

Nel  560 a  . C. il grande legislatore greco Solone compì una visita in Egitto alla ricerca delle origini dei greci. 

Platone, nel suo "Timeo", ci dice che un sacerdote egizio di Sais, per alcuni di nome Sonchis, per altri Pateneit, accompagnò Solone  a vedere un’iscrizione fatta eseguire dal faraone Ramsete III sulle mura del tempio di Medinet Habu, il più imponente monumento di Tebe Ovest. Il sacerdote spiegò che lì si raccontava di un continente perduto a causa di un’improvvisa catastrofe: era il cuore di un grande e magnifico impero chiamato Atlantide. La memoria di quella catastrofe rimase nei miti, e storie leggendarie, comune a vari popoli superstiti. 

“Persino voi greci, pur giovani di memoria storica, - disse il sacerdote egizio – avete preservato una leggenda, la storia di Fetonte, che nasconde ben altra verità. Infatti ciò che si racconta presso di voi, che Fetonte, figlio del Sole, aggiogato il carro paterno, per non esser capace di guidarlo sulla strada del padre, bruciasse quanto era in terra e perisse fulminato, questo si racconta in forma di favola, ma la verità è la deviazione delle cose che circuendo la terra vanno per il cielo, porta  alla distruzione per mezzo del fuoco, dopo lunghi periodi di tempo, di tutto ciò che è sulla terra”

 Fetonte, che qui è visto come il figlio del Sole che portò distruzione per mezzo del fuoco..., sarebbe identificabile con uno o più di quei corpi celesti deviati dal loro percorso che finiscono sulla terra e la distruggono con il fuoco.

Quando Solone tornò in patria con i suoi appunti avrebbe voluto scriverne un poema, ma morì improvvisamente l’anno successivo. Un secolo dopo Platone, il grande filosofo e storico di Atene, venuto in possesso di quegli appunti, gli rubò l’idea e narrò della civiltà di Atlantide, un continente felice distrutto da un cataclisma naturale.

I figli degli Atlantidi

Atlantide, che era l'isola di Thera con la sua città portuale principale Akrotiri, sembrava un vero e proprio paradiso terrestre. Tra le varie leggi senz'altro la più importante era quella che proibiva assolutamente ai sovrani di farsi guerra tra di loro: vi doveva essere massima armonia e concordia e dovevano essere alleati e combattere insieme contro il nemico comune.

Attorno alla metà del XVI sec. ci furono primi segnali dovuti a movimenti tellurici di una faglia sotterranea, che si manifestarono anche con il risveglio del vulcano attorno a cui si estendeva l'isola. Ci furono diverse eruzioni abbastanza distruttive. In quegli stessi anni molti abitanti avevano avviato una grande migrazione sia per spirito commerciale, sia alla ricerca di zone più sicure, in previsione di qualcosa di terrificante che stava per accadere. Alcuni, con le loro navi, avevano esplorato le coste dell'Adriatico insediando qui vari nuclei di colonizzatori.

Questo fregio pittorico, ritrovato in una casa dell’isola di Thera (Santorini), e conservato al Museo Archeologico nazionale di Atene, mostra gli abitanti di Thera in viaggio presso il delta di un fiume. Attraverso una sequenza di altre scene indipendenti si racconta, come in un fumetto, la cronaca di un lungo viaggio. Siamo nel XVII secolo a.C., e chissà non potrebbe essere questa la storia della migrazione degli Atlantidi alla foce dell’Eridano?

Un nucleo in particolare aveva seguito la traccia di un'antica leggenda che raccontava di una astronave dei loro antenati caduta alla foce di un grande fiume, l’Eridano. Tale leggenda si trasformò poi nel mito di Fetonte. Il mito fu ripreso e rielaborato dai greci minoici e micenei che seguirono molti anni dopo quelle stesse rotte per avviare commerci con i popoli baltici e quelli del mar Tirreno, sfruttando gli abitanti dell'antico ceppo atlantideo che vivevano ormai da qualche secolo qui.

Nell’anno 1627 a .C un terribile terremoto colpì il centro dell'Egeo, causato dall’esplosione del vulcano dell'isola di Thera (oggi Santorini). Tantissime sono le prove storiche e archeologiche di questa catastrofe, rimasta immortalata in vari miti e leggende.

Gli abitanti dell'isola già da una cinquantina di anni avevano avuto sentore del grosso rischio a cui andavano incontro, ed avevano avviato una migrazione notevole atta a colonizzare nuove terre più sicure, al di fuori del Mar Egeo.

Nel giro di alcuni anni quella che era una civiltà evoluta e ammirata da tutti i popoli dell’Egeo si trasferì, tramite spedizioni navali continue, verso il Mar Tirreno e Ionico e Adriatico.

Quando ci fu la deflagrazione finale nessuno più si trovava nell’isola.

 

Di loro rimase un ricordo mitico per la cultura che avevano espresso, per i loro modi di vita raffinati, per la gestione della giustizia e delle ricchezze. Erano considerati eredi di un'antica civiltà superiore, a sua volta generatrice della cultura minoica di Creta e di quella Micenea del Peloponneso, e ancor prima di quella egizia.

Quel mitico ricordo venne incapsulato in alcune leggende egizie e poi greche: il mito di Atlantide.

Ma dove si erano stabiliti, una volta sfuggiti alla terribile catastrofe con la loro possente flotta, questi che chiameremo i figli di Atlantide?

Anno 1700-1650 a .C: gli Atlantidi arrivarono ad Alfonsine?

DA DOVE VENIVANO GLI ATLANTIDI, CHE DOPO VARI MILLENNI ARRIVARONO ANCHE AD ALFONSINE?

Diversi studiosi hanno raccolto indizi e ipotesi della presenza sulla terra di una civiltà extraterrestre, venuta dallo spazio. I Dogon sostengono nelle loro leggende che gli esseri che arrivarono dallo spazio si chiamavano Nommo, e il sistema solare da dove provenivano era ia stella tripla Sirio. Questa civiltà lasciò diversi segni di sé e colonizzò diverse aree del pianeta: il suo ricordo è rimasto nei miti e nelle leggende egizie e greche: erano gli Atlantidi, e un traccia di loro fu presente anche nel mediterraneo in Egitto, a Thera (Santorini), a Creta, e poi arrivarono anche nel nord Adriatico, alla foce di un grande fiume... già proprio qui ad Alfonsine.


Gli alieni quindi sono arrivati sulla Terra e, fecondando le donne Neanderteliane, hanno creato l'Homo sapiens, a loro immagine e somiglianza.

Il marchio di fabbrica degli Dei extraterrestri era il gruppo sanguigno 0 rh negativo, che andò sempre più rarefacendosi nelle varie generazioni nate da extraterrestri e donne terrestri e subendo mutazioni in varianti come A, B, e AB. Comunque il gruppo = 0 di per sé, e dall’altro lato un Rh negativo rilevano oggi una maggior vicinanza 'parentale' con questi alieni.

  

Quindi il segno distintivo che caratterizzava gli Atlanti-dei era l’Rh negativo del sangue.

GLI ATLANTI-DEI DELL'ISOLA DI THERA, POSTA AL CENTRO DEL MAR EGEO, FU UNO DEI NUCLEI DI PRIMI SEMIDEI NATI DA EXTRATERRESTRI FECONDATORI DI DONNE NEANDERTHALIANE: QUESTI ATTUARONO UN SALTO EVOLUTIVO NOTEVOLE CHE IRRADIÒ TUTTA LA ZONA DEL MEDITERRANEO, E NON SOLO. DIVERSE FURONO LE COLONIE CHE SORSERO IN VARIE ZONE DEL MONDO. QUELLE CHE RIGUARDANO NOI EUROPEI FURONO NEI PAESI BASCHI, NELL’ISOLA DI THERA (ATLANTIDE) E ALFONSINE ALLA FOCE DEL PO.

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MA PERCHÉ GLI ALFONSINESI C’ENTRANO IN QUESTA STORIA?

Si è scoperto che il popolo basco ha una sua caratteristica indelebile, perché impressa nel DNA della maggior parte degli individui: il loro gruppo sanguigno dominante è Rh negativo, residuo dell'ancestrale colonizzazione atlanti-dea di Portogallo e Spagna. Questa capsula che viene dal passato, è il segno distintivo che caratterizzava gli Atlanti-dei.

E l'Rh negativo è una caratteristica anche degli alfonsinesi, dato che qui è del 30% il doppio della media nazionale che è del 15%.

Noi di Alfonsine siamo figli delle stelle, ma non tutti… ma i più vicini agli dei sono quelli a rh negativo...

 

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