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Il Canale "Naviglio"

 di Luciano Lucci  
(con utilizzo di documenti e articoli di Adis Pasi, di Angelo Emiliani, con testi e foto tratte dal libro "Vivere in Romagna sott'acqua" di Osvaldo Contarini)
 

Carta dimostrativa del corso proposto per il canale Naviglio Zanelli, da Faenza al Po di Primaro e poi all’Adriatico

"QUANDO PASSO DA VILLA PRATI…

… vedo un ponticello sopra il canale Naviglio. Penso al conte Scipione Zanelli che alla fine del ‘700 voleva collegare con quel canale “l’Adriattico al Mediterraneo”. 

Lì oltre il ponticello c’era un mulino (uno degli otto che da Faenza arrivavano al fiume ‘Po vecc’), che non ho mai capito come funzionava, ma poi ho trovato una foto e ho capito tutto. Mi torna in mente l’alfonsinese Pino Orioli, editore del romanzo erotico Lady Chatterlay quando ricorda delle sue avventure da bambino lungo il Naviglio. Ho trovato una foto fatta da me anni fa del ponticello con la neve. Negli anni quel ponticello si è poi trasformato in rudere, finché oggi è stato ristrutturato e recuperato."  

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Il conte Scipione Zanelli da Faenza fu un personaggio dovrebbe sollecitare una certa simpatia, con quell’idea folle di voler collegare l’Adriatico al Tirreno, con quel nonsoché di sobrio e aleatorio che la sua avventura esprime.  

Si trattava di costruire un canale artificiale che collegasse il Po di Primaro con Faenza, da dove le merci dovevano essere trasportate via terra fino a Firenze. Qui la navigazione ricominciava sull'Arno fino a Pisa e Livorno. Era un sogno alquanto lungimirante e non molto diverso per finalità dal Canale di Corinto o dai futuri canali di Suez e Panama. L'unica differenza è che si trattava di un percorso misto, da non superare i cinque giorni, il quale in verità sarebbe stato molto più breve del tempo necessario per circumnavigare l'Italia, dall'Adriatico al Tirreno. 
Il viaggio mercantile a tre stadi dall'Adriatico fino al Mare Tirreno, iniziando dal Porto di Primaro lungo il Po di Primaro (linea azzurra con punti rossi) ed il Canale Naviglio (linea rossa) fino alla darsena di Faenza, presso Porta Pia. Da Faenza il viaggio continuava per via terra lungo la SP 302 fino a Firenze (linea rossa punteggiata), da dove continuava la navigazione sull'Arno (linea azzurra) fino al Porto di Livorno o Pisa; durata meno di cinque giorni

"Colla brevità di cinque giorni potrà tutto passare dal Mar Adriattico al Mediterraneo...":  
questo brano è tratto dal bellissimo annuncio che pubblicizzava  l'inaugurazione del canale, qui a destra riportato; c'è quasi una certa atmosfera che si assapora anche nel film di Herzog 'Fitzcarraldo' con Klaus Kinsky.

 Il Canale detto ' Naviglio', cioè 'navigabile', fu ultimato nell'anno 1788.

 L'idea di costruire canali navigabili per commerciare con i più lontani territori è sempre stata diffusa nelle regioni padane. Verso la fine del '700 la proposta di canalizzazioni e sistemazioni dei corsi d'acqua, che prevedesse anche l'utilizzazione degli stessi per lo sviluppo economico delle zone interessate, prese forza in Romagna sull'esempio concreto della Francia. 

Il Conte Zanelli infatti sognava di collegare con questo canale "I'Adriattico al Mediterraneo", o meglio ancora l'Adriatico al Tirreno. 

Il piano fu proposto a Papa Clemente XIII per approvazione sovrana nel 1763, purtroppo senza progresso, visto che i lavori non erano ancora iniziati 13 anni dopo. 

Solo nel 1775 e certamente per un colpo di fortuna il progetto trovò un altro sostenitore nel nuovo eletto Papa Pio VI, al secolo Giovanni Angelo Braschi (1714-1799), cesenate e cugino per parte di madre del Conte Zanelli. 

Il Conte si recò a Roma e presentò il progetto al nuovo Papa assumendosi tutte le spese per la costruzione del canale. Previa valutazione da una commissione della Santa Sede, il Papa approvò il progetto ed al Conte fu concesso "libera e assoluta proprietà del canale i mulini, dei maceri per la canapa e il lino, di ogni edificio e dei terreni. In più la facoltà di imporre dazio sulle merci trasportate ed altri privilegi"

Il comune di Faenza si fece garante per la cifra di 90 la scudi e nel 1779 gli cedette gratuitamente tutto il materiale ottenuto dall'abbattimento della Rocca Granarolo. 

 Fu così che il conte Scipione Zanelli da Faenza ideò, progettò e, - suo malgrado - a proprie spese, realizzò il primo e unico tentativo di questo tipo, fatto in Romagna: un canale navigabile da Faenza fino al Po di Primaro, e da lì al Mar Adriatico, lungo 36 chilometri, largo 12 metri (comprese le sponde), e profondo 2, la sezione bagnata era di 4 m. 

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Confronto del livello degli argini del Naviglio e del Fosso Vecchio

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(pubblicato in occasione della Fiera di Senigallia 1783)

Papa Pio VI (Giovanni Angelo Braschi)

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Prima mappa del Canale Naviglio presentata a Papa Pio VI nel marzo del1776
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Il conte Scipione Zanelli

II conte Zanelli si indebitò in modo esagerato per finanziare l'opera.

 Ma il nuovo canale iniziato nel 1778 e inaugurato nel 1782 non ebbe molta fortuna. 

Alcuni privilegi furono accordati al Conte Zanelli, tra cui quello di piantare alberi sugli argini e sull'orlo dei fossi delle strade adiacenti al Canale. Furono piantati 70 mila pioppi, In tre anni le parti essenziali del Canale erano state completate ed immediatamente l'acqua del Lamone fu fatta scorrere nel suo alveo tramite un canale proveniente dal fiunme Lamone presso Faenza, fino a Porta Pia.

Rilevante, ai fini dell'incentivazione del commercio fu l'esenzione dai dazi per le merci provenienti sia dallo Stato Pontificio che dagli altri Stati attraverso l'Adriatico e ll Po di Primaro.

Fieno, granaglie, legumi e prodotti delle colline. legname da lavoro, canapa, vino e erbe palustri furono i pochi articoli che si mossero lungo questa via d'acqua, mentre le torbide del Lamone, che tenevano alimentato il canale, ne causavano anche il progressivo interramento. 

In più furono costruiti anche otto mulini da grano lungo il canale, così le merci potevano solo essere caricate su chiatte e trascinate, dalle sponde, da coppie di buoi. 
Per consentire sia il loro transito che il lavoro dei mulini, in prossimità di questi ultimi furono costruite delle chiuse il cui funzionamento riproduceva in piccolo il sistema adottato per il Canale di Panama. 

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Disegno di un Sostegno o chiusa, di cui ne furono costruite 11 sul tracciato del Canale Naviglio. 

Fornito di due porte vinciane (B, E), questo era lo stesso sistema che verrà poi usato anche nel Canale di Panama per navigare aree a diverso livello (A - I). Costruito vicino ai mulini (L) o ad altri opifici veniva usato anche come traversa per attivare meccanismi generatori di energia (ASR, Sezione di Faenza, Opera del Canale Naviglio Pasolini Zanelli, Vol. III). 

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I ponticelli, con la classica struttura a dorso d'asino, avevano la funzione di sostegno delle porte delle chiuse realizzate per consentirne la navigazione. 

Mantenere la navigabilità divenne sempre più difficile e costoso. 

 II comune stesso di Faenza giunse a disconoscere l'utilità di tale opera, dopo averla inizialmente sostenuta (ma c'è da dire che il conte Zanelli aveva avuto uno 'sponsor' di tutto riguardo, e cioè l'allora Papa Pio VI, di cui era cugino).

Sorsero questioni gravi tra il comune di Faenza e il conte sull’uso dell’acqua che doveva tener alimentato il canale; alla fine tra liti, processi e accomodamenti, il tutto subì un degrado continuo.

L’opera iniziò nel 1778, prima con la costruzione delle fornaci per produrre mattoni, poi con gli scavi in dicembre dello stesso anno, per terminare in tempo di record solo tre anni dopo, considerando che nell'intero progetto si usarono solo buoi, aratri ed energia muscolare.

L'opera fu inaugurata ufficialmente il 20 gennaio 1783, con il conte Zanelli che risalì a bordo di una barca il tratto da Bagnacavallo a Faenza e una moltitudine di gente a far da corona al memorabile evento. Pochi mesi dopo fu lo stesso Papa Pio VI a benedire l’opera pressoché terminata. Di ritorno da Vienna, il 29 maggio sosta in città per un breve riposo nell’abitazione del cugino e può quindi recarsi sulle mura da dove, sotto un arco trionfale eretto in suo onore, osserva con interesse il canale e le costruzioni della darsena. 

In quel luogo, a ricordo della visita e su espresso consenso del Papa, verrà aperta Porta Pia.
Nelle settimane seguenti il canale era già in servizio, anche se ci vorranno altri sei-sette anni per portare a termine la costruzione di otto mulini. Apposite chiuse (11) furono sistemate vicino ai mulini per facilitare il movimento di zattere, simile alle chiuse poi costruite sul Canale di Panama. 

Furono costruiti quindici ponti "a schiena d'asino",  dieci botti a scifone sotterranee, tre magazzini e abitazioni per i barcaioli, guardiani ed altri funzionari, cinque maceri per lavorazione della canapa e del lino.

La struttura del  Canale

Misurava da Faenza al Reno 7.424 pertiche e otto piedi faentini (circa 36 km), lungo gli argini erano stati messi a dimora più di 70mila pioppi. 

La spesa totale verrà stimata nel 1815 dall’ing. Giuseppe Morri in quasi 118mila scudi, calcolando oltre la costruzione del Canale tutto il resto la cifra si aggirò sui 300 mila scudi romani.

 Il dislivello era di 34 metri: 24 m. da Faenza e Bagnacavallo e 10 m. da Bagnacavalio a Magazzeno. 

Nel primo tratto le pendenza media era di m. 0.44 per Km., nel secondo tratto di m. 0.15 per Km. 

La portata media era di litri 2.000 al minuto: la velocità media era di m. 0.33 per secondo. Tale portata di litri 2.000 si aveva solo per circa sette mesi dell'anno, mentre negli altri mesi discendeva a valori minori, secondo la maggiore o minore siccità. Un particolare sistema di vasche permetteva il deposito del limo trasportato dall'acqua immessa nel canale. 

L'alveo del Canale fu diviso da nove sostegni (le chiuse) in undici tronchi di diversa inclinazione ed estensione quali richiedeva la planimetria dei terreni per impedire lo scarico veloce dell'acqua e sostenerla alla superficie quasi orizzontale all'altezza necessaria per la navigazione. Ma poiché l'acqua fermata dal sostegno ("chiusa"), per quella che continuamente sopravveniva, sarebbe cresciuta sempre, aumentando sino a superare le arginature e si sarebbe poi diffusa per le campagne adiacenti, a scopo di evitare ciò ogni sostegno ("chiusa") venne, nella parte superiore munito di uno sfogatore il quale riceveva le acque quando giungessero a sorpassare un regolatore fisso e le mandava nel tronco inferiore.

Da Faenza al Magazzeno del Reno  ricordiamo che i magazzini erano tre: uno all'inizio, uno a metà, situato fuori di Bagnacavallo, e uno alla fine, a Magazzeno, appunto. 

Sulla strada al lato sinistro del Canale per una lunghezza di Km. 16 fino a Bagnacavallo si trovavano sette sostegni ("chiuse") con cinque mulini; da Bagnacavallo sino al magazzino situato alla destra del Po di Primaro, in vicinanza allo sbocco del canale per una lunghezza di Km. 17 esistevano quattro sostegni, con altri tre mulini.

Terminata l'opera nel 1788, nel 1790 era già in crisi.  

 "Nel 1789 furono caricate e scaricate, nel porto del Naviglio, 304 barche di mare con 40.729 colli di mercanzia; nel 1790, 492 barche con 67.136 colli di mercanzia. (così scrisse Pietro Alberto Zanelli Quarantini, "il Canal Naviglio Zanelli", Bologna, 1923). 

 Il canale non era stato costruito nel pieno rispetto delle clausole contenute nel chirografo pontificio e - affermarono i più critici - da opera di pubblica utilità aveva finito per trasformarsi in un monopolio dei Zanelli.

 Il transito avrebbe dovuto essere consentito a tutte le barche, salvo il pagamento di dazi o pedaggi, ma in realtà i ponti in muratura lo rendevano di fatto impossibile. Le sole a poter percorrere il canale erano le chiatte fatte costruire dal conte Zanelli, prive di strutture soprelevate e cedute in nolo. 

 Furono queste limitazioni e le conseguenti controversie a far perdere ben presto di importanza al Naviglio e a non consentirgli di costituire quel fattore di sviluppo e di prosperità nel quale tanti avevano sperato. 

Fallito l'obiettivo del trasporto dall’Adriatico al Tirreno, Zanelli si preoccupò del funzionamento degli otto mulini da grano costruiti lungo il canale, da cui trasse un sufficiente guadagno, ma non tale da compensare la delusione per l’insuccesso della sua impresa: amareggiato e deluso, e per di più colpito dalla malaria, morì a Roma il 19 gennaio 1792 trovandovi sepoltura in S.Onofrio. 

Nel testamento dispose che ogni anno le entrate del canale Naviglio e delle attività che sullo stesso erano sorte, detratte le spese, fossero ripartite in misura uguale e che una delle due parti venisse “erogata in sovvenimento ed a soccorso dei poveri di Faenza”. 

Un atto da grande benefattore, ma di nuovo i problemi non tardarono a manifestarsi. 

Non aveva mai contratto matrimonio, per cui nomino suo erede, la sorella Giacoma, vedova del Conte Pietro Pasolini di Cesena, con l'obbligo di passare l'eredita intera al di lei figlio Antonio Pasolini, che al proprio nome unì quello dello zio, donde il sorgere d’una nuova branca di questa casata, i Pasolini Zanelli. 

La vertenza fra l’Amministrazione pubblica faentina e la Congregazione del canale, che lo gestì dopo la morte del conte Zanelli, si protrarrà per decenni. 

Secondo il testamento di Scipione Zanelli,  per il Canal Naviglio fu composta una Congregazione con a capo Pasolini Zanelli, che aveva, tra l'altro, obblighi di beneficienza, come si è visto sopra.

Nel 1860, a causa della costruzione della ferrovia, il canale non si utilizzò più per la navigazione, ma solo per il funzionamento degli otto mulini.  

Essendo il Naviglio alimentato dalle acque del Lamone scorrenti nei canali di Faenza ed avendo la chiusa, che immetteva l'acqua nel canale, causato danni rilevanti al terreno circostante, il Comune di Faenza tentò a lungo di subentrare nella proprietà del Naviglio. Vi riuscì solo quando, alla morte del Conte Senatore Giuseppe Pasolini Zanelli, avvenuta il 12 marzo 1909, i suoi beni vennero posti all'asta dall'erede. (Si veda la ratifica della delibera della Giunta da parte del Consiglio Comunale in data 2 giugno 1910).

Infine, un decreto del ministro dell'Interno 8 marzo 1914 stabilì fra l'altro che la Congregazione del Canal Naviglio Zanelli, con sede nel Comune di Faenza, fosse dichiarata limitatamente alla metà del suo patrimonio destinato a beneficio dei poveri, istituzione di pubblica beneficenza.

 

IL PERCORSO DEL CANALE NAVIGLIO

Il Canale iniziava a Faenza con la darsena presso Porta Pia dove furono costruiti appositi magazzini per le derrate e manutenzione.

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  Il canale Naviglio qui sopra all'inizio a Faenza, 
il campanile sullo sfondo è quello della chiesa di S. Chiara.

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Il canale Naviglio alla darsena di Faenza, con la veduta di Porta Pia. Oggi corrisponde alla zona di piazzale Sercognani.

DA FAENZA A GRANAROLO 

 Dopo Borgo San Rocco il Canal Naviglio seguiva a est la via Granarolo. Qui c'era il primo degli otto mulini, il Mulino San Rocco (poi Morini), uno dei due ancora esistenti.

Veduta del Canale Naviglio nel Borgo San Rocco a Faenza ad est di Via Granarolo, visto dal nord. Si vede il primo Sostegno (o Chiusa) di fronte al Mulino San Rocco, poi Morini, da un disegno di Romolo e Tancredi Liverani del 1840: mostra anche sulla sinistra il canale emissario del mulino e le porte vinciane, parzialmente aperte. Sullo sfondo a sinistra è visibile il campanile della Chiesa di S. Ippolito e al centro Porta Pia.


Il canal Naviglio qui è stato tombato:
 il mulino funziona a energia elettrica

A Granarolo

Il canale Naviglio a Granarolo alla fine '800.

Gli argini del Canal Naviglio servivano come pascolo 
per i greggi di pecore

DA GRANAROLO A BAGNACAVALLO

Il Canal Naviglio a Bagnacavallo alla fine '800.

Da Faenza, dopo Granarolo il Canale proseguiva, e prosegue a tutt'oggi, verso Bagnacavallo alla destra della SP 8 che lo accompagna, dopo aver passato dalla darsena di Bagnacavallo presso Porta Superiore e ad est della città. Qui era stata costruita la Darsena, con magazzini per merci e un mulino ad acqua (demolito nel 1862) 

Il "Vecchio Mulino" o "Mulino Randoni" a sud di Bagnacavallo.

 Unico degli otto mulini con canale centrale, mentre gli altri avevano una canaletta secondaria con successivo canale di rientro a nord del mulino, per non ostruire la navigazione. Questo mulino fu costruito dopo il 1860, quando ogni forma di navigazione commerciale era cessata per insabbiamento del canale.

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Mulino detto di Porta Superiore sul Canale Naviglio Zanelli 
(foto del 1915). 

Questo mulino fu costruito nella seconda metà del XIX secolo, dopo che era stato demolito il mulino della Darsena nel 1862. A questo punto la navigazione aveva perso la sua importanza, definitivamente abbandonata nel 1860, perciò il canale poteva passare al centro del mulino (foto di Don Cesare Proni) 

DA BAGNACAVALLO A VILLA PRATI

A nord di Bagnacavallo, verso Villa Prati, sulla destra del Canal Naviglio, si trova il secondo degli otto vecchi mulini rimasto in funzione: il Molino della Viola (poi Molino Quercioli)

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Molino della Viola (poi Molino Quercioli) su Via Destra Canale tra Bagnacavallo e Villa Prati (foto Giovanni Baldini)

Macine antiche del molino 

A Villa Prati c'era un altro degli otto molini del Naviglio. 

Oggi non c'è più il mulino, ma è la sua costruzione è diventata una residenza privata.  è rimasto il ponticello ad arco.

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Nella prima foto sopra a destra si vede il ponte del mulino di Villa Prati. è lo stesso ponte che è rimasto in piedi ancora oggi (foto 2)

Si vede anche in entrambe le foto una delle zattere a fondo piatto, dette "sandaloni" perché costruite a forma di "ciabatta": venivano appositamente noleggiate e potevano essere usate per navigare.

Le foto sotto mostrano il ponticello in varie fasi fino al suo recupero, e in alcune si vede l'edificio residenza privata, che un tempo era il Molino.

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Il ponte del molino di Villa Prati ristrutturato nel 2018

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DA VILLA PRATI AD ALFONSINE

Il Canal Naviglio da Villa Prati arriva fino alla Via Reale (SS 16) per poi immettersi nel Po di Primaro a nord-est di Alfonsine.

Punteggiato in verde il corso finale del Fosso Munio; in rosso il corso del Canale Naviglio. 
A: incrocio di Via Stradello con Via Sinistra Fosso Munio; 
B: incrocio con Via Bastogi; 
C: sotterranea tra Naviglio e Fosso Munio; 
D. confluenza del Fosso Munio col Fosso Vecchio. 
Prima di incrociare il Canale Naviglio il Fosso Munio riceve tutti i canali di scolo della zona Rossetta alla sua sinistra 

 

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Un Mulino alla fine del Canale Naviglio

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La mappa del catasto napoleonico del 1807-08
qui sopra riprodotta, mostra che in questa parte finale del Canal Naviglio  che c’era un mulino e per questo il canale prendeva qui anche il nome di "Canale del Molino". Subito dopo c'era una specie di darsena per barche, e due edifici che erano probabilmente i vecchi magazzini dei frati di S. Maria in Porto. 

Fu realizzato anche un oratorio dedicato all’Immacolata Concezione, che andò distrutto con la seconda guerra mondiale. 

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 Nella foto sopra i ruderi dell'antico oratorio al Magazzeno,
conservati presso due case private

  Per giungere a questo molino da Alfonsine si percorreva a tratti l’argine destro del Senio e quando c’erano piogge diventava impercorribile.  Vi erano diverse carraie per arrivare all’argine del Reno, e nel 1867 si fecero lavori per sistemarne alcune.

Ad Alfonsine allo sbocco del Canale Naviglio nel Po di Primaro era stato realizzato un oratorio

Alla foce col Po di Primaro (poi Reno) 

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Nella mappa qui sopra del 1838 si vede lo sbocco del canal Naviglio nel Po di Primaro in località Magazzeno ad Alfonsine, con le scritte: "Darsena, Molino di Pò e Ponte della Molinazza e Sostegno delle Carrare" 

(un click o un tocco sulla mappa per averne un ingrandimento)

Questo molino era più importante di quanto si possa immaginare perché ancora nel 1878 serviva “moltissimo ad una gran parte del territorio alfonsinese a destra del Senio – si legge in un documento del 1878 dell’Ing. Capo del Genio Civile -  e ad una gran parte del territorio di Ravenna cioè alle ville di Mezzano Savarna e soprattutto Sant’Alberto.

 

 

DA UN RACCONTO DI PINO ORIOLI

Poi mi diressi (nel 1939 .ndr) al canale Naviglio che corre tra Bagnacavallo e Alfonsine. Per me quel corso d'acqua è pieno di cari ricordi, ricordi della mia amicizia infantile con Bastianello.

Ben conoscevo il Naviglio! Quante volte vi andavamo a prendere i pesciolini dopo aver avvelenato l'acqua con una miscela che li faceva salire alla superficie, col muso in aria! (Dovevamo avere nove o dieci anni allora, perché più tardi ci mettemmo a pescare pesci più grossi). Di quando in quando anche un'anguilla di rispettabili dimensioni saliva a galla; allora ci divertivamo a cospargerci le dita di sabbia e a tenere il pesce per la coda movendolo su e giù perché smettesse di dibattersi e aspettando lo strano risultato, quasi immancabile. A poco a poco si formava un gonfiore nella pancia dell'anguilla, che si spostava lentamente verso la testa. Poi si apriva la bocca e sbucava fuori una rana, qualche volta viva, altre volte digerita a mezzo.

Ripensai ad altre passeggiate lungo il canale, con Bastianello e il mio cane Poldino, che era speciale per trovare tartufi sotto i pioppi, e a quell'indimenticabile giorno in cui facemmo a piedi la strada da Alfonsine a Bagnacavallo e al ritorno ci scordammo di riprendere i nostri poveri libri di scuola che avevamo sepolti... con disastrose conseguenze per me.”

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