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I giorni della merla

 

a cura di Loris Pattuelli

Un tempo tutti i merli avevano le penne bianche con il becco e le zampe di un bel colore rosso ciliegia. Verso la fine di gennaio, alle prime luci dell’alba, il merlo, la merla e il merlino uscirono dal pagliaio per andare a fare il nido nel bosco. Lungo la strada incontrarono il vecchio gennaio che se ne andava, e il merlo, scherzando, gli disse che oramai non faceva più paura a nessuno. Allora il vecchione, che era molto permaloso, decise di fermarsi nel bosco, e il giorno dopo, il 29, fece tanto freddo che il merlino, per non restare congelato, dovette rifugiarsi in un camino. Il giorno seguente fece ancora più freddo e anche la merla fu costretta a ripararsi nel camino.  Il merlo pensò di averla fatta franca, visto che gennaio non aveva più giorni disponibili, ma il vecchio dispettoso se ne fece prestare uno da febbraio, e così, il 31, il freddo divenne addirittura insopportabile, e anche il merlo, per salvare la pelle, dovette raggiungere al caldo la merla con il suo merlino. In febbraio, quando i tre merli uscirono dal camino, le loro penne, un tempo bianche come una stella, erano tutte coperte di fuliggine e nere come la notte, e il becco e le zampe, da rossi che erano, restarono per sempre gialli come una fetta di polenta.

Sono detti "i giorni della merla" gli ultimi tre giorni di gennaio, notoriamente i più freddi e ghignosi dell'anno.

Sono detti I GIORNI DELLA MERLA gli ultimi tre giorni di gennaio, notoriamente i più freddi e ghignosi dell’anno. Fin dalla notte dei tempi, in occasione del passaggio dall’inverno alla primavera, gli abitanti della vecchia Europa usavano accendere dei falò, per danzarci intorno e saltarci sopra. La funzione rituale dell’accensione dei fuochi è quella di suscitare ed alimentare la forza del nuovo sole nascente, di salutare il ritorno della bella stagione e la rinascita della natura, così come è anche quella di esorcizzare tutto ciò che angoscia l’individuo e la comunità. I GIORNI DELLA MERLA raccontano la storia di un uccello che troppo spavaldamente annuncia l’arrivo della primavera e di un inverno che troppo cocciutamente non vuole decidersi ad andare via. I merli (insieme con i passerotti e i pettirossi) sono gli abitanti più comuni dell’inverno romagnolo. Il loro saltellare per aie e fossi alla ricerca di semi e vermiciattoli è uno spettacolo a tutti ben noto. Ed anche il loro bel canto (specialmente quello della femmina durante il periodo della cova) potrebbe essere scambiato per una risata di scherno. Niente di più facile, quindi, che un permalosone come l’inverno romagnolo abbia potuto strologare una così stupefacente vendetta. I GIORNI DELLA MERLA sono un frammento di poesia che ci mette in comunicazione con le feste del fuoco della vecchia Europa pagana. Bisognerebbe ricordarsi di ricordare che una parte di noi è ancora lì.

 

 

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