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Alfonsine

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Case ‘Lanconelli’ (poi di Martini ‘Pliché’)

Il caseggiato d'Pliché

 
di Luciano Lucci

(per vedere ogni foto ingrandita cliccarci o toccare sopra)

In via Mazzini, nel cosidetto Borghetto, c’è un lungo caseggiato, in gran parte abbandonato fino al 2015, e poi ristrutturato, che viene detto  ‘la Ca d’Pliché’. 

Pliché era il soprannome dei Martini che vi abitarono e che ne sono ancora i proprietari (2015). Essi erano succeduti alla fine dell’ottocento ai proprietari storici di quell’edificio: i Lanconelli.

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 Le case Lanconelli dette 'dla Plichena' fino al 2014... 
poi in via di ristrutturazione

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La storia  

 I  LANCONELLI  (origine lughese)

Lanconelli fu una delle più ricche famiglie che fu nel territorio alfonsinese fin dai primi dell’ottocento. Prima di questa data non si hanno notizie della presenza di tale famiglia ad Alfonsine. Probabilmente erano lughesi e, con l’avvento di Napoleone e l’occupazione francese dei territori anche nella Bassa Romagna, riuscirono ad approfittarne. 

Il primo fu Giuseppe Lanconelli che presiedette un comitato a capo del territorio alfonsinese per conto della Repubblica Cisalpina. Nei vari giri di giostra che alternarono francesi rivoluzionari e austriaci papalini dal 1799 al 1814 una serie di personaggi riuscì a galleggiare in ogni situazione fino alla definitiva proclamazione del Comune di Alfonsine, ridotto però al solo territorio Leonino con Giuseppe Corelli gonfaloniere e nel Consiglio degli Anziani Giuseppe Lanconelli e Nicola Isani. 

Per alcune decine di anni fino al 1832 furono una dozzina i notabili detentori degli affari ad Alfonsine. 

I NUOVI RICCHI DI ALFONSINE

L’inizio della bazza, l’affare più grosso fu quello di accaparrarsi i terreni dell’Abbazia di Porto, di proprietà della Chiesa, che durante il vari periodi Napoleonici furono espropriati e subito alienati a varie società: la più grossa di tutte fu la Società Baronia, di cui facevano parte vari personaggi della vecchia nobiltà e della nuova borghesia, sia di Ravenna, che di Lugo o Faenza come i Guiccioli e i Baronio. Questi riuscirono a decuplicare le loro proprietà immobiliari e i loro conti in banca. 

Sul territorio di Alfonsine furono soprattutto i Lanconelli, i Camerani, i Corelli, gli Isani, i Lugaresi, i Triossi, i Fabbri, i Ghiberti, i Prandi, gli Spadazzi, i Giovanardi. Una gran parte anche dei beni dei Calcagnini, degli Spreti e dei Samaritani,  che erano di ben più antica origine, passarono di mano. Basta guardare come erano le proprietà prima e dopo l’800. All’incirca tutto il territorio alfonsinese era suddiviso al 50% per i Calcagnini, un altro 40% all’Abbazia di Porto, pochi ettari restavano agli Spadazzi, ai Giovanardi, ai Rasponi.

Nel 1815 possiamo dire che il 20% era dei Calcagnini, un 20% dei Lanconelli, un 6-8% dei Monti, e così via per Foschini, Donati, Morini, Fabbri, Isani, Guiccioli, Boccaccina, Baronio, Lovatelli, Corelli, Mascanzoni, Massaroli, Strozzi.

Tutti questi nuovi grandi proprietari terrieri conducevano una vita incredibilmente lussuosa agli occhi dei loro coloni, ma raramente erano residenti nel territorio alfonsinese.

In una tavola votiva del Santuario della Madonna del Bosco di Alfonsine nel retro si legge:
"Memoria. per Grazia Ricevuta da Pietro Lanconelli di Alfonsine, guarito da una nevralgìa per cui spasimava continuamente, sotto la cura del D.r Annibale Cini di Bologna, e sotto gli auspici della B.V. del Bosco, Li 9 settembre 1844"

Secondo il Savioli, il graziato potrebbe essere figlio di Giuseppe Lanconelli, primo benefattore della festa di maggio. Bonafede Lanconelli fu priore di Alfonsine, figlio di lui fu Giuseppe, poi Pietro e Sebastiano.

I PALAZZI LANCONELLI

Gli edifici di proprietà "Lanconelli" nei primi dell'800 furono il caseggiato del Borghetto e le vari case dall'attuale casa ex-socialisti fino a casa Fernè.
Nel '900 un palazzo Lanconelli si trovava in piazza Monti di proprietà Idina Lanconelli, ma non è chiaro (per ora) il legame fra questa famiglia Lanconelli e quella originaria.

Il lungo caseggiato del Borghetto

Quando finalmente Alfonsine nel 1814 diventò comune autonomo il Lanconelli riuscì a far sì che la sede fosse collocata in un suo palazzo nel Borghetto, in modo da averne un ricavo dall’affitto. 
(Era il primo corpo a sud dell'attuale caseggiato, come risulta dal catasto gregoriano e da una mappa del 1816)
Il terzo corpo quello più a nord fu acquistato probabilmente solo quattro anni dopo inserendovi un'icona in marmo dedicata a Gesù Cristo.
Il locale servì da Residenza Governativa ed Amministrativa. Inoltre due camere poste a pian terreno erano destinate a secrete dei detenuti, ‘quando si voglia a tutti accessibili in modo che è facilissimo il favellare co’ detti carcerati. – così scriveva il Camerani nel 1829 (da ‘Storia di Alfonsine’ di Romano Pasi a pag. 226).  Evvi una larga porta a Pianterreno. Il povero Carceriere non gode che due stanze distanti l’una dall’altra...

Lì vi erano anche spazi dedicati alla scuola. ‘Tre sono li Precettori di scuola, ed uno insegna in propria casa per mancanza di comodo nel pubblico locale’.

 Tutto ciò fino alla costruzione del nuovo municipio in piazza Monti avvenuta attorno al 1870.

LA CASA DEI LANCONELLI  ADIBITA A MUNICIPIO  

Una delle proprietà dei Lanconelli ad Alfonsine era nel Borghetto. Era costituita da un edificio principale a forma quadrata (mappale 544) e da un altra separata (mappale 542). Quando finalmente Alfonsine nel 1814 diventò comune autonomo il Lanconelli riuscì a far sì che la sede fosse collocata in quel suo edificio principale, in modo da averne un ricavo dall’affitto.

  

Da "Le Alfonsine il volto e l'anima" di Zanzi
"Quando infine nel 1829 la pubblica amministrazione dovette trovare collocazione al Governatore, Giuseppe Lanconelli propose un ampliamento dei locali di cui era proprietario, già ad uso pubblico, in modo da accogliere "non solo la residenza e l'abitazione del Governatore, ma ben anche gli offici della Magistratura Comunale e le scuole pubbliche", proposta accettata. Si trattava di porre mano alla "casa che oggi dì si gode dal comune ampliandola con una fabbrica che errigerà nel vanno che esiste tra questa e l'altra casa limitrofa di sua ragione". È il Consiglio della Comunità di Alfonsine (Giuseppe Corelli Priore) del 2 luglio 1829. 

La descrizione, che riportata sotto è relativa al numero urbano 544 e al numero rustico 542 come nella figura sopra, mentre qui sotto, nella foto-documento, si vede l'ampliamento attuato nel 1829 che univa due case creando un unico lungo caseggiato.

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IL CASAMENTO COMPLETO DAL 1829 AD OGGI, 2015

La descrizione più vecchia è del 1864 ed è tratta da un documento del Notaio Lorenzo Mercatelli, che si trova nell'Archivio Notarile Mandamentale di Alfonsine,Vol. 4. (A.S.Ra.). Le successive informazioni sono state tratte direttamente da testimonianze nel gruppo facebook "Sei di Alfonsine se..." 

"Segue sulla linea precisa del confine contermine alla ripetuta Strada Borghetto un casamento costituito da tre corpi di fabbrica uniti, e comunicanti fra loro internamente, in affitto già da gran tempo al Comune di Alfonsine ad uso di Residenza Comunale Giudicatura e Carceri Governative." 

 

LA DESCRIZIONE DEL PRIMO CORPO DELL'EDIFICIO 
(parte sud)

Il primo corpo a sud dell'attuale caseggiato risulta nel catasto gregoriano e da una mappa del 1816

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Anche come scuola non era un granché nei primi dell'800: 
Tre sono li Precettori di scuola, ed uno insegna in propria casa per mancanza di comodo nel pubblico locale’.

La prima parte del fabbricato è di pianta quadrata. Si compone al pian terreno di uno spazioso andito d'ingresso con portone sulla strada, ed altro opposto posteriormente che mette alla corte esterna. 

A destra dell'andito sono attualmente tre ambienti due ad uso di carcere, l'ultimo posteriore ad uso di cucina del guardiano carcerario... 

(Notaio Lorenzo Mercatelli 1864)

 Inoltre due camere poste a pian terreno erano destinate a secrete dei detenuti, ‘quando si voglia a tutti accessibili in modo che è facilissimo il favellare co’ detti carcerati. – così scriveva il Camerani nel 1829 (da ‘Storia di Alfonsine’ di Romano Pasi a pag. 226).  Evvi una larga porta a Pianterreno. Il povero Carceriere non gode che due stanze distanti l’una dall’altra...’ 

 

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... A sinistra un ambiente nel davanti ad uso 'Cappella' indi il vano della scala, poscia altra camera ad uso di abitazione del guardiano. Il piano superiore al quale si ascende per l'indicata scala a due rampanti, si compone di un salotto, e di un camerino corrispondenti sopra l'andito...

(Notaio Lorenzo Mercatelli 1864)

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... Una camera ed una scala (o sala? n.d.r.) dalla parte opposta alla scala, ed altre due camere dall'altra. de' quali cinque ambienti quattro comunicano direttamente col salotto, e fra di loro. 

(Notaio Lorenzo Mercatelli 1864)

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IL MESSAGGIO DI UN CARCERATO DALLE EX-PRIGIONI DI ALFONSINE

La  foto qui a sinistra mostra un infisso della casa su cui è incisa una frase di un carcerato datata 1853.

Così si legge:  “SE UN TEMPO VI FU CHI GIOI’ PER L' IMMERITATA MIA RILEGAZIONE OGGI SI MORDE DI DISPETTO LE LABBRA ED IO DI LETIZIA PIU’ CHE MAI TRIPUDIO     Addì 2 Maggio 1853 

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'... spazioso andito d'ingresso con portone sulla strada, ed altro opposto posteriormente che mette alla corte esterna....' 

Prima dell'avvio ristrutturazione del 2014 -15

FINO AGLI ANNI '50

La saracinesca che fa da angolo al palazzo Martini detto Pliché, è l'ingresso a due camerette, dove prima della guerra c'era un negozio di alimentari detto ‘e butigò’, e gestito dal sig. Martini (Pliché) e dalla moglie, la maestra Gentile Gramantieri.

Il locale ritratto fu teatro di una tragedia nel 1935. Una bambina che era dentro al negozio con una vicina di casa, vedendo i genitori in bicicletta, di ritorno dal lavoro in campagna, corse loro incontro. Nel mentre attraversava la strada venne travolta da un carro trainato da un cavallo e, dopo tre giorni di agonia morì. Quella bambina di tre anni si chiamava Franca ed era (allora) l'unica figlia di Antonio Verlicchi (‘Papaloni’) e della Maria Capucci (Maria d'Pitro'). Sarebbe la sorella di Piercarlo Verlicchi nato nel 1947.

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Mimò e e' mostar durante il trasloco della sede 'Manifesto', nel caseggiato 'Pliche'

I Pliché tennero il negozio fino agli anni ’50, dove si vendeva un po' di tutto: alimentari, tabacchi, ecc… 

Qui poi aprì la Coop che lo tenne fino agli anni ’60, quando si trasferì dietro al municipio.

Verso la metà degli anni ‘70  divenne la sede del Manifesto, e del circolo "la Mariposa". Quando il gruppo del "Manifesto" mollò, in quella sede vi si stabilì Franco Gennari (‘d’Limoni’) che produceva cornici e commerciava quadri.

In seguito, dall'82 circa all'1988-89 vi aprì l’ufficio la GMT, gruppo elettricisti: Gallignani con Balella, poi con Mancini. 

Dopo ci fu  Enzo Burattoni (Giazòl): c'è ancora l'insegna 'BURATTONI caccia pesca e coltelleria', che poi anni dopo andò nel negozio davanti al Conad.

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Durante l'avvio della ristrutturazione del 2015

Da allora rimase vuoto, nonostante Gianfranco Errani (Videozoom) nel 1995 provasse a chiedere alla proprietaria prof. Lia Martini in affitto quel locale dove avrebbe voluto aprire una videoteca. Ma non se ne fece niente. Forse la sig. Martini aveva associato il noleggio di videocassette a qualcosa di scandaloso dal suo punto di vista.

 

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La classe prima, (anno 49-50) con la maestra Gentile Gramantieri in Martini (la 'Plichena').

1° fila dall'alto: La maestra Gentile Gramantieri, Vittorio Geminiani e Giuliana Proiettili, moglie di Tarroni, pensionato del Comune, davanti alla maestra; poi Uliana Babini, Alfreda Amici, Letizia De Robertis, Luciana Battaglia; 

2° fila: la prima era la figlia dei baristi bar PRI, che alla fine di quell'anno si trasferirono a Lugo, Graziella Valicelli, Loredana Emaldi (o Maria Stella Capitano?) Mirca Gulminelli,  Giulio Cerini; 

3° fila, seduti: Mario Manzoli, ... Zannoni, Gianni Contessi (Schicca), Walter Cassani (figlio del compianto sindaco Marii), ora vive a Torino, Renzo Bartolotti (Pepo), Franco Emaldi (Ramon), Gino Baldrati.

Seduti in primo piano: Antonio Ballardini (Campanaro), Alfredo Fini Barattoni, Renzo Bedeschi, Gabriele Argelli (Scarpazen), Fortunato Fiorentini, Andrea Forlivesi (forma zala).

LA DESCRIZIONE DEL SECONDO CORPO DELL'EDIFICIO
(parte centrale
)

Questo secondo corpo fu realizzato nel 1829 la pubblica amministrazione dovette trovare collocazione al Governatore, Giuseppe Lanconelli propose un ampliamento dei locali di cui era proprietario, già ad uso pubblico, in modo da accogliere "non solo la residenza e l'abitazione del Governatore, ma ben anche gli offici della Magistratura Comunale e le scuole pubbliche", proposta accettata. Si trattava di porre mano alla "casa che oggi dì si gode dal comune ampliandola con una fabbrica che errigerà nel vanno che esiste tra questa e l'altra casa limitrofa di sua ragione". 
È il verbale del Consiglio della Comunità di Alfonsine (Giuseppe Corelli Priore) del 2 luglio 1829. 

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(Notaio Lorenzo Mercatelli)

... 'Dal salotto per Ballatoio di Legno attraversante il vano della scala (siamo ancora nel 1° corpo .ndr) si ha comunicazione col piano superiore del secondo corpo di Fabrica composto di quattro camere comunicanti fra di loro, due anteriori verso il Borghetto, posteriori le altre due, e corrispondenti sopra quattro altri ambienti che formano il pian terreno del ripetuto secondo corpo di fabrica dei quali li due anteriori hanno separata porta d'accesso dalla strada Borghetto serventi già ad uso scuole comunali attualmente ad uso caserma una, ad uso legnaia l'altro, li due posteriori ad uso carcere una avente comunicazione coll'andito del primo corpo del sottoscala, e l'altro con separata porta d'accesso dall'esterno.'

Intanto Pliché a metà degli anni '50 aveva trasferito il suo negozio cinquanta metri a sinistra, al centro del suo caseggiato, occupando i quattro ambienti di pian terreno.

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 In seguito rilevò l'attività una signora di nome Delsa Zanzi, sposata a Luigi Bruni, con la mamma Argia e con la figlia Claudia sposata a Missiroli (genitori di Tania Missiroli, che è cresciuta lì, e a cinque anni vendeva sigarette a tutti). Dietro la serracinesca arrugginita, c'era una grande cucina, con stufa economica. Argia, bisnonna di Tania Missiroli - su testimonianza di quest'ultima - ci faceva la pasta fresca, la polenta tagliata col filo e tante altre cose. La stanza era comunicante col dietro, il magazzino, che portava nel cortile interno.

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Poi subentrò la figlia di Toschi (il fornaio), con rivendita di pane a altri alimentari.

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Una scritta sul muro. 

GLORIA 
AL MARTIRE 
G. OBERDAN

Sotto l'intonaco rovinato e ammuffito di un vecchio muro, si notava prima del 2015 una labile scritta color rosso-ocra. 
Nella foto a sinistra la freccia indica dove si intravedeva la scritta  


Con un po' di impegno e di attenzione si poteva riuscire a decifrare quella lieve macchia sbiadita. 
La sorpresa era garantita
La freccia, nelle foto, indica dove si doveva guardare. 

 

 

 

 

 

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Ecco come si presenta la parte centrale, nel 2015 dopo una prima fase di ristrutturazione.

 

 

 

LA DESCRIZIONE DEL TERZO CORPO DELL'EDIFICIO
(parte nord
)

Questa parte esisteva già nel catasto gregoriano e nella mappa del 1816, riportata all'inizio sopra. Il mappale 542 era intestato all'epoca a Ercole Calcagnini, da cui probabilmente nel 1820 fu acquistato dai Lanconelli. Non è ancora certa l'epoca della sua costruzione. 

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Questa parte fu adibita a residenza e abitazione del Governatore ma anche per gli uffici della Magistratura Comunale e per le scuole pubbliche, dal 1829 fino all'Unità d'Italia.  Tutto ciò fino alla costruzione del nuovo municipio in piazza Monti avvenuta circa negli anni dal 1870 al 1880

Poi negli anni del '900 i vari ambienti servirono come abitazioni in affitto a varie famiglie:

- famiglia Morigi negli anni '30, con i genitori di Gabriele Morigi (Cicci)
- la Colombina e il figlio 'Logno' nelle camere di piano terra

(Notaio Lorenzo Mercatelli)

ll terzo corpo di Fabrica finalmente si compone al pianterreno di un andito d'ingresso, avente a destra una camera da pranzo, a sinistra la cucina, della quale la parte posteriore divisa da incoltellata serve da salvarobbe, o dispensa. 

In fondo all'andito a sinistra un vano di porta mette all'esterno, a destra evvi la scala di cotto a due rampanti per la quale si a scende (sic!) al piano superiore composto di un salotto, un ambiente a destra, ed altro a sinistra, mediante altri due rampanti di scala si ascende al piano dei granai composto similmente di tre ambienti similmente comunicanti. Tutto il descritto casamento è coperto da tetto tavellato, i muri che lo compongono sono di muro in buon stato, gli ambienti del piano superiore sono tutti soffittati, e trovasi in generale in istato di manutenzione comprensivamente ai pavimenti ed infissi". 

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Oltre il  portone, c'era un atrio buio con porte ai lati e due  scale buie che davano al primo piano. 

Chi era quel "CARLO", che incise il suo nome sul portone e una freccia per indicare dove abitava?

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NELLATARGHETTA IN MARMO POSTA SOPRA IL PORTONE

SI LEGGE NEGLI ANGOLI IN ALTO

VI           VA
GE          SU

e nell'angolo basso a sinistra si legge 18, e destra 20.

La datazione  probabilmente segna l'anno in cui i Lanconelli acquistarono questa parte dal proprietario Ercole Calcagnini 

1820  

IHS 

Trascrizione latina dell’abbreviazione del nome greco di Gesù (᾿Ιησοῦς, maiuscolo ΙΗΣΟΥΣ)

Dopo l'avvio della ristrutturazione (2014-15) il portone e la lapide sono ancora lì (... per ora).

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