Alfonsine

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GENERAZIONI RIBELLI ALFONSINESI

... verso il '68

di Luciano Lucci

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I giovani ribelli alfonsinesi ormai adolescenti nei primi anni '60 furono presi più dalle pulsioni biologiche-esistenziali che da quelle politiche. 

Qualcuno faceva pure il liceo classico e ritrovava la sua quasi cultura nei testi delle canzoni dei cantautori francesi, o di Juliette Greco, cercando di mettere un muro contro il tentativo di integrazione che minaccioso avanzava. 

Nacque cosí l'esistenzialismo romagnolo che marciava con maglioni e occhiali neri, fumava «tre stelle» «camel» e «lucky strike» e aveva un mito Paris. 

«A Paris...tat tat ta za za za...»  
(canta Ives Montand)  

(Al "Lanternino" e al Bar Bologna di Casalborsetti con "L'urlo Negro" dei Blackmen di Ravenna")

 

 

 

 

 

Nel periodo scolastico invernale erano succubi delle ‘cotte’ per le ragazzine del paese, con festini pomeridiani a casa dell'uno o dell'altra, o alla domenica pomeriggio nel buio della galleria del cinema Corso.

D'estate andavano a Casal Borsetti e stavano tutto il giorno sul molo del canale... Si tuffavano al passaggio delle barche ed alla sera andavano al dancing Lanterna di Marina Romea... o al bar Bologna, o al più modesto "Lanternino", a caccia di teutoniche (tedesche), ma non solo... 

I primi anni ’60 preannunciavano qualcosa di straordinario. In Italia c’era il boom economico che aveva portato la ‘500 Fiat, la TV e il frigo in ogni casa. 

Poi ci fu Papa Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano II, pieno di spirito innovatore e con l'idea di rilevare ciò che c'è di buono nella cultura contemporanea. Infine, in piena epoca di guerra fredda, col contorno di alcuni eventi rilevanti come lo sbarco nella Baia dei Porci e la crisi dei missili di Cuba, la paura di una guerra termonucleare, la costruzione del Muro di Berlino, ci fu l’epoca di J.F.Kennedy e del fratello Bob, carica di speranze che terminarono con l’assassinio di entrambi, e poi la conquista dello spazio, la guerra del Vietnam e l'affermarsi del movimento per i diritti civili degli afroamericani

I giovani alfonsinesi, come tutti i loro coetanei del mondo, avevano una gamma innumerevole di  scelte da poter fare. 

Alcuni di loro, che nel 1964 avevano 18 anni, dalle letture del settimanale “Epoca” scoprirono il mondo dei ‘Beats’ americani e dei ‘Blouson noir’ francesi, e andarono a Parigi in autostop per vedere che roba era.

Altri più giovani due anni dopo si trovarono immersi nel fango con i boy scout a Firenze durante l’alluvione e lì impararono, scavando e sfangando, chi era Don Milani.

 

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Don Vitt

 DA DON MILANI A...

... DON VITT

Poi in quegli anni un pretino vivace e simpatico dal nome così rapido, Don Vitt, che era parroco della Chiesa Sacro Cuore di Alfonsine, cominciò a coinvolgere un gruppo di giovani ragazzi e ragazze di piazza Monti, che si proposero come comunità per tutti i fedeli. Condivisero con lui un'esperienza di intensità unica, carica di energia, di momenti di grazia e di fede.

L'idea nuova era che Gesù è in ogni persona, compresi sé stessi: un Gesù quindi veramente umano, quindi vicino, "fratello" per dirla con una parola fin troppo usata. Ciò rendeva possibile a ogni persona cercare la "divinità" dentro di sé e nei rapporti interpersonali. Sentirsi come dèi e ci comportarsi come tali.  

Andarono a Loppiano in Toscana a incontrare una comunità di ragazzi e ragazze di tutto il mondo che vivevano lì  un'esperienza comunitaria secondo lo spirito vero del Vangelo, offrendo un cristianesimo della gioia, della semplicità. Erano giovani che vivevano a contatto con la natura, in piena libertà e pieni del mito di Gesù. Una vera comune, come quelle di cui si era sentito narrare in America, nel movimento hippy. Là, quel giorno incontrarono Francesco Guccini, anche lui in visita a quella comunità cristiana. Fu invitato a cantare "Dio è morto", con la partecipazione corale di tutti. E pensare che in TV era un brano ancora censurato.  

Per quel gruppo di giovani fu come un'illuminazione. 

Don Vitt stava loro insegnando a vivere la fede nella vita quotidiana, nella storia del loro tempo.  

Da lì a pochi anni alcuni si tuffarono nel 1968, di nuovo con tutta la passione di cui erano capaci: i problemi sociali, le lotte operaie, il Vietnam, il movimento studentesco. 

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Federèc, e Mostar, Pasò, Sanchèz, Prist

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Guido Pasi con bandiera

 

 

Altri giovani alfonsinesi il ‘68 lo trascorsero solo come lotta nelle scuole o nell’università. Dopo la scuola invece cominciava la ricerca incessante di luoghi di discussione. Questi però si facevano assai rari quando si tornava al paesello. 

Ma Alfonsine non era un paese fatto per i nuovi giovani ribelli del ‘68.  

L’irrequietezza e lo spirito di ribellione che serpeggiava era vista con sospetto. Il grande partito comunista, che guardava tutto e a cui tutto riguardava, amava i regolari. 

Fu così che, per uno strano scherzo del destino, quando cominciarono ad aver fame di dibattiti, frequentarono più le parrocchie che le sezioni.

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Dall'alto: Guido Pasi, Patrizia Cicognani, Luciano Lucci.
Seconda fila:  Massimo Orselli, ?, Riposino e ?, Laura Tramonti, Wilma Lama.
Prima fila: Eros Rambelli e Tiziana Bandoli, Rino Montanari e Claudia Martoni.

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Capitò che fosse proprio nella saletta di Piazza Monti gestita da Don Vittorietti, dove si incontrarono culture diverse: la cattolica e la marxista.

I CATTO-COMUNISTI AD ALFONSINE

Quando gli studenti marxisti cominciarono a frequentare le riunioni in parrocchia introducendo anche il tema del rifiuto del consumismo, della guerra in Vietnam e del capitalismo, quelli cattolici erano già pronti e fu come sfondare una porta aperta. 

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Mostar, Archi, Pasò, Wilma 

 

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Iniziarono con il volantinaggio davanti al 'Milleluci' per manifestare la loro indignazione per l'invasione della Cecoslovacchia, per i 300 studenti assassinati dalla polizia a Città Messico, e per la guerra in Vietnam. 

Non furono contenti i compagni comunisti alfonsinesi di quella uscita. Chi erano questi, al di fuori del partito, da permettersi di compiere una simile azione, proprio davanti alla loro sala da ballo? 

Fu quello il primo segnale di uno scontro che avrebbe marcato per decenni i rapporti tra questi nuovi giovani ribelli e i ‘comunisti’ del PCI locale.

STUDENTI E OPERAI AL ‘GALLO’


Si trovavano all'osteria del 'Gallo', in piazza Monti, dove con gli amici dell'infanzia, quasi tutti operai della 'Marini', entrarono presto in sintonia 'politica' nonostante fossero 'studenti'. 

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1968: sul monumento della Pigna davanti al Gallo

Tra un bicchiere di vino e un piatto di tagliatelle servite anche a mezzanotte dall'oste 'Gigiò', assaporavamo pure il gusto di sentirsi tutti rivoluzionari. Quello fu anche il periodo di grandi viaggi, alla ricerca di spiagge libere e di piccoli grandi amori (da Casalborsetti al Lago Balaton, da Parigi a Londra e a Manchester, da Budapest a Praga, a Bucarest, a Mamaia).  

Fu il periodo di gelato e nutella usati come un pasto bohémien, della vita universitaria bolognese in abitazioni zingare, di libri, di cinema, di feste e concerti, di occupazioni di università e di piccoli scontri con la polizia, di grandi amori e di grandi abbandoni.

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I FUTURI HIPPIES ALFONSINESI

 

e Mostar con la Guzzi Airone 
rielaborata a chopper

Altri giovani ancora adolescenti mangiavano pop-corn e cantavano le canzoni di Fabrizio De André, ma poi imparavano a suonare anche gli smash hits di Jimi Hendrix e la pastorale  di Beethoven. Le notizie del maggio parigino le leggevano su ‘l’Unità’ e si sentivano degli adolescenti non molto diversi dal Rimbaud  che stravedeva e pativa per la commune e per le mani di Jeanne Marie. Per loro a far crollare il sistema sarebbero stati i Beatles, mica il proletariato e la società dei consumi. 

 

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Elio Altini

Mauro Baldrati

Loris Pattuelli e Mauro Baldrati

L’IMPOSSIBILITÀ DI ESSERE NORMALI

    

Durante i primi mesi del 1969 capitò che proprio due giovani studenti universitari alfonsinesi si ritrovarono in una facoltà occupata a Bologna, quando fu annunciato che sarebbe intervenuta la polizia. La scelta fu che si doveva far consumare la repressione, e quindi restare e farsi arrestare! I poliziotti per lo sgombero arrivarono all'alba, pile in faccia e trasporto in questura su un cellulare che attraversò Bologna al risveglio, a sirene spiegate. La notizia arrivò al paese natale con articoli sul Carlino e l'Unità:

 'Arrestati due giovani alfonsinesi'. Prist (Rino Montanari) e e' Mostar (Luciano Lucci e non 'Lucchi')  si ritrovarono a fare gli eroi in una facoltà occupata. Dentro, per la notte, erano rimasti in sei, pur sapendo che il giorno dopo sarebbero arrivati i poliziotti per lo sgombero. Dissero a loro stessi che si doveva far consumare la repressione, e quindi restare e farsi arrestare! Arrivarono all'alba, pile in faccia e trasporto in questura su un cellulare che attraversò Bologna al risveglio, a sirene spiegate. Sembrava di essere in un film. 

 

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La notizia arrivò al paese natale con articoli sul Carlino e l'Unità: 'Arrestati due giovani alfonsinesi'.  Si sentivano come due eroi... Era finito il 1968! Dopo fu tutta un'altra storia.

Potevano mai sperare tutti i giovani ribelli alfonsinesi, cattolici del dissenso, marxisti antisovietici, operai antisistema e nuovi aspiranti hippy, di trovare eroi senza macchia e senza paura più caserecci di quei due ‘tabècc’?

Insomma furono quelli gli anni in cui anche tanti giovani alfonsinesi ebbero l’opportunità di vivere come in un frullatore, con cui si stava provando a mescolare insieme psichedelia e rock, Nietzsche e Marx, Zen e sesso, Cristo e Che Guevara, il comunismo e l'altra America, Bob Dylan e Luigi Tenco, l'ecologia e la mitologia. Vissero di slanci, di energia e di nutella e non riuscirono più a essere normalizzati.

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e Mostar in tenuta da  Cangaçeiro e Gessi Ettore

 

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