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| Alfonsine |
| Albero genealogico Famiglia Marini (Maré) | Palazzo Maré |
Famiglia
Marini (i Maré)
(ramo Francesco e Bruto)
Simone Marini fu il capostipite. Era "livellaro" dei Calcagnini cioè aveva goduto di una forma di contratto agrario detto "livello" per numerosi terreni dei Calcagnini, che concedevano tali un proprietà a un ricevente o livellario, per un certo periodo di tempo o in perpetuo, a determinate condizioni, come l'obbligo di pagare un canone annuo e di coltivarlo apportandovi miglioramenti. Il tutto passò poi ai suoi figli.
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Domenico
Marini
Erano possidenti, cioè grandi
proprietari terrieri: avevano 48 poderi.
Lucia
Massaroli I Massaroli erano una ricchissima famiglia di possidenti alfonsinesi di origini bagnacavallesi. Non si sa se questa Lucia fosse una di tale famiglia Ebbero tre figli Francesco, Chiara e Luigi (che diventò prete col nome di Don Luigi e fu Rettore economo della Chiesa S. Maria delle Grazie di Alfonsine dal 1868 al 1879). Abitavano nella villa di Corso Garibaldi. Chiara e Luigi, alla loro morte, furono sepolti nel cimitero di Alfonsine. Oggi le loro lapidi giacciono fin dall'immediato dopoguerra a casa di Vittorio Troncossi. Furono portate lì da suo nonno Nando Trancossi dopo che le ebbe recuperate dal cimetero bombardato. Erano sulle tombe di Don Luigi Marini e di Chiara Marini.
Don Luigi Marini è sepolto ad Alfonsine nella tomba ora della famiglia Trancossi, mentre di Chiara Marini non esiste più alcuna tomba. |
La villa con la scalinata in travertino |
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Francesco
Marini |
Il figlio di Domenico e Lucia, Francesco Marini, nato nel 1826 e deceduto nel 1898 ad Alfonsine, ma sepolto a Roma, sposò Maria Bartolotti, da cui ebbe 7 figli (tre maschi e quattro femmine (tutti nati ad Alfonsine (eccetto Bruto nato a Bologna). Abitavano in una
villa di Corso Garibaldi detta
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Maria
Bartolotti come appare dalla statua della tomba monumentale al cimitero del “Verano” di Roma |
Francesco Marini, coi i figli Marino, Bruto, Domenico e le quattro figlie
si trasferirono a Roma nel 1868
Bruto Marini Bruto Marini, figlio di Francesco, coinvolto suo malgrado nei fatti della “Settimana Rossa”
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Francesco Marini nel 1868, con la moglie Maria, tre figli maschi e quattro femmine, si trasferì nella capitale. Qui il primogenito Bruto Marini sposò a Roma Gertrude Tittoni, figlia di Mariano Tittoni e cugina del noto politico e diplomatico Tommaso Tittoni, poi senatore. Il padre Francesco promosse con altri imprenditori un impresa esercente servizi di omnibus: Impresa Romana degli Omnibus (1871), e ne diventò dal 1880 primo presidente. Ottenne l'appalto del trasporto pubblico di Roma tramite gli Omnibus. |
Gertrude
Tittoni, |
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Primi omnibus in servizio pubblico a Roma Immediatamente dopo la stipula della convenzione tra il MARINI e il comune di Roma, un temibile concorrente si presentò all'orizzonte dell'omnibus a cavalli: il tram a cavalli, un veicolo che si muoveva su una sede propria costituita da rotaie di tipo ferroviario, con enorme convenienza dal punto di vista della resistenza al rotolamento e quindi nell'utilizzazione della forza motrice animale. L'impresa che lo propose e lo gestì era la Impresa Tramways di Ernő Oblieght [Ernesto Emanuele], impresario e finanziere ungherese della seconda metà dell'Ottocento. Così dal 1877 al 1881 sorsero in esercizio a Roma anche cinque linee di tramway, sempre a cavallo, ma che si differenziavano dagli omnibus perché scorrevano su rotaie.
Nel 1884 il MARINI si rivolse al Banco di Roma offrendo la cessione dell'Impresa Romana Omnibus e poi fondò una nuova società la Società Romana Omnibus (SRO) con capitale di due milioni, alla quale aderirono sia il Marini che la Impresa Tramways e, immediatamente dopo, anche la Impresa dei Trasporti di San Paolo. La SRO stipulò una nuova convenzione con il comune per l'esercizio di una rete di omnibus a cavalli su 14 linee con 115 vetture. Nel 1886 la
società fu trasformata in SOCIETÀ ROMANA TRAMWAYS E OMNIBUS (SRTO)
un nome e una sigla che diverranno ben presto centrali nel panorama
dei trasporti pubblici romani. Alla
direzione della nuova società sono preposti il cavalier FRANCESCO
MARINI e il conte VINCENZO SENNI, quali direttore e consigliere; sede
della direzione sono i locali di via Flaminia già appartenenti alla
Impresa Romana Omnibus.
Il Comune di Roma iniziò ai primi del novecento a costituire una Municipalizzata per il trasporto: l'ATM, che collaborò con la SRTO fino al 1918, e dalla quale acquistò progressivamente le linee. Negli anni successivi la SRTO fu gradualmente assorbita dalla ATM. I Marini e Alfonsine Essendo quindi per tali attività assenti da Alfonsine, i Marini fecero gestire i loro poderi a Luigi Randi, detto Luigiò d’Maré proprio perché era il loro fattore. Bruto nel 1909 ad Alfonsine promosse con altri soci alfonsinesi, quasi tutti possidenti (Mingazzi Natale e suo figlio Stefano Mingazzi, Gagliardi Luigi fu Romano, Monti ing. Cesare, Grossi Giusppe, impiegato privato, e mandatario speciale della signora Geltrude Tittoni, di Marino Marini e di Mario Marini questi residenti a Roma), una Società anonima cooperativa sotto la denominazione di «Distilleria Cooperativa Romagnola» con sede in Alfonsine, "avente lo scopo della distillazione degli spiriti, la vendita, la rettificazione degli alcools, la loro lavorazione, la loro trasformazione e il commercio relativo, ed in genere qualunque operazione, atto od affare che abbia relazione od attinenza allo scopo sociale." (cliccare o toccare qui per avere l'atto costitutivo della società)
Malvina
e Nando Troncossi con la De-Dion Buton di Bruto Marini. Nel giugno del 1914 durante la “Settimana Rossa” i rivoluzionari
entrarono nella villa e chiesero di sequestrare beni alimentari. Bruto
Marini che era il figlio di Francesco (deceduto nel 1898 ad Alfonsine,
ma sepolto a Roma) era appena arrivato da Roma con la famiglia
con
la sua auto De Dion Buton (la prima auto apparsa ad Alfonsine), accolse
i ribelli senza fare opposizione a braccia conserte lasciando che
prendessero ciò che volevano. Pare che rubassero l’orologio a
Luigiò. |
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Bruto Marini e Gertrude Tittoni ebbero due figlie |
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Chiara
Marini |
Luisetta
Marini |
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Chiara Marini
Chiara Marini veniva spesso ad Alfonsine, nella villa padronale di corso Garibaldi. In un'estate del 1910 stanziava ad Alfonsine un reparto di bersaglieri: la truppa alloggiava nel foro annonario, mentre gli ufficiali nel palazzo Lanconelli, che dava sul piazzale della chiesa La
foto mostra il piazzale della chiesa di Alfonsine nel 1910. (cliccare o toccare sulla foto per averla ingrandita) La foto, di proprietà dei Marini, fu scattata probabilmente da Chiara Marini, la quale si era innamorata del capitano Gino Pedrazzoli, che si vede primo del gruppo di sinistra. I due si erano anche fidanzati, ma la promessa di matrimonio fu annullata da parte della famiglia Marini, perché pare che la famiglia Pedrazzoli chiedesse informazioni sul conto in banca dei Marini... la qual cosa determinò il disappunto del padre Bruto Marini. Chiara fu costretta a rompere il fidanzamento e fu trasferita in collegio a studiare presso le suore di Fognano.
(cliccare o toccare sulla foto per averla ingrandita)
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Nella foto qui di sopra Luisetta Marini col nonno paterno Francesco Marini Luisetta sposò Mario Poggi (ufficiale dell’aviazione). Ebbero un figlio di nome Vittorio da cui due nipotine: Maria Luisa e Giovanna
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Chiara Marini Chiara in seguito, dopo la fine della scuola a Fognano, durante la sua vita mondana a Roma, dove la famiglia abitava, ebbe modo di conoscere il conte Brinciaglia da cui ebbe tre figlie Enrica, Mariafranca e Angeletta. Il conte Brinciaglia con la moglie Chiara (dietro, un po' coperta) e le figlie Angeletta, Enrica e Mariafranca. |
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Rimasta vedova Chiara ebbe modo di incontrare casualmente la vecchia fiamma Gino Pedrazzoli, che intanto era diventato Colonnello dei Bersaglieri e che sarà poi generale di fanteria della Divisione "Taro". Fu un ritorno di fiamma e i due si sposarono. Ecco una lettera e una foto che scrisse a Malvina Troncossi, moglie di Nando, sua inserviente di Alfonsine e la foro del colonnello dei bersaglieri.
Dal secondo matrimonio di Chiara nacquero Ugo e Alfonsina Pedrazzoli, il cui nome fu un omaggio al paese di Alfonsine dove i due si erano conosciuti tanti anni prima.
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Luigiò, Nando, Chiara, ?, Nando,
una figlia di Nando, ? Malvina,
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Alfonsina e il fratello Ugo Pedrazzoli
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