Quasi tutti ad
Alfonsine hanno
sentito nominare il campo sportivo “Rino Bendazzi”, ma forse non tutti
sanno chi era Rino Bendazzi e cosa fece per meritarsi l’intestazione del
campo sportivo.
Era nato ad Alfonsine nel 1924 da Bruno Bendazzi e Lina Mariani. Visse
l’infanzia nella casa in fondo a Corso Garibaldi, appartenuta da sempre
alla famiglia Bendazzi. Bruno Bendazzi lavorava come impiegato
all’ufficio anagrafe del comune. Quando i due genitori si separarono
Rino andò
a vivere con la madre a Faenza, pur mantenendo uno stretto legame col
padre: tornava di frequente nella casa paterna di Alfonsine dove passava
soprattutto l’intera estate.
Durante il fascismo, frequentando il liceo classico a Faenza, ebbe
occasione di aprirsi la mente per merito di professori e di studenti che
non si erano arresi al lavaggio del cervello che la retorica fascista
imponeva.
Ma fu soprattutto il rapporto personale che ebbe modo di avere
con un compaesano alfonsinese Terzo Lori, che era stato accolto a casa dei
Bendazzi dopo il 26 luglio del ’43, quando cioè alla caduta del
fascismo era fuggito dal carcere di Ventotene, lì rinchiuso da qualche
tempo per la sua attività antifascista.
Quando Terzo Lori fu avviato in
montagna con un gruppo di partigiani Rino Bendazzi lo seguì. Fece parte
del Gruppo 'Libero' e quindi della Brigata Garibaldi Romagnola che operava
nel forlivese. Dopo la
disastrosa e tragica esperienza della lotta armata in montagna, dove il
suo amico Terzo Lori perse la vita insieme all’altro alfonsinese Amos
Calderoni, tornò ad Alfonsine e divenne membro della GAP (Gruppi di
Azione Partigiana) della piazza Monti.
Partecipò a diverse azioni contro
tedeschi e repubblichini, poi insieme a tutti i partigiani andò nelle
valli di Sant’Alberto e Ravenna, da dove poi partecipò alla battaglia
per la liberazione di Ravenna. Fece parte della “28° Brigata
Garibaldi”, nella 6° compagnia composta per lo più da partigiani
alfonsinesi e di cui fu comandante.
Seguì poi le vicissitudini della Brigata nella marcia verso nord per la
liberazione dell’Italia.
La sua compagnia fu aggregata con altre unità partigiane al Gruppo di
Combattimento 'Cremona'.
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Primi
anni '40: Rino Bendazzi
a un tavolino del caffé Tavalazzi con Renzo Tavalazzi
Primi
anni '40: Rino Bendazzi con Gigino Mariani,
Nando Baioni e Ferruccio Mariani nel piazzale della chiesa
Rino Bendazzi
al Liceo a Faenza.
Enzo
Pasi e Rino Bendazzi, partigiani
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Qui si compì il suo
destino.
Rino Bendazzi fu
l’ultimo partigiano di Alfonsine che morì; accadde sul Brenta i1 28
aprile. Si offrì volontario per andare ad aiutare alcuni soldati inglesi
che oltre il fiume Brenta erano stati attaccati da un gruppo di tedeschi e
repubblichini. Durante quella sortita cadde nel fiume e morì annegato,
nonostante fosse un buon nuotatore: forse era stato ferito o forse,
appesantito da indumenti e zaino, non riuscì a vincere la corrente del
fiume:
Così descrive
l'episodio Arrigo Boldrini nel suo "Diario di Bulow":
« Una
squadra, nella notte cerca di attraversare il Brenta e di intimare ai
tedeschi di arrendersi, ma questi reagiscono: cade Rino Bendazzi il nostro
ottimo comandante della 6ª compagnia. È una perdita dolorosa, proprio
alla fine della guerra quando la città è ormai circondata e quindi i
nemici devono arrendersi.
Verso le 22 il comando tedesco, tramite i patrioti del luogo, offre la
resa che viene concordata da alcuni ufficiali del comando della 2ª
brigata britannica che opera in questo settore affiancata alla 28ª.
Via
mare arrivano altre unità alleate. Si stabilisce che le operazioni per il
disarmo e la presa in consegna dei prigionieri avvengano il 29 aprile. Il
presidio tedesco è composto di circa 1.000 soldati.»
La capitolazione delle
forze nazifasciste sul territorio italiano avverrà ufficialmente il 29
aprile, il giorno dopo la sua morte: aveva solo vent’anni.
Ebbe una della decorazione alla memoria : medaglia d'argento al valor
militare.
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