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LA CASA DEL DIAVOLO 

a cura di Luciano Lucci


(questo articolo si basa sul lavoro di Alvaro Foschini 
"La casa del diavolo fra storia e leggende")

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Alla confluenza dei fiumi Senio e Reno c’è un fondo agricolo denominato “Casa del Diavolo”, che deve il suo nome al fabbricato rurale cui fa capo, con un podere accorpato denominato “Mazzacervo”. Il fondo fu donato all'ospedale civile di Alfonsine da Calderoni Maria Giovanna e da Teresa Calderoni. Il tutto fu poi acquistato dal dott. Nando Baioni (Nandé), e ora è gestito dalla figlia Brunella e dalla vedova AnnaMaria.

Siamo nel Comune di Alfonsine a circa 8 chilometri dal centro. I confini sono delimitati dal fiume Reno presso la confluenza col fiume Senio, dall'ex alveo del canale Naviglio, dal canale Destra Reno e da una grande siepe naturale. L'indirizzo agricolo è prevalentemente seminativo e frutticolo, ma vi si trovano un bosco da legno pregiato di recente impianto, uno stagno di 2 ettari, un "boschetto della frutta" e un piccolo allevamento di capre e di animali di bassa corte. Comprende inoltre tre case coloniche, la "Casa del Diavolo", la "Casa dell'Agnese" e il "Magazzeno"

Il "Magazzeno" dà il nome a tutta la zona ("e magazè de Po'"), evocando secoli di commerci fluviali. 

Era una borgata che sorgeva sulle rive del porto del Canale Naviglio, luogo di confino per malfattori, frequentato da gente di regioni lontane, da marinai portatori di storie e culture diverse. In questo piccolo villaggio c'erano chiesa e mulino, ancora attivo all'inizio dell'ultima guerra.

Queste zone furono comunque sempre terre di confine, interessate dall'attività di ladri, contrabbandieri, bracconieri (i famosi"fiocinini") ed è quindi possibile che la casa, costruita con scopi e finalità diverse dalle attuali, a causa di mutamenti politici ed economici abbia subito un inevitabile declino.

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 Abbandonata ed isolata, probabile rifugio di malfattori e banditi, di gente pericolosa, fu indicata con quel nome: "Casa del Diavolo". Poi la superstizione e l'autosuggestione hanno fatto il resto e qualcuno, ancora oggi, giura di avere visto proprio il diavolo o di aver sentito una tenebrosa presenza.

Forse per questo le leggende qui ambientate sono così numerose. Per esempio quella che racconta dei Veneziani, in una notte di tempesta, risalirono il fiume, sbarcarono e assaltarono la torre, uccidendo tutti i soldati che vi si trovavano. Da allora un bellissimo giovane (lo spirito di una delle guardie uccise) sembra si aggiri nel luogo. 

Al centro della fattoria, si trova l'ultima casa rimasta di quella borgata: la “Casa del Diavolo”

È stata ristrutturata in modo da evidenziare le parti originali. La presenza di particolari strutture architettoniche fa pensare ad un'antica torre di guardia. È dotata di stalla, servizi, e porticato. All'esterno, oltre ai servizi e al forno a legna tuttora in uso, si trovano un piccolo giardino di erbe aromatiche e i recinti per gli animali.

Se la comunità rurale di un tempo, superstiziosa e anche molto devota, ha coniato un nome del genere è stato per qualche ben preciso motivo.

Ad un attento esame si capisce che ci si trova di fronte al tentativo di realizzare una casa colonica classica partendo da una struttura preesistente e diversa, costruita cioè per altri scopi o con altre finalità.

Si ha ragione di credere che la CASA DEL DIAVOLO fosse una torre di guardia-magazzino. 

Lo si deduce, fra l'altro, dal fatto che per raggiungerla ci fosse una strada fatta di grossi sassi, ora sepolta da circa mezzo metro di terra. Costruita con calce e non con malta, come abitualmente si usava all'epoca.

È munita di muri laterali inclinati (barbacani) che servivano sia da rinforzo alla costruzione, sia per vedere se malintenzionati si aggiravano nei dintorni. 

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Nell'ingresso c'è una doppia arcata idonea a sostenere una costruzione più alta (appunto una torre) e infine la scala per salire al piano superiore è dotata di gradini di altezza diversa uno dall'altro

 

Quasi tutte le costruzioni di difesa erano dotate di questo accorgimento perché, in caso di attacco di sorpresa, che avveniva generalmente di notte, induceva gli intrusi ad inciampare e quindi a fare rumore segnalando così la loro presenza.

Purtroppo non è rimasta traccia nei documenti che permetta di localizzare esattamente nel luogo in cui si trova la Casa del Diavolo una struttura equiparabile ad un palazzotto, una torre, una casa di caccia, un mulino, strutture che ben si possono adattare alla casa.

Secoli fa, il Po di Primaro era una delle vie d'acqua più importanti della nostra penisola, vitale, in particolar modo, per il trasporto del sale da Cervia e da Comacchio verso il nord. Da Piacenza a Ravenna occorrevano circa due giorni di navigazione, molto meno che via terra. Per governare l'intenso traffico di merci, soldati e uomini, e quindi poter imporre pedaggi o vietare il passaggio, si sono combattute innumerevoli battaglie anche navali. E' proprio per controllare il commercio del sale che i veneziani edificarono un presidio a Marcabò (presso l’odierna foce del Reno) per vigilare sui trattati commerciali con Ravenna. Venezia vietava il rifornimento di sale ad ogni comune a lei ostile e Bologna si vedeva sbarrare a Marcabò la libera navigazione.

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