| La storia della chiesa Santa Maria e Sacro Cuore |
|Ricerche sull'anima di Alfonsine |
L’incontro di tre storie
raccontate dai più antichi reperti archeologici
della vecchia chiesa S. Maria di Alfonsine
di Luciano Lucci
I tre reperti archeologici più antichi di Alfonsine Domenica 20 novembre 2022 al termine della Santa Messa nel cortile di fianco alla Chiesa del S. Cuore ci fu la a solenne benedizione di questo intreccio di reperti di varie epoche. Un antico Crocifisso del 1780, posizionato sul basamento dell'antica fonte battesimale del 1530, il tutto sostenuto da una base in travertino, che era essa stessa sostegno di lesene che si trovavano nella facciata dell’ultima chiesa Santa Maria dal 1800 al 1945. Si tratta dei tre reperti archeologici più antichi della vecchia chiesa S. Maria di Alfonsine (poi nel dopoguerra “Sacro Cuore”), e in ciascuno dei tre pezzi che sono stati recuperati e ri-assemblati solo nel 2022 nel prato della chiesa, c’è gran parte della storia di Alfonsine dalle origini (1506) fino alla distruzione della guerra. Alla celebrazione presieduta da Don Stanislaw Rafalko, parroco della Parrocchia del Sacro Cuore, parteciparono la vice-sindaca di Alfonsine Elisa Vardigli e numerosi Alfonsinesi. Questo assemblaggio di tre reperti con date diverse in un unico blocco potrebbe far sorridere qualche esperto storico o archeologo, ma dopo che avrete ascoltato le loro tre storie capirete che questo era il degno finale a cui dovevano arrivare. LA BASE Cominciamo dalla base: essa era un basamento a sostegno di una delle quattro lesene con funzione decorativa di finte colonne, che si trovavano nella facciata dell’ultima chiesa Santa Maria dal 1800 al 1945.
Il secondo reperto UN BASAMENTO IN MARMO DEL '500
Nella giornata del 21 aprile 2015 Luciano Lucci fece la più grande scoperta archeologica di Alfonsine. Merito della sua nipotina Anita (all'epoca anni 2), che accompagnò in una passeggiata nel campetto dell'oratorio della chiesa Sacro Cuore. Lì c'era una croce infilata in un basamento di marmo: il tutto era abbandonato da anni. Anita raccolse alcune margherite dal prato e le depositò sul basamento della croce. E così il Lucci notò, per caso, una scritta scolpita nel marmo: 'Alphonso Paulutio tutore'. Ma chi era Alphonso Paulutio? Una rapida ricerca su internet (bastò scrivere su Google 'Alphonso Paulutio') ed ecco la sorpresa: In 'Opera aliquot' ('Opere varie') di Celio Calcagnini pubblicata postuma nel 1544 viene citato Alphonso Paulutio, in una lettera del Calcagnini del 1526 al vescovo di Imola Domenico Scribonio dei Cerboni. (la traduzione) Celio C. al Vescovo di Imola Scribonio
Ma chi era Celio
Calcagnini,
Celio Calcagnini fu umanista, scienziato e diplomatico al servizio del Ducato di Ferrara, uno dei più dotti sapienti dell'epoca rinascimentale, soldato, ecclesiastico, professore, poeta, filosofo e storico, fu celebrato da Ludovico Ariosto nell'Orlando furioso (XLII.90, XLVI.14). Gli Estensi esercitarono la loro influenza sui meccanismi di assegnazione non solo dei vescovadi e dell'abbazia di Pomposa, ma anche delle prebende minori pur dipendenti da diocesi fuori dello Stato. Nel 1510 Celio aveva abbracciato, certamente su sollecitazione del suo signore di Ferrara, il Duca Alfonso I° d'Este, anche la carriera ecclesiastica. Ordinato sacerdote, veniva provvisto, di un canonicato, cioè una rendita nella cattedrale di Ferrara, tramite l'intervento di Ippolito d'Este, arcivescovo di Ferrara e cardinale italiano, figlio di Ercole I d'Este, Duca di Modena e Ferrara e della principessa Eleonora d'Aragona, di cui il Celio Calcagnini era maestro precettore. II sistema beneficiale semplice penalizzava la cura delle anime per la larga tolleranza sull'obbligo di residenza degli assenteisti rettori della pieve di Fusignano Ricche prebende Celio Calcagnini poi riceveva da S. Giacomo di Ferrara e di Porotto, ampi benefici a Riolo (nella diocesi di Faenza), a Ferrara (chiesa di S. Maria Bianca). Alfonso I° Calcagnini, feudatario di Fusignano e Alfonsine (Leonino) per conto degli Estensi di Ferrara, assegnò la giurisdizione ecclesiastica della pieve alfonsinese, col titolo di Rettore, al suo parente di chiesa più famoso, proprio Celio Calcagnini, suo cugino, già intestatario della carica di Arciprete per la chiesa di Fusignano. In questo modo riuscì a sottrarre alla chiesa ravennate e ai signori di Ravenna i diritti su quei territori. "Disturbato dalla febbre terzana, Celio si trattenne a Fusignano solo per quattro mesi, poi decise di recarsi nella vicina Lugo. «ubi medicorum sed malorum maior est copia», e tornò deluso perché non trovò tanti unguenti medicinali quanti cercava." (pag. 498 "Storia di Fusignano"). Qui entrò in scena Alphonso Paulutio A Celio Calcagnini interessavano le prebende e
i guadagni che gli spettavano di diritto. E per amministrare tali entrate
aveva incaricato un suo uomo di fiducia tale Alphonso
Paulutio, come amministratore, fattore, che all'epoca veniva
definito 'tutore'. Alphonso Paulutio ristrutturò e migliorò il primo Oratorio, e siccome cominciavano anche a nascere bambini, installò una fonte battesimale. Quel "nostro" basamento che è stato ritrovato ha proprio forma ottagonale come era in uso in tutti i battisteri di quei tempi, per ricordare l'ottavo giorno della creazione, giorno della Resurrezione di Cristo e quindi l'inizio di una nuova era nel mondo, era quindi di sostegno della colonna con una vasca battesimale sopra, in marmo di Istria e con la scritta incisa 'Alphonso Paulutio tutore'. La prova La prova che su quella fonte battesimale c'era anche la data 1530, ce la dà lo storico Gianfranco Rambelli che nelle sue "Memorie Storiche dell'Alfonsine" pubblicato nel 1833 scrisse (a pag. 45 nota 1), descrivendo il battisterio della Chiesa S. Maria, che nel vaso dell'acqua santa del battistero era scritto 1530 (MDXXX) e ALPHONSO PAULUTIO TUTORE. Nel piedistallo di quella fonte battesimale non c'era la data (MDXXX), ma solo ALPHONSO PAULUTIO TUTORE.
La pieve bastò per una
ventina di anni, poi, crescendo la popolazione, e dovendo garantire un
miglior decoro, nel 1540 i nipoti di Alfonso 1° Calcagnini, i conti Alfonso
II e Teofilo II, figli di Tommaso I° Calcagnini e Costanza Rangoni, fecero
ristrutturare la vecchia pieve, sempre a una sola navata. Questa struttura durò fino al 1740 quando fu abbattuta e ricostruita, ingrandita con due navate laterali. Poi per tutto l’'800 ci fu un degrado totale che vide l’abbattimento della chiesa dal 1825-1878 e una sua lenta ricostruzione che terminò nel 1903. Poi ci fu l’incendio della Settimana Rossa (1914), bombardamento americano (1944) e all'inizio febbraio 1945 crollo finale della chiesa di Alfonsine minata da 30 bombe di mezzo quintale l'una, appostate lungo la navata e le colonne, da alfonsinesi costretti dai tedeschi. Il nostro reperto, cioè il basamento del battisterio, quindi sicuramente ha superato più di 500 anni di travagli e miracolosamente è arrivato fino a noi. Ma come si salvò? (Anno 1914) Il davanti
della chiesa durante la 'settimana rossa', Fu recuperato dalle macerie dell'incendio della chiesa nella "Settimana rossa", qualcuno degli abitanti vicino alla chiesa potrebbe aver preso quel resto della fonte battesimale ed averlo posto nel cortile di casa come vasiera, dopo che il battisterio era stato distrutto e fatto a pezzi. Nella foto qui sotto si vede la fonte battesimale della chiesa S. Maria. Fa da sfondo sulla parete l'affresco originale del Margotti in cui si vede il Cristo-Baracca del Margotti. Il basamento della colonna è circolare e non ottagonale, quindi si tratta di un nuovo battisterio. L'affresco fu fatto subito dopo la "Settimana rossa" nel 1915. Secondo la testimonianza di Iris Matulli, che ha gestito l'albergo "Al Gallo" dal 1968, quel basamento in marmo fu ritrovato nell'immediato dopoguerra quando la famiglia Bosi ('Sbaragnì'), a detta della Cenza Bosi, per ricostruire la loro casa abbattuta, una casa proprio lì vicino alla chiesa, utilizzarono anche le macerie della chiesa e vi ritrovarono quello strano vaso in marmo che era finito nel cortile della casa Bosi (forse fin dal 1914). un clic o un tocco per ingrandire l'immagine (Anno 1930) Foto aerea del piazzale della chiesa
LA CROCE È DEL 1780 DA DOVE VENIVA E COME FINÌ PROPRIO LÌ ?
Sulla croce, dopo la recente pulitura, è emersa una scritta che indica una data 1780. LI Ω6 AGOSTO 1780 SI FECE
Quindi faceva parte della Chiesa Santa Maria che fu trasformata da una navata a tre navate nel 1752 dal Rettore Paolo Guerrini. Su questa croce rimane l’incognita su quale sia la sua vera origine: UNA MIA IPOTESI è che dopo che nel 1752 la chiesa S. Maria fu trasformata da una a tre navate, si sia deciso di porre a fianco della chiesa una croce, appunto questa croce, collocata in un basamento che è arrivato fino a noi. Essa indicava l'entrata a un vecchio cimitero. mappa del 1552: si legge fabbrica nuova che s'ha da far, e sembra proprio un cimitero Infatti
ancora alla fine del '700, c'era, proprio vicino alla chiesa, il
cimitero che era lì da moltissimi anni. Ma nel 1809 la croce in ferro fu sostituita da una grande croce di marmo, che era già dei Cappuccini di Bagnacavallo, che "Paolo Massaroli ivi fe' innalzare a sue spese addì 22 Ottobre 1809." (da "Memorie Istoriche dell'Alfonsine" del 1833 di Gianfrancesco Rambelli). I Massaroli erano una ricchissima famiglia di possidenti alfonsinesi di origini bagnacavallesi. Poi in seguito quella croce in travertino fu sistemata all'ingresso del vecchio cimitero in via Reale, poi dal 1900 nel nuovo cimitero dove si trova attualmente. Può essere che la croce di ferro abbia seguito gli stessi percorsi, e poi rimasta collocata in qualche ripostiglio del cimitero. E in seguito da lì riportata nella nuova saletta della canonica della chiesa del Sacro Cuore nei primi anni '50. Infatti negli anni '50-'60 era custodita nella vecchia saletta della canonica della chiesa Sacro Cuore ricostruita sulle macerie della vecchia chiesa S. Maria, inserita in un altro tipo di basamento diverso dall'attuale, poi nella sacrestia o nella stanza attigua della chiesa Sacro Cuore.
(un click o un tocco sopra per averne un ingrandimento) Da
sinistra Gianfranco Cortese, Lucillo Cortese, Linda Lucci, altri
parentidei Cortese
Poiché col passare degli anni la croce si sfilava da quel basamento fu inserita in una struttura in metallo che potesse tenerla fissata. Col tempo neanche questa struttura funzionava più allora Don Genesio, parroco al Sacro Cuore di Alfonsine dal 1973 al 2000, decise di infilarla in quella che sembrava una vasiera posta nel cortile della casa dei Bosi. Lo chiese all’Iris Matulli del “Gallo”, che aveva acquistato la casa Bosi, questa gliela regalò. E lì rimase per 23 anni appoggiata al muro della saletta della chiesa che da verso la trattoria "al Gallo", finché: ....
La croce col basamento del ‘500 rimase poi abbandonata per più di vent’anni nel cortile appoggiata al muro di fianco della chiesa fino al giorno in cui il nuovo Parroco sacerdote don Stanislao Rafalko, avendo visto questa croce così abbandonata, essendosi informato della sua storia e avendo preso la consapevolezza che si trattasse di una “reliquia” così importante, deciso di restaurarla ed esporla al dovuto culto pubblico. Uno dei parrocchiani Alberto Tampieri generosamente si è offerto al restauro e posizionamento affianco della chiesa.
QUALE IL SENSO DI TUTTO QUESTO? NASCITA, DISTRUZIONE, RINASCITA E RICOSTRUZIONE.
Il finale degno di questa storia
sta proprio l’assemblaggio che il restauratore ha voluto fare, forse senza
rendersi conto che stava dando un senso a tutto questo.
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