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A
quindici anni aveva conosciuto Adriano Zoli, un giovane di
Rossetta, vicino ad Alfonsine, che lavorava a Predappio come
ebanista in un laboratorio di falegnameria. Era un
giovane diciassettenne e subito si erano innamorati e si
fidanzarono ufficialmente nel 1941. Adriano fu presentato
alla famiglia di Alba, ma Alba non aveva ancora conosciuto
i genitori del suo fidanzato, anche se lui, con sua mamma
Annunziata, ne parlava come la ragazza migliore del
mondo.
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Erano due giovani che conducevano una vita normale
in un periodo però che normale non era in quanto si era
in guerra.
Adriano
era stato convocato nel 1944 dalla Guardia Nazionale
Repubblichina a presentarsi come arruolato nel nuovo
esercito fascista, ma come tanti altri giovani non si
"presentò", e rimase nascosto attorno a casa,
come un ragazzo impaurito dalla guerra, senza nessuna
passione politica ma con il solo scopo di salvare la vita.
Ritenuto renitente alla leva fu ricercato e assassinato
solo per questo.
Era il
5 maggio del 1944 e da quel momento anche il destino della
giovane Alba cambiò drasticamente.
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Un furgoncino con cinque uomini a bordo, tutti
fascisti in borghese,
entrò nel cortile di una casa di contadini, nella frazione di Rossetta,
abitata dalla famiglia di Guido Zoli.
Erano
circa le 16.30. Mitra alla mano, i cinque, chiesto fuggevolmente del
capofamiglia, si diressero verso un capanno d'erba collocato a poca
distanza.
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(clicca
o tocca il titolo qui sotto per sapere chi fu...)
L'assassino
di Adriano Zoli |
In
esso erano soliti nascondersi tre giovani, Armando
Ravaioli con Silvio e Adriano Zoli, due cugini. Non erano
combattenti partigiani, ma semplici renitenti alla leva. I tre giovani,
vistisi braccati, uscirono rapidamente dalla parte posteriore che dava
verso la campagna, fatti oggetto da colpi di mitra sparati da due
inseguitori, Antonio Pavirani e Natale Ancarani
d'Curéna.
Due
dei ragazzi si fermarono poco dopo con le braccia alzate, il terzo
Adriano proseguì nella fuga disperata fino a raggiungere un fosso.
Salvo? No, perché i due fascisti stavano proseguendo proprio nella
sua direzione. Fu inevitabile uscire dal provvisorio nascondiglio,
in segno di resa e diretto verso i compagni. Giunto a 40 metri,
egli fu freddato dall’Ancarani. Il padrone di casa e gli altri
finirono in carcere a Ravenna, da cui Guido uscì dopo qualche
giorno per tornare alla Rossetta mentre i due compagni del morto
furono deportati in Germania.
Alba,
dopo aver partecipato al funerale di Adriano, decise di
trasferirsi a Rossetta per stare vicino alla tomba del fidanzato
e alla sua famiglia. Lasciò definitivamente la famiglia di
Predappio e si licenziò dalla fabbrica. Si trasferì a Rossetta
come se fosse già stata sposata. Dai genitori di Adriano, che
era figlio unico, fu accolta come se fosse una nuova figlia. In
questo modo intesero unire due grandi dolori, quello per la
perdita di un figlio e il suo per la perdita del fidanzato, per
cercare di farsi coraggio a vicenda e trovare la forza di
continuare a vivere. Ma con l’avanzare della guerra il fronte
si fermò proprio a Rossetta e la zona fu sotto bombardamenti
continui. Fu necessario sfollare a Villanova di Bagnacavallo,
come fece quasi tutta la popolazione, lasciando a casa tutti i
beni alla mercé dei tedeschi.
Intanto
in quel periodo la famiglia di Alba, da Predappio aveva perso
ogni contatto con lei e così incaricò uno zio di Alba,
carabiniere, per raccogliere informazioni. Questi si recò, in
bicicletta, a Villanova dove i due si incontrarono per puro
caso. Per tranquillizzare tutti, Alba diede una ciocca dei
propri capelli neri da portare ai cari genitori, per dimostrare
che era viva.
Tornati a Rossetta dopo la
guerra, trovarono tutto distrutto.
Cesare e Annunziata, i genitori di Adriano, adottarono
legalmente Alba e la dichiararono unica erede dei loro beni, cioè
una casa e mezzo ettaro di terreno agricolo. Alba iniziò
a lavorare e a ricostruire la casa. Cercò di ingegnarsi
lavorando come sarta, facendo coperte imbottite, materassi. Alba
andava anche a trovare i genitori a Predappio in bicicletta
prima, e successivamente in "corriera", e suo padre
Federico veniva a Rossetta due o tre volte all'anno in
"lambretta". La nuova vita la portò a seguire un
percorso normale di inserimento nella quotidianità, ma una
seconda tragedia si abbatté su di loro: il suicidio di Cesare,
padre di Adriano, conseguenza di una forte depressione dovuta
alla perdita del figlio.
Comunque
Alba non cedette e, con la forza di una vera donna romagnola,
continuò a lavorare e a vivere a Rossetta, si inserì bene nel
gruppo dei giovani del paesino, dove conobbe un ragazzo, Sante
Gaudenzi, che sposò nel 1952. Si stabilirono nella casa dei
genitori di Adriano, con la mamma di Adriano, Annunziata,
rimasta vedova; acquistarono un altro appezzamento di terreno da
un ettaro e mezzo e lavorarono come coltivatori diretti tutta la
vita. Quando nacque la prima figlia la chiamarono Adriana,
in ricordo del giovane fidanzato assassinato a vent’anni.
ALBA
all’età
di 88 anni
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Alba
ha vissuto con la famiglia di un suo
figlio a Rossetta, ancora lucida anche se a volte soffriva
di momenti depressivi, soprattutto quando le si ricordava le
sofferenza del passato. Sua figlia Adriana Gaudenzi è pensionata,
è stata impegnata nella Polisportiva di
Rossetta e in altre attività di utilità pubblica. Alba e
Adriana in occasione dell'8 marzo del 2013 vollero condividere con noi e con voi questa
storia di dolore e di morte, ma anche di coraggio e di
slancio verso la vita.
Alba ci ha
lasciati nel 2016 a 91 anni.
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