Nel
mese di maggio nel territorio romagnolo ci sono stati due eventi alluvionali: il
primo il 3 maggio e il secondo il 14 maggio che
hanno visto il Fosso Vecchio non reggere la pressione e la quantità di acqua
arrivate.
C'è stata anche una rottura
dei suoi argini in zona Villanova di
Bagnacavallo e Villa Prati.
Le
acque del cosidetto COMPARTO
FOSSO VECCHIO hanno riempito i fossi di scolo e tutti i canali più
importanti, escluso il Canal Naviglio, che non svolge questo ruolo di ricevere
le acque di scolo, e che ha impedito all'acqua di passare nella zona di
Alfonsine vecchia.
Fosso
Vecchio a Villa
Prati 3 maggio 2023
Fosso
Vecchio a Villa
Prati 17 maggio 2023
Fosso
Vecchio a Villa
Prati 20 maggio 2023
Fosso
Vecchio tra Bagnacavallo e Naviglio in zona di Alfonsine
17 maggio 2023
Fosso
Vecchio tra Bagnacavallo e Naviglio in zona di Alfonsine
20 maggio 2023
COMPARTO
FOSSO VECCHIO
(questa parte è tratta dal libro di Osvaldo Contarini "Vivere in
Romagna sott'acqua" da pag 392 a pag. 414)
Nella zona tra i fiumi Senio e
Lamone, denominata come Comparto Idraulico Fosso Vecchio del Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale,
ci sono sei canali principali che drenano le
acque superficiali nel Canale in Destra Reno: il Canale Porto
1°,il Naviglio, Fosso Vecchio
(col Vetro e Munio) e Canale
Basilica.
Nella
parte finale dalla Molinazza al Destra Reno il Fosso Vecchio
(col Vetro e Munio) prende il nome di Canale Pignatte Primo.
Si
vedono i principali condotti di acque superficiali (chiare) tra Senio e Lamone,
con i tre canali, Munio, Vecchio e Vetro, che sboccano nel Canale in Destra del Reno, col Canale Naviglio alla sinistra ed il Canale Basilica a destra.
A: "botte a sifone" del
Senio.
In verde sono rappresentati i principali scoli di drenaggio delle acque superficiali.
In marrone sono rappresentati il Canale dei Mulini ed il Canale Naviglio
Zanelli.
In giallo le principali vie di comunicazione della zona.
Il Fosso Vecchio
origina da canali di scolo
nella zona ad ovest di Faenza.
Nel suo corso verso nord-est riceve acqua da parecchi affluenti lungo il suo tragitto. A nord di Granarolo passa sotto il Canale Emiliano Romagnolo
(CER). Prima di raggiungere la periferia ad est di Bagnacavallo riceve i Canali
Cotignola, Reda e Boncellino.
Quasi a ridosso della Via Reale (SS 16) confluisce col Fosso Munio alla sua
sinistra.
Il
Fosso Vecchio viene raggiunto a sinistra dal Canale Naviglio che lo affianca,
mentre a destra era già accompagnato dal Canale Basilica. Indipendenti l'uno
dall'altro arrivano alle loro foci in modo separato.
A sud della SP 105 riceve dalla destra il Fosso Vetro. A nord della SP 105 alla destra si associa, senza confluenza, col Canale Basilica ed alla sinistra col Canale
Naviglio. Il Fosso Vecchio da qui cambia nome a Pignatte Primo, che sfocia nel Canale in Destra Reno con tre foci separate.
Originariamente tutto il territorio veniva drenato delle sue acque superficiali da soli tre canali,
con l'aggiunta poi del Canale del Mulino, che spagliavano liberamente nella Valle di
Ravenna.
Zona tra Senio e Santerno nel XVII secolo. I quattro canali, Fossato Demonio, Can. Del Molino, Fossato
Vechio, Fossato Vedro, sfociano direttamente nella Valle di
Ravenna.
Il Canale del Molino di Bagnacavallo attingeva acqua dalla chiusa sul Senio in Zona Chiusa. Dalla stessa Chiusa, a sinistra del
Senio, riceveva acqua il Mulino di Fusignano.
(dettaglio di mappa di G. B. Aleotti, 1603. Archivio di Stato di Modena, Carte Geografiche N° 48/A: Il Territorio della Romagna Estense nella "Corografia dello Stato di Ferrara..."
)
Poi
quando la zona di palude venne ridotta, come indicato dalla mappa sottostante
del 1687, i quattro canali sono con un solo tronco nella porzione orientale
della Valle del Passetto (poi Savarna). (mappa sopra)
IL
CANALE PORTO PRIMO
Questo
canale raccoglie le acque di superficie della zona dell'ex-fornace. Nasce come
un semplice fossato e poi prosegue perpendicolarmente fino alla strada
provinciale 105, che poi costeggia per un po', e all'incrocio verso la "Molinazza"
tira diritto fino all'immissione nel Canale Destra Reno.
IL
CANALE BASILICA
Raccoglie
acque di superficie nella zona ad ovest del Lamone ed a nord della ferrovia
Ravenna-Alfonsine, con decorso a nord-ovest fino a ridosso del Canale Fosso
Vecchio, senza confluirvi, e che poi accompagna fino al Canale Destra
Reno.
Incrocia la strada provinciale “detta anche “Molinazza” e qui riceve
come affluente il Canale di Conventello che da
sud est corre verso ovest lungo la “Molinazza”
(SP105) e drena l’area a sud della strada.
IL
FOSSO VETRO
Il
Canale Fosso Vetro origina dai canali di scolo della zona sud di Boncellino. Dirigendosi
verso nord, dopo aver passato via Cogollo viene raggiunto dal Canale Aguta e
dal Canale Fosso Nuovo il quale origina ad est di Bagnacavallo.
Dopo
aver attraversato Via Cocchi riceve parecchi canali di scolo dalla zona a
ovest del fiume Lamone. Al livello di via Reale (SS 16) scorre a poche decine di metri ad
est del fiume Fosso Vecchio in cui sboccherà a sud della SP 105 detta
Molinazza.
IL
FOSSO MUNIO
Origina
a sud di Bagnacavallo e riceve acque dal Canale Cotignola Inferiore nella zona
della rotonda per la strada per Faenza (SP 8), prima del raccordo autostradale
della E45 per Ravenna. A nord del raccordo autostradale per Ravenna raccoglie
acque dei canali. Proseguendo verso nord raggiunge la Pieve di S. Pietro
in Silvis, dove si colloca sul lato ovest della Via Pieve Masiera che poi
abbandona a livello della zona Casalino, procedendo verso nord e
ricevendo fossi e canali locali
Dalla
zona Casalino il Fosso Munio prosegue lungo il lato est di via Sbiaggia
fino all'incrocio con via Stradello, dove cambia direzione verso est fino a
via Chiara dove gira verso nord-est. Prima di via Chiara riceve tutti i fossi
locali e i Canali Masiera inferiore e superiore, come pure il Canal Pieve.
Punteggiato in verde il corso finale del Fosso Munio; in rosso il corso del Canale Naviglio.
A: incrocio di Via Stradello con Via Sinistra Fosso Munio;
B: incrocio con Via Bastogi;
C: sotterranea tra Naviglio e Fosso Munio;
D. confluenza del Fosso Munio col Fosso Vecchio.
Prima di incrociare il Canale Naviglio il Fosso Munio riceve tutti i canali di scolo della zona Rossetta alla sua sinistra
Qui
sotto si vede l'incrocio tra Canal Munio, Canal Naviglio e la Strada
Provinciale che fiancheggia il Naviglio.
LA
STORIA ANTICA
DEL FOSSO VECCHIO
(un viaggio indietro nel tempo)
Nei
giorni del maggio 2023 il Fosso Vecchio fu nominato parecchie volte per l’esondazione
delle acque dai suoi argini e per l’allagamento dei campi.
Eppure
il suo fascino rimane intatto, e l’origine misteriosa stessa del suo nome
(insieme a quella del fratello “Fosso Vetro”
e dell’altro “Fosso Munio" (o "Demonio"
in certe antiche mappe) mi spingerà a ricercare indietro nel tempo
addirittura fino agli antichi etruschi. Ne vedremo delle belle finché
brillano le stelle.
COMINCIAMO
DAGLI ANNI ‘60
Il
ponte sul canale Fosso Vecchio ha rappresentato per molti degli adolescenti di
Alfonsine dei primi anni ‘60 una specie di Colonne d’Ercole: luogo di
frontiera che, nell’immediato dopoguerra, veniva scelti dai più temerari
per veder sfrecciare i bolidi delle "Mille
Miglia"
.
Poi
negli anni ‘50, per guardare affascinati il passaggio delle Volkswagen di
turisti tedeschi, che tornavano per una nuova invasione, questa volta
pacifica.
Infine
nei primi anni sessanta, tutta la via Reale, dal ponte di Taglio Corelli a
quello del Fosso Vecchio, divenne il luogo dove teenagers sognatori di James
Dean e Marlon Brando ingaggiavano duelli in corse sfrenate (perché i freni
non funzionavano), in sella ai primi motocicli ‘48 c.c. al fil di ferro,
marca "Demm".
PROCEDETE
QUINDI COL DOVUTO SUSSIEGO QUANDO PASSATE PER LA VIA REALE AL PONTE DEL FOSSO
VECCHIO E VETRO: È UN LUOGO CON L’ANIMA.
GLI
ANNI DEL MEDIOEVO
(un viaggio indietro nel tempo)
Le
prime mappe in cui appare il nome "Fosso Vecchio" sono del del
1460,
ma probabilmente sono copie rifatte da mappe più antiche.
JOHN
HAWKWOOD
E LA BASSA ROMAGNA
Sappiamo
infatti che attorno al 1380 il famoso "capitano di
ventura" ( a capo di truppe mercenarie) John Hawkwood detto "GiovanniAcuto" si era
stabilito sulle terre della bassa Romagna da Bagnacavallo a Cotignola, fino a
Villanova, e avanti, fino all’argine vallivo dove si formò il nucleo delle
“Glorie”.
Queste
terre gli erano state concesse da Papa come risarcimento per mancati pagamenti
dovuti a lui e alla sua truppa in quel momento in servizio per il pontefice.
Acuto voleva i suoi soldi, ma il Papa Gregorio XI non li aveva. Così a
eliminazione del suo debito, il Papa gli attribuì la “signoria” su due
cittadine: Bagnacavallo, Cotignola, con terreni paludosi a sinistra del Lamone,
fino all'argine vallivo in fondo, che giungevano quindi fino alla zona che
successivamente prenderà più tardi il nome di “fundus gloriarum” (ovvero
Le Glorie), un territorio di confine aspramente conteso fra Estensi e
Polentani.
Acuto
per valorizzare i terreni acquitrinosi fece sistemare le scoline: “fosso vedro”,’fosso vecchio’,
‘fosso Munio’, che appaiono da allora nelle mappe dell’epoca, ma
specialmente realizzò dal nulla delle vere e proprie strade, ovviamente
sempre dei tratturi, cioè larghi sentieri erbosi, pietrosi o in terra
battuta, adatti ai traini di allora.
Nella
mappa sottosi nota 'via de cocla' in basso il Fiumo La..mon
nella zona di Villanova, il fiume Segno, e altre che ho segnato in
rosso.
La
mappa usa una lingua è comunque molto inusuale nella descrizione dei
toponimi. "fussa demonio" (sta per fosso Munio), poi
al posto del nome Fosso Vecchio c'è "fussa antique". Il
Fosso Vetro è indicato "al fusa Veda (o Neva?)".
L'impressione
è che si tratti di errori di lettura e trascrizione da mappe più antiche,
fatta dai copiatori delle mappe.
C'è
Fusignano e una chiesina con la scritta Madona di Fusignano che sembra
essere San Savino.
Dove c'è Alfonsine c'è solo una scritta che sembra essere "Teritorio
Liunino". Il che daterebbe la mappa oltre al 1520, ma potrebbe anche
essere il rifacimento di una mappa anteriore. In basso c'è una chiesina che
indicherebbe Villa nova.
Queste strade venivano collocate
possibilmente su arginelli ed erano per lo più diritte.
La più importante è quella che porta il suo nome: “la Guda” in forma
dialettale, all’epoca anche via Acuta o ‘via Aguthe’, oggi via Aguta.
Questa
via a cosa serviva?
La
prima parte per collegare Bagnacavallo ad una piccola fortezza detta 'Villa
Aguthe’, la seconda parte serviva ad arrivare al ‘fundus gloriarum’
‘Le Glorie’
Mappa
odierna in cui si vedono che le attuali vie Cocchi, Viazza Nuova e Viazza
Vecchia, partono tutte in modo diritto e perpendicolari alla 'via Aguta',
indicando ancora oggi la direzione verso il Senio e verso Alfonsine per
favorire le comunicazioni via acqua, col porto o guado della cosiddetta "Predosa"
MA
SOPRATUTTO SERVIVA UNA VIA D’ACQUA TRA BAGNACAVALLO E IL MANTOVANO… E UN
PORTO SUL SENIO: LA PREDOSA DI ALFONSINE.
(Alfonsine
si chiamerà così 100 anni dopo)
Il
ruolo primario della costruzione della via Aguta fu quello di tracciare o
potenziare anche tre o quattro drizzagni (canaletti) dritti e più
brevi che da lì andavano a scolare a sinistra, verso una serie di canali
(Chocla, Vedro, Munio, “canalle” di Bagnacavallo o del molino).
Su
questi drizzagni sorsero i tratturi, che oggi sono la Viazza
Vecchia, la Viazza Nuova e la via Cocchi.
Come
si può notare dalla mappa qui sopra: era una rete di comunicazioni, una
direttrice privilegiata per andare al cosiddetto "porto
della predosa", che era proprio sul Senio dove sorgerà
Alfonsine (e dove forse già all’epoca qualche nucleo di capanne c’era già).
Per concludere, nella zona che va da Bagnacavallo a Villanova fino a quella
che ora chiamiamo "Prati", e da lì poi verso Fusignano, Rossetta e
Alfonsine, Giovanni Acuto valorizzò il percorso a traino per le chiatte che
gli consentivano di comunicare con il ferrarese, il Po, Mantova e Milano, e
nello stesso tempo attuò con una certa difficoltà un inizio di bonifica di
quei terreni.
Questa
mappa sopra è databile 1460 ed è una delle mappe più dettagliate di questa
zona.
In basso in primo piano il Lamone, poi la chiesa di Villanova, la casa
dei Boti, i castelli Pochintesta, l'argine delle Glorie (strada dei confini).
La via Aguta, i Prati di Bagnacavallo poi i canali scolanti Fossato
Vedro, Fossato Vecchio, il canale del Molino, il Fossato Munio.
Più
a nord si nota Fusignano, la via di Masiera, poi Alfonsine. Il Senio è
immesso in Po, e qui vi è il "magazzeno dei frati" (in alto a
destra).
ANDIAMO
IN EPOCA ROMANA
(un viaggio indietro nel tempo)
C'ERA
UN’ANTICA VIA D’ACQUA AL TEMPO DEI ROMANI?
Se
lo chiamavano con un nome latino fosso Vetero, cioè “vecchio” alla fine
del 1300 d.C. come abbiamo visto nella puntata precedente, significa che la
sua origine era molto più antica.
Da
una mappa antica detta “Tabula Peutingeriana”, (foto sopra) del 120 d. C.
(la più antica che si conosca) si hanno alcune informazioni.
Nella
parte di Tabula dedicata all'Adriatico con in basso la strada Emilia, tra
Faventia (Faenza) e Forum Corneli (Imola) si nota scritto Sinnium Ft (o Fl?):
è il luogo d'incrocio tra la via Emilia e il fiume Senio, a sei miglia da
Faenza e a 6 da Imola. Si tratta della zona dell'attuale Castel Bolognese, che
all'epoca era segnata come mutationes (semplici stazioni di cambio e si
incontravano frequentemente). Due rami del Padum incrociano due strade: una,
chiamata ab Hostilia per Padum, può essere individuata col percorso
dell'attuale statale 16, e l'altra, la via Popilia, con l'attuale Romea, per
certi tratti. Ravenna è alla destra del ramo sud del Po.
L'incrocio
col fiume è segnato con Butrium VI, a sei milia da Ravenna, un mutatio
(scambio) prima dell'attuale Sant'Alberto, mentre l'altro si chiama Augusta
VI, a sei milia da Butrium, e dove incontrava la Fossa Augusta, nel cordone
dunale dove oggi inizia Boscoforte. L'attuale territorio di Alfonsine si trova
a ridosso del ramo inferiore del Po dove si incontra con la strada rossa detta
"Ab hostilia Per padum". (Da
hostilia Verso il po)
I
nomi dei corsi d'acqua non sempre figurano nella carta, specialmente quelli
meno importanti. Molti fiumi si individuano dall'incrocio che avevano con le
strade. Dove c'era questo tipo di incrocio ci doveva essere un guado o un
ponte. Questi punti di transito, che una carta stradale doveva mettere in
evidenza, imponevano anche un momento di sosta prima di affrontare l'ostacolo
del fiume.
Tra
la via Emilia e la zona costiera si era formata una grande valle (“Valle
Padusa”) (foto sotto)
Interessante
la parte inferiore della mappa: si vede la strada Selice detta "strada
selciata dai Romani dalla Padusa a Imola".
A
sinistra Caput Selice, Conselice. Poi "la Torre degli Eraliotte ora
Massa dei Lombardi".
Al
centro della Selva Litana si legge Tempio di Diana ove ora è Lugo LITANA
SILVA Tiberiacum Cibeum ad Cabitos (?) Bagnacavallo.
Mappa
della Biblioteca Comunale di Ferrara. Rappresenta l'antico ed il moderno
Ducato di Ferrara.
Fu disegnata da Carlo Antonini verso l'anno 1750
I
Romani dopo aver sconfitto i Celti riuscirono a ridisegnare il territorio con
la centuriazione e la fondazione di centri abitati, dal 200 al 100 a .C..
L’insediamento
di Conselice per esempio fu creato come un porto notevolmente importante in
epoca romana, tanto che venne collegato a Imola tramite la via Selice,
all’epoca strada di circa 25 km voluta da Appio Claudio Cieco, prefetto
romano.
Appio
fece costruire la Via Selice, allora denominata via Silex, partendo dalla
più importante via Emilia proprio per permettere spostamenti più rapidi e più
sicuro verso una località la quale prese il nome da questa strada così
importante e divenne Caput Silicis, che significa letteralmente “alla
fine della Via Selice”.
Il toponimo, attestato dalla prima metà del XII secolo nella forma di CAPUT
SILICIS e successivamente in quella di CONSILICIS, allude alla posizione
dell’abitato, sorto dov’era la testata (CAPUT) della via silicata, cioè
coperta di selci (dal latino SILEX-ICIS), che da Imola portava alla valle
Padusa e quindi al mare Adriatico. (vedi foto sotto)
Ciò risultava
fondamentale sia per il commercio imolese sia per quello bolognese, poiché
permetteva di comunicare con il mare in modo veloce e sicuro, essendo inserito
all’interno di un intrico di canali che si dirigevano verso l’antico Po di
Primaro.
Quel
porto fungeva da scalo commerciale e il traffico era prevalentemente basato
sullo spostamento di uomini e materie prime provenienti da Argenta, Ferrara,
Sant’Alberto e Ravenna.
Attorno
alle nuove colonie che andavano insediando i romani disposero parte delle tribù
celtiche vinte che, generazione dopo generazione, vennero assorbite o
integrate. La centuriazione ful'organizzazione agraria dei Romani. Il terreno
veniva diviso in centurie, quadrati di circa 710 metri di lato, da ripartire
in poderi destinati a una parte di quei popoli celti che furono lasciatisui
territori; coloniche potevano restare, o spesso anche legionari romani in
congedo.
I
resti che segnano queste centurie sono praticamente delle strade rurali che
intrecciandosi ad angolo retto formano ancora oggi dei quadrati di circa 710
m. In pratica erano delimitate da sentieri che nel corso degli anni si sono
mantenuti diventando poi delle vere e proprie strade.
Nella
zona di Maiano Monti, presso Fusignano se ne individuano diverse. (foto sotto).
Alcune ben precise con il lato di 700 m.
A
volte però quei sentieri hanno subito lievi variazioni, o addirittura a causa
delle inondazioni o dell’espandersi delle valli sono spariti in parte.
Nella
zona di Alfonsine a destra del Fiume Senio, dove arrivavano le acque vallive
incanalate qua e là da arginelli di canali (come il Fosso Vecchio), non vi
sono tracce di insediamenti romani, ma solo quel nome “fossus vetero” con
quel percorso che oggi parte da Faenza e arriva al Destra Reno dopo Alfonsine.
La
zona di Alfonsine (foto sotto) era ancora all'epoca invasa da acque vallive perché
i fiumi Senio e Santerno non avevano sbocco al mare, in quanto nel sottosuolo
erano, e sono tuttora presenti avallamenti e gobbe di rocce su cui il terreno
di superficie si è poi assestato, mantenendo però lo stesso andamento.
Presso
Alfonsine c'è una "gobba" (anticlinale) che impediva al fiume Senio
di andare oltre. Questo fino a che iniziarono le bonifiche (1460-1760).
DAL
1600 a.C. AL 400 a.C.
(Minoici, Micenei e poi Etruschi
1000
anni prima dei Celti e poi dei Romani, arrivarono i greci e poi gli etruschi a
incontrare la città di Spina)
LE
ZONE DETTE TERRE ALFONSINE, TERRE D'ACQUA, FURONO LUOGO D'INCONTRO DI GRANDI
MIGRAZIONI.
Prima
ancora dei Galli-Celti, già nel 1650 a.C. erano arrivate proprio qui le
grandi migrazioni dei minoici e micenei, in crescendo a causa di eventi
disastrosi nelle isole Cicladi, ultima delle quali il grande terremoto che
distrusse (nel 1627 a.C.) l'isola di Thera (oggi Santorini) e di Creta.
Vi
sono evidenti tracce antiche di primi migranti nelle future terre alfonsine.
Tali tracce sono nascoste soprattutto in vari miti e leggende greche.
Si
può ipotizzare infatti che qui alla foce del grande fiume Eridano, prima
della grande migrazione dei greci micenei fossero arrivati i minoici dall'aera
di Thera (Santorini): gli indizi sono una statuetta trovata da Marino Marini
nel podere Boccagrande presso Anita e la leggenda di Dedalo e poi di Diomede.
Gli
eredi di queste due grandi culture e civiltà (Minoici e Micenei) si
stabilirono alla foce dell'Eridano (così era chiamato dai Greci l'antico
fiume Po). Qui incontrarono gli Etruschi (o, come asserisce qualche storico
recente, una parte di Greci stessi da qui partirono e colonizzarono la
Toscana e l'alto Lazio, diventando il popolo etrusco).
Qui
arrivarono anche i popoli baltici che dal nord venivano a commerciare la
preziosa ambra.
Ma
questi antichi e misteriosi pionieri greci erano a loro volta eredi della
mitica Atlantide, di cui narrò Platone e ancor prima Solone e anche gli
antichi Egizi.
DALL’ISOLA
DI THERA
AL FOSSO VECCHIO.
Sappiamo
che gli antichi e misteriosi pionieri greci (pelasgi, minoici e micenei) che
migrarono fino alle future terre alfonsine erano gli eredi della mitica
Atlantide, di cui narrò Platone e ancor prima Solone e anche gli antichi
Egizi.
Nel
560 a. C. il grande legislatore greco Solone compì una visita
in Egitto alla ricerca delle origini dei greci.
Platone,
nel suo "Timeo", ci dice che un sacerdote egizio di Sais, per
alcuni di nome Sonchis, per altri Pateneit, accompagnò Solone a vedere
un’iscrizione fatta eseguire dal faraone Ramsete III sulle mura del tempio
di Medinet Habu, il più imponente monumento di Tebe Ovest. Il sacerdote spiegò
che lì si raccontava di un continente perduto a causa di un’improvvisa
catastrofe: era il cuore di un grande e magnifico impero chiamato Atlantide.
La memoria di quella catastrofe rimase nei miti, e storie leggendarie, comune
a vari popoli superstiti.
“Persino
voi greci, pur giovani di memoria storica, - disse il sacerdote egizio –
avete preservato una leggenda, la storia di Fetonte, che nasconde ben altra
verità. Infatti ciò che si racconta presso di voi, che Fetonte, figlio del
Sole, aggiogato il carro paterno, per non esser capace di guidarlo sulla
strada del padre, bruciasse quanto era in terra e perisse fulminato, questo si
racconta in forma di favola, ma la verità è la deviazione delle cose che
circuendo la terra vanno per il cielo, porta alla distruzione per mezzo
del fuoco, dopo lunghi periodi di tempo, di tutto ciò che è sulla terra”
Fetonte, che qui è visto come
il figlio del Sole che portò distruzione per mezzo del fuoco..., sarebbe
identificabile con uno o più di quei corpi celesti deviati dal loro percorso
che finiscono sulla terra e la distruggono con il fuoco.
Quando
Solone tornò in patria con i suoi appunti avrebbe voluto scriverne un poema,
ma morì improvvisamente l’anno successivo. Un secolo dopo Platone, il
grande filosofo e storico di Atene, venuto in possesso di quegli appunti, gli
rubò l’idea e narrò della civiltà di Atlantide, un continente felice
distrutto da un cataclisma naturale.
I
figli degli Atlantidi
Atlantide,
che era l'isola di Thera con la sua città portuale principale Akrotiri,
sembrava un vero e proprio paradiso terrestre. Tra le varie leggi senz'altro
la più importante era quella che proibiva assolutamente ai sovrani di farsi
guerra tra di loro: vi doveva essere massima armonia e concordia e dovevano
essere alleati e combattere insieme contro il nemico comune.
Attorno
alla metà del XVI sec. ci furono primi segnali dovuti a movimenti tellurici
di una faglia sotterranea, che si manifestarono anche con il risveglio del
vulcano attorno a cui si estendeva l'isola. Ci furono diverse eruzioni
abbastanza distruttive. In quegli stessi anni molti abitanti avevano avviato
una grande migrazione sia per spirito commerciale, sia alla ricerca di zone
più sicure, in previsione di qualcosa di terrificante che stava per accadere.
Alcuni, con le loro navi, avevano esplorato le coste dell'Adriatico insediando
qui vari nuclei di colonizzatori.
Questo
fregio pittorico, ritrovato in una casa dell’isola di Thera (Santorini), e
conservato al Museo Archeologico nazionale di Atene, mostra gli abitanti di
Thera in viaggio presso il delta di un fiume. Attraverso una sequenza di altre
scene indipendenti si racconta, come in un fumetto, la cronaca di un lungo
viaggio. Siamo nel XVII secolo a.C., e chissà non potrebbe essere questa la
storia della migrazione degli Atlantidi alla foce dell’Eridano?
Un
nucleo in particolare aveva seguito la traccia di un'antica leggenda che
raccontava di una astronave dei loro antenati caduta alla foce di un grande
fiume, l’Eridano. Tale leggenda si trasformò poi nel mito di Fetonte. Il
mito fu ripreso e rielaborato dai greci minoici e micenei che seguirono molti
anni dopo quelle stesse rotte per avviare commerci con i popoli baltici e
quelli del mar Tirreno, sfruttando gli abitanti dell'antico ceppo atlantideo
che vivevano ormai da qualche secolo qui.
Nell’anno
1627 a .C un terribile terremoto colpì il centro dell'Egeo, causato dall’esplosione
del vulcano dell'isola di Thera (oggi Santorini). Tantissime sono le prove
storiche e archeologiche di questa catastrofe, rimasta immortalata in
vari miti e leggende.
Gli
abitanti dell'isola già da una cinquantina di anni avevano avuto sentore del
grosso rischio a cui andavano incontro, ed avevano avviato una migrazione
notevole atta a colonizzare nuove terre più sicure, al di fuori del Mar Egeo.
Nel
giro di alcuni anni quella che era una civiltà evoluta e ammirata da tutti i
popoli dell’Egeo si trasferì, tramite spedizioni navali continue, verso il
Mar Tirreno e Ionico e Adriatico.
Quando
ci fu la deflagrazione finale nessuno più si trovava nell’isola.
Di
loro rimase un ricordo mitico per la cultura che avevano espresso, per i loro
modi di vita raffinati, per la gestione della giustizia e delle ricchezze.
Erano considerati eredi di un'antica civiltà superiore, a sua volta
generatrice della cultura minoica di Creta e di quella Micenea del
Peloponneso, e ancor prima di quella egizia.
Quel
mitico ricordo venne incapsulato in alcune leggende egizie e poi greche: il
mito di Atlantide.
Ma
dove si erano stabiliti, una volta sfuggiti alla terribile catastrofe con la
loro possente flotta, questi che chiameremo i figli di Atlantide?
Anno 1700-1650 a
.C: gli Atlantidi arrivarono ad Alfonsine?
DA
DOVE VENIVANO GLI ATLANTIDI, CHE DOPO VARI MILLENNI ARRIVARONO ANCHE AD
ALFONSINE?
Diversi
studiosi hanno raccolto indizi e ipotesi della presenza sulla terra di una
civiltà extraterrestre, venuta dallo spazio. I Dogon sostengono nelle loro
leggende che gli esseri che arrivarono dallo spazio si chiamavano Nommo, e il
sistema solare da dove provenivano era ia stella tripla Sirio. Questa civiltà
lasciò diversi segni di sé e colonizzò diverse aree del pianeta: il suo
ricordo è rimasto nei miti e nelle leggende egizie e greche: erano gli
Atlantidi, e un traccia di loro fu presente anche nel mediterraneo in Egitto,
a Thera (Santorini), a Creta, e poi arrivarono anche nel nord Adriatico, alla
foce di un grande fiume... già proprio qui ad Alfonsine.
Gli alieni quindi sono arrivati sulla Terra e, fecondando le donne
Neanderteliane, hanno creato l'Homo sapiens, a loro immagine e somiglianza.
Il
marchio di fabbrica degli Dei extraterrestri era il gruppo sanguigno 0 rh
negativo, che andò sempre più rarefacendosi nelle varie generazioni nate da
extraterrestri e donne terrestri e subendo mutazioni in varianti come A, B, e
AB. Comunque il gruppo = 0 di per sé, e dall’altro lato un Rh negativo
rilevano oggi una maggior vicinanza 'parentale' con questi alieni.
Quindi
il segno distintivo che caratterizzava gli Atlanti-dei era l’Rh negativo del
sangue.
GLI
ATLANTI-DEI DELL'ISOLA DI THERA, POSTA AL CENTRO DEL MAR EGEO, FU UNO DEI
NUCLEI DI PRIMI SEMIDEI NATI DA EXTRATERRESTRI FECONDATORI DI DONNE
NEANDERTHALIANE: QUESTI ATTUARONO UN SALTO EVOLUTIVO NOTEVOLE CHE IRRADIÒ
TUTTA LA ZONA DEL MEDITERRANEO, E NON SOLO. DIVERSE FURONO LE COLONIE CHE
SORSERO IN VARIE ZONE DEL MONDO. QUELLE CHE RIGUARDANO NOI EUROPEI FURONO NEI
PAESI BASCHI, NELL’ISOLA DI THERA (ATLANTIDE) E ALFONSINE ALLA FOCE DEL PO.
MA
PERCHÉ GLI ALFONSINESI C’ENTRANO IN QUESTA STORIA?
Si
è scoperto che il popolo basco ha una sua caratteristica indelebile, perché
impressa nel DNA della maggior parte degli individui: il loro gruppo sanguigno
dominante è Rh negativo, residuo dell'ancestrale colonizzazione atlanti-dea
di Portogallo e Spagna. Questa capsula che viene dal passato, è il segno
distintivo che caratterizzava gli Atlanti-dei.
E
l'Rh negativo è una caratteristica anche degli alfonsinesi, dato che qui è
del 30% il doppio della media nazionale che è del 15%.
Noi di
Alfonsine siamo figli delle stelle, ma non tutti… ma i più vicini agli dei
sono quelli a rh negativo...