"Colla brevità di cinque giorni
potrà tutto passare dal Mar Adriattico al Mediterraneo...":
questo brano è
tratto dal bellissimo
annuncio che pubblicizzava l'inaugurazione
del canale, qui a destra riportato; c'è quasi una certa atmosfera
che si assapora anche nel
film di Herzog 'Fitzcarraldo' con Klaus Kinsky.
Il
conte Scipione Zanelli da Faenza fu un personaggio dovrebbe
sollecitare una certa simpatia, con quell’idea folle di voler
collegare l’Adriatico al Tirreno, con quel nonsoché di sobrio e
aleatorio che la sua avventura esprime.
Il
Canale detto ' Naviglio', cioè 'navigabile', fu ultimato nell'anno
1788.
L'idea
di costruire canali navigabili per commerciare con i più lontani
territori è sempre stata diffusa nelle regioni padane. Verso la
fine del '700 la proposta di canalizzazioni e sistemazioni dei
corsi d'acqua, che prevedesse anche l'utilizzazione degli stessi per
lo sviluppo economico delle zone interessate, prese forza in Romagna
sull'esempio concreto della Francia.
Fu così che il conte Scipione
Zanelli da Faenza ideò, progettò e, - suo malgrado - a proprie
spese, realizzò il primo e unico tentativo di questo tipo, fatto in
Romagna: un canale navigabile da Faenza fino al Po di Primaro, e da
lì al Mar Adriatico, lungo 36 chilometri, largo 14 metri (comprese
le sponde), e profondo 2, la sezione bagnata era di 4 m.
II
conte Zanelli si indebitò in modo esagerato per finanziare l'opera.
Ma il nuovo canale inaugurato nel 1782 non ebbe molta
fortuna.
Alcuni privilegi
furono accordati al Conte Zanelli, tra cui quello di piantare alberi sugli argini e sull'orlo dei fossi delle strade adiacenti al Canale.
Rilevante, ai fini dell'incentivazione del commercio
fu
l'esenzione dai dazi per le merci provenienti sia dallo Stato Pontificio che dagli altri Stati attraverso l'Adriatico e ll Po di
Primaro.
Fieno,
granaglie, legumi e prodotti delle colline. legname da lavoro, canapa, vino e erbe palustri furono i
pochi articoli che si mossero lungo questa via d'acqua, mentre le
torbide del Lamone, che tenevano alimentato il canale, ne causavano
anche il progressivo interramento.
In
più furono costruiti anche otto mulini da grano lungo il canale,
così le merci potevano
solo essere caricate su chiatte e
trascinate, dalle sponde, da coppie di buoi.
Per consentire sia il loro transito
che il lavoro dei mulini, in prossimità di questi ultimi furono
costruite delle chiuse il cui funzionamento riproduceva in piccolo
il sistema adottato per il Canale di Panama.
I ponticelli, con la
classica struttura a dorso d'asino, avevano la funzione di sostegno
delle porte delle chiuse realizzate per
consentirne la navigazione.
Mantenere la
navigabilità divenne sempre più difficile e costoso. II comune
stesso di Faenza giunse a disconoscere l'utilità di tale opera,
dopo averla inizialmente sostenuta (ma c'è da dire che il conte
Zanelli aveva avuto uno 'sponsor' di tutto riguardo, e cioè
l'allora Papa Pio VI, di cui era cugino).
Sorsero
questioni gravi tra il comune
di Faenza e il conte sull’uso dell’acqua che doveva tener
alimentato il canale; alla fine tra liti, processi e accomodamenti,
il tutto subì un degrado continuo.
L’opera, iniziata nel 1778,
fu inaugurata ufficialmente il
20 gennaio 1783, con il conte Zanelli che risalì a bordo di una
barca il tratto da Bagnacavallo a Faenza e una moltitudine di gente
a far da corona al memorabile evento. Pochi
mesi dopo fu lo stesso Papa Pio VI a benedire l’opera pressoché
terminata. Di ritorno da Vienna, il 29 maggio sosta in città per un
breve riposo nell’abitazione del cugino e può quindi recarsi
sulle mura da dove, sotto un arco trionfale eretto in suo onore,
osserva con interesse il canale e le costruzioni della
darsena.
In
quel luogo, a ricordo della visita e su espresso consenso del Papa,
verrà aperta Porta Pia.
Nelle settimane seguenti il canale era già in servizio, anche se ci
vorranno altri sei-sette anni per portare a termine la costruzione
di mulini, maceri, ponti (15), tre magazzini e abitazioni per i
barcaioli.
La
struttura del Canale
Misurava
da Faenza al Reno
7.424 pertiche e otto piedi faentini (circa 36 km)
, lungo gli argini erano stati messi a dimora più di 70mila pioppi.
La spesa totale verrà stimata nel 1815 dall’ing. Giuseppe Morri
in quasi 118mila scudi.
Il dislivello era di 34 metri: 24 m. da Faenza e Bagnacavallo e 10 m. da Bagnacavalio a Magazzeno.
Nel primo tratto le pendenza
media era di m. 0.44 per Km., nel secondo tratto di m. 0.15 per Km.
La portata media
era di litri 2.000 al minuto: la velocità media era di m. 0.33 per secondo. Tale portata di litri 2.000 si
aveva solo per circa sette mesi dell'anno, mentre negli altri mesi discendeva a valori minori, secondo la maggiore o minore siccità. Un particolare
sistema di vasche permetteva il deposito del limo trasportato dall'acqua immessa nel canale.
L'alveo del Canale
fu diviso da nove sostegni in undici tronchi di diversa inclinazione ed estensione quali richiedeva
la planimetria dei terreni per impedire lo scarico veloce dell'acqua e sostenerla alla superficie quasi
orizzontale all'altezza necessaria per la navigazione. Ma poiché l'acqua fermata dal sostegno, per quella che continuamente
sopravveniva, sarebbe cresciuta sempre, aumentando sino a superare le
arginature e si sarebbe poi diffusa per le campagne adiacenti, a scopo di evitare ciò ogni sostegno venne, nella parte
superiore munito di uno sfogatore il quale riceveva le acque quando
giungessero a sorpassare un regolatore fisso e le mandava nel tronco
inferiore.
Da Faenza
al Magazzeno del Reno (ricordiamo che i magazzini erano tre: uno all'inizio, uno a metà, situato fuori di
Bagnacevallo, e uno alla fine, a Magazzeno, appunto.
Sulla strada al lato sinistro del
Canale per una lunghezza di Km. 16 fino a Bagnacavallo si trovavano sette sostegni con cinque
mulini; da Bagnacavallo sino al magazzino situato alla destra del Po di
Primaro, in vicinanza allo sbocco del canale per una lunghezza di Km. 17
esistevano quattro sostegni, con altri tre mulini.
Terminata
l'opera nel
1788, nel 1790 era già in crisi.
"Nel 1789 furono caricate e scaricate, nel porto del Naviglio, 304 barche di mare con 40.729 colli di mercanzia; nel 1790, 492 barche con 67.136 colli di mercanzia.
(così scrisse Pietro Alberto Zanelli Quarantini, "il Canal Naviglio Zanelli", Bologna, 1923).
Il canale non era stato costruito nel pieno rispetto
delle clausole contenute nel chirografo pontificio e - affermarono i
più critici - da opera di pubblica utilità aveva finito per
trasformarsi in un monopolio dei Zanelli.

Il
canale Naviglio a Granarolo alla
fine '800.
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Il
conte Scipione Zanelli |

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Il
ponte a destra del mulino di Villa Prati
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Il
ponte ristrutturato
nel
2018
La
mappa del catasto napoleonico del 1807-08, qui sopra riprodotta, mostra
che in questa parte finale del Canale del Molino (o Canal Naviglio) c’era
oltre al Mulino, una specie di darsena per barche, e due edifici che erano
probabilmente i vecchi magazzini dei frati di S. Maria in Porto.
Il
canale Naviglio all'inizio a Faenza, il
campanile sullo sfondo è quello della chiesa di S. Chiara.
Il
Canal Naviglio a Bagnacavallo alla fine '800.

Per
giungere a questo molino da Alfonsine si percorreva a tratti l’argine destro
del Senio e quando c’erano piogge diventava impercorribile. Vi erano diverse
carraie per arrivare all’argine del Reno, e nel 1867 si fecero lavori per
sistemarne alcune.
Il
canale Naviglio all'inizio a Faenza,
con la
veduta
di Porta Pia.
Oggi
corrisponde alla zona di piazzale Sercognani.
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Il transito avrebbe dovuto essere consentito a tutte le barche,
salvo il pagamento di dazi o pedaggi, ma in realtà i ponti in
muratura lo rendevano di fatto impossibile. Le sole a poter
percorrere il canale erano le chiatte fatte costruire dal conte
Zanelli, prive di strutture soprelevate e cedute in nolo.
Furono
queste limitazioni e le conseguenti controversie a far perdere ben presto di
importanza al Naviglio e a non consentirgli di costituire quel
fattore di sviluppo e di prosperità
nel quale tanti avevano sperato.
Fallito l'obiettivo del trasporto
dall’Adriatico al Tirreno, Zanelli si preoccupò del funzionamento
degli otto mulini da grano costruiti lungo il canale, da cui trasse
un sufficiente guadagno, ma non tale da compensare la delusione per
l’insuccesso della sua impresa: amareggiato e deluso, e per di più colpito
dalla malaria, morì a Roma il 19 gennaio 1792 trovandovi sepoltura
in S.Onofrio.
Nel
testamento dispose che ogni anno le entrate del canale Naviglio e
delle attività che sullo stesso erano sorte, detratte le spese,
fossero ripartite in misura uguale e che una delle due parti venisse
“erogata in sovvenimento ed a soccorso dei poveri di Faenza”.
Un atto da grande benefattore, ma
di nuovo i problemi non tardarono
a manifestarsi.
Non
aveva mai contratto matrimonio, per cui nomino suo erede,
la sorella
Giacoma, vedova del Conte Pietro Pasolini di Cesena, con l'obbligo di passare l'eredita intera al di lei figlio Antonio
Pasolini,
che al proprio nome unì
quello dello zio, donde il sorgere d’una nuova branca di questa
casata, i Pasolini Zanelli.
La vertenza fra
l’Amministrazione pubblica faentina e la Congregazione del canale,
che lo gestì dopo la morte del conte Zanelli, si protrarrà per
decenni.
Secondo il testamento di Scipione Zanelli, per il Canal
Naviglio fu composta una Congregazione con a capo Pasolini Zanelli, che aveva, tra
l'altro, obblighi di beneficienza, come si è visto sopra.
Nel 1860, a causa della costruzione della ferrovia, il
canale non si utilizzò più per la navigazione, ma solo per il
funzionamento degli otto mulini.
Essendo il Naviglio alimentato dalle acque del Lamone scorrenti nei canali di Faenza ed avendo la chiusa, che immetteva l'acqua nel
canale, causato danni rilevanti al terreno circostante, il Comune di Faenza tentò a lungo di subentrare nella proprietà del Naviglio. Vi riuscì solo
quando, alla morte del Conte Senatore Giuseppe Pasolini Zanelli, avvenuta il 12 marzo
1909, i suoi beni vennero posti all'asta dall'erede. (Si veda la ratifica della delibera della Giunta da parte del Consiglio Comunale in data 2 giugno
1910).
Infine, un decreto del
ministro dell'Interno 8 marzo 1914 stabilì fra l'altro che la Congregazione del
Canal Naviglio Zanelli, con sede nel Comune di Faenza,
fosse dichiarata limitatamente alla metà del suo patrimonio destinato a beneficio dei poveri, istituzione di pubblica beneficenza.
Ad
Alfonsine allo
sbocco del Canale Naviglio nel Po di Primaro era stato realizzato un oratorio
Alla
foce col Po di Primaro (poi Reno) fu realizzato
un oratorio dedicato all’Immacolata Concezione, che andò distrutto con la
seconda guerra mondiale, e fu realizzato un mulino, così fu che questo tratto
finale veniva chiamato Canale del Molino.
Questo
molino era più importante di quanto si possa immaginare perché ancora nel
1878 serviva “moltissimo ad una gran parte del territorio alfonsinese a
destra del Senio – si legge in un documento del 1878 dell’Ing. Capo
del Genio Civile - e ad una gran parte del territorio di Ravenna
cioè alle ville di Mezzano Savarna e soprattutto Sant’Alberto.”
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