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Ricerche sull'anima di AlfonsineOberdan ad Alfonsine |

 

 

Guglielmo Oberdan

Nel grande corteo che si tenne a Roma, nel giugno del 1882, per la morte di Giuseppe Garibaldi, fu notato un giovane pallido, bello, biondo, che portava la bandiera abbrunata di Trieste e che, giunto sotto l'ambasciata austriaca, emise un urlo terribile: era GUGLIELMO OBERDAN.
Era nato a Trieste nel 1858 e, avendo, dopo il Congresso di Berlino, l'Austria mobilitato alcuni reggimenti per occupare la Bosnia e l'Erzegovina, lui, che faceva parte del reggimento Weber, per non andare contro gente che si batteva per l'indipendenza, era fuggito in Italia.
A Roma si era iscritto alla facoltà d'ingegneria e per vivere e per pagare le tasse si era messo a dare lezioni e a rilegare libri, ma nelle ore che lo studio e il lavoro gli lasciava libere frequentava il circolo democratico studentesco, la trattoria dell'Aquila, ritrovo d'irredentisti, e, sostenendo la necessità di liberare Trieste, comunicava ai compagni, il suo entusiasmo, la sua fede, la sua passione.
Nel luglio del 1882 l'Oberdan si recò a Napoli per conferire con MATTEO RENATO IMBRIANI, capo dell'irredentismo italiano e per informarlo forse della sua decisione di tentar la sollevazione della sua città natale a costo del sacrificio della propria vita. Lui credeva che per la redenzione di Trieste era necessario il sangue di un martire triestino, era d'avviso che con il sacrificio di una vita si potessero scuotere i giovani "liberi e non liberi" ed aveva stabilito di offrire il proprio sangue alla causa della sua città.
Si preparavano in quel tempo grandi feste a Trieste per la visita di FRANCESCO GIUSEPPE. L'Oberdan pensò che quella era l'occasione più propizia per agire e, costruite due "bombe Orsini", partì con il farmacista istriano DONATO RAGOSA. Lui avrebbe tentato di sollevar Trieste, il suo compagno l'Istria.

Il suo testamento politico

Oberdan Testamento.jpg (17151 byte) Giunto a Udine il 15 settembre, Guglielmo Oberdan scrisse "Ai fratelli italiani" il suo testamento politico:
"Vado a compiere un atto solenne ed importante. Solenne, perché mi dispongo al sacrificio; importante perché darà i suoi frutti. necessario che atti simili scuotano dal vergognoso torpore l'animo dei giovani, liberi e non liberi. Già da troppo tempo giacciono i sentimenti generosi; già da troppo tempo si china vilmente la fronte ad ogni specie di insulto straniero. I figli dimenticano i padri: il nome italiano minaccia di diventar sinonimo di vile o di indifferente. No, non possono morire così gli istinti generosi: sono assopiti e si ridesteranno. Al primo grido d'allarme, correranno i giovani d'Italia; correranno, con i nomi dei nostri Grandi sul labbro, a cacciar per sempre da Trieste e da Trento l'odiato straniero che da tempo ci minaccia e ci opprime. Oh, potesse questo mio atto condurre l'Italia a guerra contro il nemico ! Alla guerra, sola salvezza, solo argine che possa arrestare il disfacimento morale, sempre crescente, della gioventù nostra. Alla guerra, giovani, finché siamo ancora in tempo di cancellar la vergogna della presente generazione, combattendo da leoni ! Fuori lo straniero ! E vincitori, e forti ancora, del grande amore della patria vera, ci accingeremo a combattere altre battaglie, a vincere per la vera idea, quella che ha spinto sempre animi forti alle cruenti iniziative, per l'idea repubblicana. Prima indipendenti, poi liberi. Fratelli d'Italia! Vendicate Trieste e vendicatevi!".

Guidati dal vetturale friulano SABBADINI, i due compagni raggiunsero il confine che varcarono il 16 settembre. A Ronchi, il RAGOSA si divise dall'amico per raggiungere l'Istria, ma resosi conto che qui quasi nessuno pensava ad insorgere se ne ritornò in Italia; l' OBERDAN invece, tradito dall'avvocato Giuseppe Fabris-Basilisco, fu sorpreso dai gendarmi e, dopo una coraggiosa resistenza, fu legato e tradotto nelle carceri di Monfalcone e poi in quelle di Trieste.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cella di Oberdank

All'Oberdan furono sequestrate due bombe, che -dissero loro- dovevano servire per uccidere l'imperatore. Accusato di diserzione e di tentato regicidio, fu processato dalla Corte marziale di Trieste e condannato al capestro. Tentarono gli amici di farlo evadere, ma non riuscirono; la vecchia madre lo pregò con insistenza di firmare la domanda di grazia, ma lui si rifiutò.

La notizia della condanna di Guglielmo Oberdan commosse l'Italia. Illustri personalità italiane e straniere invocarono la grazia imperiale. 

Victor Hugo telegrafò a Francesco Giuseppe: "Ho ricevuto in due giorni dalle Università e dalle Accademie d'Italia undici dispacci. Tutti domandano la vita di un condannato. L'imperatore d'Austria deve in questo momento fare una grazia. Che la faccia questa grazia e sarà grande !".


Ma meglio del poeta francese giudicava un poeta italiano: GIOSUÈ CARDUCCI. "No, perdoni il grande poeta: no, Guglielmo Oberdan non è un condannato. Egli è un confessore e un martire della religione della patria"

Così scriveva il Carducci e continuava:

"Egli andò, non per uccidere, ma per essere ucciso. E oggi, in questo oscuramento d'Italia, c'è un punto ancora della sacra penisola che risplende come un faro, ed è la tua austriaca prigione, o fratello. Tutte le memorie, tutte le glorie, tutti i sacrifici, tutti i martiri, tutte le aspirazioni, tutte le fedi si sono raccolte là, nella oscurità fredda, intorno al tuo capo condannato, per consolarti, o figliuolo, o figliuolo d'Italia! Oh poesia d'una volta! Chi potesse pigliare il tuo cuore e darne a mangiare a tutti i tapini della patria, sì, che il loro animo crescesse e qualche cosa di degno alla fine facessero ! Oh poesia d'una volta ! Chi potesse, consolandoti anzi morte con la visione del futuro, farti segno di rivendicazione, e trarre intorno la tua immagine, e batterla su i cuori, gridando: Svegliatevi, o dormenti nel fango, il gallo rosso ha cantato. No, l'imperatore non grazierà. No, - perdoni il grande poeta - l'imperatore d'Austria, non che fare cosa grande non farà mai cosa giusta. La giovine vita di Guglielmo Oberdan sarà rotta su la forca".

Poi il Carducci terminava maledicendo l'imperatore degli impiccati ed augurandogli sorte uguale a quella delle vittime: "Nel sangue ringiovanì, nel sangue invecchia, nel sangue speriamo che affoghi; e sarà sangue suo".

La sentenza di morte

 «L'I. R. Tribunale militare supremo, in seguito alla revisione praticata d'ufficio degli atti inquisizionali costrutti dal Tribunale di guarnigione in Trieste contro il soldato di infanteria sotto indicato, ha trovato di giudicare Guglielmo Oberdan nativo di Trieste nel Litorale, anni 24, cattolico, celibe, soldato di infanteria, che prestò giuramento in base agli articoli di guerra e appartiene al reggimento di infanteria barone Weber n. 22, in seguito alla sua confessione è stato comprovato dalla risultanza dei fatti che egli nel 16 luglio 1882, avendo lasciato tutti gli effetti appartenenti all'Erario, fuggì infrangendo il prestato giuramento, dalla stazione di Trieste: che egli nel 16 Settembre 1882 oltrepassò il confine Austro-Italiano per recarsi a Trieste onde obbedire ad un incarico avuto dal Comitato della gioventù di Trieste libera: attentare nel 17 settembre 1882 in quella città alla vita di S. M. i. r. Apostolica mediante esplosione di due bombe, e con ciò aprire la strada affinché Trieste venisse staccata dal vincolo unitario dello Stato: che egli però nel 16 settembre, venne arrestato coll'aiuto di tre civili ed un gendarme al quale egli si oppose con un'arma omicida e ferì mediante un colpo di revolver, e venne trovato in possesso di un revolver e di due proiettili che dovevansi considerare come armi proibite.»

«Esso quindi per il delitto di lesa Maestà, di opposizione contro una guardia militare, nonché pel crimine di diserzione in tempo di pace e per la contravvenzione alla patente di porto d'arme, in conformità a paragrafo 335, lettera B 97 e 45 lettera A, del Codice penale militare unitamente alla espulsione della i. r. armata, deve venire condannato alla morte mediante capestro, ai sensi dei paragrafi 208 lettera D, del Codice penale militare, paragrafo 36 della patente porto d'armi 24 Ottobre 1852, con la perdita delle armi, viene obbligato al pagamento delle taglie di fiorini 24 spettanti in parti uguali alle cinque persone che lo arrestarono.»

«Dall'i. r. Tribunale militare supremo, Vienna, 4 Novembre 1882»
f
. Knebel m. p. luogotenente
feld maresciallo

 

Il 20 dicembre 1882, GUGLIELMO OBERDAN fu giustiziato. Salì sul patibolo sorridendo e, porgendo il capo al boia, gridò con forza: "Evviva l'Italia ! Evviva Trieste libera !"
Il suo corpo fu sepolto in luogo ignoto; la testa fu mandata al Museo Antropologico di Vienna. 

Solo nell'anno 1933, Mussolini volle che gli fossero rese onoranze solenni in ogni centro, dalla capitale fino all'ultimo villaggio, mettendolo sull'altare delle glorie d'Italia.

Il Governo austriaco chiese l'estradizione del RAGOSA, ma non l'ottenne. Mandato all'Assise di Udine il Ragosa fu assolto; il vetturale Sabbadini, condannato a morte dall'Assise d'Innsbruck, ebbe commutata la pena in dodici anni di carcere.
L'esecuzione di Guglielmo Oberdan produsse, un'indignazione indicibile in tutta la penisola. CAVALLOTTI disse che dal capestro "con la salma del pallido martire penzolava insieme l'onore italiano"; l' IMBRIANI lanciò agli Italiani l'appello seguente: "Marmo! Pietra ! No, per ora. Ma ferro. Apriamo una sottoscrizione per numero di cento carabine che serviranno ad armare la compagnia Oberdan, quando l'Italia muoverà alla rivendicazione del Diritto nazionale, alla redenzione delle Alpi Giulie".
Oberdan fu così immediatamente riconosciuto come il primo martire del movimento irredentista.

 

 

 

 

 

 

Cortile piccolo della Caserma Grande di Trieste, 
luogo del supplizio

Dimostrazioni di protesta si svolsero in ogni parte d'Italia e il Governo, in ossequio all'alleanza con l'Austria, ordinò che ogni manifestazione antiaustriaca fosse energicamente repressa, e manifestazioni da reprimere erano quelle della stampa; furono pertanto sequestrati 147 giornali; il 6 gennaio del 1883 furono a Roma perquisiti i locali dell'Associazione per i diritti dell'Uomo e furono spiccati mandati di cattura, contro Antonio Fratti e due studenti universitari che avevano promossa una sottoscrizione per erigere un monumento a Oberdan. Il 7 vi furono tumulti, seguiti da tafferugli fra repubblicani e guardie di pubblica sicurezza e quindi numerosi arresti di malcapitati; contro di loro fu istruito un processo, che però, dopo arringhe di Ceneri, Fortis, e del Crispi, furono quasi tutti assolti.

Protocollo di Sepoltura dei Defunti
appartenenti al Corpo militare.

Qual era la situazione politica di quegli anni?

Il periodo  1881-1882 segnò una svolta nella politica della sinistra al potere. Oltre a questo di Guglielmo Oberdan, avvennero molti altri fatti di carattere economico, commerciale, agrario e scolastico. Ma i più importanti furono proprio gli avvenimenti politici.
E il più importante fu, che nelle elezioni del 22 ottobre 1882, il capo del governo DEPRETIS inaugurò la politica del "trasformismo".
Essendo le elezioni con il suffragio allargato (da circa 600 mila elettori si passò a circa 2 milioni) con la riforma elettorale varata in gennaio, era nata la necessità di costituire dei cartelli elettorali.
Ciò rappresentò pure una risposta al crescente peso politico dei partiti dell'estrema sinistra e alle agitazioni dei contadini in un periodo di grave crisi.
Nacquero associazioni operaie; in Romagna si costituì un partito socialista rivoluzionario; a Milano gli internazionalisti diedero vita agli "evoluzionisti"; a Genova si riuniscono a congresso le società operaia "affratellate". L'Italia stava ribollendo!
Per la prima volta entrò in Parlamento il primo deputato socialista (ANDREA COSTA)
e anche il primo operaio (ANTONIO MAFFI).

 

 

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