Alfonsine

 

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IL PALAZZO D'FED (detto anche "La pèpa") 

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NEL PUNTO 9, (della mappa a destra), 
PRIMA DELLA GUERRA C'ERA: 

IL PALAZZO D'FED 
(detto anche "La Pepa")

(il testo è tratto dal libretto "E Stradò" di Lucia Berti)

Il palazzo di "Fed" e Susanna (l'antico palazzo "dla Pépa"). Susanna Garavini (sorella del Sindaco Garavini) e Fede (Bonafede Minarelli) furono i gestori del Ristorante qui sotto collocato, noto per le ottime tagliatelle al ragù e i saporiti cappelletti in brodo, passione del dr. Meruzzi, assiduo cliente.  

Attiguo, in un fabbricato più basso, vi era il laboratorio dell'arrotino Francesco Martini, conosciuto col nome d'arte "e Rudaré". Era un laboratorio attrezzato, fornito di ruote focaie a diverse dimensioni che lui sapeva usare con molta serietà; infatti Martini era una persona scrupolosa. Francesco Martini abitava con la famiglia nel palazzo d'Fed.

Nel palazzo c'era anche il negozio dell'unica parrucchiera del paese: l'Emma d'Tito (o "de Titò") detta anche 'l'onduladora': ragazza bella e socievole.

 

 

 

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Oggi 2021

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Nel palazzo, oltre a Bonafede Minarelli con la famiglia, abitavano in affitto varie altre famiglie: maestra Randi col fratello Natale, Nando (Ferdinando) Amadei (Barini) con la moglie Ninetta e i figli Atos e Otello (barbiere), Francesco Martini (e' rudaré), Beltrami, con la moglie Silvia d'Bacarèl, (proiezionista cinema di Terio e Gigino Minarelli), Teresina d'Nutto (vedova) con i figli "Penna" e Vincenzina (magliaia).

Tra il Palazzo e il Cantinone dei Marini, poi di Luigiò, c'era una stecca a un piano di piccole camere con negozi vari, nel retro la lavanderia degli inquilini del palazzo di Luigiò.

I negozi che davano sul Corso Garibaldi erano: materiale elettrico di "Sabbioni", garage di Cencio poi officina di Ernesto Pasi, due stanze della gelateria "Fenacia", con la figlia Enrichetta sposata Fiocchi (Aldo Dradi) da cui ebbe una figlia: Pinuccia. Poi c'era una stanza-ufficio di Luigiò, e l'arco con l'entrata nel cortile.

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L'arco ancora presente oggi con l'entrata nel cortile

 

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Questo era il cortile interno del bar 'Fiocchi', dove nel dopoguerra ci fu l'Arena del Corso poi è diventato il cortile parcheggio di vari negozi nell'ex-cantinò 
(punto 10 foto a destra)

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Davanti al bar Fiocchi in Corso Garibaldi, 1941

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In piedi da sinistra: Lorenzo Piani  (Lurez de Mager) “Liquigas”, marito di Munda Cesti,  Pizzarda, Antonio Marini (Mariné), nonno di Guido Marini, Esterino Dragoni (Sterino d’Tadiò), Bacelo, Nanni, Gianastri, Tonino Taroni, abitava alla Tosca fratello di Armando (det burasca), Eliano Baldrati (capo mastro), Pino d’Guaré.
Seduti: Tamburini (Bardela), Dino Cacchi, Savioli, ?, Alvaro (babbo Oliviero), Marcello Gessi (Marcilò), Raflì,  Gigiò Santoni, Tonino e Scané di Rossetta cognato di Enrico Tumiatti, Giuseppe Pelloni (Sciamplì), Marcello Gessi (Penèlo), Berto d’Brém, Enrico Liverani (?).

 

 

 

Con la guerra tutto andò distrutto

 

Renato Brunetti faceva da cameriere

 

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Un gruppo di ragazze del paese vecchio assaggia il gelato davanti al bar gelateria ‘Fiocchi’ in Corso Garibaldi.

 

 

Nel dopoguerra 

nel 1948 su quel terreno dove c'era stato il palazzo di Bonafede Minarelli la famiglia dei Minguzzi che veniva da Boncellino di Bagnacavallo costruì la casa che si vede qui di fianco.

Il capostipite dei Minguzzi si chiamava Silvio (detto "Rimueld") era noto col nome 'e' purchear' perché allevava e commerciava maiali.

Sua moglie 'la Pasquina' vendeva il latte sfuso. I figli, in ordine di età, Giuliana (Giulia) - sposata Valentini, poi Fausto, Gino, Egidio - sposato con Rosanna Liverani. Poi Pierina - sposata Alberani. Poi Paola - sposata Fabbri, e infine Renzo. Nella casa fu allestito anche un seggio per le prime votazioni politiche del 1948.

Poi quando morì il capostipite Silvio, e dopo che la figlia Pierina si sposò, la Pasquina affittò una stanza (quella a destra) alla Veglia, mamma della Vanda che continuò a vendere il latte.

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 Poi subentrò un'altra lattaia l'Olga (che abitava in via Roma). Infine fu fatta una nuova entrata per un negozio da parrucchiera gestito da Gigliola, poi via via da altre.

La casa è stata abbattuta per costruire la nuova farmacia.

Nel dopoguerra al posto delle botteghe a un piano andate distrutte, tra casa Minguzzi e l'arena del Corso sorse la bottega d'"Salamé", Gigino Morelli detto 'Salamé' (nome ereditato dal padre che si chiamava Anselmo Morelli, e da "Anselmo" (troppo complicato per il dialetto romagnolo) venne tradotto in "Salamè". 

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La bottega d'"Salamé" abbandonata negli anni '70.

Gigino Morelli esercitò il mestiere di meccanico di biciclette  fin dall'immediato dopoguerra. Già prima della guerra "Salamé", il vecchio, aveva un negozio di 'biciclette Morelli' nell'edificio che diventò poi il cinema Corso e ora  "La perla". Il negozio a quell'epoca era dove ora c'è l'ingresso a 'La Perla'.

Dopo Gigino Morelli il negozio di bici passò a "Bardela" Giovanni Tamburini, padre putativo di Pino Mascanzoni, poi all'elettricista Massimo Vecchi. 

Rimasto abbandonato per molti anni, di proprietà di Raffaele Fabbri, fu ristrutturato e dato in affitto alla dott.ssa Rambelli, e nel 2021 in affitto come Ufficio Tecnico di tre geometri. Oggi 2023 ???

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Gigino Morelli sulla porta della bottega

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Gigino Morelli davanti alla bottega

 

 

   

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