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Il '68 alfonsinese ... secondo Loris Pattuelli "Credo
di aver passato l’estate del sessantotto di Loris Pattuelli
Il sessantotto? Peggio di quelli che ne parlano bene ci sono soltanto quelli che ne parlano male. Ma ti sei mai chiesto, caro lettore, di cosa vanno mai cianciando i cerimonieri di questo evento epocale? A me sembra che parecchi lo confondano con gli anni di piombo e il brigatismo rosso, tutte robe che, se non ricordo male, erano una peculiarità della seconda parte degli anni settanta. Per me il sessantotto è la critica dei saperi e dei poteri. Il resto è vintage, bingo, l’adorazione dei pastori, l’eterna promessa di un futuro ancora tutto da immaginare. Il sessantotto, per quel che ne so, potrebbe anche essere soltanto un bel trenino partito molto in anticipo sulla sua tabella di marcia e che non è ancora arrivato in nessuna stazione di questo mondo. Sapete quando è incominciato a cadere il muro di Berlino? Io dico nel sessantotto, e a farlo crollare sono stati i Beatles, mica il proletariato e la società dei consumi. Io nel sessantotto avevo dieci anni più la metà di altri dieci. Diciamo pure che a quel tempo ero già un millènne o, se si preferisce, un astronauta coetaneo di San Francesco e dei Cavalieri della Tavola Rotonda. Andando indietro con la memoria, credo di aver passato l’estate del sessantotto in compagnia di Daniele Brunetti e di qualcun’altro che adesso preferisce restare in incognito. Si mangiavano pop-corn e si cantavano le canzoni di Fabrizio De André, e poi si suonavano anche gli smash hits di Jimi Hendrix e la pastorale di Beethoven. Serve altro per inquadrare la vastità e l’urgenza di questa rivoluzione megagalattica?
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