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Don
Vittorietti
cappellano ad Alfonsine
dal 1950
e poi parroco dal 1956 al 1973
(un
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Ognuno
di noi dovrebbe, nel corso della propria vita, costruirsi un
pantheon di miti, una specie di album di figurine con cui creare
una propria mitologia felice, fatta di esperienze, personaggi,
eventi che ci hanno tenuto caldo, che hanno acceso energie
positive, che hanno comunicato uno stato d’animo di armonia, che
hanno nutrito il nostro DNA con sentimenti di creazione.
Don
Dionisio Vittorietti
Don
Dionisio Vittorietti, meglio conosciuto come don Vitt, un piccolo
grande prete, che fu ad Alfonsine per 22 anni, dal 1950 al 1973,
occupa senz’altro uno dei primi posti per quegli alfonsinesi che
lo hanno conosciuto.
Era nato a Faenza il 10 luglio 1927 da Antonietta e Antonio Vittorietti.
Compiuti gli studi presso il Seminario faentino, fu ordinato prete il 16 luglio 1950.
Ebbe subito l'incarico di cappellano presso la Parrocchia di S. Maria ad
Alfonsine, in sostituzione di Don Zanelli. Arrivò in
bicicletta in un pomeriggio assolato del settembre 1950. Alfonsine era il paese tutto in mano ai comunisti, rinomato per la settimana rossa del 1914, e per la lotta di resistenza. Paese di repubblicani e comunisti, tutti dei senza-dio. Affiancò come cappellano l’arciprete
Don Liverani, insieme a Don Domenico
Parmeggiani.
Don
Vitt si inserì subito nella comunità alfonsinese come insegnante di
religione nella Scuola Media, e nell’attività estiva che don Liverani promuoveva con le colonie di gruppi di ragazzi di varie età sulle dolomiti.
Santa Brigida in Val Brembana (BG), Santa Giustina (BL), Mezzano di
Primiero (TN), Tenna di Levico (TN).
Interno scuola media di Alfonsine (anno sc. 1951-52)
Tommaso
Morigi, Gianni Bertoni, Bebbe Rossini, Don Vitt, Antonio Montanari, Andrea Pagani, Roberto
Graziani, Francesco Montanari (Pitadé)
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Scuola
Media (anno sc. 1951-52)
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Si
riconoscono da sinistra prof. di Matematica Poggiali, Luigi Ruiba
(bidello), Elio Marini, Don Vitt, Libera Martoni sposata Montanari,
mamma di Tino Montanari, Sebastiano Montanari, marito di Libera,
Giuseppina Gregori, una prof. di Lettere e Lidia Taroni
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Anno
1953: Gruppo vacanza della parrocchia di Alfonsine, a Santa Brigida,
in Val Brembana.
Nella
prima metà degli anni ‘50 i bambini e i giovani di Alfonsine
avevano due opportunità per andare in vacanza in montagna:
o con i preti della parrocchia, sfruttando le case di proprietà del
vescovado di Faenza, a S. Brigida, a Santa Giustina
di Belluno, a Mezzano di Primiero, a Tenna di Levico. Oppure in
colonia vacanza organizzata dal comune vicino
a Brunico. In genere le famiglie non di fede comunista mandavano i
figli col prete, quelle di fede comunista col comune.
Gruppo
in colonia a Santa Giustina
di Belluno (un
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(Seduti
da sinistra): Luciano Lucci?, Renzo Minguzzi (e' purcaèr), ?,?,?,?, Roberto
Montanari, Augusto Bragonzoni, Rino Montanari, Walter Conti,?,?,?,?,
Andrea Forlivesi (formazala)
(File in
piedi) si riconoscono tra gli altri Don Vitt al centro, Gianni Taroni, Renzo - Cenzino, Luciano, Bonavia, Andrea Pagani, Franco
Cortese, Bebbe Rossini, Rino Martini, 'Cecè' Gamberini
(Ultima
fila in alto): Gamberini (Gimmi), Domenico Martini, Rino
Martini...
Foto
sopra: in
colonia in montagna:
si riconoscono Rino Martini, Bonavia, Cenzino, Franco Cortese, Lucianò,
In alto da sinistra Rino Martini, ?, ?
?, Renzo Tavalazzi, ... Pagani (Fefè) (?) (un
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Anno
1955 a Mezzano di Primiero:
da
sinistra in basso:
Emanuele
Faccani (manuvlaz), ? Roberto Bedeschi, Adolfo Romagnoli.
In alto
Umberto Pagani, Trevisan, Don Vitt, Vittorio Rambelli, Guido Cantoni,
Secondo Miccoli.
Piazza
Monti (o meglio piazzale della chiesa).
Don Vittorietti (allora cappellano) da sinistra, poi don Domenico
Parmeggiani, il vescovo mons. Giuseppe Battaglia, e altri preti non
riconosciuti.
Il
chierichetto era Valter Conti
Era
il 7 aprile 1953:
posa della prima pietra della chiesa del Sacro Cuore
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1953:
posa della prima pietra della chiesa del Sacro Cuore, in piazza Monti.
Si
nota da sinistra don Vittorietti, poi il vescovo mons. Giuseppe
Battaglia, il cappellano don Domenico, e un prete non riconosciuto.
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Da
sinistra Don Vittorietti
Quando qualche anno dopo (1956) la parrocchia e la chiesa Santa Maria furono trasferite nel paese nuovo di Alfonsine, alla sinistra del Senio, Don Vitt divenne parroco della nuova costituita parrocchia del Sacro Cuore di Gesù, nella vecchia storica piazza Monti, alla destra del fiume.
Fu
insegnante di religione nella Scuola Media di Alfonsine
Il
primo matrimonio celebrato da Don Vitt: Angelo Montanari e Maria Montanari
(d'Marlé)
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Don Vitt aprì l’oratorio parrocchiale a tutti i ragazzi del paese, sotto la sorveglianza ferrea del papà Antonio: si giocava a pallone dalle 15 alle 17, e poi ci si trasferiva nella saletta dove c’era pure la TV dei ragazzi.
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La
località, potrebbe essere una chiesa o monastero in Carpegna
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Don
Vitt e Marraffa
Con
il Re di Maggio, Umberto II di Savoia: 1962
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Gita
in Spagna-Portogallo, in autobus da Alfonsine, anno 1962. Organizzata da
Don Vitt e da
Vittorio
Forlivesi, che era un grande estimatore della monarchia sabauda.
Questi decise che si doveva passare prima da Montpellier in Francia
dove era sepolta, al cimitero Saint-Lazare, la Regina Madre Elena di
Savoia. Qui Vittorio portò i fiori
sulla tomba, seguito dai più affezionati al tema, ma non da altri che non
gradivano. Poi andarono anche a Cascais, in Portogallo fino a Villa
Italia, dove abitavano il re Umberto II e le sue figlie. La foto
testimonia l’incontro. Il re Umberto in quei giorni aveva avuto un ictus
ed era ancora ‘inscimunito’ (così me l’ha raccontata Hedda
Forlivesi che era presente). Hedda ha scritto con Alberto Minguzzi e
Utilla Geminiani, e stampato in italiano e in dialetto un diario di quella
gita, dove è pubblicata tra l’altro la sua prima poesia in dialetto.
Presto andrò a procurarmi questo eccezionale documento.
Nella foto vi sono alcune persone di Lugo che si erano aggregate alla gita
e, oltre a quelle già riconosciute vi è una certa Fedora che era la zia
di Utilla e insegnava a Longastrino.
Gita
a Trieste, di fronte a San Giusto, aprile 1963
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Don
Vitt (parroco del Sacro Cuore) e Don Marcucci (parroco della Santa
Maria) a una manifestazione in piazza Gramsci (forse per la pace).
Gita a
Pompei La
foto la scattò Adis Pasi. Tra gli altri nel gruppo c'è la prof.
Liana Martini, e le
ultime due in basso a destra: Brunella Guerra e Giustina Baioni. La
prof. Martini fece recitare ad Adis, - il ricordo è di Giustina
Baioni - all'andata, mentre erano in Umbria, l'ode di Giosuè
Carducci "Alle Fonti del Clitunno"
Si riconoscono la
Cenza, Pierina Minguzzi, Idelba Savini, l'Utilla, la Polgrossi, in
alto Gilberto Pazzeschi e Don Vitt ,
Rosetta
Contarini (mulino ‘Satariv’), Don Vitt, Sergio
Mazzotti, Peppino Felice, Italo Gregori, Jader Troncossi detto
“La Marchesa” o anche “Vigorone”, Idelba Savini e Alberto
Minguzzi.
Anno 1958 un
filmato con don Vitt (un
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Spezzone
tratto dal filmato successivo
L'inaugurazione
della Chiesa Santa Maria 1958
(le riprese furono di Bruno Gamberini)
Gita
a Collodi della scuola media di Alfonsine
(anno 1957)
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Anno
1957, nel
campetto dell'oratorio, foto di gruppo della Prima Comunione e
Cresima
(da
sinistra) Claudio Tamburini, Roberto Bragonzoni, Roberto
Dragoni, Don Vitt, Roberto Visani, Andrea Tarroni, ?, Luigi
Geminiani, Adriano Fini-Barattoni
Da
notare i due pioppi appena piantati e confrontarli con quelli
odierni
Anno
1960, nel
campetto dell'oratorio, foto di gruppo della Prima Comunione e
Cresima
Anno
1960
(da
sinistra) Adriano Fini-Barattoni, Roberto Brunetti, Giuseppe
Masetti, Don Vittorietti, Andrea (Dorian) Zaffagnini, Gianni Zanzi,
Antonio (Tonino) Zanzi
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Anno
1965, nel
campetto dell'oratorio, foto di gruppo della Prima Comunione:
sopra i maschi, sotto le femmine
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"Ci sentivamo come dèi e ci comportavamo come
tali"
Rita
Marini, Don Vitt, Anna Tavalazzi, Giustina Baioni (1960)
Ma fu negli anni ‘60 che la parrocchia del Sacro Cuore, con quel pretino vivace e simpatico dal nome così rapido, ebbe un sussulto. C’era stato Papa Giovanni
XXIII, il Concilio Vaticano II, pieno di spirito innovatore e con l’idea di rilevare ciò che c’è di buono nella cultura contemporanea
, aprendo una nuova fase di dialogo col mondo moderno, cercando innanzitutto "ciò che unisce invece di ciò che divide".
Attorno a Don Vitt si formò un gruppo di giovani che cominciarono a proporsi come comunità per tutti i fedeli.
Quel gruppo di giovani, ragazzi e ragazze, condivise con Don Vitt un’esperienza di intensità unica, carica di energia, di momenti di grazia e di fede.
“L’idea nuova che fin da giovanissimi Don Vitt cercò di imprimerci bene nel cuore - ricorda uno di loro - era che Gesù è in ogni persona, compresi noi stessi: un Gesù quindi veramente umano, quindi vicino, “fratello” per dirla con una parola fin troppo usata. Ciò rendeva possibile a ogni persona cercare la “divinità” dentro di sé e nei rapporti interpersonali. Ci sentivamo come dèi e ci comportavamo come tali.”
Dialogo e
intreccio di culture
Quando poi a metà degli anni ‘60, in piena epoca psichedelica, qualcuno in California comunicò da un microfono del palco a un grande raduno
hippy “Siete tutti Dèi, comportatevi come tali”, alcuni di quei giovani alfonsinesi sentirono di essere in sintonia col mondo e di essere pronti a condividere con altre culture quella sensazione estatica. Don Vitt insegnò loro anche a vivere la fede nella vita quotidiana, nella storia del proprio tempo. Quelle esperienza di comunità cristiana si intrecciarono così ad esperienze forti del periodo e della cultura hippy e visionaria di quegli anni e, poi, al periodo delle lotte operaie e studentesche.
Anticipando la cultura psichedelica del film Jesus Christ Superstar con la passione visionaria della figura di Gesù dei Vangeli, alcuni arrivarono fin quasi a prendere Gesù come modello di vita anche esteriore.
“Iniziammo a muoverci come gruppo andando a visitare i vecchi dell’ospizio e passando con loro interi pomeriggi domenicali. Incontravamo giovani di altre comunità vicine, per condividere con loro le nostre
sensazione e il nostro nuovo modo di vivere la fede.
Alcuni
brani della Messa Beat
Una messa
beat, poi l'incontro con i focolarini e con Francesco Guccini
Scoprirono il bisogno di una liturgia più coinvolgente e meno fredda,
inventandosi una prima “messa beat” (che a qualcuno ora, e anche allora, può fare accapponare la pelle) dove a tempo di rock, con tanto di chitarre e batteria poste nell’altare laterale di S. Antonio, accompagnavamo la S. Messa, dal vivo, alternando un Padre Nostro cantato a ritmo di rock, con un “Blow’ in the wind” di Bob Dylan in versione italianizzata.”
Quei giovani mettevamo la passione anche nel costruire il presepe della chiesa, legandolo ai momenti di attualità come la guerra del
Vietnam, o nell'esporre un cartello in chiesa nella notte della
vigilia di Natale con scritto: Natale non è "Alemagna"
("Alemagna" era ed è ancora oggi una celebre marca di
panettoni)
Visitarono la comunità dei Focolarini e là incontrarono giovani che vivevano a contatto con la natura, in piena libertà e pieni del mito di Gesù. Una vera comune, come quelle di cui avevamo sentito narrare in America, nel movimento hippy. Là, quel giorno incontrarono Francesco Guccini, anche lui in visita a quella comunità cristiana. Fu invitato a cantare "Dio è morto", con la partecipazione corale di tutti. E pensare che in TV era un brano ancora censurato.
Francesco
Guccini com'era quando i giovani della parrocchia di Alfonsine lo
incontrarono a Loppiano
«E poco dopo andai anche a Loppiano, e mi esibii, anzi, fui preso di forza e piacevolmente costretto a
cantare davanti ai focolarini.»
Regista
di questo incontro era stato l'arzillo "nonno Pippo",
Antonio Prandi, zio di Guccini, fratello di mamma Ester. Di area
cattolica, ha sempre stimato il nipote "anarchico" tanto
da proporlo agli amici di Loppiano perfino quando ancora Francesco si
considerava un poeta-paroliere.
I problemi sociali, le lotte operaie, il Vietnam, il movimento studentesco.
Legarono la loro religiosità alla teologia della libertà dei paesi del terzo mondo: e quando qualcuno di loro scrisse sulla facciata della chiesa a vernice rossa "La chiesa è dei poveri" , don Vitt li corresse direttamente durante l'omelia in
chiesa, dicendo che la nostra "è la chiesa dei poveri", non che "la chiesa è dei poveri". Non fu semplicemente una gioco di parole, per accontentare capre e cavoli: in quel modo Don Vitt segnò in modo positivo l'avventura, in cui alcuni poi si tuffarono nel 1968, di nuovo con tutta la passione di cui erano capaci: i problemi sociali, le lotte operaie, il Vietnam, il movimento studentesco. Forse è per merito di Don Vitt ("Gli ultimi saranno i primi, ma non i soli"), che riuscirono a salvarsi l'anima da quel periodo turbinoso, che vide molti di loro, cattolici della comunità del Sacro Cuore, attivamente coinvolti nelle lotte studentesche e operaie di quel momento (fecero davanti alla chiesa una raccolta di soldi in favore degli operai della "Marini" in sciopero): ma sempre con la tolleranza nel cuore e col rifiuto di ogni violenza e
fondamentalismo.
Un
incontro con missionari saveriani nel giardino della Villa 'Marini',
in corso Garibaldi: da sinistra: Renzo Ricci, Marisa Gregori, Rita
Marini, Andrea Mazzotti, Roberto Zambelli, Vincenzo Minguzzi, Giancarlo Faccani
(Bagarò), la figlia di Vistoli,
Letizia Marini, Missionario Saveriano, Sergio Mazzotti, cugina della
Marisa Gregori, Giustina
Baioni, Anna Tavalazzi.
Scontro con la
chiesa-istituzione
L'approfondimento delle letture (Vangelo, Encicliche, documenti del Concilio Vaticano
II) che Don Vitt chiamava a fare, cominciò a portare alcuni verso limiti non accettabili dalla chiesa-istituzione. Emerse visione radicale del Vangelo e del Concilio Vaticano II che spingeva ad ancora
"piu' oltre".
“Noi ritenevamo possibile raggiungere stati di grazia estatici rendendo alcuni sacramenti più vicini al nostro modo di sentire, e modellati sulle prime
comunità cristiane: l'eucaristia e il rito della messa praticate in luoghi naturali e non solo in chiesa, il rito dello spezzare il pane di bere il vino praticati come se fossimo a un semplice e comune banchetto, la confessione come pratica intima con la propria coscienza senza il bisogno del sacerdote, la sessualità, anche fuori dal matrimonio, vissuta come atto d'amore e mai come peccato, per cui non era più necessario confessare alcunché…”
Questi erano i temi in discussione e diventarono terreno di scontro con Don
Vitt. In quel periodo Don Vitt portò a termine gli studi di giurisprudenza conseguendo la laurea all'Università di Bologna.
Don Vitt fu
trasferito
in altra parrocchia
Forse fu anche per aver dato spazio a queste occasioni di meditazione e di discussione che fu costretto nel 1973 a lasciare la parrocchia, accusato di essere un prete comunista, e trasferito dal vescovo della diocesi Mons. Bergonzini a Faenza, dove gli fu affidata la Parrocchia di San Giuseppe artigiano. Le strade di quel gruppo si separarono… la vita segnò per tutti altri percorsi… altre storie.
Una nuova
avventura a Faenza
Nella nuova parrocchia di Faenza mantenne l’incarico fino al 1995, quando per motivi di salute rinunciò, pur rimanendo presente fino alla morte come vicario parrocchiale.
Seppe anche là conquistare il cuore dei suoi parrocchiani. Così si legge nel sito web della parrocchia “San Giuseppe artigiano” di Faenza:
“Don Vitt ebbe vari incarichi nel presbiterio faentino come Priore del Collegio Parroci, Vicario urbano e membro di tante Commissioni e Consigli. Attento ai movimenti ecclesiali post-conciliari e alle novità sociali, fu promotore di nuovi modi di “farsi prossimo” a chi era in difficoltà nel nostro Paese e nel mondo missionario. Vale la pena ricordare il “pullman amico”, un vecchio tram ricevuto in dono dalla Amministrazione Comunale che, attrezzato da camper, fu utile per realizzare interventi consistenti, quali due fabbricati in muratura, in Friuli prima, dopo il terremoto del 1976 ed in Irpinia poi, dopo il terremoto del 1980. Diede spazio a Giorgio Nonni, reduce dal Mato Grosso, accogliendo una delle prime esperienze di obiettore di coscienza in Italia, e collaborò perchè il movimento “Operazione Mato Grosso” di Padre Ugo de Censi si consolidasse a Faenza. Fu anche vicino ad altri movimenti missionari faentini; basti ricordare l'AMI e MANI TESE, per il quale in varie occasioni, ultima la ricorrenza del suo 50° anniversario di ordinazione sacerdotale, raccolse fondi per la perforazione di pozzi.
Nel 1998 fu operato di un tumore al rene: un’operazione ben riuscita.
L'ultimo
incontro con Alfonsine nel 2000,
nel 50° di sacerdozio
Una domenica di settembre del 2000
gli alfonsinesi della parrocchia Sacro Cuore si ritrovarono ancora tutti, insieme a Don Vitt… ormai cinquantenni e oltre, alcuni neanche più appartenenti alla comunità cristiana.
L’occasione fu la ricorrenza del 50° del
suo sacerdozio.
E ancora una volta, durante la messa di Don Vitt, captarono una forza creativa e un'energia positiva, già sperimentate.
Un incontro piacevolissimo per tutti,
Don Vitt era in gran forma.
Dopo
la fine della giornata commemorativa, chiese di incontrarsi con
quelli che considerava il 'suo primo gruppo attivo'.
2000:
Don Vitt torna a dir messa nella chiesa Sacro Cuore
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Da sinistra fila dietro: Umberto Pagani,
Zofia Martini, Luciano
Lucci, Alma Capucci, moglie di Paolo
Zambelli, Rita Marini,
Anna Pirazzini, moglie di Cesare Baldi, Felice, Stefania
Marini, Elio Marini, Domenico Martini, Liana Costa.
In prima fila da
sinistra: Zofia Martini moglie di Martini, dott. Sgarbi, Don Vitt, Hedda
Forlivesi.
Hedda
Forlivesi
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Carla, moglie
di Franco Cortese, Andrea Pagani, moglie di Pietro Graziani, Pietro
Graziani, Paola Minguzzi, Vittorio Forlivesi, Utilla Geminiani,
Don Vitt, Hedda, Rina Bellini, Tina Foschini, sposata Vecchi.
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Carla
moglie di Franco Cortese, Luisa Contarini, moglie di Pietro Graziani,
Lino Gaudenzi (Tagiò), Vittorio Forlivesi, Pietro Graziani, Andrea
Pagani, Utilla Geminiani, Don Vitt, Stenlio Fabbri, Hedda Forlivesi,
Laura Ferretti (moglie di Tagiò), Rina Bellini, Tina Foschini
(sposata Vecchi, ?
(un
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Nei primi giorni del 2003 fu ricoverato in Ospedale, prima al Civile di
Faenza, poi alla Clinica S. Pier Damiano, per un susseguirsi di scompensi che lo hanno portato alla morte il 29 maggio 2003, nel giorno della ricorrenza della festa dell'Ascensione di Nostro Signore, assistito, specialmente negli ultimi mesi, giorno e notte dai suoi amici parrocchiani di Faenza.
Anno 1960: il piazzale
ricostruito con la chiesa del
Sacro Cuore, dopo che la chiesa Santa Maria fu ricostruita alla sinistra
del Senio nel paese nuovo.
Anno 2000: chiesa del
Sacro Cuore
In
memoria di Don Vittorietti
di Luciano
Lucci
(un click
o un tocco sull'articolo qui sotto per averne un ingrandimento)
Ho scritto di Don
Vittorietti su Internet nel 2008 a cinque anni dalla sua scomparsa, perché
sono sicuro che ne sarebbe stato contento.
Già un’altra volta avevo
pubblicato, insieme a Giustina Baioni, questi pensieri su di lui, in un giornale locale "La Voce del
Senio" del mese di settembre del 2000 (qui a sinistra). Lo facemmo per fargli sapere che
nonostante le nostre strade si fossero divise, lui era ancora ben presente nelle
nostre menti e nei nostri cuori. Dopo qualche tempo
ci sentimmo per telefono e mi disse che l’articolo che avevamo scritto su di lui
gli era piaciuto molto, lo aveva fatto leggere al suo vescovo, per fargli capire
chi era lui e cosa aveva fatto ad Alfonsine.
Don Vitt era arrivato
a quel punto della vita in cui uno si chiede se ha lasciato qualche segno
positivo, magari nella speranza di essere ricordato un po’ oltre la morte.
Ma
mentre per chi ha famiglia-figli-nipoti, l’essere ricordati almeno per 80 anni
è quasi una certezza, per un prete la domanda è “Chi si ricorderà di me,
qualche anno dopo la mia morte?”.
In tutti gli ultimi
incontri pubblici in cui è stato presente qui ad Alfonsine, nella “sua”
chiesa “Sacro Cuore” ha avuto la certezza di aver seminato bene e questo lo
rincuorava molto. Chiedeva a tutti se si ricordavano i momenti, le esperienze
vissute insieme a lui, chiedeva di raccontarle, quasi si fosse accorto di quanto
la sua memoria rischiasse di perdere colpi. La speranza era che ciascuno dei
suoi vecchi parrocchiani ne conservasse un pezzetto in modo che il puzzle lo si
potesse sempre ricostruire insieme.
Oggi che non è più
tra noi, penso a una cosa bella e importante che ho imparato da lui: salvare il
mondo non significa modificare le cose, fare rivoluzioni, abbattere sistemi,
quello che bisogna fare è vivificare il mondo, aumentare la percezione della
sua sacralità, e l’unico modo è cominciare a scoprire in noi stessi dove sta
la vita, e diventare noi stessi esseri sacri, déi.
Forse non era proprio questo che Don Vitt intendeva insegnarci quando
diceva che dobbiamo vedere Gesù in ogni persona, o che Dio è ovunque e va
cercato anche dentro di noi, o che dobbiamo testimoniare il Gesù che è in
noi…
Come sempre sono
andato oltre… e spero che Don
Vitt non si scandalizzi se ora lo saluto con una citazione di Alan Watts (un
prete cattolico americano che diffuse la filosofia Zen in America negli anni
’60, e che fu spretato) che sintetizza ciò che ho creduto di aver imparato
anche da Don Vitt, (ma sono certo lui non condividerà…):
“Come è possibile
che un essere con gioielli sensibili come gli occhi, strumenti musicali magici
come le orecchie, un favoloso arabesco di nervi come il cervello possa credere
di essere qualcosa di inferiore a un dio?”
Ciao don Vitt, suonerò
per te ogni mattina le mie
“Canne del vento”, così te ne accorgi che non ti
dimentico.