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Il n.13 della "Lungarno Series"...
ma poi non se ne fece nulla

Il volume "Venus in the Kitchen or Love's Cookery Book"

 di Luciano Lucci

UN ALTRO LIBRO CURIOSO

Il volume Venus in the Kitchen or Love's Cookery Book, secondo Roberto Palazzi, doveva essere sicuramente il n.13 della "Lungarno Series", ma poi non se ne fece nulla.

(Da un articolo scritto da Massimo Gatta)

La storia editoriale di Venus in the Kitchen or Love's Cookery Book, dello scrittore scozzese Norman Douglas (1868-1952), parte da molto lontano e precisamente da una fredda sera fiorentina dell'inverno del '29 quando Giuseppe Orioli, (che ironicamente Montale definisce "quel tipo d'italiano da commedia dell'arte che gli inglesi credono il solo autentico"), e grande amico di Douglas, organizza una cena alla quale era presente anche Faith MacKenzie, moglie di Compton, che lo scrittore aveva conosciuto a Londra nel '12 quando lavorava alla "English Review". 

Fu quella una cena molto piccante, nello stile delle àgapi alle quali partecipavano Douglas, Orioli e i loro amici, amanti e cultori di limericks e aneddoti salaci. 
Già all'epoca Douglas godeva fama di coltissimo libertino, morale e culturale, di un libertinaggio anche mentale, amante e conoscitore della cucina, del buon vino, della natura e dei bei ragazzi, scrittore raffinato e viaggiatore cosmopolita, con vaste conoscenze scientifiche, che con Orioli aveva in programma la pubblicazione di alcuni suoi libri per collezionisti. 

La Cucina dell'Amore del medico Omero Rompini

Quella sera del '29, dunque, Orioli fece circolare tra gli amici un vecchio libro sgualcito, acquistato per pochi soldi su una bancarella. Si trattava di uno strano ricettario che fece subito colpo amici, in particolare su Douglas, che da tempo raccoglieva per suo gusto ricette afrodisiache. 

Il libretto che Orioli mostrò era "La Cucina dell'Amore" del medico Omero Rompini, il cui sottotitolo è tutto un programma: "Manuale culinario afrodisiaco per gli adulti dei due sessi"

Rigenerazione fisica, virilità e giovinezza ricuperate per l'impiego appropriato dei cibi, condimenti, aromi, salse ecc. Formule storiche, afrodisiaci igienici prodigiosi, bibite e profumi eccitanti, suggestioni e rinvigoritori sessuali. Già dall'indice ci si rende conto dell'ampiezza delle offerte afrodisiache non disgiunte da una ricca raccolta di ricette: la Cucina di Citera, ricette di vivande, di dolciumi, zuppe afrodisiache, le uova, i tartufi, per una bionda, per una bruna, bibite riconfortanti, consiglio per uomini deboli e per finire un desinare ai tempi di Enrico II. 

Il libro è anche lo specchio di ciò che era, allora come in seguito, il chiodo fisso dei tanti Don Giovanni in Sicilia e in genere dell'uomo gaudente e voluttuoso: come mantenere inalterata nel tempo la propria virilità, quali strumenti utilizzare, come aiutare il fisico e la mente, ma anche rimedio e sogno per una vita lussuosa e voluttuosa che il regime autarchico impediva (garantendolo però ai ricchi e alle alte sfere del fascismo): 

"Ne 'La cucina dell'amore' sopravvive quel mondo, spumeggiante e un po' irresponsabile, che era passato non senza lasciare qualche rimpianto, specialmente in chi, come Norman Douglas o Giuseppe Orioli, non riuscì mai ad entusiasmarsi né di fronte all'ideologia, né di fronte alla cucina dell'Italia fascista"

LA SFIDA DI ORIOLI

Fu allora che nello sguardo di Orioli brillò una piccola luce: chi lo avesse tradotto lo avrebbe anche visto pubblicato nelle edizioni della sua "Lungarno Series", così disse agli amici. Era una simpatica sfida e chi l'avesse raccolta ne sarebbe stato ampiamente ricompensato. 

Furono in molti quella notte a raccogliere la sfida di Orioli: 

Douglas avrebbe scritto l'introduzione, Faith MacKenzie avrebbe cercato ricette simili da tradurre in inglese (altre se ne sarebbero aggiunte fornite da Mrs. Boythe), così come avrebbe fatto lo stesso Orioli, infine D.H. Lawrence, l'inimical friend di Norman Douglas ("Era un omosessuale fuorviato, represso nell'infanzia da un ambiente puritano") si assunse invece il compito di illustrare il frontespizio. 

Scrive Douglas: "D.H. Lawrence painted for it a frontispiece depicting an obese,  middle-aged woman shovelling something into a kitchen-oven with a small boy or devil (I forget which) at her side - a monstrously anti-aphrodisiac vision - but pure Lawrence".

Lawrence dipinse il quadro nel gennaio del '29, come risulta da una lettera dello scrittore a Orioli del 14 gennaio. 

Douglas, a sminuire ulteriormente la personalità letteraria dello scrittore, così ne parla in un capolavoro di ironia ed eleganti allusioni: "Non molti anni fa incontrai nel sud della Francia un certo signor D.H. Lawrence, un pittore inglese che io interessai all'argomento che mi stava a cuore e il cui aspetto diceva chiaramente che un trattamento basato su quante ricette io avevo raccolto gli sarebbe stato estremamente necessario". 

Il titolo del libro c'era già: Venus in the Kitchen or Love's Cookery Book, che rimase per tutte le successive edizioni. 

Ne scaturì un brogliaccio che Douglas modificò, integrò, riscrisse continuamente e che era già pronto per la stampa nell'estate del '30, stampa che però Orioli non riuscì a portare avanti. 

Così lo ricorda Orioli nell'autobiografia: "At this moment there is in my possession a curious typescript awaiting publication in the Lungarno Series. The title is Venus in the Kitchen or Love's Cookery Book, by Pilaff Bey, and there is a coloured frontispiece specially designed by D.H. Lawrence". 

Ma quello che apparve, postumo, nel novembre del '52, fu un volume lontano  dal progetto iniziale del '29. Ma soprattutto l'edizione di William Heinemann non comprendeva la lunga e originale introduzione che Douglas si era ripromesso di scrivere e che scrisse, sostituita da poche pagine e nessun cenno è poi riservato a Orioli, morto nel frattempo, che ebbe il merito di aver messo in moto l'intero progetto. 

Fortunatamente il libraio-editore riuscì a stampare, privately printed for subscriptors, in sole 250 copie firmate dall'autore, l'introduzione di Douglas, appunto Paneros. Some Words on Aphrodisiacs and the Like che, dopo le ricerche condotte per mesi dallo scrittore (la cui fonte principale era The Anatomy of Melancholy del 1621, di Robert Burton, ma anche Vogel, Plinio, Ovidio, Giovenale, Wier, Croll e altri Queer, but authentic, "strani, ma autentici", come Varignana, Lemnio, Pisanello, Gattinara, Helmontius, Weckerus), era diventato un piccolo saggio. Il gustoso libretto riportava emblematicamente (e direi eroticamente) la dedica a Lucrezio: To the Memory of Lucretius Who Was Poisoned By A Love-Philtre e, rivolgendosi ad un pubblico di cultori e bibliofili, veniva venduto al prezzo, molto alto all'epoca, di tre ghinee (la prima edizione inglese riportava al frontespizio una foto ovale dell'autore bambino, in realtà non era lui ma la sorella Mary: fu questa un'idea del burlone Norman). 

 

Già il titolo glorificava la mitica pietra preziosa afrodisiaca, the blissful gem Paneros, che Metrodoro, discepolo di Epicuro, come ci ricorda Carlino, "tramandandoci le virtù, non volle palesarci la vera identità". E' qui che l'epicureo Douglas si lancia in una erudita scorribanda storico-culturale dove elettuari, filtri, elisir, misture e ricette vengono pazientemente indagate. Il ricettario afrodisiaco, edito postumo nel '52 e firmato con lo pseudonimo di Pilaff Bey, è un'altra cosa, soprattutto perché mutilo dell'introduzione dello scrittore. L'edizione contiene anche l'introduzione dell'amico Graham Greene, decorazioni di Bruce Roberts e due illustrazioni: il dipinto di D.H. Lawrence e una foto del '30 di Douglas con Orioli nel Voralberg. 

Nonostante la distanza dal progetto originario del '29 il libro venne definito da Faith MacKenzie un divertente manuale gastronomico

Qualcuno ha avanzato l'ipotesi che il libro sia stato in gran parte scritto da Orioli, mentre Douglas, a sua volta, avrebbe scritto gran parte dell'autobiografia di Orioli. 

 

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Pino Orioli e Norman Douglas nel Voralberg

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Pino Pino Orioli e Norman Douglas
Si nota che Orioli è seduto sulle ginocchia di qualcuno che lo abbraccia da dietro di cui si intravvedono solo le mani

Pino Orioli e Norman Douglas nel Voralberg

Con una invidiabile prontezza editoriale Leo Longanesi pensò di pubblicare in italiano questo ricettario, affidandone la (bella) traduzione alla scrittrice Elena Canino, all'epoca una firma notevole. L'edizione, uscita a soli due anni dalla prima, era rilegata in tela con sovraccoperta e inserito in un cofanetto, entrambi con illustrazioni di Longanesi, che aveva realizzato anche le 15 tavole a colori all'interno. Riportava la prefazione di Greene, una breve introduzione del 1936 dello stesso Douglas, firmata Pilaff Bey, e una piccola aggiunta, sempre a firma P.B., del giugno 1951, nella quale l'autore ringrazia sia Faith Compton Mackenzie che Sybille Bedford. Venne anche ristampato accanto al frontespizio, ma in bianco e nero, il quadro di Lawrence, mentre erano assenti sia i due "Epitaffi" che la foto di Douglas con Orioli, inseriti nella prima edizione. 

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