|
|
---|
| Alfonsine | Ricerche sull'anima di Alfonsine | | torna a: Vagabondaggi 4 "e stradò" | |
|||||
Corso Garibaldi in 6 puntate.
Questo
è il tratto "C->D" (1° puntata) in costruzione |
|||||
|
|||||
(cliccare sulle foto per avere un ingrandimento) |
|||||
'Bellaria' e il bar 'Dollaro'
Negli anni '20-30, nel punto 1 (A-B-C) indicato sulle foto aeree qui sopra, c'era un quartiere detto Bellaria, con una serie di abitazioni che arrivavano fin sull'argine ed erano quindi in zona elevata. Partivano dopo il ponte sulla via Reale vecchia. Erano case di Marlè, Mario Montanari un commerciante di ferramenta che aveva il negozio in piazza Monti. Le dava a povera gente ad affitto basso. Vennero demolite quando nel 1941 si decise di fare un nuovo ponte e di spostare la via Reale un po' più a est. Restò in piedi solo la casa che si trovò tra la vecchia e la nuova strada Reale, cioè dove abitava la famiglia di Marlé, con moglie e tre figli, Amato, Pellegrino e Maria, futura maestra. Essendo la casa vicina al ponte, fu sottoposta durante la guerra, a bombardamenti continui da aerei americani, e andò completamente distrutta. (punto 1-A) I 'Marlé' per prudenza si erano già trasferiti nella scuola di Fiumazzo fin dal giugno ’44, dato che la moglie di Mario faceva la maestra proprio lì, e aveva diritto all’abitazione. Terminata la guerra, la zona si presentava come un'enorme buca, che fu utilizzata per depositarvi le macerie delle case abbattute dello Stradone. Oggi sopra alla vecchia costruzione e a tutte le macerie di Corso Garibaldi si trova l'edificio dove c'è il bar Dollaro. Infatti nel dopo guerra i Marlè vendettero il terreno ai Balella, dove sorse la loro abitazione, con un negozio da parrucchiera e l’attuale Bar Dollaro. Sotto al bar
Dollaro Sarà perché gran parte delle macerie delle case di Corso Garibaldi, distrutte dalla guerra, riposano sonnecchiando sepolte proprio qui sotto, il bar Dollaro ha una sua vita particolare? Subito sotto il ponte, subito vicino
al Senio, subito lì. Un angolo dalle pareti di vetro, una saletta in fondo,
l’argine a confinare, un po' di prato attorno e moltissima gentilezza. Una
banconota da un dollaro incorniciata tra le fotografie di famiglia, dietro al
bancone EPPURE
ANCORA OGGI QUI
OGNI OCCASIONE, OGNI SITUAZIONE, OGNI INCONTRO POSSONO DIVENTARE
VICINATO. Anno 2019 |
Anni '20 il ponte sulla via Reale vecchia con la casa e i casetti di Marlé, e con i magazzini Faggioli
Nel 1941 si decise di fare un nuovo ponte e di spostare la via Reale un po' più a est.
(Anno 2010)
|
||||
(cliccare sulle foto per avere un ingrandimento) |
|||||
La
'Busa', Dall’altro lato del Corso, dove c’è la tanto discussa costruzione in cemento, qualcuno l'ha battezzata 'la cosona blu', mai usata, (punto n° 1-B nella mappa), c’erano i resti di tre casotti contigui della famiglia Faggioli, abbattuti dalla guerra, Una decina d’anni dopo, quel terreno abbandonato era ricoperto di erbe selvatiche. Ragazzini di corso Garibaldi iniziarono a giocare liberamente a calcio proprio lì, e lo battezzarono col nome 'e camp di cunej' ('il campo dei conigli'), poi generazioni successive lo chiamarono “la busa", perché appariva come un grande avvallamento chiuso da tre lati dalle rampe della via Reale verso il ponte, dalla rampa di corso Garibaldi e da quella di via 2 Giugno. Quelli del bar Dollaro nel 1975 vi
organizzarono pure un torneo di calcio con una propria squadra. Nelle foto si vede la squadra che
vinse il “Torneo dla Busa”. La 'Busa' è stata occupata poi da uno svincolo per l'immissione in via Reale e da una costruzione, mai attivata, che nessuno ha mai saputo cosa doveva essere e che non ha mai svolto alcuna funzione, oggetto di scambio per qualche fallimento. In mano a qualche tribunale o a qualche banca, viene messo all'asta al ribasso ogni anno senza che nessuno la comperi (2019). Il prezzo di base d'asta è sceso a 150.000 euro.
|
(cliccare sulle foto per avere un ingrandimento) Alfonsine
– 1975 |
||||
Parco della Rimembranza
Poco oltre (al punto n°
1-C nella
mappa) c’era il vecchio cimitero (1800-1913), poi Parco della Rimembranza
(1924-1945), che andò dismesso con la costruzione della nuova Reale nel 1941
e su cui sono state costruite case nel dopoguerra. Si trovava a metà strada tra il macello e il ponte sul Senio. L'ingresso era nell'attuale via 2 giugno. "Era il luogo sacro dedicato alla memoria di giovani
alfonsinesi caduti nella prima guerra mondiale ('15/'18. |
1924 Prospetto della cancellata d'ingresso del "Parco della Rimembranza" dell'ing. Leopoldo Santoni Anni '30. Classe in visita al Parco della Rimembranza con la maestra Ada Giacomelli (cliccare sulle foto per avere un ingrandimento) |
||||
'Formazala' La bottega più antica di Alfonsine si deve a GaribaldiAl punto 2 indicato nelle foto c'era e c'è la "butega d'formazala" Sebastiano Forlivesi, nato nel 1830 da Sebastiano e da Giacoma Antonellini, e morto nel 1905, è il primo dei quattro alfonsinesi che in un modo o nell’altro furono coinvolti nelle varie imprese garibaldine. Partecipò fin dall’inizio alla difesa della Repubblica Romana (1849) Con l’unità d’Italia ebbe a ricompensa della sua attività garibaldina il permesso (‘licenza’) di aprire una bottega – caffè. Ecco perché si legge nei suoi documenti d’identità di professione “caffettiere”. La caffetteria la aprì con la moglie Cornelia Ciani in Corso Garibaldi dove il Forlivesi abitava e da cui ebbe due figli Giuseppe nato nel 1865 e Ugo del 1884. Rimasto vedovo si risposò con Matilde Zaccarelli il 15 gennaio 1891 da cui ebbe il figlio Enrico. Fu lui nel 1901 alla morte del padre a ereditare la casa e la bottega. Enrico era sposato a Cesira Zannoni (1870-1960) da cui ebbe vari figli e figlie.
Ad Angelo, (primo maschio tra varie sorelle) fu affidata la gestione della bottega fin dai primi del ‘900. Angelo la gestì con la mamma Cesira, (rimasta vedova) e con le figlie Adriana, Cornelia, (maestra elementare), e Gigina. Ma fu quando Angelo sposò la Vera d’Facula (così si chiamava il padre Francesco Dradi, un omone che gestiva un’osteria nella vecchia piazza Monti sotto la rampa del fiume) che l’osteria ebbe un salto di qualità. La Vera iniziò la vendita del baccalà e del formaggio grana (detto allora ‘forma zala’ cioè forma gialla). Il successo di questi due prodotti rese famosa e redditizia l’attività, tanto che la famiglia Forlivesi acquistò da lì in poi il soprannome di “Formazala”. "Vi si trovava di tutto:- ci raccontò Lucia Berti nella pubblicazione "E Stradò" - drogheria, salumeria, granaglie, merceria, cartoleria e, al banco separato, si poteva bere un buon bicchierino di Vermouth. La "Cisira" era svelta e ciarliera più che mai, e "Angiulì" sapeva tante cose e, da buon saccente, poteva discutere di tutto." NEL DOPOGUERRA
Dopo la distruzione totale di tutte le
case di Corso Garibaldi, compresa quindi la locanda di "Formazala",
i Forlivesi ricostruirono la loro casa-bottega sullo stesso luogo della
prima. L'attività continuò ancora nel dopoguerra, gestita dalla Vera
moglie di Angelo, e dai figli Enrico e Andrea.
A mantenere ancora alta la qualità del negozio di vendita alimentari (i cappelletti sono il massimo), con a fianco anche l’osteria, sono stati Enrico e Andrea, figli di Angelo Forlivesi e della Vera Dradi. Mentre Andrea si è trasferito in un altro paese, Enrico ha sposato Carla da cui ha avuto due figlie: Cesira (Enrica) e Angela (oggi insegnante alla scuola ‘Rodari’ di Alfonsine). “Andavo io col camion – raccontava Enrico - a prendere il baccalà a Milano una volta alla settimana. Arrivava dalle Isole Far Oer” OGGI Dopo la morte di papà Enrico avvenuta nel 2015, Enrica, con la madre Carla, continua con passione e successo la gestione della vecchia bottega. Al baccalà e alla formazala si è aggiunta la pasta fatta in casa, cioè i cappelletti. Qui si riforniscono le azdore che non hanno più il tempo e la voglia di tirare la spoglia e creare i cappelletti in proprio. Pare che siano di una qualità eccellente. Sebastiano Forlivesi è immortalato nella lapide che si trova all’ingresso del municipio di Alfonsine insieme ai tanti altri alfonsinesi che ne condivisero le imprese. Ma la sua memoria resta impressa nella bottega d’formazala, la più antica bottega ancora esistente di Alfonsine. |
Sebastiano Forlivesi
Enrica, con la madre Carla L’osteria affiancata al negozio di alimentari è aperta dalle sette di mattina alle sette di sera, ed è frequentata da vecchi clienti e giovani operai di passaggio. Si mangiano ottimo panini e si può bere un liquorino tradizionale romagnolo che non si trova più in nessun bar del paese: il “Gambadilegno”, anice, liquerizia, rum e altro: un sapore d’altri tempi (provare per credere!)
|
||||
(cliccare sulle foto o sui titoli per saperne di più) |
|||||
La casa di Bruno Bendazzi e dove nacque Cristoforo (Rino) Bendazzi, medaglia d'argento al valor militare. | |||||
Subito dopo la casa dei
Forlivesi c'era (e c'è ancora) un carraretto che andava con una rampa giù verso l'argine
del fiume.
In fondo sulla destra (nel punto 3 della mappa) lontana dalla strada e quasi vicina all'argine del fiume c'era una bella palazzina appartenuta da sempre alla famiglia Bendazzi. Vi abitava Angelina Bendazzi, madre di Bruno. A cavallo tra anni '20-'30 Bruno Bendazzi da Villa Violani dove abitava con la moglie Lina Mariani e il figlio Cristoforo, si trasferì in quella casa con la madre. Era una costruzione in stile semplice, ma elegante come tutte le ville e villette di quel tempo, col portone ad arco, le ampie finestre, il balcone centrale e il giardino tenuto con cura. Bruno Bendazzi fu impiegato
comunale fin dal 1920 capo dell'Ufficio Anagrafe fino al dopoguerra. Dopo la disastrosa e tragica
esperienza della lotta armata in montagna, dove il suo amico Terzo Lori
perse la vita insieme all’altro alfonsinese Amos Calderoni, tornò ad
Alfonsine e divenne membro della GAP (Gruppi di Azione Partigiana) della
piazza Monti. Rino Bendazzi fu l’ultimo
partigiano di Alfonsine che morì; accadde sul Brenta i1 28 aprile. Si offrì
volontario per andare ad aiutare alcuni soldati inglesi che oltre il fiume
Brenta erano stati attaccati da un gruppo di tedeschi e repubblichini.
Durante quella sortita cadde nel fiume e morì annegato, nonostante fosse un
buon nuotatore: forse era stato ferito o forse, appesantito da indumenti e
zaino, non riuscì a vincere la corrente del fiume. La capitolazione delle
forze nazifasciste sul territorio italiano avverrà ufficialmente il 29
aprile, il giorno dopo la sua morte: Rino Bendazzi nel cortile di casa
Enzo Pasi e Rino Bendazzi, partigiani
|
Bruno
Bendazzi prima metà anni '20 Bruno
Bendazzi seconda metà anni '20 Primi anni '40: Rino Bendazzi con Gigino Mariani, Nando Baioni e Ferruccio Mariani nel piazzale della chiesa |
||||
(nel punto 4 della mappa) La casa di Pino Orioli, famoso antiquario di libri, editore di "L'amante di Lady Chatterley". |
|||||
A sinistra del carraretto c'era un caseggiato che arrivava direttamente sullo stradone: era stata la casa e la bottega-osteria di Martino Orioli, Marté de pont nuov, che era il padre di Pino Orioli, famoso antiquario di libri, editore di "L'amante di Lady Chatterley". Pino
Orioli nacque e visse i suoi primi 14 anni, fino al 1898, in quel grande
caseggiato. La bottega del padre di Pino Orioli e il caseggiato dove abitavano
era subito dopo la bottega d’Formazala.
Racconta Pino Orioli, nella sua autobiografia a pag. 5, che suo padre Martino aprì una bottega – “in fondo alla strada principale, detta allora Stradone, ed ora Corso Garibaldi. La bottega per molto tempo fece buoni affari; infatti era quasi l’unica del genere in paese ed era fornita di una gran varietà di prodotti come droghe, liquori, olio, grano, tabacco, sale farina vasellame, vino e tessuti. Mio padre… era conosciuto come ‘Marté de Pont Nov’ ”. Ma
il ramo più importante della sua attività era la fabbricazione di prodotti
suini come salami, prosciutti, mortadelle zamponi, cotechini e salsicce che
esportava in tutta la Romagna e anche nelle Marche. Una specialità di sua
invenzione era una grossa salsiccia da mangiarsi bollita e calda che la gente
chiamò “e bel e cot”, ma che lui preferiva chiamare ‘cotechino gentile’.
Questa specialità gli fece guadagnare molti soldi. Solo lui sapeva come
manipolare e trattare con spezie varie e Sangiovese quella carne di maiale. Poi
per vari motivi (altri negozi, crediti non esigibili, concorrenza di grandi
industrie di prodotti suini di Modena e Bologna) successe poi verso 1893 che
gli affari andarono di male in peggio e ci fu il crollo. Fu venduta la casa e
il negozio. Gli Orioli si trasferirono in un’altra zona del paese, e Martino
aprì una piccola osteria che venne frequentata da socialisti rivoluzionari (forse
quella in zona Carlo Pisacane?) Da allora vissero in povertà. Pino Orioli andò a fare il garzone da barbiere e poi si trasferì a Firenze dove già viveva e lavorava il fratello maggiore. Anche lì a bottega da barbiere. Dopo 5 anni andò militare. E poi si trasferì a Parigi e a Londra all’avventura…
Nella
foto a destra Pino Orioli con lo scrittore
David Herbert Lawrence e la moglie Frieda
|
|
||||
(nel punto 4 della mappa). Nel dopoguerra, dopo che tutto era stato distrutto, fu ricostruito un edificio sulla pianta del precedente |
|||||
Ercole Bracci (Erculì), con la moglie Gina e i figli Diego e Ezio ricostruì la casa e il forno, che poi nel 1950 fu acquistato e ristrutturato da Tisio Gualdrini, che continuò la professione di fornaio con la moglie. | |||||
(nel punto 5 della mappa) Casa Ravaglia (i Pargarul) e nel dopoguerra
al suo posto una nuova casa realizzata |
|||||
Qui prima della distruzione dalla guerra
c'era la casa de'i pargarul' (la famiglia Ravaglia).
Erano costruttori di aratri e arnesi agricoli. Abitano in una palazzina rialzata di tre gradini dal marciapiede. Ebbero quattro figli: Francesco, che diventò noto per la realizzazione di un aeroplano interamente autocostruito, Ezio, Maria e Anita. Ezio, irrequieto e dall'intelligenza un po' sconvolta, emigrò in Francia, a Parigi, con il falso nome di Conte Cornelio Fiorevilla. Il soggiorno durò poco tempo e al ritorno a casa continuò con le sue sofferenze di giovane nevrastenico e complessato. Anche la sua vita sarà, purtroppo, breve. (Lucia Berti 'in "e stradò') |
|||||
Nel dopoguerra una nuova costruzione fu realizzata da 'e professor', con la moglie Emma, che vi abitarono, gestendo una bottega di alimentari. Il tutto poi fu acquistato da Gianni Morelli che ne fece, oltre che propria abitazione, anche un negozio riparazioni TV. |
![]() |
||||
(nel punto 6 della mappa) Palazzo Tamburini Il successivo palazzo era di Tamburini detto "e Gagg d'Carulé", Aurelio Tamburini mediatore, sposato con Domenica, "la Mingona d'la Balisérda" pure mediatrice, donna molto ciarliera, intraprendente, tutto fare; con loro la figliastra Berna e il figlio Libero, poi emigrato in Venezuela.
|
|||||
![]() |
Oggi 2019 vi si trova questa abitazione. |
||||
(nel punto 7 della mappa) Caserma dei carabinieri La Caserma dei Carabinieri di proprietà di Ebe e Antonio Preda era un alto e imponente palazzo con un enorme portone che immetteva in un ampio ingresso e, da quello, agli uffici della camera di sicurezza. Al piano superiore, dai soffitti decorati con bellissime pitture, la Tenenza e l'alloggio per il Maresciallo. Al piano terreno robuste inferriate alle finestre, nel retro, il cortile con le scuderie e il gioco delle bocce per i militari, a cui si accedeva dal cancello al lato destro del palazzo.
|
|||||
(nel punto 8 della mappa) Dall'altro lato dello 'Stradone' prima della guerra era un terreno di proprietà 'Violani'. Acquistato nel dopoguerra dalla famiglia Ortolani che vi costruì la casa con annessa bottega alimentari: chiusa nel 2019
|
|||||
|
|||||
![]() |
|||||
(cliccare sulle foto per avere un ingrandimento)
|
|
||||
(nel punto 9 della mappa) Casa di proprietà Violani
|
|||||
Qui (punto 9 della mappa) abitavano i contadini che ne coltivavano il podere di Violani: prima "Stasiòl" e poi "Capléna" Dal 2000 un nuovo proprietario ricostruì, sulla vecchia struttura di quella che doveva essere la casa del contadino di Violani, una palazzina nuova (foto a destra)
|
![]() |
||||
(nel punto 10 della mappa) Palazzo Violani,
dove abitava Antonio Violani |
|||||
|
|||||
Antonio era nipote del più noto
Domenico Violani (Mingò d'Pasaré). Il padre di Tonino, Giuseppe, morto
giovane, era infatti fratello di Domenico.
Antonio Violani - scrisse di lui Lucia Berti - viveva con le sorelle Lucia e Antonietta e la madre Luigina, una donna di stampo molto antico, vestita sempre di scuro, introversa e poco socievole. Se ne sta sempre chiusa in casa con la figlia Antonietta, perché Lucia usciva per motivi di studio. Poi andò sposa di G. Battista Massaroli e si trasferì a Lugo. Con Antonietta la madre Luigina usciva quasi esclusivamente per andare alla Messa. Anche la casa non era accessibile a molti: la porta rimaneva chiusa, con riservatezza. |
|||||
(cliccare sulle foto per avere un ingrandimento)
|
|
||||
(nel punto 11 della mappa) Casa di
Claudio Vecchi, |
|||||
Dopo la casa Violani, c'era la casa della famiglia "d'Claugì d'Fatur" (Claudio Vecchi), fattore delle tenute dell'avv. Poletti, nel Fornazzo e in Casso Madonna del Bosco. Un uomo che, dall'aspetto e dalla voce imponenti, poteva sembrare duro e autoritario, ma non era affatto vero, perché ospitale e di grande tenerezza per le nipoti Elsa e Lina, figlie di Ettore e della nuora Rina. Commerciante in vini, purtroppo caduto in fallimento e poi ancora in disgrazia maggiore: dopo la sua morte, quella del figlio Ettore, disperso in mare nell'ultimo conflitto (la nave che lo trasportava dall'Africa Orientale fu silurata); e della nipote Elsa, morta a ventidue anni di tubercolosi. |
|||||
Nel
dopoguerra il terreno fu acquistato dalla famiglia Bonavia da Mezzano che vi
costruì la nuova casa casa, sulle macerie della precedente.
Attualmente è la casa che si vede nella foto qui a destra, rivenduta anni fa dai Bonavia. |
|||||
(nei punti 12 e 13 della mappa) "E purtgò": introduceva ad alcune modestissime abitazioni (cliccare sulle foto per avere un ingrandimento) |
|||||
|
|||||
Il grande portico, 'e purtgò'
era nel punto 12 della mappa. Vi abitavano Bruno Centolani ("Bruno d'Stagnadé") e il fratello Arnaldo Martini. Qui abitarono anche Ernesto Pasi con moglie e figli, e con l'officina per auto, Hedda Forlivesi con il papà Piccio e la mamma. Vi abitava anche la 'Cumina', vedova di Leonardo Errani, infermiera e donna delle 'punture' (iniezioni) a domicilio, con le sorelle e i due figlioletti.
Lasciato quel portico, nel punto 13 della mappa, il caseggiato che seguiva c'era il palazzo di Meli abitato dalla Madlèna d'Meli, dalla Paolina e da "Toni d'Bagarò", sarti, che poi si trasferirono nella proprietà Lugaresi; dalla famiglia Pescarini, Natale e la moglie maestra Angelina, coi figli Giorgio, Angelo; Mario e Vincenzo.
|
|||||
(nel punto 14 e 15 della mappa) |
|||||
Casa di Domenico Poletti (veterinario) e la 'Bella signora') |
|||||
|
|||||
Qui viveva la
famiglia del veterinario Domenico Poletti e della signora Maria,
insegnante, detta "la bella signora", per la sua eleganza e i
suoi modi raffinati con le figlie Maria Pia, bella e vivace ragazza, e
Anna Maria. Dal cortile che stava a fianco della palazzina si andava
alla casa del contadino "Tang'àn" e la figlia Bruna, che era
nella parte retrostante.
|
"la bella signora" |
||||
(nel punto 16 della mappa) |
|||||
Casa di Giovanni Poletti, fratello di Domenico |
|||||
Dopo un giardinetto c'era la casa di Giovanni
Poletti, fratello di Domenico Poletti e della moglie Liduina, con le figlie Raffaella e
Imelde.
Raffaella, chiamata comunemente
"Lella", sposerà il bel Brigadiere dei carabinieri della caserma di
fronte, Rodolfo Frau e seguirà il marito nei diversi trasferimenti di
servizio. Frau, promosso Tenente, si arruolerà nell'Esercito, raggiungendo il
grado di Capitano. |