Intervista alla signora Ester Alberani
B.: Quanti anni avevi nel 1944?
E.: “…Nel 1944 avevo 10 anni;
B.: Qual era la paura più grande in quel periodo?
E.: “La mia
paura più grande era quella di non rivedere più i genitori…”
B.: Andavi a scuola nel 1944?
E.: “Nel 1944 non frequentavo la scuola… Andare a
scuola era troppo pericoloso perché quando gli aerei degli alleati
si avvicinavano, la sirena suonava per dare l’allarme e tutti dovevano andare
nei rifugi,
la scuola ci lasciava andare, per cui chi abitava vicino alla scuola
raggiungeva velocemente la propria abitazione.”
B.: Dove ti nascondevi quando suonava la sirena?
E.: “ Mi nascondevo nei fossi, in mezzo all’erba, dove
spesso c’erano le ortiche……ero terrorizzata: la paura era talmente grande che ora
non ricordo più bene quegli anni.”
B.: Avevi dei giocattoli?
E.: “Avevo solo un bambolotto di celluloide che si
ammaccava facilmente. Ho ricevuto la mia prima vera bambola nel 1945, quando
avevo 11 anni.
B.: Sei stata costretta a lasciare la tua casa?
E.: “Alla fine del 1943 abbiamo lasciato la casa e siamo
andati a vivere in campagna, in via
Puglie, ospiti di una famiglia, e siamo
rimasti lì fino al 2 novembre 1944, quando siamo andati a vivere in una stalla
perché c’erano i cannoneggiamenti…il
fronte era vicino, arrivavano le granate, perciò siamo rimasti nella stalla
fino al 10 aprile 1945… "
B.: Che cosa mangiavi?
E.: “I miei genitori dovevano aiutare i Tedeschi in
cucina. Noi bambini dovevamo pulire le patate… e per fortuna che
c’erano le patate… così noi potevamo mangiare almeno quelle!”
B.: Quali giochi
facevi?
E.: “...non pensavo neanche a giocare in quel
periodo…era un vivere inerte, in
attesa… Oramai eravamo esperti, conoscevamo bene il sibilo che faceva la
granata: sapevamo se cadeva prima…dopo, si aspettava solo quello, per capire
dove sarebbe caduta.”
B.: Alla sera potevi uscire?
E.: “ No, c’era il
coprifuoco: in quelle ore nessuno
doveva uscire. Tutti dovevano chiudere bene le imposte per non far filtrare la
luce: il pericolo era che gli alleati individuassero le case e bombardassero il
paese. Si spegneva la
luce e si accendevano le candele e i lumi a petrolio che facevano meno luce.”
B.: Tu avevi capito perché era scoppiata la guerra?
E.: “Io non capivo quello che stava succedendo, ma
sentivo la paura degli adulti. I prodotti
sono stati razionati: il governo
dava delle tessere ad ogni famiglia, la carta annonaria, eravamo costretti al
razionamento… il negoziante
staccava un bollino, siamo arrivati fino a 45g di pane al giorno… il caffè non esisteva più, si usava
l’orzo, non si trovavano più il cacao e il tè.”
B.: Com’era
Alfonsine?
E.: “Il paese era distrutto…la guerra ha rivoluzionato
le cose…”
B.: Di quel periodo
difficile c’è qualcosa che ricordi con piacere?
E.: “Sì, il 10 aprile 1945…ricordo con piacere solo il
pomeriggio del 10 aprile, quando, sicuri che i Tedeschi non c’erano più,
siamo usciti dalla stalla…che gioia! Poter urlare, giocare, correre… dopo
cinque mesi… il 10 aprile 1945 è stato il giorno più bello della mia
vita: poter urlare, dopo tanto silenzio! Provavo anche tanto orgoglio nel vedere le coccarde
tricolore, che noi avevamo preparato, “indossate”
da tutti gli adulti che festeggiavano.”
Intervista al signor Antonio Faccani
B.: Quanti anni avevi nel 1944?
A.: “…Nel 1944 avevo 10 anni, vivevo con mia madre; mio
padre era andato a lavorare in Africa, poi è scoppiata la guerra, è rimasto là
per otto anni: l’avevano fatto prigioniero…”
B.: Andavi a scuola nel 1944?
E.: “Nel 1944 non frequentavo la scuola perché c’erano
sempre bombardamenti e granate. Prima della guerra andavo a scuola; i bambini
dovevano portare la divisa, io non l’avevo, mia madre non poteva comprarmela,
per questo mi hanno lasciato a casa.”
B.: Avevi dei giocattoli?
A.: “Non avevamo giocattoli “veri”…avevamo
solamente quelli costruiti da noi: fionda, corda, …”
B.: Sei stata costretto a lasciare la tua casa?
A.: “Sì, quando cominciarono ad arrivare le granate ad
Alfonsine, lasciammo la casa e ci rifugiammo nei sotterranei della Camera
del Lavoro: eravamo in 300. L’edificio si trovava vicino al ponte, gli Alleati
bombardavano il ponte, infatti poi il ponte e le rampe sono stati
distrutti…pensate a quello che poteva succedere!…Le prime tre granate ad
Alfonsine sono arrivare verso sera; ricordo che una volta sentii un fischio (la
bomba emette questo sibilo), scappai nel rifugio, ma caddi a terra investito
dallo spostamento d’aria provocato dall’esplosione… morirono 11 persone!
Alcune granate scoppiavano quando arrivavano a terra, altre esplodevano in aria
e formavano una pioggia di schegge.
B.: Che cosa mangiavi?
A.: “In quel periodo si mangiava quello che si trovava:
mia madre aveva fatto una scorta di marmellata, in un negozio aveva trovato
diversi chilogrammi di marmellata…Il pane e il latte c’erano tutti i
giorni…”
B.: Quali giochi
facevi?
A.: “Giocavamo a carte, giocavamo dietro al palazzo, ma
quando sentivamo un aereo…via nel
rifugio!”
B.: Dovevi lavorare per aiutare la tua famiglia?
A.:" Andavo a prendere l’acqua alla fontana…quando
il fronte si è fermato qui, nel nostro territorio, noi bambini non andavamo
neanche più a prendere l’acqua!”
B.: Alla sera potevi uscire?
A.: “No, era pericoloso uscire, c’era il coprifuoco!
Alcuni adulti uscivano lo stesso, rischiavano tantissimo, ma lo facevano per
procurare il cibo alle 300 persone
rinchiuse nei sotterranei. Pippo, l’aereo da ricognizione, era sempre in volo,
controllava il territorio: quando passava Pippo, arrivavano gli altri aerei a
bombardare. Per evitare i bombardamenti, gli uomini che ci procuravano il cibo
non giravano lungo le strade, ma nei campi, non potevano utilizzare i ponti, (li
avevano fatti saltare), così per attraversare il fiume, buttavano in acqua
delle porte e utilizzavano quelle…farei un monumento a quelle persone! ”
B.: Durante la notte
riuscivi a dormire?
A.: “Riuscivo a dormire solo quando non c’era
Pippo…quando arrivava Pippo non si dormiva perché poi bombardavano…”
B.: Tu avevi capito perché era scoppiata la guerra?
A.: “Io non capivo quello che stava succedendo; mia madre
mi diceva: - Non aver paura! Gli
adulti non sapevano più cosa dire per consolarci…anche per i grandi la situazione era difficile: dovevano
trovare il lavoro, il cibo, dovevano cercare di non farsi prendere!… Se
volevano un lavoro sicuro, dovevano iscriversi al partito fascista…”
B.: La tua famiglia ospitava dei
partigiani?
A.: “Sì, una sera a casa mia erano in due: mio zio e un
altro, venivano dalla montagna dove di solito si rifugiavano, aspettavano delle
armi, il partigiano che portò le armi arrivò in bicicletta…quando uscì, i
Tedeschi lo fermarono e lui, per giustificarsi (era in giro durante il coprifuoco),
disse che tornava dal lavoro e si era forata la bicicletta (in realtà l’aveva
sgonfiata lui pochi minuti prima)… quel partigiano si salvò così!”
INTERVISTA ALLA SIGNORA ANNUNZIATA BRAGONZONI
B.: Quanti anni avevi nel 1944?
A.: “Nel 1944 avevo 22 anni, vivevo con i miei
genitori…”
B.: Andavi a scuola o lavoravi?
A.: “Lavoravo,
facevo la magliaia: avevo una macchina e lavoravo in casa mia…”
B.: Che cosa usavi per spostarti?
A.: “Usavo la bicicletta, poi, visto che i Tedeschi ci
avevano portato via “le gomme” della bicicletta, noi le abbiamo sostituite
con una corda legata, ma quando si passava sopra al nodo, la bici faceva un
balzo…”
B.: Lavoravi anche durante la guerra?
A.: “Nel dicembre 1944 ho smesso di lavorare; la mia
macchina è stata seppellita, dovevamo nasconderla, altrimenti i Tedeschi la
portavano via!… I Tedeschi portavano via tutto…anche le imposte, così
non potevi più chiudere nulla…io avevo nascosto la mia bicicletta nuova nel
fienile, ma l’hanno trovata e l’hanno presa…”
B.: Dove ti nascondevi quando suonava la sirena?
A.: “Quando suonava l’allarme andavo in uno scantinato
vicino alla mia casa, in via Reale.”
B.: Avevi paura?
A.: “Avevo molta paura, ma forse per incoscienza avevo
anche tanto coraggio, tanto entusiasmo!”
B.: Avevi degli amici?
A.: “Sì, avevo molti amici, eravamo come una famiglia…
ci incontravamo nei rifugi, in campagna, lontano dal centro, ci dovevamo trovare
per decidere cosa era necessario fare; facevamo dei gruppi piccoli, perché non
dovevamo “allargare la cosa”…”
B.: Che cosa facevi nel tempo libero?
A.: Facevamo delle maglie con la lana delle maglie
vecchie…in quei mesi i negozi erano chiusi, i vestiti dovevamo farceli da
soli!…Quell’inverno era freddo, così ci facevamo delle calze…avevamo al
massimo un paio di scarpe, alcuni avevano solo gli zoccoli.”
B.: Sei stata costretta a lasciare la tua casa?
A.: “Sì, un giorno sono arrivati i Tedeschi, volevano
una stufa, la stufa in casa mia era accesa e sopra c’era una pentola con il
brodo, ma loro hanno buttato via la pentola e, rischiando di scottarsi, hanno
portato via la stufa!…Poi ci hanno fatto uscire dalla casa e ci hanno fatto
sfollare. Noi siamo andati per tre giorni in una casa in via Puglie e i
Tedeschi, nel frattempo, hanno preso tutto, anche le cose che avevamo nascosto
come la carne del maiale, il sale che ero andata a prendere in bicicletta
vicino a Portomaggiore…Alcune famiglie sono state costrette a lasciare la casa per
diversi mesi…io invece tornavo a casa mia durante il giorno, ma dormivo nello
scantinato…la mia casa era tutta un buco! Ogni mattina vedevo “un buco
nuovo!”… Nello scantinato eravamo in 42: era grande, all’interno avevamo
sistemato tante reti, una attaccata all’altra!”
B.: Che cosa mangiavi?
A.: “Il pane, perché c’erano quelli della Croce Rossa
che con un asino e i sacchi di grano andavano a Voltana dove c’era un mulino
ancora in funzione…ma rischiavano …dopo quelli dell’Organizzazione
distribuivano la farina, la carne…ma il sale e lo zucchero non si trovavano
facilmente.”
B.: Avevi dei libri? Quali?
A.: “Sì, ma li avevo nascosti…avevo un sillabario e un
libro di matematica…”
B.: Alla sera potevi uscire?
A.: “No, c’era il coprifuoco, non poteva uscire
nessuno! Noi dovevamo attaccare dei volantini, ci aiutavamo a vicenda…quando
era passata la ronda, uscivamo e se sentivamo qualcosa… giù nei fossi!..”
B.: Come trascorrevi le serate?
A.: “Stavo nello scantinato, facevo la minestra con la
farina(quando c’era) e l’acqua(non avevo le uova!)…facevamo anche il pane!
C’era un contadino che aveva il forno, ma quando è venuta l’alluvione,
l’acqua è arrivata vicino alle case e anche vicino al forno, così abbiamo
usato una specie di tino come barca e un bastone come remo per raggiungere il
forno e cuocere il pane.”
B.: Tu avevi capito perché era scoppiata la guerra?
A.: “…Volevano invadere i Paesi degli altri…il mio
fidanzato “ha fatto” la guerra della Grecia, quella della Russia, dove è
rimasto prigioniero per tre anni…i nostri soldati non erano preparati.”
B.: La tua famiglia ospitava dei partigiani?
A.: “Sì, ospitava dei partigiani durante la notte…”
B.: Facevi la
staffetta?
A.: “Sì, ero sempre in giro perché dovevo portare dei
messaggi oppure delle gallette (pane biscottato di lunga conservazione) ai
partigiani nelle valli; io arrivavo in un luogo stabilito con la sporta, lì
arrivava un’altra che portava la sporta in un altro posto…c’era una grande
organizzazione. Era pericoloso, ma era fondamentale portare da mangiare ai
partigiani che erano nascosti. Io di solito coprivo il contenuto della sporta con l’uva,
con della frutta e portavo sempre una bottiglia, se mi fermavano, dicevo che
dovevo andare a prendere il latte per un bambino…”
B.: Com’era
Alfonsine?
A.: “Alfonsine aveva la chiesa, il Municipio, la Casa del
Fascio, la Scuola…Una mattina trovai tutti gli edifici distrutti…i Tedeschi
avevano minato tutto!…Se chiudo gli occhi rivedo ancora quella scena.”
B.:
Di quel periodo difficile c’è qualcosa che ricordi con piacere?
A.: “Ricordo il 10 aprile…è una cosa che non
dimenticherò mai! E’ stato il giorno più bello…Io abitavo sulla via
Reale, gli aerei degli Alleati bombardavano Longastrino…Verso mezzogiorno ho
sentito la mia vicina che urlava: - Venite fuori, venite fuori…siamo liberi! Dalla via
Stroppata arrivavano tanti soldati: erano quelli della Divisione Cremona, quando
sono arrivati noi cercavamo di parlare in inglese, non avevamo capito che erano
Italiani! Durante l’inverno, nello scantinato, grazie
all’organizzazione, avevamo preparato tanti bracciali con la coccarda
tricolore e molte bandierine di carta. Il giorno della Liberazione le abbiamo tirate fuori e le
abbiamo messe lungo la siepe…era una giornata bellissima, radiosa, piena di
sole… eravamo così felici che ci sembrava di toccare il cielo con un dito!”
INTERVISTA ALLA
SIGNORA TOSATI IVANA
Dove abitava durante
la fine della Seconda Guerra Mondiale?
Abitavo a Portomaggiore.
Quanti anni aveva?
Avevo 19 anni e aspettavo la prima bambina.
Come trascorreva la
giornata?
Si viveva poveramente, c’era poco da mangiare, si passava
la giornata alla meglio.
Sono venuti i
Tedeschi a casa sua? Quanto tempo sono rimasti? Come si sono comportati?
I Tedeschi sono arrivati a casa mia all’inizio del ’45.
Si sono appostati nel fienile e nella stalla, gli animali non c’erano più
perché altri soldati Tedeschi li avevano portati via. Sono rimasti lì un mese
circa. Era un punto strategico per organizzare la fuga.Con noi sono stati buoni; un maresciallo ha portato del
sapone a una mamma che doveva lavare il suo
bambino.
Cosa si mangiava?
Tutti i giorni la minestra di fagioli. In campagna avevamo
qualche animale, i polli ed il maiale, ma poi il maiale è morto. Poi si
mangiavano tante patate. Avevamo nascosto la farina vicino al caminetto, sotto
il mucchio dei “canapoli “.
Riuscivate a
comprare il cibo?
Durante il periodo della guerra il cibo era razionato. Si
poteva fare la spesa solo ogni 8 giorni. Ogni componente della famiglia aveva
una tessera che permetteva l’acquisto di una determinata quantità di
prodotto. Noi compravamo soprattutto zucchero, sale e olio.
E’ vero che
durante la guerra era difficile trovare vestiti nuovi?
Anche l’abbigliamento era razionato: se un componente
della famiglia comprava un cappotto si esauriva la tessera. La stoffa non si
trovava quasi più. Chi aveva soldi poteva comprare al mercato
nero. Noi donne
abbiamo cominciato a filare e a tessere la lana, per fare i calzini, maglie,
pantaloni e gonne. Li coloravamo con un colorante che si chiamava “ Iride “.
Che lavoro faceva a
quel tempo? Ha continuato a farlo?
Aiutavo mia madre nelle faccende domestiche. Di notte
facevamo il pane alla luce di una candela, per non essere visti. Tutte le notti
passava in ricognizione Pippo, l’aereo degli Alleati ed era rischioso far
notare la presenza di qualcuno. Solo all’alba accendevamo il fuoco per cuocere
il pane.
I suoi familiari
hanno potuto lavorare durante la guerra?
Mio padre lavorava nei campi, ma il raccolto del ’44 è
andato in malora a causa dei bombardamenti. Andava a lavorare e, quando
arrivavano gli aerei a bombardare, si nascondeva in un fosso.
Avete dovuto
abbandonare la vostra casa?
Il 19 aprile 1945 sono passati gli Inglesi. I Tedeschi ci
avevano avvisato qualche giorno prima. Il papà aveva preparato un rifugio in
campagna. Aveva ricoperto un fosso con delle traversine della ferrovia e della
terra, poi aveva fatto un buco per nasconderci qualcosa da mangiare. Quella
notte abbiamo fatto un forno di pane, poi abbiamo preso il pane, un salame, un
po’ d’acqua, qualche indumento per la mia sorellina che aveva 9 mesi,
abbiamo caricato tutto su una carriola e siamo andati nel rifugio. Siamo rimasti in quel fosso 2 giorni e 2 notti. Passavano
le squadriglie di aerei, mandavano un segnale di fumo, poi cominciavano i
bombardamenti. La terra tremava, le bombe facevano dei buchi grandi come
quest’aula e delle schegge tremende. Dopo essere usciti da quel rifugio ci
siamo resi conto che non eravamo al sicuro.
Ci sono stati
momenti particolarmente difficili?
Tutti i giorni erano difficili. Si viveva alla giornata.
Non si sapeva mai cosa sarebbe potuto succedere. Un giorno tornavo in bicicletta
dal paese, ho sentito un aereo arrivare, ho buttato per terra la bici e mi sono
nascosta dentro un canale. Una bomba è passata sopra la mia testa. Non
l’avevo mai vista così da vicino. Quello che ho visto non lo dimenticherò
mai!
Come si è sentita
quando è finita la guerra?
E’ indescrivibile. Eravamo nel rifugio nel fosso, era
pomeriggio tardi. Ad un certo momento si è sentito un gran silenzio interrotto
dal passaggio di una jeep, un soldato Tedesco è sceso e si è nascosto nel
fosso, all’imbrunire è andato via. E ancora silenzio. Ormai erano due giorni
che eravamo là ed papà ha deciso che era ora di tornare a casa. Arrivati a
casa nostra abbiamo trovato degli sfollati, quella notte abbiamo ospitato molte
persone. Ancora silenzio. La mattina dopo abbiamo deciso di tornare nel rifugio.
Ad un certo punto abbiamo sentito la terra tremare ed un gran rumore: stavano
arrivando gli Inglesi. Era la Liberazione. Gli Inglesi distribuivano cioccolata
e sigarette.
Cosa ne pensa della
guerra?
Io sono terrorizzata e penso che sia una cosa tremenda.
Non c’è mai un motivo per fare
la guerra.
Con l’odio non si fa niente.
L’odio è possesso, è
arricchirsi, ma a combattere ci vanno i poveri.
Quando vedo le bombe in
televisione penso che là sotto ci sia qualcuno che non ne ha colpa.
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