Un possidente terriero e uomo di spicco
in paese Eugenio Gessi, in società con Sebastiano Santoni, decise di costruire un
teatro-cinematografo, tra i primi
a nascere in Romagna, un primato per Alfonsine. Lo fece costruire tutto in legno
da un falegname di nome Antonio Calderoni, e la gente lo chiamò amichevolmente ‘e
baracò’, il baraccone.
Dalle
memorie di Vincenzo Ballardini troviamo che “per iniziativa del
Concerto Musicale sorse dapprima sulla Piazza Vincenzo Monti un fabbricato
in legno a pianta ottagonale che la gente battezzò Baraccone, e tal nome
sempre gli rimase. Trasportatolo poi nel Carraretto Venturi servì per
balli e rappresentazioni finché un incendio lo distrusse. Sullo stesso
spazio si fabbricò tosto un teatro in muratura”
La
novità di questa testimonianza, (perché non vi era alcuna informazione a
riguardo), sta nel fatto che tale teatro fosse posto inizialmente in
Piazza Monti ed avesse pianta ottogonale.
Non
vengono citati i proprietari.
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Eugenio
Gessi
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E
baracò fu spostato in Carraretto Venturi |
Di
sicuro il teatro fu spostato nel Carraretto Venturi (e lazarètt)
già dal 1894. Lo
cita in un suo libro "L'autobiografia di un libraio" l'alfonsinese
Giuseppe Orioli, nella foto a destra.
Siamo circa nel 1894. “ "C’era una
baracca di legno che pomposamente veniva chiamata “teatro”. L'ingresso
– scrive l’Orioli - era in un vicolo dietro la chiesa e tutto
il resto della baracca era circondato da un frutteto e da un orto protetti
da una fitta siepe di pruno selvatico.” |
Pino Orioli
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Cosa
si rappresentava in questo teatro, a quell’epoca?
Continua l’Orioli “Passavano
artisti di quelle compagnie girovaghe: povera gente, di solito, che
offriva ben miseri spettacoli. Ma una volta la compagnia Renzi-Gabrielli
onorò di una sua visita la cittadina.
Gli
artisti erano un po' meglio di quelli che venivano di solito e avevano un
repertorio pretenzioso costituito da lavori di Ibsen, Shakespeare,
Sudermann e altri commediografi. Mio padre mi permise di andare ad
ascoltare l'Amleto in una rappresentazione in cui il suggeritore recitava
tutte le parti principali, dato che la sua voce era così forte da
sopraffare quella degli attori.
Annunciarono
che avrebbero dato anche Frine, un dramma di autore italiano (probabilmente
Giovanni Carpaneto, e che fu rappresentato la prima volta a Genova nel
1892-93 ndr) Questa notizia provocò molto scalpore tra gli
uomini, dato che la prima donna, la signora Gabrielli, secondo l'antica
leggenda greca sarebbe dovuta apparire nuda davanti ai giudici.
Era
una grassa fiorentina di mezza età, che, guarda la combinazione, era
stata un tempo l'amante di mio fratello Antonio; suo marito era collega di
Antonio alle ferrovie. La signora Gabrielli era bionda naturale, benché
nessuno ci credesse, e aveva la vista così debole che spesso portava gli
occhiali sul palcoscenico.
La
sera dello spettacolo i prezzi subirono un aumento. Tutti i posti nella
baracca di legno, erano stati prenotati da uomini, perché le donne si
mostravano disgustate al solo sentir parlare di un simile lavoro.
"Inutile
dire che Bastianello ed io ardevamo dal desiderio di vederlo, ma, a parte
il fatto che né lui né io avevamo danaro, mio padre non mi avrebbe mai
permesso di andarvi.
L'ingresso al
teatro era in un vicolo dietro la chiesa e tutto il
resto della baracca era circondato da un frutteto e da un orto protetti da
una fitta siepe di pruno selvatico.
Nel pomeriggio,
Bastianello mi disse di trovare una scusa per assentarmi da casa in
serata. Aveva aperto una breccia nella siepe, quindi aveva fatto il giro
del teatro e aveva praticato parecchi buchi nelle pareti di legno,
attraverso i quali avremmo potuto vedere ciò che accadeva sul
palcoscenico. Ma c'era di più: aveva fatto amicizia con un ragazzo che
lavorava per gli attori e aveva saputo da lui quale era lo spogliatoio
della prima donna.
Anche
là Bastianello aveva praticato due fori, uno per lui e uno per me.
All'ora stabilita ci collocammo al nostro posto di osservazione e quando
si accesero le luci potemmo sbirciare assai bene nello spogliatoio di
Frine. Noi eravamo nelle tenebre. Fu un momento emozionante. Quando
l'attrice entrò, Bastianello mi sussurrò all'orecchio: «Eccola! Ora
sta' attento!»
Osservammo.
Appena entrata nel camerino, l'attrice, per prima cosa, trasse di sotto
una seggiola un vaso da notte e se ne servì. Poi, sferrando pedate
all'aria, si tolse le scarpe. Infine prese una caramellina da una scatola,
la mise in bocca e cominciò a togliersi gli abiti. Eccola in mutande, con
un gran busto che le comprimeva il ventre e il seno. Si tolse il busto; il
ventre si gonfiò come un pallone e il seno flaccido ricadde fin quasi a
toccarlo. Final mente si sfilò la corta camiciola e le mutande e rimase
nuda davanti a uno specchio, ammirandosi. Noi la fissavamo. Quel che mi
colpì sopra tutto fu l'enorme deretano che parve aumentare ancora di
volume quando la donna si curvò per indossare la maglia rosa: fece una
fatica infernale a indossarla. Era la prima donna che vedevo nuda e non
posso dire di aver ricevuto un'impressione favorevole. Non così il mio
amico, che riusciva a stento a contenere la propria emozione. «Com'è
bella! Com'è bella!» continuava a mormorare.
La
signora Gabrielli si truccò il viso, si incipriò le braccia e le mani,
si buttò sulle spalle un gran mantello di velluto nero e uscì dallo
spogliatoio. A nostra volta ci allontanammo e un momento dopo ammiravamo
la scena dagli altri fori che il previdente Bastianello aveva preparati.
Fu un grande successo. Quando Frine apparve e aprì il mantello rivelando
la sua esuberante persona inguainata di maglia rosa, il pubblico parve
impazzire. La breve scena dovette essere ripetuta varie volte. Il giorno
seguente, in paese, si fece un gran parlare della faccenda e una
deputazione di donne si recò dal parroco per pregarlo di intervenire e di
far cessare l'immorale spettacolo. Il parroco non fece nulla; il dramma fu
replicato per parecchie sere, a teatro esaurito, e la compagnia guadagnò
molto. Ma nessuno, all'infuori di Bastianello e di me, vide Frine nuda. Se
l'originale greco fosse stato simile alla signora Gabrielli e io fossi
stato uno dei suoi giudici, l'avrei condannata al carcere a vita.”
Un
annuncio del 1912
Oltre che teatro fu anche adibito a cinematografo. Lì si andava la domenica a vedere le
storie e le comiche in pellicola muta.
'E
baracò' fu incendiato dai fascisti il 3 gennaio 1924, come rappresaglia contro
Eugenio Gessi che era proprietario del teatro, il cui figlio Mino aveva
avuto uno scontro a sangue con alcuni fascisti locali.
Nella
foto sotto i resti del teatro Calderoni dopo l'incendio del gennaio 1924
Il
teatro fu
subito ricostruito in muratura negli anni successivi col nuovo nome di
Cinema-Teatro Aurora.
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