Mussolini
antimilitarista
Emigrato in Svizzera nel 1902 per sottrarsi al servizio
militare, Mussolini entrò in rapporto con importanti personaggi del socialismo
europeo e ponendo contemporaneamente le basi della della propria cultura
politica, in cui si mescolavano contraddittoriamente gli influssi di Marx,
Proudhon e Blanqui insieme a quelli di Nietzsche e Pareto.
Ripetutamente
espulso da un cantone all'altro per il suo esasperato attivismo
anticlericale e antimilitarista, rientrò in Italia nel 1904 approfittando
di un'amnistia che gli permise di sottrarsi alla pena prevista per la
renitenza alla leva.
Mussolini
a Forlì direttore di "Lotta di classe", giornale socialista
Mussolini nel 1911
5
agosto 1911
Il 5
agosto 1911, Mussolini da Forlì aveva lanciato un appello a mobilitarsi
con uno sciopero generale contro eventuali avventure militari. In un
articolo pubblicato su «Lotta di classe», di cui era direttore,
Mussolini aveva definito la patria una «menzognera finzione che ormai ha
fatto il suo tempo».
23
settembre 1911
Il 23 settembre aveva sostenuto che
«l’avventura
di Tripoli doveva essere per molti un ‘diversivo’ che distraesse il
paese dal porsi e risolvere i suoi complessi problemi interni».
Sciopero
generale contro la guerra di Libia
27 settembre
1911
Si avvicinava intanto la
guerra di Libia e, per protestare contro l'eventualità bellica, la
Confederazione Generale del Lavoro, proclamava uno sciopero generale di 24
ore per il giorno 27 settembre 1911.
Lo
sciopero ebbe successo solo in Romagna
Il fallimento in Italia, fu pressoché
totale se si esclude la Romagna, e non tutta. A Ravenna, socialisti e repubblicani litigano tra
loro. Soltanto a Forlì lo sciopero riesce per l’accordo dei due
movimenti rivali: qui i partiti
rivoluzionari (repubblicani, socialisti e anarchici) procedettero di comune accordo per la prima volta dopo la
questione delle macchine trebbiatrici.
Anticipazione dei moti del giugno
'14
Fu grosso modo una anticipazione,
dal punto di vista locale, dei moti del giugno '14, perché fu
assalita la stazione, venne invaso lo zuccherificio, vennero divelti
pali telegrafici, non c’è però
«spargimento di sangue fra forze dell’ordine e dimostranti, come era
purtroppo capitato negli anni passati e nel susseguirsi degli scioperi e
delle dimostrazioni in tante parti d’ Italia», come scrisse il
Saltarelli.
Nell'indirizzo della politica generale italiana
infatti vi era
stata una vera e propria svolta che si verificò appunto in dipendenza
della guerra di Libia, voluta da Giolitti ma sollecitata ed imposta da
motivi, pressioni e fini nazionalistici ed imperialistici, anche per le
conseguenze che ne derivarono subito, e cioè dagli insuccessi (mentre la
si era presentata come una impresa facile e desiderata dagli indigeni)
nonché per le perdite di uomini e di materiali che se ne erano avuti. In
seguito anche il comportamento della polizia e l'uso della truppa in
occasione di agitazioni e movimento popolari si fece particolarmente duro
e repressivo.
Contro il militarismo,
colpevole di tante inutili
stragi
E si ha proprio in quegli anni un accentuato spirito di
rivolta contro il militarismo, colpevole di tante inutili stragi, da parte
dei rivoluzionari italiani che formeranno un unico blocco in tutte le
agitazioni e nelle sommosse di piazza. Fu anche per questo che i rapporti
fra repubblicani e socialisti in Romagna vennero a modificarsi e dai
contrasti accesi si passò all'azione unitaria non nuova del resto nella
storia della regione.
Il
successo dello sciopero a Forlì è anche un successo personale di
Mussolini
«Ancora qualche anno di buona propaganda e questa folla sarà capace di
grande eroismo, di sacrifici fecondi», commenta orgoglioso Mussolini.
Benito Mussolini
e Pietro Nenni arrestati
14 ottobre
del 1911
Il 14 ottobre dell' '11
intanto il governo preoccupato fa arrestare a Forlì, Benito Mussolini, ed i repubblicani Pietro
Nenni, segretario della Federazione Braccianti della "Nuova Camera
del Lavoro" di Forlì ed Aurelio Lolli, portiere della stessa, per
attentato alla libertà di lavoro, resistenza alla forza pubblica,
eccitamento all'odio di classe. Condannati in primo grado il 23 novembre, essi sono trasferiti in
carcere a Bologna ad attendere l’appello, dibattuto il 19 febbraio 1912:
la sentenza infligge sette mesi e mezzo a Nenni, cinque mesi e mezzo a
Mussolini, con la sua immediata scarcerazione.
Condanna
e scarcerazione
19 febbraio
1912
(Nenni, ad un altro
processo, quello per la «Settimana Rossa», dirà: «Io credetti con
Giuseppe Mazzini che la vita è missione e che noi siamo qui a collaborare
alla lotta dell’umanità verso una società di liberi e di uguali»).
Mussolini
protagonista per i socialisti rivoluzionari al Congresso di Reggio Emilia
diventa Direttore dell'"Avanti"
fine
1912
Protagonista del congresso di Reggio nell'Emilia,
assunta la direzione dell'Avanti! alla fine del 1912, Mussolini diventò
l'ascoltato portavoce di tutte le insoddisfazioni e le frustrazioni di una
società caduta in una crisi economica e ideale, trascinando masse sempre
più vaste verso esplosioni insurrezionali senza chiare prospettive, che
culminarono nella "settimana rossa" del giugno 1914.
Mussolini
appoggia Filippo Corridoni
Maggio
1914
Benito
Mussolini appoggia Filippo Corridoni,
sindacalista rivoluzionario, che guida uno sciopero degli operai
dell'auto, del gas, del settore vestiario. Entrambi sono riconosciuti fra i capi e, fra
gli organizzatori, i più instancabili e coraggiosi; diventano così una sorta di
spauracchio per il padronato milanese, tanto da essere messi all'indice
dal "Corriere della Sera"
Mussolini,
Corridoni e la Settimana Rossa
Maggio
1914
Mussolini
e Corridoni, socialisti rivoluzionari, in
contrasto con l'ala borghese e riformista del partito, vanno
proclamando
a tutti i venti la rivoluzione, ma quando con la Settimana Rossa le masse si
accingono a farla
non sanno dirigerla minimamente. All'inizio
dello sciopero generale indetto per l'eccidio di Ancona Mussolini scrisse
sull'"Avanti": "Proletari
d'Italia! Accogliete il nostro grido: W lo sciopero generale. Nelle città
e nelle campagne verrà su spontanea la risposta alla provocazione. Noi
non precorriamo gli avvenimenti, né ci sentiamo autorizzati a tracciarne
il corso, ma certamente quali questi possano essere, noi avremo il dovere
di secondarli e di fiancheggiarli. Speriamo
che con la loro azione i lavoratori italiani sappiano dire che è
veramente l'ora di farla finita"
Al congresso del P.S.I.
ad Ancona, Mussolini ebbe la conferma del largo seguito di cui era leader.
Proprio ad Ancona, partirono violente agitazioni contro le repressioni e
le ingiustizie nei confronti del popolo, che sboccarono nella
"settimana rossa". Furono giornate molto calde, fitte di scontri
con le truppe, vere e proprie insurrezioni, che portarono alla
proclamazione dello sciopero.
Mussolini anche se non vi aveva partecipato,
si ritrovò ad essere l’uomo nuovo del socialismo.
Mussolini
partecipa alla "Settimana
rossa”, ma senza convinzione 10
giugno 1914 Il
10 giugno Mussolini e Corridoni partecipano al comizio all'Arena di Milano di fronte a 60.000
manifestanti milanesi, mentre il resto dell'Italia è in lotta e
paralizzata, la Romagna e le Marche insorte e i ferrovieri hanno
finalmente annunciato di aderire allo sciopero. Dopo
che gli oratori riformisti di tutti i partiti hanno gettato acqua sul
fuoco dicendo che questa non è la rivoluzione ma solo protesta, e che non
ci si farà trascinare in un'inutile carneficina, anche quelli
rivoluzionari non sono da meno: Mussolini:
"A Firenze, a Torino, a Fabriano vi sono altri morti e altri
feriti, occorre lavorare nell'esercito perché non si spari sui
lavoratori, occorre far sì che il soldo del soldato sia presto un fatto
compiuto" In
sintonia con lui sia il repubblicano che l'anarchico che intervennero poi. La
direzione del Partito Socialista che era in mano ai rivoluzionari, tra i
quali Mussolini, scarica sui riformisti della CGL la colpa della
cessazione dello sciopero. Sull'Avanti! scrive Mussolini: " La
Confederazione del Lavoro, nel far cessare lo sciopero, ha tradito il
movimento rivoluzionario". Il
partito rinuncia a prendere la dirigenza del movimento e lo lascia da
solo.
Sulla
Settimana Rossa, nel giorno successivo alla sua conclusione, Mussolini
scrisse: “Non è stato uno sciopero di difesa ma di offesa. Lo sciopero
ha avuto un carattere aggressivo. Le folle che un tempo non osavano
nemmeno venire a contatto colla forza pubblica, stavolta hanno saputo
resistere e battersi con un impeto non sperato… si sono assaltati i
negozi degli armaioli; qua e là hanno fiammeggiato gli incendi e non già
delle gabelle come nelle prime rivolte del Mezzogiorno; qua e là si sono
invase le chiese… Se – puta caso – invece dell’on. Salandra, ci
fosse stato l’on. Bissolati alla Presidenza del Consiglio, noi avremmo
cercato che lo sciopero generale di protesta fosse stato ancora più
violento e decisamente insurrezionale”.
Mussolini
viene fermato insieme a Corridoni durante una
manifestazione, duramente percosso dalla polizia, cui si uniscono gli
insulti e la gogna della folla borghese nei pressi della Galleria Vittorio
Emanuele Il. Saranno entrambi arrestati. Prime
divergenze tra Mussolini
e il
gruppo parlamentare sulla valutazione della "Settimana Rossa"
20
giugno 1914 Il
20 giugno pero' il gruppo parlamentare socialista, in maggioranza moderato
e riformista, smentisce Mussolini sui fatti della "Settimana
Rossa"
«la
fatale e anche troppo preveduta conseguenza della stolta politica delle
classi dirigenti italiane, la cui cieca pervicacia nel sostituire alle
urgenti riforme economiche e sociali i criminosi sperperi militaristi e
pseudocolonialisti frustra l'opera educatrice e disciplinatrice del
partito socialista per la trasformazione graduale degli ordinamenti
politici e sociali e riabilita nelle masse il culto della violenza».
E
ancora: «il concetto fondamentale del socialismo
internazionale moderno, giusta il quale le grandi trasformazioni civili e
sociali ed in particolare l'emancipazione del proletariato dal servaggio
capitalistico, non si conseguono mercé scatti di folle disorganizzate, il
cui insuccesso risuscita e riattizza le più malva
ge e stupide correnti del reazionari smo interiore. Occorre dunque,
rimanere più che mai sul terreno parlamentare e nella propaganda fra le
masse nella più decisa opposizione a tutti gli indirizzi di governo
militaristi, fiscali, protezionisti e di vigilare per la difesa ad
oltranza a qualunque costo delle insidiate pubbliche libertà,
intensificando al tempo stesso l'opera assidua e paziente, la sola
veramente rivoluzionaria, di organizzazione, di educazione, di
intellettualizzazione del movimento proletario"
Il
fallimento della lotta nella "settimana rossa" crea
in lui e in Corridoni un certo pessimismo ed una riflessione sul ruolo del sindacato e
del partito socialista.
In Romagna si fanno i conti con le conseguenze politiche e giudiziarie
della «Settimana Rossa».
A Savignano sul Rubicone il sindaco socialista
Giovanni Vendemini è sospeso dalla carica.
Successo
elettorale socialista alle Amministrative tenutesi dopo la «Settimana
Rossa»
Mussolini è forte del successo
elettorale socialista alle Amministrative tenutesi dopo la «Settimana
Rossa» in più di trecento comuni tra i quali Milano e Bologna.
La
predicazione della lotta rivoluzionaria ha dimostrato di poter
raccogliere frutti.
Mussolini
contro la nuova guerra 13 luglio
1914
Il 13 luglio Benito Mussolini ha scritto un articolo
nell’«Avanti!» (che dirige) sulla questione serba, tornata
drammaticamente alla ribalta con l’uccisione a Sarajevo, il 28 giugno
1914, dell’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando e di sua moglie.
Secondo Mussolini, un nuovo conflitto nei Balcani potrebbe significare «la
guerra europea».
Il 25 luglio dalle stesse colonne del giornale
socialista, Mussolini ripete che la situazione è «oltremodo critica»,
ma rinuncia «a formulare ipotesi catastrofiche».
Il giorno
successivo,
dopo il rifiuto di Belgrado di accettare integralmente l’ultimatum di
Vienna, Mussolini sostiene l’«assoluta neutralità» italiana, gridando
«Abbasso la guerra!»: nel caso di un allargamento dello scontro sarebbe
toccato al «proletariato d’Italia» di muoversi, per non farsi condurre
«al macello un’altra volta».
Dunque, per Mussolini non si doveva nel 1914 ripetere il «macello» della
guerra di Libia, quella per cui Giovanni Pascoli aveva invece scritto:
«La
grande proletaria si è mossa». Quando il 25 luglio 1914 convengono a
Rimini i deputati repubblicani, anch’essi decidono di sposare la linea
della resistenza all’intervento a fianco dell’Austria.
Il 28 luglio Vienna dichiara guerra alla Serbia. Il 4 agosto il conflitto
coinvolge le maggiori potenze europee e la Germania ha già invaso il
Belgio.
Il 5 agosto Mussolini scrive sull’«Avanti!»: «La neutralità
del Belgio è stata violata», solidarizzare con la Germania significa «servire
la causa del militarismo nella sua espressione più forsennata e criminale».
Il 22 agosto Mussolini grida: «Il proletariato offre la
materia bruta, la
carne da cannone colla quale gli Stati fanno la loro storia». Per ora
sono parole di condanna. Più avanti diventeranno il suo comandamento
politico (e la rovina dell’Italia).
Il 21 settembre a Roma, la direzione socialista approva un manifesto
preparato da Mussolini, che ribadisce l’«antitesi profonda ed
insanabile fra guerra e socialismo»: «la guerra rappresenta la forma
estrema, perché coatta, della collaborazione di classe, l’annientamento
dell’autonomia individuale e della libertà di pensiero».
Corridoni
fonda
il
Fascio rivoluzionario d’azione internazionalista
Il
10 ottobre 1914 Corridoni fonda con Decio Bacchi, Michele Bianchi, Ugo Clerici,
Amilcare De Ambris, Attilio Deffenu, Aurelio Galassi, A.O. Olivetti, Decio
Papa, Cesare Rossi, Silvio Rossi, Sincero Rugarli, Libero Tancredi, il
Fascio rivoluzionario d’azione internazionalista e ne sottoscrive il
manifesto programmatico.
Mussolini cambia
rotta sulla guerra
Il 18 ottobre
Il 18 ottobre 1914
Mussolini cambia rotta. Sull’«Avanti!» inventa una
formula nuova: «Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva ed
operante». Così facendo, si distacca dalla linea ufficiale del suo
partito, che lui stesso aveva delineato.
Mussolini
si dimette da direttore dell'Avanti"
e fonda il "Popolo
d'Italia"
20 ottobre
1914
Contro questa sua svolta, si
esprime la direzione socialista il 20 ottobre a Bologna. Mussolini si
dimette da direttore dell’«Avanti!».
Il 15 novembre egli tiene a
battesimo il suo nuovo giornale, «Il Popolo d’Italia», che si dichiara
favorevole all’intervento.
Sulla testata del «Popolo
d’Italia» appare una frase di Napoleone: «La rivoluzione è un’idea
che ha trovato delle baionette». Mussolini in anni avvenire, ne cercherà
otto milioni, di baionette.
Per il momento ha cercato (in Francia)
soltanto i finanziamenti al suo giornale che, nel primo numero, lancia «una
parola paurosa e fascinatrice: ‘guerra’».
Mussolini intravede nella guerra
l’occasione per realizzare la rivoluzione che aveva sognato durante la
«Settimana Rossa».
Il 31 luglio
aveva scritto su «Utopia»: «L’Italia
ha bisogno di una rivoluzione e l’avrà».
Mussolini salta il
fosso:
oltre i socialisti e i repubblicani
«In Romagna un tempo», osserva Gaetano Arfé, «eran corse coltellate
per tener ferma la distinzione tra la rivoluzione dei socialisti e quella
dei repubblicani. Mussolini salta il fosso».
La sua è una rivoluzione
senza aggettivi,
è la sua rivoluzione
«Salta il fosso», Mussolini: ma la sua rivoluzione resta «senza
aggettivi» soltanto per poco tempo: «quali che fossero in quel momento
le sue intenzioni e le sue illusioni», precisa Giorgio Candeloro,
Mussolini «divenne oggettivamente uno strumento delle forze di destra».
Così la sua rivoluzione diventerà «fascista», senza timore di
smentita.
Mussolini, l'ispiratore della "settimana rossa",
esce dalle
file socialiste
Mussolini, l'ispiratore della "settimana rossa",
esce dalle
file socialiste, ed è per la guerra.
La scissione si verificava su di una
linea perfettamente logica.
La neutralità
era il bisogno di
conservazione, l'intervento, la guerra era la porta aperta alla
rivoluzione: era logico che per quella passasse Mussolini.
Nel rapido volgere di pochi
giorni
della Settimana Rossa non rimane più niente
«Nel rapido volgere di pochi
giorni», ha scritto Giorgio Lotti, «dell’atmosfera
della Settimana Rossa non rimane più niente»: ben presto essa appare
«lontana e sfocata», mentre un’amnistia generale cancella anche le
conseguenze penali per chi vi aveva partecipato (a dicembre, per la
nascita di una principessa reale).
Ma gli eventi romagnoli, e la loro
«esplosione tellurica» (conclude Lotti), proiettano «egualmente conseguenze di
incalcolabile portata» sulla politica italiana, durante e dopo la guerra,
con la radicalizzazione della lotta politica «dalla quale saranno
infrante e distrutte le garanzie della libertà».
Il 5 novembre 1914 il foglio cattolico riminese «L’Ausa» definisce
Mussolini «un ciarlatano ombroso e un arrivista qualunque» da fischiare
e spazzar via.
Mussolini
nella stessa direzione di Lenin
Nel
1915, Mussolini si trovava in una direzione ideale molto vicina a quella di
Lenin
e dei suoi amici, i futuri bolscevichi, i quali infatti, gioirono
anch'essi, dal loro esilio svizzero, dell'entrata in guerra della Russia.
Il 24 gennaio 1915
Mussolini crea un nuovo soggetto
politico: i Fasci d’Azione Rivoluzionaria al cui Convegno di fondazione partecipa attivamente con
Corridoni, Alceste De Ambris e Michele Bianchi, per riunire la sinistra
interventista.
Il pensiero politico e sindacale
di questo nuovo gruppo racchiude un programma
per una nuova azione del sindacato tesa a trasformare l’economia
italiana, lo stato e la nazione. Dichiara apertamente le sue posizioni
liberoscambiste ed antistatali, a favore di una concezione autonoma del
sindacato.
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