La mattinata
dell'11 giugno il Generale Luigi Agliardi (pluridecorato bersagliere di
Cina e di Libia), che comandava in quel momento la brigata Forlì, era
partito verso Cesenatico su due
carri trainati da cavalli,
con sei ufficiali di cui due di Marina per ispezionare la costa e
prevenire possibili sbarchi nel caso ci fosse stata la guerra, controllando
opere antisbarco.
Ad un posto di
blocco dei dimostranti in armi, in località Villa
Savio, i
carri furono lasciati inspiegabilmente passare. Raggiunta Cervia trovarono
la strada sbarrata e dovettero ritornare al ponte del Savio. Qui i
dimostranti di prima non si lasciarono sfuggire il personaggio. I due
carri furono fermati dagli insorti.
In particolare fu una paesana, la
signora
Luigia Bertozzi detta Clodovea, a prendere le briglie dei cavalli incitando i
dimostranti. Non servirono le spiegazioni che la delegazione non aveva
nulla a che fare con lo sciopero.
Luigia
Bertozzi detta Clodovea
(1887-1968)
Solo a mezzogiorno
arrivò a Ravenna la notizia che il generale Agliardi e alcuni ufficiali erano
stati fatti prigionieri.
Il
Generale Luigi Agliardi
Il generale Luigi
Agliardi, nato a Mantova nel 1858 aveva combattuto nella campagna
d'Africa del 1895-96, in Cina nel 1900-1902 e in Libia, guadagnandosi
numerose onorificenze. Quell'episodio costò al generale Agliardi carriera
e onorabilità. Fu infatti collocato a riposo in tutta fretta, non essendo
tollerabile per il buon nome del regio esercito che un suo insigne
rappresentante potesse così ingloriosamente capitolare nelle mani della
"teppa" sovversiva. Nonostante la brutta avventura del giugno
1914, all'entrata in guerra dell'Italia, fu richiamato in servizio,
meritandosi una medaglia d'argento nella difesa della testa di ponte di
Cadroipo.
Fermato dai rivoltosi
e, non potendo difendersi perché le sciabole erano legate in fascio a
cassetta. fu coi suoi condotto nella trattoria, caffé Torsani, l'unica
del posto, sotto l'argine del fiume Savio, e
quindi tradotti al locale circolo repubblicano.
Villa Savio vista
dal ponte (attuale via Romea Vecchia direzione Ravenna).
la foto è tratta da una cartolina ante 1916 pubblicata nel libro "Un
paese nei secoli: Savio" di F. Balsamo. Qui fu arrestato e tenuto
prigioniero il Generale Agliardi: a destra la prima casa era l'osteria
trattoria caffé Torsani. Quella dopo era il Camerone dei Repubblicani.
Alla intimidazione
della consegna delle armi, l'ufficiale
poteva ingaggiare uno scontro che sarebbe comunque stato mortale o aderire
e considerare forse finita la propria carriera. Il Generale scelse la
seconda.
La sua prigionia
fu brevissima, non senza imbarazzo da parte degli
improvvisati rivoluzionari. Infatti, bastò che Armando Mazzotti,
repubblicano e suo ex bersagliere e comandante, membro del comitato
d'agitazione, lo riconoscesse e prendesse le sue difese perché i
carcerieri li invitassero tutti a banchetto a base di tagliatelle,
coniglio, patate e vino.
Dalla Domenica del Corriere del 1964
"Finì a tagliatelle la settimana rossa"
In un servizio
di due pagine la Domenica del Corriere del 7 giugno 1964 rievoca la
Settimana Rossa di Savio
Clicca
qui per sentire e vedere l'intervista del 1964, fatta da Sergio Zavoli, a due degli insorti tra i quali il repubblicano
Arnaldo Mazzotti
Arnaldo
Mazzotti
Intanto uno
squadrone di cavalleria, di stanza a Classe, si mosse verso Savio.
La tensione che si
era spenta fra i contendenti si riaccese di lì a poco quando il
plotone di cavalleria uscito intimò la consegna dei prigionieri.
Gli scioperanti
erano decisi a una disperata resistenza e il Generale Agliardi per evitare
lo scontro propose di parlamentare col comandante del plotone egli
stesso.
Nel frattempo la
partenza di Agliardi creò discussioni e divisioni tra i manifestanti,
tanto che non si voleva più 'liberare' i sei ufficiali. Fu
improvvisato un comizio
e, fatto
importante, la situazione fu risolta dal giornalista Rino
Alessi che era presente come inviato incaricato del 'Giornale del mattino'
di Bologna ed era in contatto con i rivoltosi (vedasi
articolo). Così spiegò
loro che non era vero che il Re era fuggito a Gaeta, né che
la Repubblica
fosse stata proclamata a Milano sotto
la Presidenza
di Filippo Turati, né che Mussolini stesse organizzando le squadre armate
(socialiste) per piombare su Roma. Spiegò loro che anche Errico Malatesta
era convinto del mancato successo dell'insurrezione e che lo sciopero
sarebbe finito quella notte stessa. Tra urli e imprecazioni si decisero
tutti a risolvere pacificamente l'episodio restituendo le armi tolte al
generale e agli ufficiali. Si ottenne così poi lo scioglimento del posto
di blocco e il ritiro della cavalleria in cambio della liberazione di
tutti i militari. Liberati, partirono in auto e sulla via del ritorno
incontrarono i cavalleggeri e tornarono tutti a casa.
Per questo fatto il
Generale Agliardi fu messo in congedo, poi richiamato quando scoppiò la
prima guerra mondiale.
Dal "Giornale
del mattino" Bologna 17 giugno 1914 una lettera degli abitanti di Savio al generale
Agliardi:
"La nostra
- si giustificavano (in un tentativo un po' maldestro di minimizzare e
schivare prevedibili conseguenze giudiziarie su di loro) "i
rapitori" del generale - fu opera di difesa e non di offesa: temevamo
per i nostri fratelli e per noi, ecco il perché dell'amichevole e bonario
sequestro.. Se avessimo soltanto potuto sospettare che tale pericolo non
esisteva, saremmo stati orgogliosi di facilitarle il libero transito per
la nostra Villa. Avemmo torto di non crederle, mentre la sua bonarietà e
franchezza ce ne dovevano fare persuasi"
Intanto, però, lo
scalpore suscitato dal fatto di Savio indusse il prefetto - che non riusciva
più a comunicare con le autorità centrali, a loro volta allarmatissime,
poiché tutti i tentativi di inviare agenti in bicicletta o in
motocicletta si infrangevano di fronte ai blocchi stradali degli
scioperanti - a dichiarare lo stato d'assedio e passare tutti i poteri
all'autorità militare. Vennero chiuse le porte della città, piazzate
mitragliatrici nei punti strategici, ordinato ai negozi di aprire,
impedito a chiunque di entrare in città, spezzato infine ogni rapporto
tra le Case del Popolo di città e gli scioperanti delle campagne. Il
"fermo" di Agliardi e del suo seguito fu l'unico episodio di
rilievo di tutta l'area sud di Ravenna, che rimase di fatto immune da
violenze. Analoga
considerazione può esser fatta, peraltro, per i borghi rurali
immediatamente a nord del capoluogo (Mandriole, Sant'Alberto), zone
bracciantili non meno politicizzate e anticlericali della Bassa, ma
marginali rispetto alle due assi principali di propagazione dello
sciopero: la via Emilia e la via Reale.
|