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Cronologia dei fatti della 
"settimana rossa" 
a Villa Savio

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La settimana rossa nei vari paesi di Romagna
  (eravate qui)
Cosa fu la Settimana Rossa
Le cause
Dove avvenne
  

Personaggi storici coinvolti:

Le foto
Documenti
Video-interviste
Giornali e periodici dell'epoca
Bibliografia
Narrativa sulla "Settimana Rossa"

Domenica 7 giugno 1914                          

Contro-
manifestazione ad Ancona a Villa Rossa di repubblicani, anarchici e socialisti
. Contro la guerra di Libia e le Compagnie di Disciplina
. Ad Ancona i carabinieri sparano sulla folla: 3 morti
A Savio non successe nulla

Lunedì 8 giugno 1914

La notizia viene appresa dai giornali In mattinata con i primi telegrammi giunse  la notizia dell'eccidio di Ancona.

Alla sera quando i braccianti tornarono dal lavoro e appresero tutto quanto era successo, si diffuse la voce della manifestazione per il giorno dopo e dello sciopero.

Sciopero generale per il giorno dopo

Martedì 9 giugno 1914

  Si formò un Comitato di Lotta che organizzò lo sciopero

Mercoledì 10 giugno 1914

Manifestanti a Ravenna

Confluirono a Ravenna in bicicletta, sui carri dei birocciai e su altri mezzi.

 Dopo il ritorno da Ravenna la serata sembrò passare nella tranquillità.

Giovedì 11 giugno 1914
 

La mattinata dell'11 giugno il Generale Luigi Agliardi (pluridecorato bersagliere di Cina e di Libia), che comandava in quel momento la brigata Forlì, era partito verso Cesenatico su due carri trainati da cavalli, con sei ufficiali di cui due di Marina per ispezionare la costa e prevenire possibili sbarchi nel caso ci fosse stata la guerra, controllando opere antisbarco.

Ad un posto di blocco dei dimostranti in armi, in località Villa Savio, i carri furono lasciati inspiegabilmente passare. Raggiunta Cervia trovarono la strada sbarrata e dovettero ritornare al ponte del Savio. Qui i dimostranti di prima non si lasciarono sfuggire il personaggio. I due carri furono fermati dagli insorti. 

In particolare fu una paesana, la signora Luigia Bertozzi detta Clodovea, a  prendere le briglie dei cavalli incitando i dimostranti. Non servirono le spiegazioni che la delegazione non aveva nulla a che fare con lo sciopero.

Luigia Bertozzi detta Clodovea
(1887-1968)

Solo a mezzogiorno arrivò a Ravenna la notizia che il generale Agliardi e alcuni ufficiali erano stati fatti prigionieri.

 

Il Generale Luigi Agliardi

Il generale Luigi Agliardi, nato a Mantova nel 1858 aveva combattuto nella campagna d'Africa del 1895-96, in Cina nel 1900-1902 e in Libia, guadagnandosi numerose onorificenze. Quell'episodio costò al generale Agliardi carriera e onorabilità. Fu infatti collocato a riposo in tutta fretta, non essendo tollerabile per il buon nome del regio esercito che un suo insigne rappresentante potesse così ingloriosamente capitolare nelle mani della "teppa" sovversiva. Nonostante la brutta avventura del giugno 1914, all'entrata in guerra dell'Italia, fu richiamato in servizio, meritandosi una medaglia d'argento nella difesa della testa di ponte di Cadroipo.

Fermato dai rivoltosi e, non potendo difendersi perché le sciabole erano legate in fascio a cassetta. fu coi suoi condotto nella trattoria, caffé Torsani, l'unica del posto, sotto l'argine del fiume Savio, e quindi tradotti al locale circolo repubblicano.

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Villa Savio vista dal ponte (attuale via Romea Vecchia direzione Ravenna).
la foto è tratta da una cartolina ante 1916 pubblicata nel libro "Un paese nei secoli: Savio" di F. Balsamo. Qui fu arrestato e tenuto prigioniero il Generale Agliardi: a destra la prima casa era l'osteria trattoria caffé Torsani. Quella dopo era il Camerone dei Repubblicani.

Alla intimidazione della consegna delle armi, l'ufficiale poteva ingaggiare uno scontro che sarebbe comunque stato mortale o aderire e considerare forse finita la propria carriera. Il Generale scelse la seconda. 

La sua prigionia fu brevissima, non senza imbarazzo da parte degli improvvisati rivoluzionari. Infatti, bastò che Armando Mazzotti, repubblicano e suo ex bersagliere e comandante, membro del comitato d'agitazione, lo riconoscesse e prendesse le sue difese perché i carcerieri li invitassero tutti a banchetto a base di tagliatelle, coniglio, patate e vino. 

                 Dalla Domenica del Corriere del 1964
                  "Finì a tagliatelle la settimana rossa"

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In un servizio di due pagine la Domenica del Corriere del 7 giugno 1964 rievoca la Settimana Rossa di Savio

Clicca qui per sentire e vedere l'intervista del 1964, fatta da Sergio Zavoli, a due degli insorti tra i quali il repubblicano Arnaldo Mazzotti

Arnaldo Mazzotti

 

Intanto uno squadrone di cavalleria, di stanza a Classe, si mosse verso Savio.

La tensione che si era spenta fra i contendenti si  riaccese di lì a poco quando il plotone di cavalleria uscito  intimò la consegna dei prigionieri.

Gli scioperanti erano decisi a una disperata resistenza e il Generale Agliardi per evitare lo scontro propose di parlamentare col comandante del plotone egli stesso. 

Nel frattempo la partenza di Agliardi creò discussioni e divisioni tra i manifestanti, tanto che non si voleva più 'liberare' i sei ufficiali. Fu improvvisato un comizio

e, fatto importante, la situazione fu risolta dal giornalista Rino Alessi che era presente come inviato incaricato del 'Giornale del mattino' di Bologna ed era in contatto con i rivoltosi (vedasi articolo). Così spiegò loro che non era vero che il Re era fuggito a Gaeta, né che la Repubblica fosse stata proclamata a Milano sotto la Presidenza di Filippo Turati, né che Mussolini stesse organizzando le squadre armate (socialiste) per piombare su Roma. Spiegò loro che anche Errico Malatesta era convinto del mancato successo dell'insurrezione e che lo sciopero sarebbe finito quella notte stessa. Tra urli e imprecazioni si decisero tutti a risolvere pacificamente l'episodio restituendo le armi tolte al generale e agli ufficiali. Si ottenne così poi lo scioglimento del posto di blocco e il ritiro della cavalleria in cambio della liberazione di tutti i militari. Liberati, partirono in auto e sulla via del ritorno incontrarono i cavalleggeri e tornarono tutti a casa.

Per questo fatto il Generale Agliardi fu messo in congedo, poi richiamato quando scoppiò la prima guerra mondiale.

Dal "Giornale del mattino" Bologna 17 giugno 1914 una lettera degli abitanti di Savio al generale Agliardi:

"La nostra - si giustificavano (in un tentativo un po' maldestro di minimizzare e schivare prevedibili conseguenze giudiziarie su di loro)  "i rapitori" del generale - fu opera di difesa e non di offesa: temevamo per i nostri fratelli e per noi, ecco il perché dell'amichevole e bonario sequestro.. Se avessimo soltanto potuto sospettare che tale pericolo non esisteva, saremmo stati orgogliosi di facilitarle il libero transito per la nostra Villa. Avemmo torto di non crederle, mentre la sua bonarietà e franchezza ce ne dovevano fare persuasi"        

Intanto, però, lo scalpore suscitato dal fatto di Savio indusse il prefetto - che non riusciva più a comunicare con le autorità centrali, a loro volta allarmatissime, poiché tutti i tentativi di inviare agenti in bicicletta o in motocicletta si infrangevano di fronte ai blocchi stradali degli scioperanti - a dichiarare lo stato d'assedio e passare tutti i poteri all'autorità militare. Vennero chiuse le porte della città, piazzate mitragliatrici nei punti strategici, ordinato ai negozi di aprire, impedito a chiunque di entrare in città, spezzato infine ogni rapporto tra le Case del Popolo di città e gli scioperanti delle campagne.

Il "fermo" di Agliardi e del suo seguito fu l'unico episodio di rilievo di tutta l'area sud di Ravenna, che rimase di fatto immune da violenze. Analoga considerazione può esser fatta, peraltro, per i borghi rurali immediatamente a nord del capoluogo (Mandriole, Sant'Alberto), zone bracciantili non meno politicizzate e anticlericali della Bassa, ma marginali rispetto alle due assi principali di propagazione dello sciopero: la via Emilia e la via Reale.

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